FASCICOLO I - SETTEMBRE 1930
NOTIZIARIO
CORRIERE ARCHITETTONICO

PALESTRE GINNASTICHE COSTRUITE DAL GOVERNATORATO DI ROMA

Nell’attuale epoca in cui gli sports sono oggetto di cure speciali per parte delle amministrazioni statali e comunali, anche il Governatorato di Roma intraprese la costruzione di ambienti adatti alla cultura fisica dei giovani.
È noto, anche per pubblicazioni apparse nella nostra Rivista, l’opera di studio svolta dall’ufficio tecnico dell’ Opera Nazionale Balilla sul tema: l’arch. Enrico Del Debbio, direttore di esso, ha acquisito una competenza speciale in materia, di cui si vale, oltre che nelle sue costruzioni personali, fra cui i grandiosi impianti della Farnesina, anche nel presiedere alla direzione degli organi tecnici che al suo ufficio fanno capo.
Così quando, tempo fa, il Governatorato di Roma, per l’interessamento di S. E. Renato Ricci presidente dell’O. N. B., deliberò lo stanziamento dei fondi per la costruzione di diciassette Palestre distribuite nei diversi quartieri di Roma e presso le scuole che ne erano prive, mentre si provvide a far redigere i progetti di massima dall’Ufficio Architettura del Governatorato, la direzione dell’esecuzione fu affidata all’Ufficio Tecnico dell’O. N. B,
I progetti definitivi furono eseguiti dai seguenti architetti: Berardi, Calzavara, Jerace, Leoni, Munari, Paolini, Valle, Zella Milillo. I criteri generali furono impartiti dall’arch. Del Debbio, che curò anche il progetto della sistemazione tecnica interna delle Palestre e dei servizi igienici.
Le suddette palestre sono così distribuite:

N. 2 in Via Ariosto (arch. Zella Milillo)
N. 1 in Via Panisperna (arch. Berardi)
N. 3 all'Orto Botanico (arch. Berardi)
N. 2 in Via Puglie (arch. Jerace)
N. 1 in Via Salaria (arch. Jerace)
N. 1 in Via Lesina (arch. Valle)
N. 1 in Via Cassiodoro (arch. Calzavara)
N. 1 a Monte Sacro (arch. Munari)
N. 3 in Via Sannio (arch. Paolini)
N. 2 in Viale del Re (arch. Leoni)

Le ultime sei sono ancora in costruzione, sicchè ci limitiamo, per ora, a render note le altre.
Ogni palestra comprende: una sala di m. 12 per 20 illuminata da ampie finestre: uno spogliatoio con una superficie, in media, di mq. 40, magazzino, docce, w. c. e lavabi: un locale per il pronto soccorso. Alcune hanno anche locali per la direzione, gli uffici e l'abitazione del custode.
I pavimenti delle palestre sono in linoleum di sughero spesso mm. 6,5 e steso su strato di asfalto poggiato su solaio in travi di ferro e tavelloni, isolato dal terreno, per consentire la maggiore elasticità.
Le zoccolature, per ragioni di economia, furono eseguite con verniciatura ad olio anzichè, come sarebbe stato piú adatto, mediante l’applicazione di linoleum tipo cuoio.
Tutti gli infissi sono muniti di apertura superiore a “vasistas”.
Gli attrezzi di ogni palestra consistono in: 1 palco di salita - 1 quadro svedese - 4 spalliere svedesi fisse - 4 scale graduabili, 2 ortopediche curve e 2 rette - 2 cavalli - 2 assi di equilibrio - 2 parallele - 4 montanti per salti - 6 estensori - clave, appoggi Baumann, palloni, cerchi, tappeti di cocco, corde da tiro, bastoni, giavellotti, dischi.
I servizi igienici per ogni palestra sono composti di: 3 w. c. alla turca - 3 lavandini - 3 orinatoi - 2 gruppi di 3 docce ognuno - 2 beverini - 1 idrante.
L’impianto di questi servizi è disposto con criteri moderni e razionali. Non più i gabinetti chiusi e poco arieggiati; aria e luce in abbondanza, divisori in lastre di marmo assicurate ad intelaiature solide di ferro e grappe di bronzo, pareti smaltate con “Porcellanit”, pavimenti gettati in graniglia di cemento.
Le linee degli impianti elettrici sono portate da tubi Bergmann esterni e i diffusori sono distribuiti secondo le esigenze delle esercitazioni.
Costruzioni dunque intese nel senso più moderno e pratico, realizzato con un indirizzo nuovo, preciso e netto.
Come si può notare nelle fotografie allegate anche l’architettura esterna dei piccoli edifici è sovente gradevolissima.
Con l’utilissima iniziativa, il Governatorato di Roma e l'Ufficio Tecnico dell’Opera Nazionale Balilla si sono acquisiti una notevole benemerenza.
N. D. R.


IL CONCORSO PER LA CASA DEI SINDACATI FASCISTI DELL’INDUSTRIA A MILANO

Non si può dire, davvero, che i più recenti e maggiori Concorsi milanesi d'architettura abbiano avuto un esito tanto lusinghiero. Basti citare il Concorso per il Palazzo di Giustizia, andato deserto o quasi, perché bandito in termini non troppo chiari né invitanti; basti vedere quello per la Casa dei Sindacati Fascisti, che qui presentiamo.
Neppure questa gara, pur chiaramente inquadrata e condizionata in un bando assai preciso, poté dirsi brillantissima. Tanto è vero che alcuni progetti, e forse tra i migliori, non furono neppur classificati, non risultando gli autori in perfetta regola con le norme e le direttive stabilite dal bando stesso.
Cosicché i giudici Grand’Uff. Arnaldo Mussolini, Presidente; avv. L. F. Cottini; on. Luigi Begnotti; arch. Diego Brioschi; arch. Paolo Mezzanotte; Luigi Ferrari, segretario, dovettero forzatamente ridurre il loro campo d’azione e limitare l’esame ai rimasti. I premi furono, infine, così distribuiti:
I. arch. Luigi Maria Caneva, Antonio Carminati, ing. Angelo Bordoni;
II. arch. Antonio Fabbroni ed Emilio Noci Winderling;
III. arch. Eugenio Marelli, Ing. Michele Casale;
IV. classificati ex-aequo: il progetto dell’ing. Cesare Dorici e geom. Mario Baciocchi; il
progetto dell’arch. Emilio Ciucci ed ingegner Aldo Putelli.
A1 primo classificato venne assegnata una grande medaglia d'oro e l’incarico di redigere il progetto esecutivo; agli altri, medaglie di minore e vario valore e indennità di duemila lire. In tal modo, benchè al II, III e IV eran corrisposti premi assolutamente inadeguati all’importanza del tema e del lavoro compiuto, al vincitore almeno venivano garantiti l’esecuzione dell’opera sua ed il corrispettivo stabilito dalle vigenti tariffe professionali. Questo, ai tempi che corrono, è già gran cosa; ricordiamo, infatti, un non lontano concorso bandito proprio sotto gli auspici del Comune di Milano: tema era la ormai secolare soluzione, almeno nei limiti di un concorso di idee, per il lato della Piazza del Duomo che sta di fronte alla Galleria Vittorio Emanuele; premio fu, nientemeno, una medaglia d’oro. Furono presentati molti ma meschini disegni; e tutto, com’era da prevedersi, finì lì.
Costruendosi la Casa dei Sindacati milanesi con un progetto Caneva-Carminati-Bordoni, potremo almen dire che, una volta tanto, un Concorso ha avuto il suo diritto scopo.
Né abbiamo motivo di rammaricarci di questa graduatoria fatta dalla Giuria. Benché non eccessivamente armonico, benché accusabile di facili reminiscenze, codesto palazzo ben s’inquadrava nell’ambiente urbano: quell’ambiente milanese che, attraverso la miglior recentissima tradizione, va ormai poco a poco formandosi. Specie la soluzione planimetrica appariva interessante. Il programma esigeva gran numero di locali: teatro per riunioni ed assemblee, sale di singoli Consigli, uffici di assistenza e collocamento, vasti e numerosi locali di amministrazione peri vari Sindacati; e tutti ecco qui ben disposti nei vari piani, sfruttandovi al massimo la possibilità di aprirsi su tre fronti libere.
Gli altri progetti premiati apparivano manifestamente inferiori, per meriti intrinseci, al vincitore. Specie nelle architetture si presentano con scarsissima originalità, perfino pedanti, e talvolta scolastici; comunque non al corrente con i risultati già raggiunti negli sforzi di questi ultimi anni, proprio qui a Milano.
Ma accadde che, appena chiuso e giudicato il Concorso, nuove impreviste contingenze volessero una sistemazione planimetrica ed organizzativa del tutto diversa dall’altra enunciata nel bando. Cosicchè i vincitori dovettero ristudiare completamente il loro progetto, giungendo fino a mutarne sostanzialmente l’architettura. Insomma, il progetto esecutivo sarà invece quest’altro che pure presentiamo.
Il gran fabbricato avrà forma di un grande U, aperto sul Corso di Porta Vittoria, rinserrando in tal modo una piazza o cortile rialzato; sotto questo cortile precisamente è collocata la sala delle riunioni, più modesta e ridotta in confronto del primo “teatro”. Una scalea costituisce il motivo principale della parete di fondo, cui sovrasta una incastellatura in pietra per un concerto di campane, troppo sforzata per esser bella. Le due testate che si protendono all’innanzi voglion essere di imponente architettura, a grandi colonne sormontate da un alto attico; ma appunto quest’architettura frontale, che non ritrova naturale logica ricorrenza sui fianchi, par quasi concepita con un “metro” un tantino “fuori scala”.
Il progetto ha pregi di una certa monumentalità, specie dovuta precisamente alla sua struttura ad U: monumentalità ben giustificata dalla particolare destinazione dell'edificio. Rientra, insomma, più che non il primo presentato al Concorso, nella logica tradizione di “Palazzo Pubblico”. Ma considerata l’architettura per l’architettura, noi avremmo preferita quell’altra, più sincera, più ambientata, né sonora, né eroica.
F. R.


PITTURE DI ARTURO SONGA IN UN EDIFICIO SCOLASTICO MILANESE

II Pittore Arturo Songa, uno dei più facili ed originali e piacevoli decoratori che lavorano oggi a Milano, ha avuto recentemente il simpaticissimo incarico di decorare una Scuola Comunale costruita in via Palmieri. Lodevole iniziativa da imitarsi con larghezza; perchè voi vedrete da queste fotografie come anche i bimbi possano per i primi esserne attratti e contentoni.
Songa, allora, adottò una specie di enciclopedia figurata, decorando sette plafoni con gustose rappresentazioni di quanto agli scolaretti viene là dentro insegnato; aritmetica, geometria, geografia, storia, ginnastica, musica, lettura, scrittura; poi, animali feroci, animali domestici, vegetali, minerali, corpo umano, razze umane; poi, elettricità, vapore; lavori donneschi, mare, ghiacciai, vulcani; poi, consonanti, punteggiature, vocali, numeri arabi, numeri romani, disegni, calligrafia; stemmini, e quant’altro potesse, in forma piacevole, caratterizzar la scuola e le sue materie. Tali figurazioni spiccano su fondo viola pallido sfumato verso le fascie a stucco che le racchiudono. E perfino i grandi atri d’ingresso e le scale son state rivestite di finte tappezzerie a chiaroscuro. Di immediato effetto, questa decorazione del Songa ha saputo con minimi mezzi e con intelligente spirito di adattamento, rendere interessante anche ai grandi una scuola per i bimbi.
L’edificio venne progettato dall’ing. Mario Le Vacher e dall’arch. Giuseppe Borsi, dell’Ufficio Tecnico Comunale; pur non essendo riuscito eccessivamente originale nella sua veste architettonica, nè troppo organico, ha pregi lodevoli di serietà, specialmente per l’adozione di buoni materiali.
R. F.

UNA CAPPELLA FUNERARIA A BRESCIA

Dell’Arch. EGIDIO DABBENI

L’arch. Egidio Dabbeni ha costruito per il cimitero di Brescia la cappella della Famiglia Comini-Seccamani. Il taglio volumetrico della cappella e la composizione delle singole parti sono dotati di armoniche e rispondenti proporzioni e la sensibilità decorativa, pur dipartendosi da concezione classica, non è priva di accenti moderni.
N. D. R.

CRONACA DEI MONUMENTI

ROMA. Per la ricomposizione di elementi architettonici. - I problemi attinenti alla sistemazione della zona circostante al Campidoglio, divenuti attuali ed urgenti per le demolizioni eseguite tra Piazza di Venezia e Piazza d’Aracoeli e sotto la Rupe Tarpea fino al Teatro di Marcello, ora isolato, son problemi vasti e complessi che trascendono la modesta portata della “Cronaca dei Monumenti”. Vi fanno capo le questioni di viabilità (risolte al solito in modo sporadico recando il movimento ove non si sa come possa essere smaltito) le proposte di edilizia monumentale nei riguardi dello spazio, o disordinatamente vasta od architettonicamente racchiuso, da lasciare intorno al monumento al Re Vittorio Emanuele, le condizioni di visuale e di ambiente relative ai monumenti esistenti. Domina su tutti per altezza di significato e nobiltà d’Arte il Campidoglio, meravigliosamente conformalo dal più grande artista che mai sia esistito in modo da fare apparire grandi ed auguste, nella mirabile proporzione delle masse e delle linee, le dimensioni materialmente piccole; ed elemento essenziale dell’effetto era il quadro raccolto, l’atrio tranquillo costituito dalla Piazza d’Aracoeli, ora tagliata da un lato ed aperta alla ben più vasta mole del monumento di bobotticino che vi incombe ....
Ma, lo ripeto, se non si vuol considerare tutta Roma come monumento, altra sede deve trovare tale trattazione, che, insieme con quella relativa al Rio Piccolo di Venezia, ha mosso e muove il maggior interesse di edilizia e di arte nelle città italiane.
Ben più lieve tema è quello di assicurare la conservazione dei più notevoli elementi superstiti dalle demolizioni compiute in grande stile nei dintorni del Campidoglio, col riportarli a viva funzione d'arte cittadina.
Della Chiesa di S. Rita da Cascia, bellissima opera di Carlo Fontana che esisteva nella Via Giulio Romano, si è parlato in uno dei numeri precedenti, ed il problema della sua ricostruzione si è ricollegato con quello della sistemazione edilizia intorno al Campidoglio, di cui ora si è accennato. Anche si è dato notizia della ricostruzione eseguita di contro all’ingresso del Tabularium della facciata della casetta che va sotto il nome di Pirro Ligorio e che fu demolita alcuni anni fa nei lavori d’ampliamento della Via Flaminia.
Ma l’elenco delle opere architettoniche tolte dal loro posto e minacciate di dispersione è da allora assai cresciuto. La più interessante tra tutte è certo la facciata di una casa già esistente sulla salita delle Tre Pile, elegante ed armonica nelle sue linee cinquecentesche, nella unione felice della pietra e del mattone.
Triste sorte quella della bella casetta, e non è bastata a scongiurarla il nome di Michelangelo che le guide le attribuivano! Già una volta era stata tolta dalla sua posizione originaria, presso l’angoto dì Via Tor de’ Specchi, ed era stata ricostruita. Ora i pezzi ne giacciono nei magazzini comunali in attesa di una ri composizione chi sa quando e chi sa dove.
E porte e finestre cinquecentesche o seicentesche si seguivano in serie continua lungo la Via di Tor de’ Specchi nel lato ora abbattuto, o nella Via Montanara od in Via delle Chiavi d’Oro. Avevano alcune le parti principali eseguite in stucco, che quindi sono andate irremissibilmente perdute; ma altre erano interamente in pietra, ed è sperabile che siano state accuratamente conservate dall’Amministrazione comunale e che possano presto essere riutilizzate in qualche nuova fabbrica entro la vecchia Roma.
Ben più importante è il seicentesco palazzo Acquari, che trovasi sulla Via di Torre Argentina e che è stato demolito nel grande taglio praticato avanti al teatro omonimo. Avrebbe invero dovuto essere ricostruito nello stesso isolato, se le impreviste vicende per cui i quattro templi dissepolti hanno impedito ogni nuova edificazione non l’avessero nuovamente condannato; e la vendetta dell’antichità può sembrare giusta se si pensi ai danni ed alle distruzioni che ai suoi resti ha causato l’invadenza dei Seicento, ma non è per questo meno dolorosa per chi vede scomparire una nota di vera bellezza nell’armonia delle linee e nella eleganza dei particolari.
Ed il tema potrebbe portarci lontano con gli esempi romani; talvolta felici, di opere ricostruite, come la Fontana del Prigione, già nella Villa Montalto ed ora ricomposta alle falde del Gianicolo, o la Fontana delle Api, ora all’inizio di Via Veneto, o la cosidetta “terrina” da Campo di Fiori portata in Piazza della Chiesa Nuova, o della piccola Fante dell’Orso che ha ritrovato il suo posto in Via di Panico, o la porta degli Orti del Cardinal Du Bellay murata nel Museo delle Terme o di non poche altre pietosamente salvate; talvolta tristi, od almeno preoccupanti, in quanto tali reliquie disperse ancora non ritrovano il loro impiego e sono soggette a tutti i pericoli ed a tutte le mutilazioni. Sono tra questi la grande porta vignolesca degli Orti Farnesiani che dava accesso al Palatino, e quella maggiore della Villa Montalto, ed il cancello della Villa Lancellotti, ed alcuni di quelli della Villa di Giulio III, ed una interessante cappella già esistente sulla Via Ostiense, che stava a segnare il luogo del leggendario incontro di S. Pietro e di S. Paolo...
E gli antichi sarcofagi, ed i tanti stemma in pietra dispersi, e le fontanine a piramide (dai cui scaglioni l’acqua discendeva chiocciolando) che erano ornamento di giardini e di cortili romani, perchè non potrebbero lasciare i magazzini dell’Antiquarium od i corridoi di Castel S. Angelo e trovare il loro posto nuovo nelle ville e nelle piazze a ravvivarle e ad arredarle?
A questo punto presentasi una tesi di ordine generale; sono codeste riutilizzazioni in luoghi e con scopi talora diversi dai primitivi legittime e desiderabili? Possono conciliarsi coi rigidi desiderati moderni delle autenticità nello studio e nel restauro dei monumenti?
Non sembra dubbio che a tali domande debba rispondersi affermativamente se non si vuole che le teorie soffochino il senso pratico, e che si debbano ritenere siffatti provvedimenti di riutilizzazione come fatti lieti per la conservazione (per quello che ancora è possibile) del nostro patrimonio artistico lasciatoci dal passato. Un elemento riportato ad una destinazione di utilità e di arte è salvo ed è forse permanentemente riacquistato al carattere artistico cittadino; un elemento disperso è irremissibilmente perduto, anche se per qualche anno ne rimane il ricordo e la cura della sua integrità. E quando le opere a cui tali elementi appartenevano non rivestivano un significato topografico precisamente e solennemente determinato, o valore artistico insigne o speciali condizioni ambientali, quando il loro carattere era prevalentemente geometrico, quando il materiale che le componeva era essenzialmente la pietra od il marmo, la ricomposizione in luogo diverso dal primitivo ed il completamento con pezzi nuovi in sostituzione dei mancanti non possono rappresentare una deroga molto grave alle norme dei restanti; rigide e severe nei riguardi dell’autenticità artistica e topografica dei monumenti maggiori, necessariamente larghe e tolleranti in questi casi di monumenti minori, che altrimenti son condannati a morte e che invece possono così tornare ad affacciarsi ad ornamentum urbis.
Pur nell’eterno contrasto tra “l’Arte per il popolo” e “l’Arte per gli studiosi” queste transazioni appaiono ad ogni persona ragionevole accettabili. Ancora le opere di pittura e di scultura hanno il loro asilo nei musei pubblici o nelle raccolte private; non le opere di architettura o di decorazione architettonica. E se anche musei architettonici esistessero in Italia, e per alcuni periodi o per alcuni monumenti singolari sarebbe desiderabile, non certo essi accoglierebbero frammenti dispersi e privi di significato, e spesso di non grande intrinseco valore.
L'argomento è, in fondo, non troppo lontano da quello della sistemazione degli scavi e della restituzione in situ di monumenti o di parti di monumenti antichi. La rielevazione delle colonne dei templi di Selinunte e di Agrigento, quella ora felicemente iniziata dello stibolate e di parte delle colonne e della trabeazione dell’Aedes Vesta, nel Foro romano, ed a Pompei e ad Ostia di case e di frontoni di templi, presentano quesiti in cui le transazioni archeologiche inevitabili sono compensate dal risultato architettonico felice.
Diceva Domenico Gnoli che nelle fortunose vicende delle città italiane nell’ultimo cinquantennio la devastazione di opere architettoniche era stata tale, che coi loro elementi si sarebbero potute costruire intere città magnifiche. Una parte, sia pur piccola di questo danno enorme si sarebbe potuto evitare, se il principio della ricomposizione e della riutilizzazione di quanto poteva ancora salvarsi fosse stato sistematicamente e tempestivamente applicato. Auguriamoci che lo sia in avvenire nelle, speriamo non troppo estese, demolizioni dei vecchi quartieri.
G. G.

PIENZA. - Una buona novella dalla cara cittadina di Pienza ci annunzia che, con le elargizioni private che integreranno i fondi, dapprima cospicui ed ora scarsi messi a disposizione dal Ministero dell'Educazione Nazionale, potrà in quest'anno esser terminato il lavoro di consolidamento dell’abside, iniziato fin dal 1912.
È stata invero questa di Pienza una delle più grandiose opere di restauro e di rinforzo compiute in questi ultimi tempi. La costituzione stessa del sottosuolo con gli strati argillosi inclinati ripidamente verso valle è stata (analogamente a quanto è avvenuto nel duomo di Spoleto) causa essenziale della spostamento, pel quale l’abside si è distaccato dal corpo della chiesa ed è disceso di circa m. 1.50. I lavori si son volti alla sottofondazione dei muri ed alla raccolta ed al convogliamento all’esterno, mediante drenaggi, delle acque freatiche, che nel sottosuolo rappresentano l’elemento dinamico della frana; ora si completano con la ripresa delle strutture murarie elevate e degli elementi architettonici e decorativi.
G. G.

PISA. - Sono stati in questi ultimi tempi condotti a termine, per la tenace iniziativa del parroco D. Modena, i restauri della chiesa di S. Caterina, la mirabile chiesa nella cui facciata lo schema severo delle chiese pisane si fraziona in un vivace ed elegante aggruppamento di forme e di ornati goticizzanti: e dei restauri può dirsi il classico “sunt buna, sunt mala” . Felici son riusciti là dove coi mezzi costruttivi moderni hanno consolidato strutture fatiscenti, o hanno riaperto elementi obliterati; dannosi invece quando hanno voluto tornare al vecchio e vieto concetto dell’unità primitiva dello stile, od aggiungere elementi decorativi che vorrebbero essere medioevali e che sanno di falso e di goffo.
Interessante e davvero provvido è riuscito il lavoro, guidato dall’Ing. Fascetti, del consolidamento del campanile posto sul braccio sinistro del transetto. Secondo un sistema audace frequentemente adottato (ed applicato in Pisa, ad esempio, nella prossima chiesa di S. Francesco) era quel campanile disposto in angolo tra due muri a sbalzo rispetto essi con tutta la sua massa; ed era pertanto inevitabile che, con l’andare del tempo e col deperire delle strutture, esso subisse perturbamenti statici gravi, che infatti avevano costretto a murarlo in basso ed in alto.
Tutta un’armatura di cemento armato è stata ora posta a sostenerlo, liberando gli archi e le volte sottostanti ed il campanile è ritornato saldo e libero, con le polifore riaperte, con la cuspide rilevata.
Anche è stato liberato il bellissimo abside dagli enormi finestroni, ed all’esterno tutta la chiesa ha ripreso la sua linea.
Invece all’interno i danni hanno di molto superato i vantaggi. Molti degli altari vasariani che nobilitavano la grande nave sono stati sacrificati ad una incomprensione del monumento, che tutto voleva riportare alla forma medioevale, e solo quattro ne sono malinconicamente rimasti nella chiesa nuda e spoglia in mezzo a tombe e ad altari meccanicamente ricomposti. Tutta una orrenda e volgare pittura si è distesa sulle pareti, nello zoccolo, intorno alle finestre archiacute, nelle lunette. Le invetriate colorate poste alle finestre, eseguite in una fabbrica di Baviera, sono certo opere di valore: ma contribuiscano a diffondere nel sacro ambiente quel carattere rigido e gelido di arte compassata, che non è certo l'antico e non è neanche il moderno...
G. G.

MESSINA. - Già altra volta si è parlato in questa cronaca della ricostruzione della cattedrale di Messina, quasi interamente atterrata nel terremoto del 1908. Ha tale ricostruzione segnato l’opera più grandiosa compiuta in quest’ultimo ventennio nel campo dei monumenti, non solo per importanza di mezzi, ma per complessità di temi; ed a questa complessità corrisponde un vario giudizio. Veramente sapiente lo studio costruttivo, per cui lo schema di strutture asismiche basate sull’impiego di un’armatura in cemento armato si è dovuta adattare a linee fatte per altri concetti ed altre azioni, estendendo a nuove altezze ed a nuovi collegamenti le applicazioni dalle ipotesi di sollecitazioni. Accuratissimo lo studio architettonico ma stretto in una insuperabile contraddizione di principio; il contrasto cioè tra la norma dei restauri moderni, contraria alle grandi falsificazioni ed alle riprese stilistiche, ed il volere di un popolo che rivoleva il suo duomo “dov'era e com'era”.
Pur attraverso queste difficoltà originarie, il lavoro può dirsi nel suo complesso per quanto era possibile degnamente riuscito; ed è da sperare che non troppo infelicemente si superino anche gli ultimi quesiti formidabili relativi alle decorazioni musive delle pareti e delle absidi.
Ma accanto ora alla questione del duomo sorge la questione del campanile, che si vorrebbe erigere a lato della cattedrale, con un orrendo disegno “gotico fatto in casa”, lontano non solo da quella austerità di linea che è imposta dal tema stesso e dalla prossimità della cattedrale, ma anche da ogni norma di buon senso e di buon gusto. Ed occorre a questo punto che contro alle illusioni, alle infatuazioni, alla impreparazione di committenti e di progettisti, si dica risolutamente di no. E così ha detto recentemente infatti il Consiglio superiore per le Antichità e le Belle Arti.
G. G.

ROMA. - A chi ora, nella città del Vaticano, percorra le cosidette “fondamenta” di S. Pietro, si stringe il cuore. Tutta una attività edificatrice, come di una città nuova, si è svolta, ed ha sostituito alla modesta e tranquilla serie di casette e di piccole chiese, grandi edifici alti, sia che essi abbiano sopraelevato le esistenti case di S. Marta, o che si siano arrampicati, come il Seminario e la Stazione, sulle pendici, tutte scavate e sistemate, della collina incontro all’abside di S. Pietro. Più in là il bel gruppo di cipressi della Zecca non più è contenuto da muraglie muscose, ma forma il centro di un giardinetto ben pettinato. Ed è rotto tutto l’incanto di un luogo unico al mondo, che risiede nell’ambiente silenzioso, nel contrasto tra i piccoli elementi e le viuzze tortuose e le visuali raccolte, ed il gigante immenso che elevava la sua massa michelangiolesca! Le esigenze della vita comune hanno superato quelle del sentimento e dell’Arte proprio in una delle zone sotto tutti i rispetti più sacre!
Ormai l’unico rimedio sta nella vegetazione. Pini e cipressi siano piantati ad isolare i due quadri ed a chiudere nuovamente gli spazi; e se si svilupperanno liberamente come in un bosco, forse i nostri nepoti non malediranno troppo l’inurbamento ora compiuto.
P. S.


RIVISTA DELLE RIVISTE

ITALIA

Rassegna d’Architettura (Aprile 1930). Direttore G. Rocco - Via Podgora, 4 - Milano.

Concorso Nazionale per la Cattedrale della Spezia. - Villino Wirth in Ostia dell’Arch. Giuseppe Capponi. - Case caratteristiche della Caccia (testo Arch. A. Berlam).

Rassegna d’Architettura (Maggio 1930).

Concorso per il Palazzo di Giustizia a Milano. - La triennale dette Arti Decorative di Monza (testo di E. A. Griffini). Negozio Eberhard a Milano dell’Arch. A. Langer.

Rassegna d’Architettura (Giugno 1930).

Cinema Teatro Odeon a Milano degli Arch. Arati e G. Laveni. - Le scuole di Hilversum dell’Arch. Dudok (testo di G. Rocco). - La 1ª Mostra sindacale d’Architettura a Napoli.

“Domus” (Aprile 1930). Direttore G. Ponti - Via S. Vittore N. 4 - Milano.

Sezione Inglese alla triennale di Monza. - Una casa modernissima dell’Arch. G. Terragni a Como (testo di G. Ponti).

“Domus” (Maggio 1930).

Nuovo quartiere “della Fontana” in Milano degli Arch. Griffini e Manfredi. - Triennale di Monza.

“Domus” (Giugno 1930).

Fascicolo interamente dedicato al Palazzo per gli Uffici del Gruppo Gualino, in Torino, degli Arch. G. Pagano - Pogatschnig e G. Levi-Montalcini.

GRAN BRETAGNA.

The Architectural Rewiew (Aprile 1930). Queen Anné’s Gate Westminster S. W. 1.

William Booth Memorial, costruito a Denmark Hill in Londra dagli Architetti Gordon, Viner e Sir Giles Gilbert Scott, è un collegio per allievi dell’Istituto della Salute, ed ha anche funzione commemorativa in onore del fondatore, il Generale William Booth. Tutto in rotto, il blocco delle costruzioni è veramente imponente ed è il maggiore che sia stato costruito in Londra da parecchi anni a questa parte. La torre centrale alta 200 piedi è singolarmente importante. È evidente il problema che gli autori si sono posti: far opera che risponda alle attuali tendenze architettoniche, pur mantenendo l’edificto centrale ed i vari padiglioni nel carattere dato dalle tradizioni artistiche della vecchia Inghilterra. La nobiltà dei materiali adoperati, la sapiente disposizione planimetrica ed il gioco delle masse ci convincono del successo.

The Architectural Rewiew (Maggio 1930). 9, Queen Anné’s Gate, Westminster S. W. 1.

Anche la conservatrice Inghilterra ha subito l’influsso delle nuove tendenze? Lo spirito nuovo, se non ha ancora potuto vincere la tradizione per quel che riguarda Architettura, è però entrato decisamente e da vincitore in tutte le manifestazioni artistiche a carattere decorativo. L’Arredamento risente gli effetti delle sensibilità sviluppantesi nel continente, adattandole però alle condizioni di vita e di ambiente proprie della Gran Bretagna. Questo numero della massima Rivista inglese chiaramente ci rivela questo fatto e ci dice inoltre ancora due cose: che il cambiamento è stato quasi repentino, senza esser preceduto, almeno per quanto ci è dato conoscere dalle opere pubblicate, da un lungo e laborioso periodo di transizione. La tradizione conservatrice ha resistito in Inghilterra più a lungo che non altrove; ma una volta intaccato, il fronte è caduto d’un tratto. In secondo luogo, ad un esame più attento lo studioso di arte si persuaderà che l’Inghilterra in questo campo non è poi debitrice verso il continente quanto può sembrare ad un osservatore superficiale. Ed infatti, come riconoscono persino i francesi ed i tedeschi, è poi sempre a William Morris, che va attribuita in gran parte la paternità del movimento decorativo moderno. Le opere qui illustrate anche se non necessariamente eseguite in Inghilterra sono però tutte di artisti inglesi, poichè la raccolta vuol mostrare quello che essi, ed essi solo, hanno compiuto.
Duncan Grant, Edward Maufe, Lord Gerald Wellesley, Trenwith Wills, Oliver Hill: Paul Paget, Mary Adshead, Raymond mc. Grath, Blair Hughes-Stanton, Evelyn Wild; Curtis Moffat, Easton Robertson sono gli autori delle cose illustrate, e sono tali che da soli fanno pensare che questo numero della bella rivista Inglese non dovrebbe mancare dallo studio di ogni Architetto che voglia tenersi a giorno del movimento artistico contemporaneo.
Raymond Mortimer ci parla dell’Elettricità come fonte di luce e del suo impiego nella decorazione. È davvero confortante constatare queste trasformazioni nella Scozia e nel Norfolk, rocca delle tradizioni più conservatrici. Anche se gli effetti ed i risultati raggiunti possono non piacere, ci dobbiamo però sempre rallegrare che le nuove correnti siano riuscite in quelle regioni a dare tali frutti.

The Studio (Marzo 1930). 44 Leicester Square, London W. C. 2.

Leon Carrol illustra con maestria gli effetti che la illuminazione degli interni produce sull’arredamento, producendo abbondante documentazione della “Sun Room”, villa residenziale di S. T. H. Mitchell, Esq. in Greenwich nel Connecticut, opera di Leon Carrol e Jacque Darcy.

The Studio (Giugno 1930). 44, Leicester Sq. London W. C.2.

D. I. M, Décoration, Intérieure, Meuble. La ditta fondata nel 1914 da Réné Joubert, ha sviluppato molto la sua attività sì da varcare i confini della Francia. Marcel Valtaire illustra alcune recentissime opere in cui la freschezza e originalità moderne sono intimamente collegate alle importanti funzioni pratiche cui debbono rispondere le nostre abitazioni. Notevole un bagno in mosaico ed una camera da pranzo eseguita per il Conte De Mun. Nelle pitture murali che rallegrano gli ambienti del Morley College di Londra ritroviamo l’arguzia del nostro Rosso: interessante dal punto di vista urbanistico l’articolo nel quale Ch. Whitaker parla della nuova città di Radburn e del problema delle città giardino negli Stati Uniti d’America.

GERMANIA.

Innen Dekoration (Aprile 1930). Darmstadt.

Berlin, - Grünwald - La villa Zissu - Architetto Micæl Rachlis. - Nella hall, nel salone da pranzo, nel piccolo salottino-bar ricavato nel seminterrato, in ogni ambiente, l’autore ha fatto cosa degnissima.
Carl Müller ha progettato e diretto in Köln a. R. l’arredamento e decorazione di alcuni ambienti per sala di esposizione di mobili. Problema complicato in primo luogo per i requisiti speciali cui deve rispondere un locale d’esposizione ed in secondo per le inevitabili difficoltà che sorgono nell’adattamento di vecchi ambienti a nuova funzioni.

Innen Dekoration (Maggio 1930). Darmstadt.

Poveri, semplici, nudi? forse ad un osservatore superficiale. Ma i migliori architetti e decoratori non sono arrivati a questi risultati perchè costrettivi da vincoli di economia.
Non la formula del “minimo necessario alla vita” o quella del Le Corbusier secondo cui la casa è “une machine à habiter” hanno creato il mobile semplice nella sua semplice cornice di arredamento, ma invece l’aderenza della sensibilità alla vita d’oggi.
Fra i migliori creatori d’interni possiamo classificare Hans Buser, di Brugg, alle opere del quale è dedicato quasi interamente il numero di Maggio della Innen, Dekaration.
I suoi mobili sono generati da una cultura padrona del proprio tempo.

Innen Dekoration (Giugno 1930). Darmstadt.

Un nuovo lavoro di Le Corbusier. L’ambiente unico per abitazione. In un salone di circa m. 9 x 10 in buone condizioni di illuminazione ed aereazione, ben proporzionato nell’altezza, con divisioni formate dai mobili stessi che costituiranno l’arredamento, l’architetto ha ricavato un ambiente di soggiorno, due camere da letto, una stanza da bagno e la cucina. Il razionalismo qui è assoluto; la semplicità metallica è solo ingentilita da qualche rara nota di colore.

Moderne Bauformen (Aprile 1930). Stuttgart.

Fra gli Architetti il cui nome è strettamente legato agli attuali sviluppi dell’arte del costruire, si deve annoverare l’Ing. Alfred Fischer di Essen.
Nel numero di Gennaio della rivista in esame abbiamo potuto osservare le costruzioni industriali di questo Architetto; in questo numero di Aprile vediamo illustrati due nuovi lavori: Il Palazzo sede dell’Amministrazione della Società delle Città Giardino della Ruhr e la Casa Hans-Sachs in Gelsenkirchen. Notevole sopratutto la seconda, ultimata nel 1927. Progettata in origine salo come palazzo d’uffici, dovette poi, per rispondere a necessità improrogabili dettate dallo sviluppo edilizio detta città, servire anche altri bisogni. Nello stesso edificio infatti, vicino ad organi ed enti statali e municipali trovano anche posto uffici privati, negozi, la biblioteca civica, un caffè, un ristorante, un albergo ed infine una grande sala per concerti. Un edificio multiplo dunque che doveva soddisfare necessità multiple, con l’Intelligente utilizzazione dell’area di altissimo valore fondiario. Ed era per l’Architetto compito non certo facile creare un complesso costruttivo organico malgrado la diversità delle esigenze. Per questo è ammirevole che l’unità di concezione si esprima anche nell’apparenza formale.
Nei lavori di architettura e di arredamento dell’Architetto Ungherese Ludwig Kozma - Budapest, troviamo lo spirito del decoratore già a noi noto per la sua complessa attività, seppur variato nella forma per l’evolversi dei tempi.

Moderne Bauformen (Maggio 1930). Stuttgart.

Hugo Schlösser-Stuttgart, ha costruito in Stoccarda la chiesa di S. Giorgio ed in Fiedrichshafen la chiesa di S. Pietro in collaborazione con Wilh. Laur. Gli interni raggiungono una grande potenza emotiva.
Gli arredamenti viennesi di Fritz Gross ci obbligherebbero a ripetere quanto detto sull’attuale tendenza dell’arte decorativa contemporanea all’estero.
Interessante come studio planimetrico ed applicazioni decorative il campo sportivo e la casa dei giovani costruiti in Berlino da Fritz Freymuller.

Moderne Bauformen (Giugno 1930). Stuttgart.

Le costruzioni ospitaliere di Albert Eitel in Stoccarda ci convincono pienamente. Ci è infine dato osservare un ospedale che sia tale e non possa essere confuso con una caserma od un ministero; nel quale, e qui volutamente, la decorazione sia abolita per ragioni igieniche a tutto vantaggio di una maggiore perfezione degli impianti: in cui il malato sia curato in un ambiente per quanto possibile allegro, arioso e sano, piuttosto che tetro anche se mascherato di monumentalità.
E l’albergo di cura in Arosa dovuto all'Architetto J. Lich merita le stesse lodi. Il classico albergo Svizzero d’alta montagna si può dividere in due tipi: O la caratteristica casa rurale notevolmente ingrandita o il palazzo rallegrato da orribili stucchi che potrebbe sorgere, anzi che troviamo eguale, in Riviera, ad Ostenda od al Cairo. Adempirà forse al suo ufficio come centro di turismo, ma al paesaggio ed all’ambiente nel quale sorge fa certamente male. Questo di Arosa invece è un albergo di cura e ad osservalo non è necessario molto tempo per convincersi come in esso si possano effettivamente sanare e l’anima e il corpo.
Sono anche notevoli alcuni negozi progettati e costruiti in Vienna da E. Lichtblau ed i mobili opera di Carl Georg Schöttle di Stoccarda.

Wasmuts, Monatshefte, Baukunst, Staedtebau, Markgrafenstrasse 31 (Giugno 1930), Berlfn W. 8.

Gli stabilimenti sedi delle industrie metallurgiche costruiti da Karl Wilhelm Ochs in Francoforte sono sempre espressione della tendenza d’oggi dell’architettura, così come in altro campo lo sono l’Ospedale costruito in Freiberg dall’Arch. Georg Salzman ed il progetto dell’esposizione verrà inaugurata nel 1931, in Berlino, in occasione del XIII Congresso dell’Abitazione e dei Piani Regolatori, che si terrà nell’anno prossimo in quella città.
Passati in rapida rassegna i fascicoli dell’anno in corso di pubblicazione delle su citate riviste, non si possono non fare alcune constatazioni. Possiamo constatare come dopo un periodo tumultuoso ed agitatissimo, in cui ogni nuova forma di esperimento veniva tentata, dando luogo al manifestarsi di scuole e tendenze in nessun modo giustificabili, ora, da forse un paio di anni in qua, si stia a poco a poco raggiungendo in questo campo, una specie di fronte unico, che, sia per i nomi degli autori che per il luogo ove il movimento si produce, non può lasciarci indifferenti, chè anzi merita il nostro più attento esame.
Il movimento è generale, in Francia come in Germania, in Austria come negli Stati dell’America del Nord, nella Svizzera come nel lontano Giappone, nella U. R. S. S., in Grecia, in Svezia.
Nella rapidissima rassegna una cosa mi ha colpito più delle altre: la magnifica rispondenza fra interno ed esterno che si può notare in quasi tutte le attuali costruzioni, dalla più grandiosa alla più umile. Ciò mi ha colpito non perchè straordinario, che anzi rientra nelll’ordine normale delle cose, ma per contrasto, perchè in Italia si è ancora lontani dal raggiungere questo stato di fatto che pure è naturale. La figura professionale dell’architetto è forse da noi di troppo recente formazione, per quanto, in pochi anni si sia splendidamente affermata; ma è il cliente che non ha per la casa quell’amore che invece le prodiga il committente nordico, forse per le differenti condizioni di clima. Ne deriva che noi architetti abbiamo autorità per quello che è l’ossatura dell’edificio e la sua forma esteriore, mentre si crede che un tappezziere od un antiquario qualunque possa sostituirci in quello che è, invece, uno dei nostri compiti più importanti: l’arredamento. Accade quindi che sia molto difficile (vi sono per fortuna lodevoli eccezioni che aumentano anche di frequenza) trovare un’opera nella quale si veda quella unità di idee e quella uniformità di indirizzo per cui ogni elemento, dal più importante al minimo dettaglio decorativo, trova la sua ragione d'essere nella sua destinazione.
Sta a noi lottare per modificare questo stato di cose.

AMERICA.

Architecture (Aprile 1930). Fifth avenue at 48 Th. Str. New York.

II numero è interessante per alcuni interni che gli Architetti Eastom e Robertson hanno eseguito in Londra e che accrescono l’opera di propaganda a favore delle nuove forme di arte decorativa.

House and Garden (Maggio 1930). Lexington at 43 Rd Str. New York.

E. B. Benjamin è stato fortunato nello scegliere l’Architetto M. H. Goldstein per la sistemazione della sua villa in NewOrléans. questi ha saputo approfittare di tutte le accidentalità del terreno ed un insignificante canale è stato trasformato in un delizioso piccolo stagno.
Pregevoli poi i cristalli, le argenterie e le ceramiche che Rosenthal, Altman e Stern Bros ci presentano per la decorazione di una tavola apparecchiata in bianco e nero.

The Architect (Aprile 1930). 485 Madison Avenue. New York.

Interessante la villa che H. M. Griffin ha costruito sulle coste del Pacifico a Ormond Beach nella Florida per l’Esq. George A. Zabriskie. L’architettura tropicale spagnuola è di straordinario effetto in questo caso, temperata da accorgimenti tecnici che ne stabiliscono la modernità, ma sempre piena di colore e freschezza mediterranee.

The Architectural Forum (Aprile 1930). 521 Fifth Avenue. New York.

Imponente nella sua struttura, la nuova sede dell’Opera di Chicago, riunisce in sè le caratteristiche del teatro lirico e del grattacielo.
Un po’ spostata rispetto al centro degli alberghi e degli affari, però legata dalla Wacker Drive, importante arteria di transito Nord-Sud, con tutti i quartieri urbani, essa sorge su una grande piazza non ancora completamente sistemata in prossimità della quale avranno le loro stazioni di testa sei linee ferroviarie suburbane. In previsione di ciò gli Arahitetti Graham, Anderson, Probst, e White hanno studiato il porticato che corre per una lunghezza di circa quattrocento piedi sulla fronte dell’edificio consentendo così a 40 macchine contemporaneamente di deporre i loro passeggeri. Su tre lati l’edificio si eleva fina al 44° piano, così da racchiudere nel mezzo la sala degli spettacoli, e da isolarla dai rumori e dai fastidi del traffico centrale.
Il proscenio è arricchito dalle canne dell’organo che formano motivo decorativo : 1682 poltrone di orchestra, due soli ordini di palchi, complessivamente 3471 posti a sedere: 20 milioni di dollari.
Nell’ala dell’edificio prospicente la Washington Str. è stato ricavato il teatro civico, in tutto simile al precedente come modernità di impianti, come requisiti di acustica e visibilità; soltanto più piccolo, capace di 878 posti numerati, destinato a rappresentazioni di carattere più modesto.
Al di sopra del terzo piano nella torre centrale, del 4° e del 5° rispettivamente nelle ali fronteggianti le Madison e Washington Str. per tutta l’estensione planimetrica, l’edificio è destinato ad uffici: ed il piano finanziario preparato dagli stessi Architetti, prevedeva in sede di progetto un beneficio netto di 2 milioni di dollari annui, pari al 10% del capitale impiegato. Tale utile è stato raggiunto e si ha ragione di ritenere che potrà essere superato.
Per dare una idea della massa della costruzione, le cui facciate sono in parte, il 33% circa, rivestite in terracotte decorative, possiamo aggiungere che solo per questo scopo sono state impiegate 2500 Tonnellate di maioliche.
È quest’opera la massima realizzazione nel campo tecnico delle costruzioni teatrali, in quanto la modernità degli impianti, tutti volti a dare al pubblico la maggiore comodità e le più ampie garanzie di sicurezza, non è, crediamo, superata da alcuna altra costruzione del genere sia in America che altrove. Quanto all’estetica, non possiamo entusiasmarcene troppo. Il connubio tra il tempio della lirica ed il grattacielo ad uso industriale non ci sembra troppo felice. Nell’arredamento interno la decorazione soffoca in parte le strutture portanti che a nostro avviso sarebbero riuscite di effetto molto superiore se lasciate apparire nella loro funzione costruttiva.
A partire da questo numero di Aprile la rivista americana esce mensilmente in due fascicoli. Nel primo si parla dell’opera, dei suoi autori, se ne illustrano e criticano dal punto di vista più generale dell’estetica, la forma e l’aspetto.
Il secondo tratta invece, per esteso, di tutte le innovazioni tecniche portate nella costruzione delle opere di cui è oggetto il primo; ne riporta calcoli statici, schemi planimetrici, particolarità costruttive, con speciale riguardo agli impianti. Vediamo così nella seconda parte del numero di aprile più sopra ricordato, ampiamente esposti gli studi che hanno condotto gli autori alle speciali disposizioni adottate per l’impianto di riscaldamento e di ventilazione, lo schema delle uscite di sicurezza in funzione del numero degli spettatori ed infine ampiamente trattato il tipo di palcoscenico mobile adoperato per i due teatri.
Notevole sotto ogni rapporto il Palmolive Building di Chicago, Arch. Holabird & Root. Architettura di masse sapientemente distribuite, logica disposizione planimetrica volta alla maggior possibile utilizzazione dell’area.

The Architectural Forum. (Giugno 1930). 521 Fifth. Avenue. New York.

Rassegna di grattacieli: questo numero ne pubblica 16 già costruiti e dovuti agli Architetti Atkinson, Bowmann, Davis, Gillette, Lamb, Schreve, Wilson, fra i più conosciuti e meglio quotati d'America, ed altri 16 in progetto. Dalla California alla nuova Inghilterra, dal Texas al Missouri questi edifici sano sorti o sorgeranno in ognuna quasi delle grandi città. Più notevoli fra gli altri ci sembrano il Sutter Building in S. Francisco Cal. degli Architetti Miller e Pflueger, il Fuller Building in New York, dell’Arch. Gillette e sempre in New York il Crysler Building.

FRANCIA.

Art et Decoration (Maggio 1930). 2, Rue de l’Echelle. Paris.

«La semaine de Paris» si è installata da poco nella sua nuova sede ed ha fornito ad alcuni architetti e decoratori più risolutamente innovatori che conti oggi la Francia, l’occasione propizia per fare una dimostrazione collettiva del loro talento.
Gli artisti chiamati a collaborare per questo lavoro di arredamento, pur applicando in modo affatto personale le attuali tendenze, partono dagli stessi principi; era quanto necessario per l'unità dell’opera senza che si cadesse nella monotonia. Fra questi vediamo: Mallet-Stevens; J. Martel, P. Charreau, F. Jourdain, Claude Lévi e Sonia Delaunais, Pierre Jeanneret, Charlotte Peirrand ed infine il Le Corbusier.

Art et Decoration (Giugno 1930). 2, Rue de L’Echelle. Paris.

Bella, utilissima, la rivista mostrataci da Louis Cheronnet delle ultime insegne di negozi messe in opera a Parigi. Abbiamo sotto gli occhi una specie di alfabeto, con lettere ottenute con i materiali più diversi ma in prevalenza metalli bianchi, e nelle forme più svariate, sintesi delle stilizzazioni in voga.
Certo, moda più che altro; ma esse rendono ottimamente quella sensazione di effimero e di caduco che per esempio nelle insegne di negozi di abbigliamento è necessario complemento della decorazione mutevole della vetrina di esposizione.
Anche notevoli i bar, costruiti a Parigi nel 1930, e l’arredamento che su progetto, di Joubert e Petit ha costruito D. I. M. per una banca parigina.

Gazette des Beaux Art (Maggio 1930). 106, Boulevard Sain-Germain. Paris.

W. C. Constable ci parla con acume critico e finezza di giudizio di alcune opere esposte nell’ultima esposizione d’arte italiana tenutasi in Londra.

La Construction Moderne (Maggio 1930). Rue de l’Odeon, Paris.

Antony Goissand ci mostra il progetto di sistemazione nel Bois de Vincennes della prossima esposizione coloniale che si terrà a Parigi nel 1931.

La Construction Moderne (Giugno 1930). Rue de l’Odeon, Paris.

La diversità di aspetti fra le fronti esterne ed interne dell’edificio costruito sul Boulevard Port-Royal, in Parigi, dall’arch. Georges Jaquet, non ci convince a favore dell’autore. Il meno seducente «liberty» se pure moderato nelle decorazioni plastiche contrasta stranamente con la rigidità geometrica delle fronti su cortile. Necessità di ambientamento? Forse; ma di pessimo effetto.
Con un pò di ritardo, possiamo vedere anche in questa rivista gli ultimi aspetti edilizi di Stoccolma, fra questi primeggiano il Palazzo di Città dell’arch. Ragnard Ostberg ed il Politecnico dell’arch. E. Lallerstedt.

L'Architecture (Maggio 1930). Rue du General Foy, Paris.

A. Merlin illustra i resti di rovine di monumenti romani in Algeria e dalle fotografie riprodotte e dalla dottrina dell’indagine constatiamo con piacere l’importanza che in Francia si annette, da studiosi autorevoli come il Merlin, alla mirabile tecnica della costruzione romana.
Ed. Pauty ci parla invece dell’architettura musulmama, sempre in Algeria, mostrandoci alcuni aspetti sconosciuti o poco noti, degli sviluppi dell’arte araba sulle coste africane del nord.

L'Architecture (Giugno 1930). Rue du General Foy, Paris.

Henry de Rotschild ha fatto costruire in Parigi il teatro Pigalle; diretta e coordinata dal figlio Philippe de Rotschild, l’opera è dovuta agli arch. Ch. Siclis, Just e Blum, e rappresenta, concepita secondo i più moderni principi, la sintesi di quanto è stato sino adora fatto nel campo delle costruzioni teatrali.
Originalissima nella decorazione, perfetta nella tecnica della illuminazione che dà sempre nuovi e mirabili effetti cromatici.
La facciata è volutamente mantenuta in limiti di semplicità estrema, in quanto, a dire degli autori, “la fronte di un teatro non deve essere che una parete forata da aperture con grandi scritte luminose che dicano al pubblico lo spettacolo che si rappresenterà, gli autori e gli attori che reciteranno”. Finora invece il progetto di un locale di pubblici spettacoli era caratterizzato da una ricerca architettonica e monumentale.
Qui la facciata, dalla strada piuttosto stretta, è stata trattata come la fronte di un edificio a carattere industriate. Solo l’ingresso al piano stradale è stato studiato con ricerca, ottenendo notevoli effetti formati.
LUIGI LENZI


SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE


NOMINE NELLE GERARCHIE SINDACALI

La presidenza della Confederazione Professionisti ed Artisti ha ratificato la nomina dell’Arch. Vincenzo Millic a fiduciario del Sindacato Architetti di Zara.

CONVOCAZIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE CORPORAZIONI

È stato convocato il Consiglio delle Corporazioni al quale hanno partecipato i rappresentanti del Sindacato Architetti: Arch. Giuseppe Boni e Armando Meli. e l’Arch. Raffaello Fagnoni, per l’Artigianato.
Tra gli argomenti che posso interessare la classe degli Architetti si può citare quello dell’inquadramento Sindacale, su cui ha preso la parola Carlo Carrà del Sindacato Artisti, auspicando la formazione di una corporazione delle Belle Arti in cui possono essere incorporati anche gli artigiani sotto la guida degli Architetti.

LE SCUOLE SUPERIORI DI ARCHITETTURA DI FIRENZE E NAPOLI

Sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri, nel mese di agosto u. s.
1) Uno schema di R. Decreto che approva la convenzione per la istituzione di una scuola superiore di architettura in Firenze.
Con tale provvedimento viene approvata la convenzione stipulata il maggio scorso tra i rappresentanti dello Stato, del Comune e della Provincia di Firenze, del Consiglio provinciale dell’Economia e della locale Cassa di Risparmio, per la istituzione e il mantenimento di una R. Scuola superiore di architettura in Firenze. Viene così assecondato un voto ripetutamente espresso dalla nobile regione toscana che, seguendo la sua secolare luminosa tradizione, conserva squisito e vivo il senso dell’arte.
2) Uno schema di R. Decreto che approva la convenzione per la istituzione ed il mantenimento della Regia Scuola Superiore di Architettura di Napoli.
Anche la città di Napoli, con nobile slancio ha saputo in breve organizzare un piano finanziario rispondente appieno alle indispensabili esigenze d’ordine vario per la istituzione e il mantenimento di una scuola superiore di architettura, che costituirà un fecondo centro di studi per l’arte architettonica del Mezzogiorno d’Italia.
Al mantenimento dalla scuola concorreranno il Comune e la Provincia di Napoli ed altri Enti, tra i quali il Banco di Napoli, il Consiglio Provinciale dell’Economia, l’Unione industriale fascista, ecc., nonchè i Comuni di Salerno, di Bari e di Avellino.

NOTIZIE SUL XII CONGRESSO INTERNAZIONALE
DEGLI ARCHITETTI DI BUDAPEST

Come è noto, nella prima quindicina del Settembre si svolse a Budapest il XII congresso internazionale degli Architetti ed ivi si tenne anche un’importantissima esposizione internazionale di Architettura.
Il congresso destò interesse per i 5 temi che ne furono oggetto, riguardanti le seguenti materie:

I tema: Riforma dell’insegnamento professionale degli Architetti conforme alle esigenze della pratica.
Presidente della commissione Prof. Arch. Ing. Wilhelm Kres (Dresden) - Relatore per l’Italia Prof. Arch. Ing. Gustavo Giovannoni (Roma).

II tema: Le Camere degli Architetti e le associazioni di interesse tra architetti.
Presidente della commissione Arch. Alberto Calza-Bini (Roma) e relatore per l’Italia.

III tema: La protezione della proprietà artistica dell’Architetto dal punto di vista internazionale.
Presidente della commissione Prof. E. Pontemolli (Paris).

IV tema: L’opera dell’Architetto nelle costruzioni industriali.
Presidente della commissione Prof. Dr. Arch. D. T. Slothower (Amsterdan) - Relatore per l’Italia Arch. Pietro Aschieri (Roma).

V tema: L’acustica architettonica.
Presidente della commissione S. A. Sutherland (Manchester) - Relatore per l’Italia Ing. Cesare Albertini (Milano).

Dei lavori del Congresso su tali temi e delle conclusioni relative, verrà data dettagliata notizia in uno speciale articolo nei prossimi fascicoli.
L’esposizione internazionale d’architettura, tenutasi a latere del congresso, e accuratamente organizzata dal comitato promotore, risultò una rivista completa ed imponente della più recente produzione architettonica in tutto il mondo. Molto raramente è stato dato poter avere sott’occhio tanta vasta mole di opere d’ogni paese, tale da averne una esauriente e sintetica impressione dei valori e dei rapidi sviluppi assunti dalla nostra arte negli ultimi tempi.
Anche all’Esposizione verranno dalla Rivista dedicati speciali articoli in seguito: è qui sufficiente ricordare che le opere italiane furono scelte da una commissione composta dagli Architetti On. Alberto Calza-Bini, S. E. Marcello Piacentini e Giuseppe Boni, che la Sala dov’essa furono accolti, fu ordinata con molto buon gusto dall’Architetto Adalberto Libera, ciò delegato dal Sindacato Architetti, di cui la nostra mostra risultò espressivo esponente.
Daremo qui intanto la cronaca spicciola delle manifestazioni svoltesi a Budapest in occasione del congresso.
È già stato detto che la Delegazione Ufficiale, u insta dal Governo Italiano in seguito a regolare invito del Governo Ungherese, risultò così composta: On. Arch. Alberto Calza-Bini, Segretario Nazionale del Sindacato Fascista Architetti; Arch. Giuseppe Boni, Vice Segretario Nazionale del Sindacato. Arch. Diego Brioschi, Vice Segretario Nazionale del Sindacato; Arch. Gaetano Moretti, Presidente della Sezione Italiana del Comitato Internazionale permanente degli Architetti.
Il Congresso, al quale parteciparono circa 500 architetti di ben 28 Stati ufficialmente rappresentati (gli italiani erano circa 50), fu inaugurato il 6 settembre dal Conte Kuno Klebelsberg. R. Ministro Ungherese dei Culti e della Pubblica Istruzione, nell'Aula Magna dell’Accademia Ungherese di Scienze, con un discorso simpaticamente a colto dai nostri connazionali, sia per il particolare saluto rivolto ad essi dal Ministro in lingua italiana, sia per le belle parole con cui il rappresentante del Governo Ungherese ha voluto mettere in rilievo la cordialità dei rapporti che legano solidamente l’Ungheria e l’Italia.
Hanno portato inoltre, il saluto ai congressisti, il rappresentante del R. Istituto ungherese del Commercio ed il Primo Borgomastro della città di Budapest.
L’esposizione italiana d’architettura fu inaugurata ufficialmente domenicca 7 settembre alla presenza di S. E. Arlotta, Ministro plenipotenziario d’Italia, e dai Sottosegretari Ungheresi per l’istruzione e le belle arti On. Petri Pàl e Kertès K. Robert.
Risultò visibile il compiacimento del pubblico internazionale di fronte alla produzione italiana, avendo riscontato in essa, pur nell’attuale momento di transizione e di crisi, ed a differenza di quanto può osservarsi in altri paesi, lo sforzo di giungere ad una espressione moderna, che, pur aderendo alle attuali tendenze costruttivistiche, non dimentichi l’essenzialità dei valori astratti plastici e decorativi. Di tale compiacimento fu resa testimonianza nei discorsi pronunciati dalle autorità locali all’indirizzo del Segretario Nazionale del nostro Sindacato On. Calza-Bini, capo della delegazione.
I lavori del Congresso furono alternati con visite ai monumenti ed ai principali edifici di Budapest ed a ricevimenti, durante i quali si cementò la fratellanza spirituale dagli architetti di tutto il mondo ed in cui notò la particolare considerazione ed attenzione prestata dalle autorità e dal popolo Ungherese agl'italiami presenti, considerazione espressasi, tra l’altro, con l’ammissione della lingua italiana fra le altre ufficiali del Congresso, col mettere in rilievo l’importanza della nostra mostra ubicandola nella sala centrale del palazzo delle esposizioni e nei frequenti saluti rivolti in italiano alla nostra delegazione, dalle autorità e dai colleghi ungheresi, manifestazioni tutte di valutazione artistica ed insieme di amicizia politica del popolo Ungherese nei nostri riguardi.
Tra i ricevimenti ufficiali più importanti possiamo citare: l’invito avuto dall’On. Calza-Bini a visitare nella su residenza estiva S. A. Serenissima il reggente Horty, che ebbe a rivolgere al nostro paese, parole di grande considerazione; la visita compiuta da tutti i congressisti al Palazzo Reale, a vari Ministeri ed al Parlamento, ove lo stesso Arch. Calza-Bini rivolse al presidente della Camera Ungherese parole di ringraziamento a nome di tutti i congressisti e specialmente della rappresentanza italiana; l’offerta, per parte degli intervenuti italiani, d’una corona d’alloro alla Tomba del Milite Ignoto Ungherese, alla presenza dei membri della Presidenza del Congresso, del Borgomastro di Budapest, d’un rappresentante del Ministero d’Italia a Budapest, dal nostro addetto Militare alla legazione, dal Console Segretario del Fascio Italiano, di numerose camicie nere, e, naturalmente, di tutti i congressisti italiani.
Tra le visite più interessanti compiute dai congressisti ai monumenti ed edifici, si possono citare quelle ai principali musei cittadini ed alle moderne costruzioni ed edifici industriali; e la splendida gita in battello alla cittadina di Estzergom, antica sede dei vescovi primati d’Ungheria, con l’importante cattedrale secentesca e la cappella di S. Stefano.
Tra i trattenimenti di carattere mondano Furono particolarmente notevoli e piacevoli, il piano offerto dalla Legazione Italiana alla presidenza del comitato del Congresso ed alla rappresentanza degli architetti italiani, i ricevimenti ed i pranzi con grande cordialità e signorilità offerti da vari Enti Pubblici e privati ai congressisti, una serata di gala al teatro dell’Opera Reale, ecc. ecc.
Ma non soltanto a queste piacevoli manifestazioni di simpatica ospitalità si manifestò l’attività del Comitato Ordinatore del Congresso all’infuori dello stretto ambito dei lavori predisposti; ma anche a notevoli manifestazioni culturali, come ad esempio una serie di conferenze, tenutesi in varie sedi alternativamente con le discussioni dei temi ufficiali; e tra queste riuscirono specialmente interessanti quella del notissimo architetto Fritz Höger di Amburgo sullo «Stile architettonico attuale tedesco nella costruzione a mattoni»; del signor N. M. Balanos Direttore Generale del Ministero della Pubblica Istruzione di Atene su «Notizie circa la costruzione dei Monumenti antichi»; quella dell’Arch. Paolo Ligeti di Budapest sul tema “Attraverso la storia dell’Arte fino alla nuova architettura»; quella dell’Arch. George Oakley Totten di Washington sul «Futuro sviluppo di Washington», ecc. ecc.
Mentre rimandiamo, com’è già stato detto, ai prossimi fascicoli, la relazione circa i lavori del Congresso e sopratutto sui risultati dell’esposizione internazionale, non resta qui che riconfermare l’importanza odierna di simili scambi di vedute e discussioni di magari contrastanti principi tra i vari popoli in un periodo di formazione di ricerca in cui ciascun d’essi ha importanti caratteri e funzioni da mettere in campo nella collaborazione verso un progresso comune nelle aspirazioni sebbene, naturalmente, diverso nei risultati; e ripetere il compiacimento per il notevole contributo offerto in questa occasione dall’Architettura Italiana che si è dimostrata, al confronto con le consorelle, piena di ottimi germi di vita, e, in merito dell’azione unificatrice del Sindacato, sopratutto la più agguerrita dal punto di vista dell’indispensabile base d’organizzazione pratica e sociale.

AGGIUDICAZIONE DI CONCORSI
L’AGGIUDICAZIONE DEL PENSIONATO NAZIONALE

Il concorso pel Pensionato Nazionale è stato vinto in definitiva dal giovane Arch. Mario Ridolfi. La commissione esaminatrice era composta dai seguenti membri: S. E. l’Arch. Marcello Piacentini, S. E. l’Arch. Cesare Bazzani, On. Arch. Alberto Calza-Bini, Arch. Francesco Fichera, Arch. Enrico Del Debbio. Mentre annunziamo per uno dei prossimi fascicoli l’illustrazione dell’interessante competizione, ci felicitiamo col collega Ridolfi per il meritato successo.


NUOVI CONCORSI

CONCORSO PER LA NUOVA PALAZZATA
A MESSINA

È bandito un concorso nazionale fra ingegneri ed architetti di cittadinanza italiana per il progetto della facciata tipo verso mare delle due testate laterali estreme, della nuova Palazzata e da costruirsi nella zona dell’antica «Palazzata» distrutta dal terremoto del 1908. La planimetria generale della zona trovasi depositata presso la Direzione dell’Ufficio Tecnico del Piano Regolatore e sarà spedita, dietro richiesta, ai concorrenti, con due fotografie: una della distrutta «Palazzata» ed una dell’attuale fondo prospettico.
Ai concorenti è lasciata ampia libertà di creazione artistica. Essi potranno modificare la distribuzione schematica degli isolati, che dovranno però avere un’inquadratura architettonica ispirata ad un unico stile.
I progetti contrassegnati da un motto, dovranno pervenire in involucri suggellati, al Gabinetto del Podestà. Palazzo Municipale, non oltre le ore 18 del giorno 28 febbraio 1931.
Essi dovranno essere costituiti dai seguenti allegati:

1) Planimetria d’insieme quotata. Scala 1:1000;

2) Progetto schematico dell’insieme degli edifici dal Viale S. Martino alla Via S. Giovanni di Malta. Scala 1:200;

3) Prospetto tipo verso mare dell’isolato N. 1. Scala 1:50;

4) Prospetto tipo verso mare dell'isolato N. 3 destinato a sede del Banco di Sicilia. Scala 1:50;

5) Prospetto tipo verso mare dell’isolato prospiciente la Piazza Municipio. Scala 1:50;

6) Prospetto tipo della testata sul Viale S. Martino. Scala 1:50;

7) Prospetto tipo della testata terminale sulla Via S. Giovanni di Malta. Scala 1:50;

8) Pianta del piano terreno e del primo piano di uno degli isolati. Scala 1:100;

9) Sezione tipo. Scala 1:50;

10) Particolare architettonico di uno dei prospetti sopra elencati. Scala 1:20;

11) Prospettiva di uno dagli isolati dalla banchina portuale;

12) Prospettiva generale della «Palazzata» o di una estesa zona di essa, vista dal mare;

13) Tutti i disegni, plastici e particolari che i concorrenti riterranno di allegare per meglio illustrare la loro creazione artistica.

L’amministrazione Comunale ai riserva di esporre i progetti concorrenti al pubblico per la durate di dieci giorni.
Un’apposita Giuria formata di 5 membri e nominata dal Podestà, stabilirà, a maggioranza assoluta di voti, una graduatoria tra i tre migliori progetti.
Il Podestà approverà il progetto classificato primo e lo rimetterà per l’approvazione al Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti.
Dopo l’approvazione il progetto diventerà esecutivo ed il Comune pagherà un premio di L. 30.000 (trentamila) all’autore del progetto I classificato, e L. 20.000 (ventimila) e L. 15.000 (quindicimila) rispettivamente agli autori dei progetti classificati secondi e terzi. Ci saranno inoltre altri quattro premi da L. 2500 (duemilacinquecento) per i quattro migliori progetti, dopo i tre prescelti.
All’autore del progetto prescelto, l’Amministrazione affiderà la direzione artistica delle facciate verso mare e delle due testate laterali, corrispondendogli un compenso del 5 per cento sul cento di detti prospetti desunto dai certificati di collaudo.

DUE CONCORSI INTERNAZIONALI
PER IL TEATRO DELL’OPERA DI KHARKOV

È pervenuta al Ministero dell’Educazione Nazionale dal R. Vice Console di Kharkov notizia di due concorsi internazionali banditi, per la costruzione in quella città di un Teatro dell’Opera che dovrebbe essere il più grande del mondo come capacità di spettatori e per o monumento a Taras Cerenko, poeta popolare nazionale dell’Ucraina.
I programmi dei due concorsi trovansi depositati presso la Direzione Generale Antichità e Belle Arti del predetto Ministero.
Il termine utile per prendere parte ai concorsi di cui sopra scade il 25 dicembre p. v.
Il R. Vice Console d’Italia che ha rivolto preghiera per la diffusione di tale notizie, si dichiara inoltre pronto, anche mediante relazioni dirette coi concorrenti, a fornire loro i dettagli e le informazioni necessarie.

PROGETTO DI UN PIANO REGOLATORE
DELLA CITTA DI ZAGABRIA

Il Ministero degli Affari Esteri comunica il seguente Concorso per il progetto di un piano regolatore della Città di Zagabria:

«Mi onoro informare che in base alla decisione del Consiglio Municipale del 17 maggio u. s. approvata dal Banato della Sava con nota in data 30 luglio 1930 N. 70890-II 3, il Muncipio di Zagabria ha indetto un concorso per l’elaborazione di un piano regolatore di allargamento e di costruzione della città di Zagabria.

«Il concorso è internazionale. Incomincerà il 15 agosto 1930 e si chiuderà il 15 febbraio 1931 a mezzodì.

«I premi sono: I° premio dell’ammontare di dinari 150.000; II° premio di dinari 100.000; III° premio di dinari 80.000.

«Per il riscatto delle opere non premiate è inoltre stanziata la somma di dinari 170.000. Il prezzo di riscatto non può essere, inferiore a dinari 25.000.

«Il Comitato di classificazione è composto di 15 membri e di 4 sostituti.

«Il Bando e le notizie necessarie, stampate in lingua croata, tedesca e francese, si possono ricevere dal 15 agosto al 15 novembre 1930 dietro pagamento di dinari 2000, che saranno restituiti agli autori dei progetti che avranno corrisposto alle condizioni».

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