FASCICOLO XI -XII LUGLIO - AGOSTO 1926
GAETANO MINNUCCI: L'architettura e l'estetica degli edifici industriali, con 123 illustrazioni
I.

Poche e forse nessuna arte umana racchiude in sè stessa una parte cosi imponente delle conoscenze, siano tecniche che artistiche, come l'Architettura. Chi la professa, se cosciente del suo compito dovrebbe avere la mente ed il cuore forgiati ed educati alla comprensione di numerosi rami dello scibile umano, dalle arti pure agli ultimi perfezionamenti della tecnica, dalle dottrine psicologiche alle sociali ed alle economiche.
Dai luminosi esempi che abbiamo dal nostro glorioso Rinascimento sappiamo bene che i nostri Grandi in quest'arte furono insieme ingegneri, pittori, scultori: artista e tecnico, ecco la caratteristica dell'architetto.
L'architettura ha oggi un compito sempre più utilitario, sempre più umano; le leggi economiche ripartendo maggiormente la ricchezza ed il benessere e sollevando il livello delle classi lavoratrici fa dell'architettura l'arte che sapientemente esplicata deve creare e dare ambienti di vita e di lavoro economici, piacevoli, igienici, E ciò soprattutto alle classi povere.Dei tempi remoti della storia umana non ci restano che i colossi, i monumenti eretti in onore delle divinità e dei re, mentre le abitazioni del popolo e i laboratori sono presto tornati polvere non avendo alcun valore architettonico e costruttivo.
Oggi l'umanità vive di più ad egual livello, e si avvia sempre ad un maggiore equilibrio,
soprattutto dal lato materiale; sempre più raro è il caso dell'architetto chiamato a fare opera di solo carattere artistico. La sua attività va in particolare ad esplicarsi in costruzioni per alloggio, alla creazione della macchina per abitare, dell'ambiente della nostra vita intima e del nostro lavoro. Inoltre, pura risonanza della nostra civiltà, si va sempre più formando un'arte architettonica che ha un suo speciale carattere, ed è quella che riguarda gli stabilimenti industriali e gli impianti concernenti la scienza e la tecnica moderna. Questo argomento, di intonazione prettamente nuova, tenterò ora di tratteggiare e mostrare nelle sue linee principali e nei limiti consentiti dalla rivista: cioè in special modo dal punto di vista estetico.

* * *

Prima di riassumere i caratteri di questo ramo moderno dell'arte architettonica sarà bene fare una scorsa, con la velocità del pensiero, tra i resti ed i ricordi delle architetture del passato. Il lavoro umano anche se organizzato in diverso modo, fu in altri tempi così intenso da avere le sue sedi, i suoi appropriati ambienti. Ma se non molto ci è restato delle antiche abitazioni, specie delle più lontane, nulla, o quasi, abbiamo di sicuro riguardo gli opifici e le case del lavoro che dovettero pur esistere nelle varie epoche della storia lontana. Ciò dipende in gran parte dal genere stesso degli edifici che - mancando allora la grande organizzazione oggi necessaria per lo spirito e l'essenza stessa dell'industria moderna - erano di poca importanza e, per il più dei casi, si sarà certo trattato di comuni alloggi adattati a laboratori. Il lavoro di un tempo, fondato principalmente sull'attività materiale del corpo umano, non ha reso necessari gli impianti che oggi rappresentano invece i veri monumenti moderni della civiltà.
Più il cammino del progresso umano si svolge e più le attività dell'uomo sono incanalate rigidamente in branche speciali, divengono ognor più incasellate e il lavoro si ripartisce fra individui specializzati. Difatti risalendo lungo il cammino dell'umanità, osserviamo subito che molti dei prodotti che oggi hanno un'origine prettamente industriale e commerciale, un giorno furono invece, diciamo, casalinghi, poichè fabbricati in famiglia. Il pane, (oggi prodotto in appositi impianti sovente di colossali proporzioni, chè degli stabilimenti raggiungono una produzione giornaliera di oltre 300 quintali) questo elemento fondamentale della nutrizione, sembra che sia a lungo restato presso tutti i popoli un prodotto esclusivo della lavorazione domestica. I primi panifici in Roma e Pompei non si ebbero che verso il 170 av. C. cioè, a quanto dice Plinio il Naturalista, fin dopo la vittoria di Pidna. Del resto anche ora nelle nostre campagne il pane è fabbricato e cotto in casa. Chi ha vissuto nei paesi più progrediti dal lato benessere di vita, sa come molti oggetti e prodotti che da noi dobbiamo confezionare per nostro conto, od ordinare specialmente, là si trovano comunemente pronti nel commercio.
Apprezzamenti ed opinioni in antichi scritti a riguardo di stoffe, tappeti, oggetti di metallo ecc., ci fanno certi che vaste industrie dovevano pur esistere e sovente talmente sviluppate da essere fonte di grande ricchezza per il paese.
Dell'industria della ceramica greca ci restano varie decine di nomi di vasai, fra cui quello famosissimo di Nicostene da cui ebbe certo origine una grandiosa fabbrica di cui la produzione fu talmente ricca che ancor oggi sono numerosissimi i vasi ritrovati. Ricordiamo il nome di Corinto per i suoi famosi bronzi ed insieme quelli di Egira e Delos; le tintorie di Tiro e Sidone erano ricchezza e fama grande per la Fenicia, e così numerose altre notizie ci danno la certezza che numerose industrie fiorirono rigogliosamente nel tempo antico.
Il vario succedersi delle operazioni nella confezione delle ceramiche per esempio ci risulta chiaramente dalle pitture di Beni Hassan; da una tomba di Tebe (I) vediamo il lavoro del falegname e dell'ebanista antico; dell'epoca poi molto meno lontana dei greci e dei romani, abbiamo ancor più elementi iconografici, ma tolto qualche forno, altri vari incompleti resti, e la "fullonica" (gualchiera) scoperta a Pompei e di cui possiamo ricostruire tutta la pianta, null'altro ci resta in fatto di antichi opifici. Nella fullonica di Pompei vediamo il tipo di abitazione adattato a stabilimento industriale, crediamo che ciò fosse quasi di regola, e del resto ancora oggi sono molteplici i laboratori adattati malamente in comuni alloggi.
In Toscana anche, per non andare lontano, si ebbe ai tempi di G. Villani un'industria della lana che soltanto in Firenze contava un 200 botteghe - con una produzione annua di 70 od 80 mila panni per un valore di 1 milione e 200 mila zecchini - dalla quale industria traevan vita circa 30.000 famiglie. Le pitture a Palazzo Vecchio nello studiolo di Francesco I de' Medici, che rappresentano le varie industrie, (Orificeria, di Alessandro Fei; La Vetreria, di Giov. Maria Butteri; La Fonderia di cannoni, del Poppi, ecc.) ci illustrano la lavorazione, ma non possiamo in esse tener conto dell'ambiente architettonico trattandosi di scene convenzionali, a base di architettura spesso monumentale, in ogni caso non certamente rispondente alla realtà..
Di grandi lavori industriali dell'antichità ci resta la memoria del famoso porto del Pireo dell'architetto Filone, e del ponte sul Bosforo, architetto Mandrocle: insuperabili resti abbiamo poi nelle opere di quei grandi architetti-ingegneri che furono i nostri padri Romani, che lasciarono, in tutto il mondo civile, le pietre miliari del loro dominio e della loro vera architettura, quella industriale.
Precisamente col 19° secolo avviene la svolta decisiva nel cammino percorso dall'umanità, Grandi nuovi problemi si pongono, ed altri vecchi risorgono centuplicati nelle incognite e nei fattori sociali. Il 1800, è l'applicazione pratica del vapore e la nascita delle grandi organizzazioni industriali; lo svilupparsi della chimica, la fabbricazione della soda artificiale, le filature di cotone, di lino, e molte altre applicazioni meccaniche; tutte portarono in questo periodo i fondamenti alla nuova grande industria moderna, Ed i laboratori, le botteghe cedettero in gran parte il passo agli stabilimenti, alle costruzioni industriali dove a migliaia gli operai esplicano la loro attività sotto la guida di un solo pugno, ingranaggio complesso ed esatto non meno dei meravigliosi congegni meccanici che la mente umana ha saputo creare. Non solo a prezzo d'intelligenza, ma di volontà, di forza d'animo, di coraggio, e sovente di sangue.

II.

La parte intellettuale della Società Umana si può dividere all'ingrosso in due grandi categorie. L'una che vede ancora con gli occhi di uno, due secoli fa, e che s'entusiasma dinnanzi all'arte aneddotica ed una che prova la sua emozione artistica di fronte ad un ardito ponte in cemento armato, sia pure scheletrico come la scienza delle costruzioni ce lo traccia, Il tempo dimostrerà se sia esatto - in architettura specialmente - educare il pubblico ad una mentalità degna del secolo scorso o ad una che è pienamente in armonia con l'aeroplano e la radio.
Che se poi l'arte di domani, e quindi per il logico riallacciamento quella di oggi, sarà l'accademia di disegno architettonico a base di rimaneggiamenti o l'architettura che parte dallo schema costruttivo romano - imperiale e che arriva oggi alla officina Fiat-Lingotto, alla diga del Tirso, al ponte del Risorgimento sul Tevere, al grattacielo dello Stevens Hotel a Chicago, ciò dirà il futuro prossimo. La Coscienza stessa della civiltà formerà ed imporrà là Nuova Arte.
Le costruzioni industriali che sorsero numerose al principio del secolo scorso hanno in genere rappresentato un deturpamento dell'ambiente in cui sorgevano: bruttura per il centro urbano, se in città, sconcio nella natura, se in campagna. Il loro faragginoso accozzamento di capannoni, casette ed edifici, con ciminiere e torri, era un vero flagello per la bellezza dell'edilizia cittadina. Oggi il quartiere industriale può essere piacevole anche dal lato estetico; si deve crearlo in tal modo che sia fonte ed origine ad un'estetica profondamente suggestiva. Ciò è possibile perchè noi sappiamo e possiamo oggi entrare nello spirito della bellezza che può sgorgare da una "fabbrica" e comprendendola, sfruttare i suoi elementi che sono parte di un nuovo sentimento estetico. Alle generazioni passate mancava questo spirito, erano prive di questa mentalità capace di armonizzare coll'estetica meccanica alla quale oggi invece l'uomo moderno si è conformato tanto da sentirne e penetrarne la vera bellezza.
Vennero i nuovi macchinari allora, e si eressero costruzioni per racchiuderli e proteggerli assieme agli artieri, con gli stessi criteri con cui si concepiva il castello, la caserma, la chiesa. Non è esagerato, cosi fu allorquando si volle dare un aspetto architettonico alla costruzione industriale; perchè in caso diverso il tecnico innalzò capannoni, edifici, senza curarsi nè della loro forma, nè del loro ordine salvo che dal lato tecnico in rapporto all'organizzazione del lavoro. Ancor oggi si verificano di questi casi ma in compenso sono numerosi anche gli esempi del sano rinnovamento artistico.
Troppo sovente sono sorti "stabilimenti" senz'altra cura che quella di dare un locale a certi macchinari: vedemmo innalzarsi delle pareti che sembravano incerte, sulla forma su cui arrestare il proprio sviluppo, finestre insufficienti all'illuminazione di saloni per macchine e per lavoro; quale arruffìo, quale disordine di masse, di linee e di disposizioni architettoniche in queste vecchie fabbriche!
Aggiungete a tutto ciò lo sviluppo spesso rapido di questi stabilimenti, l'aggiungersi di nuovi corpi di fabbrica, di casette, di avancorpi, di sopraelevazioni, ed avrete completo il quadro disastroso della loro "architettura".
I tentativi, quando gli industriali ne hanno creduto il caso, di fare dell'arte in questo genere di edifici, non potevano essere che in piena dissonanza con il carattere della costruzione stessa, Infatti notiamo subito i motivi medioevali, tratti da antichi manieri, dal gotico e da altri stili. Ma che cosa si poteva domandare all'architetto di cinquanta o trenta anni fa, cosi lontano ancora dal possedere la nuova coscienza artistica, dall'esser penetrato nello spirito dei nuovi tempi che pure era ormai base ad un nuovo orientamento nell'arte?
Un artista deve essere e finisce con l'essere del suo tempo perchè l'arte è in rapporto diretto con l'epoca e con l'ambiente.
L'opera d'arte scaturisce si dall'emozione dell'artista, ma si forma, inconsciamente forse, germoglia, scaturisce sotto indeterminabili e numerosi influssi della sua epoca. Perciò l'arte architettonica non può restare oggi nell'idillio romantico, nella dolcezza accademica del passato. Non c'è alcun dubbio che l'arte essendo la manifestazione delle emozioni ed idee umane rappresenta profondamente l'epoca a cui appartiene; dissi altrove (2) che dall'arte si possono sempre ritrarre le linee generali della storia, della cultura, della indole, di un popolo; aggiungo ora che si possono anche comprendere le tappe significative dello svolgimento della civiltà umana.
L'architettura oggi prende sempre più una caratteristica internazionale - come del resto si internazionalizzano la maggior parte dei prodotti del lavoro e delle nostre consuetudini - e questa caratteristica s'individua con le forme geometriche semplici, fondamentali; dimostrazione evidente del periodo di ascesa e non di decadenza. Non mancano i virtuosismi ma allora entriamo nel campo delle esagerazioni e novità a tutti costi, ed usciamo dal campo artistico. E il risorgere, dopo il tuffo nel fango degli stili "moderni" della fine del secolo scorso e i primi anni di questo. Nei fabbricati industriali, nella casa del lavoro, più che mai la nuova arte architettonica si avvia ad essere ed è, matematica, forte, razionale, ferreamente logica. Dice Maurice Raynal che cercare un un nuovo stile è letteratura, ciò che è necessario è un insieme di mezzi più conformi alla vita nuova e che il momento c'ispira. Credo che la definizione per noi più esatta dell'architettura sia quella di Le Corbusier: "L'architettura è il giuoco sapiente, corretto e magnifico dei volumi messi insieme, aggiustati armonicamente sotto la luce". Questa affermazione è profondamente vera e fino ad oggi troppo abbiamo dimenticato questa legge rispettata dai più grandi architetti del mondo, dai greci e dai romani. Un problema secondario, quello della decorazione, è divenuto il principale per la maggior parte degli artisti, e questo è il peggior concetto da seguire, specie nelle costruzioni industriali. Il "modern style" nacque dal desiderio di avere qualche cosa di nuovo ma si ricercò questa novità con criteri errati, criteri superficiali, decorativi: lo stile "meccanico" di oggi è sorto invece spontaneamente, logica conseguenza dell'epoca; il suo sano fondamento si conosce dalla facilità con cui in tutti i paesi ha preso radici vigorose. Era la mèta naturale a cui il nostro tempo doveva portarci; del resto non è basato sulla superficie, ma nell'essenza stessa della costruzione architettonica. Lo schema costruttivo, siamo perfettamente d'accordo, non costituisce in se stesso una manifestazione artistica, ma allorchè questo schema soddisfa certi rapporti di armonia, quando le sue linee, le sue masse, la sua plasticità, producono in noi un emozione, allora questa costruzione coincide con l'architettura, è architettura. Guardiamo il ponte romano del Gard; possiamo forse negare che suscita in noi un ordine di emozioni altamente artistiche? - È vera, grande architettura.
Se osserviamo gli esempi architettonici che il Viollet-Le-Duc ci presenta nei suoi Entretiens chiaramente sentiamo che essi benchè di carattere costruttivo non rispondono affatto a quell'armonia, a quell'estetica che oggi prende sempre più piede nei vari paesi. Costruzione non è quindi sempre architettura, ma mai lo è la decorazione. Essa è invece uno dei migliori mezzi di cui può valersi l'architettura per i suoi effetti particolari.
Questi criteri hanno portato appunto alla capacità di comprendere, e quindi alla possibilità di creare, una nuova estetica che per il suo carattere è specialmente industriale. Forse la più vera e sincera espressione della nostra epoca è l'architettura dei nuovi edifici dell'industria, che costituisce l'esempio dell'abbandono di ogni romanticismo e sentimentalismo aneddotico costituito dai dettagli ed ornamenti il più delle volte inutili in ogni senso.
Questi colossi della costruzione, questi gruppi di silos specie americani, le poderose mura dei saloni dell'industrie metallurgiche pesanti, questi sono i veri templi della nostra epoca. Per l'uomo che veramente vive il tempo di oggi, questi edifici colossali parlano all'animo come, nè più nè meno, parlava all'animo greco, il Partenone. Nel loro valore reale artistico si fondono, si riavvicinano nelle stesse caratteristiche plastiche, nell'armonia dei rapporti, nel ritmo possente degli elementi, nel vigoroso contrastare delle luci e delle ombre delle forme geometriche perfette.

III.

L'antiestetica della gran parte delle costruzioni industriali del passato, deriva dalla disconoscenza dei principi suesposti. In questo genere di costruzioni infatti abbiamo gli elementi più caratteristici e più propri per uno studio plastico architettonico. Comprendo che in una comune casa d'abitazione popolare, sovente a cinque e sei piani, sia spesso impossibile trovare un movimento di un tale valore da costituire per sè stesso un'architettura. Ma nello stabilimento industriale abbiamo il più delle volte un complesso di edifici, e di diversa importanza anche volumetrica, che può essere sapientemente sfruttato. In questo campo abbiamo l'architettura e la composizione d'insieme più che quella particolare del semplice elemento architettonico. Una facciata, l'ala di un fabbricato, un edificio stesso, ha pure un'importanza ben secondaria di fronte all'insieme dello stabilimento. Si può ritenere il progetto di un impianto industriale dello stesso ordine di valori di un quartiere, di un gruppo di fabbricati per abitazione. Ma nel mentre, ed è grave deficienza, e raro il caso che si presenti ad un solo architetto la possibilità di concepire con gli stessi criteri e come una sola unità architettonica un intero gruppo di fabbricati, lo stabilimento industriale è in genere una unità indissolubile, e ne consegue che un solo individuo può coordinare l'insieme, oltre che dal lato esigenze tecniche, anche nell'estetica. A questo carattere più prospettico dell'architettura industriale, a questo suo speciale e favorevole fattore, si aggiunge l'impossibilità, e del resto l'illogicità di trattarne lo studio architettonico con i criteri che si adottano negli altri rami dell'architettura. Una linea estetica fondata sulle caratteristiche stesse del lavoro materiale, dell'attività meccanica, cioè sulla crudezza, forza e semplicità dell'energia moderna della lavorazione, deve essere base all'architettura dell'edificio industriale. L'industria oggi è cosa prettamente scientifica, ha una sua legge rigida, esatta, inderogabile, quale è nella meccanica stessa; c'è una linea, uno schema che deve essere. seguito perchè è il solo che a parità di spesa dia un certo prodotto nel miglior modo in tutti i sensi, L'architettura che plasma l'edificio, l'ambiente per questa matematica industria deve essere fondata sullo stesso concetto ed altrettanto, con lo stesso linguaggio, dire agli occhi del pubblico.

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All'architetto dello stabilimento industriale si presenta un triplice problema. Il primo di ordine schiettamente tecnico, un secondo sociale-igienico, ed un terzo estetico. Tre aspetti, ciascuno di grande importanza; il principale è naturalmente quello tecnico perchè da esso dipende l'utilità ed il buon sfruttamento di tutta la costruzione od insieme di costruzioni. Secondi sono gli altri due, ma pur fondamentali, anche l'estetico, perchè una cosa utile deve essere anche bella in quanto ha funzione nella vita comune, nell'ambiente pubblico ed influisce sull'educazione del popolo.
Non occorre ripetere quale sentimento di soddisfare e quale fattore educativo sociale sia per l'operaio l'igiene, la sobrietà e la limpida estetica dell'ambiente dove egli svolge il suo lavoro. Le superfici chiare, luminose, libere dagli angoli portati da inutili decorazioni, sono la migliore espressione, anche per la sua armonia con l'igiene, del genere di architettura che esaminiamo.
Ritornando al sommario del compito dell'architetto, egli, nella prima parte creativa, in quella riferentesi al lato tecnico-organizzazione dell'insieme dell'organismo dovrà rimettersi nella maggior parte dei casi allo schema tracciato da un ingegnere specialista. Ma non per questo è meno necessaria in lui una ampia competenza in materia, altrimenti si avrà sempre l'errore della dualità, cioè dei due organismi distinti, l'un lo scheletro resistente, il complesso dei muscoli e nervi viventi - opera del tecnico - l'altro un superficiale rivestimento decorativo creato da un artista che potrà molto difficilmente comprendere in questo caso lo spirito dell'estetica industriale.
Infatti ciò fu ed è in gran parte nelle costruzioni industriali del tempo passato. Per questo vediamo il castello adattato a centrale elettrica, perciò vediamo che dietro una parete forata da non abbondanti finestre rinascimento o barocchetto, si deve svolgere l'attiva opera di centinaia di artieri a servizio di veloci ed esatti macchinari che richiederebbero ed usufruirebbero volentieri di una illuminazione più ricca, ma impossibile invece per le idee stilistiche di un architetto. Non si creda che questo errore sia dovuto sempre allartista-architetto che ha creduto suo dovere decorare - dare veste architettonica secondo quello che gli hanno insegnato i suoi professori di disegno - le facciate confidategli in ossatura da un tecnico, Ma queste brutte architetture sono dovute sovente anche agli ingegneri che dopo pensata la costruzione, esatta dal punto di vista scientifico hanno creduto loro dovere farla bella. Capirete che spesso l'ingegnere non ha capacità artistica, anche per il genere della sua coltura, e con i suoi criteri sommari di estetica, basandosi sugli stessi principi dell'architetto-decoratore, ha tentato di rivestire anch'egli e da solo, le superfici con una decorazione architettonica in stile. Allora naturalmente la sua preferenza si è rivolta dove lo portavano le sue simpatie o quelle dell'industriale proprietario: al gotico al rinascimento ecc., ecc. Ne sono uscite delle costruzioni orribili, delle ciminiere terminanti a capitello classico, delle centrali elettriche più o meno merlate.
L'errore era nell'epoca, nello spirito non ancora a pari con il progresso dell'ambiente; oggi questi falsi sono solo raramente possibili. L'ingegnere stesso che deve aver cura dell'edificio dal lato architettonico ha capito che l'armonia va cercata nei mezzi possibili ed adeguati, mezzi dei quali egli è ricco perchè in diretto rapporto con il regolo calcolatore e con la squadra di cui egli è maneggiatore abile, Questi mezzi sono quelli della sapiente costruttività architettonica. E sono sorti cosi i bei silos, le case dell'industria moderna, i templi del lavoro.

* * *

In questo genere di architettura - anche più che nelle comuni case di abitazione - bisogna considerare il materiale con cui si esegue l'edificio ed il sistema costruttivo, poichè ve ne sono vari. Il muro di mattoni è ancora il più diffuso, ma sovente si usa rinforzare le pareti con una intelaiatura in legname, più spesso in ferro. Ciò consegue dalla necessità di avere grandi volumi e grandi pareti, mentre si vuole economizzare nello spessore. Per la necessaria resistenza statica, per le sollecitazioni dovute al vento ecc,, si irrobustisce la parete con le dette intelaiature.
Oggi naturalmente il cemento armato, dopo che nel 1870 il Monier ne dette le prime pratiche applicazioni, sostituisce e con vantaggio i! ferro, specie per le ossature delle pareti e per gli organismi sollecitati a flessione.
Le travature di ferro ancor oggi sono in grande uso e hanno la loro influenza nell'estetica industriale, ma è anche fuor di dubbio che dal Fairbairn ad oggi l'impiego di questo materiale ha compiuto una parabola che è già nel lato discendente mentre da cinquant'anni l'uso del cemento armato si diffonde sempre più e la curva parabolica non raggiunge ancora il suo vertice.
Il maggior numero degli stabilimenti - parliamo sempre di costruzioni di una certa importanza - sono ora costruiti di conglomerato cementizio, Questa preferenza dipende da varie ragioni che non mi sembra il caso di riportare qui; osserviamo soltanto che dal lato estetico-architettonico sembra che questo materiale realmente moderno si presti molto bene allo sviluppo dell'architettura del nostro tempo, sia per la sua omogeneità che gli conferisce un aspetto unito, fuso, plastico, sia per le sue ardite possibilità a cui si presta e che rende giustamente realizzabile una linea ampia, audace, leggera e possente allo stesso tempo, Ed è appunto negli edifici industriali che il cemento ha parlato, ci ha fatto comprendere le sue vere virtù e caratteristiche architettoniche che non erano certo quelle dello stile a "zeppe" che voleva piegare il cemento alla banale decorazione di uno stile floreale - ad un'architettura da capo-mastri. Ed il cemento armato in un giorno che non è più lontano squasserà dai suoi fianchi i rivestimenti a cui lo si assoggetta nelle costruzioni civili e finalmente anche in quel ramo architettonico vedremo splendere al sole le linee continue ardite e robuste di questo perfetto elemento costruttivo.
In Italia abbiamo le officine Fiat (Lingotto) che rappresentano un bell'esempio dl edificio industriale ad ingabbiatura dove i vuoti sono tutti liberi da riempimenti murari e chiusi solo da grande vetrate.
Questo è l'indirizzo ormai più in uso per l'edificio laboratorio a vari piani. Non è il caso di riportare altri esempi dita! tipo di fabbricato perchè per essere così schematicamente costruttivo non ha davvero troppo interesse, ma non per questo costituisce meno il vero ambiente moderno del lavoro. Gli stabilimenti Philips in Olanda sono anche un magnifico esempio di questo genere di costruzioni.
Un tipo diverso abbiamo negli edifici costruiti in pietra naturale; questo caso si presenta qualche volta nelle centrali elettriche che sorgono in località montagnose e che abbondano di materiali lapidei. Qui è più difficile staccarsi da forme architettoniche del passato e del resto non ne vedo la necessità data la tecnica costruttiva che varia pochissimo per tal genere di materiale. Mi sembra però che in queste costruzioni che hanno un fine utilitario a scopo tutto moderno, sarebbe in ogni caso lodevole astenersi da ogni imitazioni medioevale come sovente si nota ancora, sopra tutto credo indicata l'abolizione dei merli...
Abbiamo poi da riprendere a considerare un vecchio materiale che, caduto quasi in disuso perchè sostituito dovunque dal ferro, ora da vari anni è tornato in onore, e va diffondendosi sempre più. Si tratta del legno che viene applicato qualche volta per la completa ossatura di edifici, naturalmente con criteri molto più razionali e moderni. In America incontriamo sovente fabbriche che hanno tutte le travature in legname rese però il più possibile lentamente combustibili, Ma l'applicazione del legno, più interessante tecnicamente ed esteticamente l'osserviamo in numerose grandi tettoie e capannoni in cui l'ossatura resistente è costituita principalmente da grandi centine lignee. Come linea, queste costruzioni, si riavvicinano molto all'estetica del cemento armato; a Dresda l'architetto E. Noack ha fatto costruire in 7 settimane un salone per esposizioni industriali e riunioni, con archi in legno, a tre cerniere, con una corda di m. 78, ed un'altezza massima, al vertice, di m. 21,25.
Potremmo qui esaminare varie decine di edifici simili, principali quello di Charlottemburg del Prof. H. Straumer, splendida costruzione per tecnica e aspetto; l'altro di Amsterdam, grande salone con archi a tre cerniere, tutti in legno e di m. 30 di corda.
Non è il caso di entrare in uno studio tecnico di questo tipo di costruzioni; aggiungo solo che se i sistemi sono vari, il fondamento di essi tutti è quello di costituire delle centine ad arco formandole ciascuna con molti piccoli elementi strettamente riuniti nello stesso elemento resistente (centina) in modo da ottenerne un materiale omogeneo e resistente per la compensazione che i diversi componenti portano concorrendo tutti alla resistenza.

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Dire "architettura industriale" significa comprendere un campo così vasto che è necessario fare diverse distinzioni. Questo ramo potrebbe essere esteso dalla stazione ferroviaria al ponte, dal panificio alla fonderia, dalla stazione radiotelegrafica all'hangar per aeroplani. Ma si capisce che non si può con lo stesso assoluto concetto disciplinare, a parte la tecnica, la parte estetica di un tale assortimento di diverse costruzioni,
Senza dubbio edifici come per il traffico ferroviario, per i servizi di posta e telegrafi costituiscono un ramo di questa architettura, ma è bene considerarli in una categoria a parte che comprenda gli edifici destinati ai moderni rapporti del pubblico e che quindi architettonicamente hanno altre esigenze per i saloni e i locali di traffico che necessitano per il grande affluire di gente.
Il mio esame resterà quindi ai fabbricati eretti allo scopo di essere ambiente e contenere quelle attività che trasformano le materie prime e producono in qualsiasi modo gli elementi richiesti dalla vita moderna. Perciò anche una diga è un impianto industriale, come lo è non meno una torre per serbatoio di acqua, un garage, una stazione per la radio.
Ma anche in questa categoria è compito dell'architetto fare tutta una serie di distinzioni - oltre che quelle in relazione alle che dipendono dal tipo di edificio. Vi sono alcune specie di industrie che per il modo con cui si svolgono le fasi di lavorazione, richiedono fabbricati a vari piani, un'estensione in alto piuttosto che in largo, anche se si abbonda in area disponibile. Le più caratteristiche di questo genere sono le industrie granarie, i mulini, dove successivamente il prodotto grezzo sale fino ai piani superiori per poi discendere di nuovo al pianterreno già lavorato e pronto per il carico sui veicoli. Anche in altre industrie di meccanica leggera come nelle tessiture, nelle filande, in fabbriche di malto e birra, gli edifici alti sono indicati, anche se non assolutamente necessario, per la via più razionale che deve seguire la materia.
Altre volte in cui per la posizione stessa dello stabilimento nella zona cittadina, è necessario economizzate nell'area, l'edificio a più piani s'impone, finchè lo permette il genere dell'industria. I grandi laboratori ed opifici, per la fabbricazione di oggetti da vestiario per esempio, di cui nelle grandi metropoli come Parigi, Amsterdam, Berlino, New York, vi sono colossali esempi, sono nel cuore stesso della città e s'impone quindi una cura speciale nella loro concezione architettonica che deve essere in armonia con l'edilizia, con la via cittadina.
Tutt'altro tipo è quello del fabbricato per l'industria di meccanica pesante che, sia perchè non è necessario, sia perchè non potrebbe, non è mai nella cerchia dell'abitato cittadino. Qui si tratta in genere di grandi capannoni e di saloni per macchinari pesanti e locali di produzione di energia, Questi ambienti dal lato estetico sono i più difficili a trattarsi perchè si comprende che una serie di capannoni alti da cinque a sette metri non possono presentare un motivo architettonico molto facile. Quando l'architetto può creare un elemento che, sia pure semplice, rifugga da quella bruttezza così industriale del passato, e può ripeterlo magari in una serie che divenga grandiosa per il ritmo acquistato con la ripetizione, egli avrà allora assolto valentemente al suo compito. Oggi il cemento armato è di grande aiuto in questo campo, ed è il vero materiale dell'architetto moderno. In Francia l'ing. Freyssinet ha per esempio costruito in una vetreria della coperture voltate in cemento armato che possono far molto riflettere gli architetti. Il laboratorio per decorazioni che i fratelli Perret hanno costruito a Parigi e che consiste in un capannone formato da un volta in cemento armato aperta da un lato per l'illuminazione, forma un interessante progresso sul capannone a shed, oltre che tecnicamente anche dal lato estetico.
Si osservino anche i nuovi laboratori Ford a Dearborn, che riproduciamo e che rappresentano una bella soluzione per edifici bassi e molto estesi.

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Non si potrebbe trattare certo dell'architettura moderna sorprattutto industriale, senza un esame ai nuovi moderni mezzi che si riferiscono alla costruzione ed al rifinimento delle fabbriche. Si pensi solo al progresso enorme che hanno fatto in questi ultimi anni i serramenti in ferro; oggi si vedono infissi metallici con una superficie di molti metri quadrati che funzionano con l'esattezza di una macchina, grandi impianti di finestre per ventilazione comandati meccanicamente che rendono possibile una perfetta aereazione dei più ampi locali. La relazione sui nuovi impianti Ford al lago Michigan li dice chiari, luminosi come il giorno. Ho veduto in un grande salone ad Utrecht una copertura di vetri plastici (vetro-beton) che hanno una grande resistenza e luminosità. La fabbrica di C. Zeiss a Jena ne ha coperto un tetto di mq. 800, costituito da un'ossatura in cemento armato.
Come queste si potrebbero riportare altre cento notizie di carattere più specialmente tecnico e mi piacerebbe parlare, per esempio, di certi tentativi del Dott. Arch. Berlage per ottenere nel cemento armato una superficie decorativa più rifinita. Interessante anche sarebbe esaminare certi prodotti detti beton-metallizzato, a base di cemento e che sono realmente principio a tutto un nuovo indirizzo nello studio della tecnica della costruzione e dell'architettura. Ma il carattere della nostra Rivista m'impone di arrestare le mie considerazioni a questo punto, di chiudere questa specie di capitolo d'introduzione allo studio dell'architettura degli edifici industriali, col ricordare agli architetti di oggi che esiste tutto un nuovo campo da indagare nella pratica della costruzione.
Il progresso ci dà ogni giorno nuovi mezzi, nuovi materiali perfezionati; da vari anni la tecnica si è rivolta al campo della costruzione edilizia e vi sta portando il perfezionamento e l'esperienza dell'intelligenza scientifica di oggi.

Maggio, 1926

GAETANO MINNUCCI.


(1) Nella tomba di Mehenkuetre, ministro durante il regno di uno dei Faraoni Mentuhotep (ca. 2000 a. av. C.) si ritrovarono dei modelli perfetti di tutti i servizi inerenti la vita domestica, fra cui un completo laboratorio da falegname, macellaio, tessitoria, panetteria e cantina, granaio, ecc.
(2) L'abitazione popolare moderrna olandese, pag. 30.
(3) Ci permettiamo ricordare agli studiosi che potranno con vantaggio consultate sull'argomento degli edifici industriali: UTZ e CAMPAZZI, Fabbricati ed impianti industriali moderni, 2° ed. ital. Edit. U. Hoepli, Milano, 1926. - E. SANTARELLA, Il cemento armato nelle costruzioni civili ed industriali, Edit. U. Hoepli, Milano, 1926. - L. SANTARELLA e E. MIOZZI. Ponti italiani in cemento armato, Edit. U. Hepli, Milano, 1924.

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