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GUSTAVO GIOVANNONI: Case del quattrocento in Roma, con 15 illustrazioni |
Il periodo architettonico quattrocentesco è per Roma quanto mai vivace e vario, ma altresì aggrovigliato e confuso. La spicciola continuità della tradizione architettonica, che altrove alimenta la evoluzione stilistica con linnestare nuovi elementi agli schemi preesistenti, qui invece appare affievolita dalla miseria del sec. XIV in cui solo qualche opera sporadica ci mostra la sopravvivenza della bella e vivace êra del Duecento romano. La nuova impresa magnifica dellUmanesimo di far rifiorire nei temi del palazzo o della chiesa lantica architettura era adatta, nelle sue piene espressioni, solo alle grandissime figure di artisti e di tecnici; e queste, fino a Bramante ed eccettuato forse lAlberti, furono a Roma di passaggio, più per studiare che per produrre. Così Roma ebbe per lunghi decenni il riflesso di ciò che preparavasi nelle altre regioni, specialmente in Lombardia ed in Toscana; e lombardi e toscani furono infatti gli artefici che, seguendo le varie clientele di Curia, qui giungevano e che gli archivi romani frammentariamente ci ricordano. (1)
Per larchitettura minore, cioè per la modesta espressione della casa, la complessità stilistica quattrocentesca è ancora maggiore che non per quella monumentale; e più ci sembra tale per la insufficienza delle nostre cognizioni (2) in proposito e per i pregiudizi che imperversano sullargomento. E conviene per essa avvertire subito che la data conta sul suo andamento in modo ben diverso e più tardo di quel che avvenga per le grandi manifestazioni architettoniche, in cui invece il distacco è netto; chè i primi anni del Cinquecento e lopera di Bramante e dei suoi allievi segnano veramente il prevalere di un pensiero nuovo non più regionale ma italiano, ed irrompe la grande arte matura del Rinascimento, padrona degli spazi e delle proporzioni, schiva dei piccoli mezzi forniti dalle sottili eleganze ornamentali, e si afferma al disopra dellartefice la figura professionale dellarchitetto che organicamente immagina ledificio e subordina a sè ogni attività. Sempre, del resto, larchitettura minore (3) ha un lento moto e ritarda di fase rispetto quella maggiore. Luomo con le sue esigenze e le sue consuetudini vi può più dellartista coi suoi voli, lartefice, vicino alla vita, più dellarchitetto, la tradizione ed il sentimento locale e le ragioni positive inerenti alle condizioni regionali più delle mode importate o delle concezioni nuove: le quali invece meglio che al cittadino anonimo convengono al forestiero potente, al negoziante arricchito, alle istituzioni civili o religiose di nuova fondazione o almeno di nuova ripresa vivace. Così avviene che in Roma due fatti importanti, finora inavvertiti, possono affermarsi: luno è che pur nella paralisi trecentesca un tipo architettonico ben definito e non privo di bellezza si afferma nella casa e vive per gran parte del Quattrocento; laltro, che le forme delle abitazioni modeste romane dal Quattrocento invadono almeno una metà del Cinquecento, tanto che molte delle più note case che i trattati chiamano quattrocentesche (le case ad esempio di Prospero de Mochis, di Gianfrancesco Martelli, di Tiberio Crispo, ecc. in Roma, senza parlare di quelle dei dintorni) appartengono al pieno secolo XVI. Tutto ciò può essere argomento di un volume, non di un breve articolo come lattuale. Questo invece deve contentarsi di raccogliere alquanto materiale e dargli un principio di classificazione per tempo e per carattere stilistico, e di mostrare taluni esempi, o tipici delle varie tendenze od intermedi tra esse per linterferenza e la sovrapposizione di più concetti in unopera sola. Primo tipo da considerare è quello della casa medioevale di cui ora si è accennata la fiorente esistenza per gran parte del Quattrocento. Il portico nella zona basamentale ad arcate su colonne, la loggia allultimo piano, ad archi ribassati, ne rappresentano nei secoli precedenti gli elementi principali esterni, e quegli elementi rimangono; solo il portico tende ad andare in disuso finchè nella fine del sec. XV le ordinanze di Sisto IV, il restaurator urbis, lo escludono. La cornice ad arcatelle tende ad essere sostituita da semplici mensoline recanti un architrave ovvero da timide trabeazioni classiche, le finestre talvolta assumono la forma della mostra quadrata che già si avvia al Rinascimento, più spesso seguono ancora il tipo della piccola bifora ad archetti trilobati terminata da una sottile cornice orizzontale (4). Nellinterno se esiste un loggiato, si sviluppa negli stessi schemi dellesterno. Esempio massimo di questo modello è lAlbergo dellOrso, che ormai non è vana speranza di poter rivedere prossimamente nel suo pristino stato; con le arcate riaperte, con i soffitti restaurati sulle ampie sale dei dormitori, con lalto fregio in terracotta che sembra riportarci ai motivi degli antepagmenta etruschi. La parte più recente del gruppo di casette di S. Paolino alla Regola (ora in parte distrutte, in parte racchiuse nel nuovo edificio del Ministero di Grazia e Giustizia) rappresenta invece un modesto esempio popolare. Nella zona più antica di quel palinsesto architettonico che è la casa dei Mattei in Trastevere (6) il tipo appare semplice ma completo (vedi fig. 3). Nella casa in via dei Coronari, che lAdinolfi dice di Fiammetta (7), linizio delle proporzioni del Rinascimento appare evidente, mentre tuttavia il pensiero medioevale rimane nella cornice che reca in sporgenza (quasi a ricordo delle costruzioni in legname) tutta la parte superiore. Pei cortili un duplice Loggiato ad arcate demolito alcuni anni fa al vicolo Savelli, la scala esterna del suddetto palazzetto Mattei in Trastevere (fig. 4) ci forniscono i più tipici esempi. Di tutti gli elementi di questa casa, che diremo romanesca e che noi possiamo immaginare adottato nostalgicamente dalla vecchia popolazione conservatrice dei popolani e dei mercanti di campagna, uno solo rimane tenacemente nellarchitettura domestica quattrocentesca ed è il loggiato superiore, il belvedere nellultimo piano. Rimane quasi sempre nella forma di archi ribassati poggiati su pilastri massicci, come nella casa in angolo tra via di Monserrato e via del Pellegrino, nella casa che fu di Gianfrancesco Martelli a Monte Brianzo, in una casa a piazza Rusticucci che ci rimane degli edifizi del cardinale Armellini poi passati ai Cesi, nella casa Vacca a via della Vignaccia, ecc. Talvolta invece assume il tipo più snello e arioso di un loggiato a colonne, come nella casa Bonadies di contro a Castel S. Angelo (fig. 13), nella casa in via del Gesù (fig. 12), nellangolo del Palazzo dei Banderesi in Campidoglio, nella casa, ora distrutta, allinizio del Borgo sulla platea di S. Pietro (fig. 7), e nella stessa casa del Burcardo in via del Sudano, in cui la singolare importazione di architettura spätgotische voluta dal famoso cerimoniere di Alessandro VI, cede il campo, nella necessaria collaborazione di vari artefici, a questo tipo nostrano di traforo della zona suprema; così come questo stesso tipo, negli esempi ora citati ed in tanti altri, invade gli altri schemi della nostra diretta evoluzione architettonica. In questi altri schemi è interessante notare elementi di riflesso dai monumenti maggiori. Essi starebbero a corroborare la tesi che, nel dibattito sulla origine e lo sviluppo dellarte popolare, vede non un corso proveniente da fonte che sorge spontanea, ma la traduzione ingenua o la deformazione o la contaminazione di motivi e di pensieri di più vasta concezione: lotta tra le teorie del determinismo e degli eroi portata nel campo dellarte Senza entrare in così gravi questioni, qui annotiamo e classifichiamo; e determiniamo intanto due ben distinti capitoli. Cè stato in Roma allinizio della seconda metà del Quattrocento un gruppo di case con le grandi finestre a croce affini a quelle apparse nel palazzo di Venezia e nel palazzo Capranica; ce nè stato più tardi un altro, alla fine del secolo e nei primi decenni del Cinquecento, che il tipo delle finestre ha desunto dalla forma arcuata lombardesca di cui la Cancelleria ed il palazzo del cardinale di Corneto forniscono gli esempi di più bellarchitettura e di più fine ornato. Luno e laltro tipo presentano notevole interesse e richiederebbero ampio studio. La finestra a croce, la cosidetta finestra guelfa, può dirsi la pietrificazione del telaio in legno della finestra medioevale con le sue aperture multiple a sportelli indipendenti. Qualunque ne sia lorigine, o dalle ville toscane come sostiene lo Zippel (8), o dai castelli di Val dAosta (a lor volta influenzati dallarchitettura militare francese), egli è certo che il palazzo di Venezia di Roma ne rappresenta il grande monumento da cui si diffonde per tutta lItalia centrale in tante applicazioni modeste od umili: nel palazzo Comunale di Viterbo ed in quello di Narni, nel detto palazzo Capranica, nel palazzo degli Anguillara ed in quello del cardinale di Torino, poi dei Penitenzieri, in Roma, fino alle più tarde derivazioni nelle ville papali della Magliana o di villa Madama. Semplici applicazioni di tal tipo a comuni case possono vedersi nelle figure 7,8,12; altre potrebbero rilevarsi in Tivoli (ad esempio nella contrada di S. Silvestro) in Marino (presso al palazzo Colonna) ed in altri paesi laziali che più di Roma serbano esempi dellarchitettura minore romana dai secoli XIV al XVI. Quanto alla finestra arcuata racchiusa da un rettangolo, o in semplice forma, o nelle inquadrature di ordini architettonici, certo essa giunge a Roma dallItalia settentrionale, e sono artisti lombardi a diffonderla; ed è tra essi quellAndrea Bregno detto da Montecavallo, a cui così attendibilmente è stata di recente (9) attribuita la facciata del palazzo della Cancelleria. Forse nelle imitazioni delle finestre delle porte dei Borsari e dei Leoni a Verona può vedersene il prototipo; e sarebbe così un elemento romano che dopo lunga via ritorna a Roma. Comunque sia, è certo che tale tipo di finestra, ben più di quello semplicemente rettangolare, invade e prevale nelle case romane di questultimo periodo quattrocentesco, che si estende, - apparente paradosso - nella prima metà del Cinquecento. Essa sostituisce e lascia indietro il tipo di finestra a croce, che talvolta tuttavia ancora con essa si mescola. Ed ecco (fig. 14) la casa della famiglia spagnuola dei Vacca (testè demolita e ricostruita in via di S. Lorenzo in Lucina in modo non perfettamente fedele per luogo e per linea), la casa di Prospero de Mochis (fig. 6) ai Coronari, opera di Pietro Rosselli, la casa anonima al vicolo dei Venti, ed il palazzo Del Drago ai Coronari, il palazzo Pichi a via del Paradiso e tanti altri a via della Barchetta, a via dellAnima, ecc. per giungere alle applicazioni ancor più numerose e tarde nei paesi intorno Roma (vedi fig. 15), e nellUmbria e nellAbruzzo. Su tre edifici di singolare interesse, sin qui inediti od imperfettamente illustrati, vogliamo qui brevemente soffermarci. Il primo è la casa dei Manili in piazza Giudea. La eresse Lorenzo dei Manili cittadino romano, che nelle epigrafi latine o greche profuse sulla facciata volle nobilitare il suo nome mutandolo in Manlio, e, simile al Crescenzio dallXI secolo, volle dedicare lopera a Roma ed alla sua rinascita. La grande iscrizione, dai magnifici caratteri lapidari romani, che corre nel fregio sotto le finestre del 1° piano comincia: VRBE ROMA IN PRISTINAM FORMAM RENASCENTE, e prosegue dicendo che Lorenzo volle con la sua casa concorrere a questo rinnovamento; e le finestre dal lato verso piazza Costaguti portano incisa la scritta HAVE ROMA. È, come ben dice il Gnoli (10) "il saluto del buon romano, del discendente di Manlio, alla sua Roma che vede, col petto gonfio di orgoglio, rinascere nellantica sua forma". Ma il tipo e la data della casa son finora stati incertamente determinati. Il Gnoli male interpretando liscrizione la dice del 1497; ma il Pastor (11) giustamente corregge, rifacendo il computo degli anni di Roma, in 1468; ed analoga determinazione è nellinventario dei Monumenti redatto dallAssociazione dei Cultori dArchitettura (12). Ed a questa rettifica cronologica va unita unaltra architettonica. Niuno s'è accorto finora che linuguale aspetto della casa de Manili (vedi fig. 5) deriva, non già da un riordinamento di costruzioni preesistenti, come afferma il Gnoli, ma da successivi rifacimenti cinquecenteschi e posteriori che hanno alterato una facciata ampia ed organica, di cui la principale zona superstite è quella che contiene la finestra a croce; nè si sono avvertite le tracce del loggiato esistente, e poi murato, nellultimo piano. Invece non è difficile, con una minuta osservazione degli elementi sopravvissuti, giungere ad una restituzione quale quella della fig. 11; sicura nelle proporzioni e nelle disposizioni dinsieme, ipotetica (finchè non siano possibili più diretti saggi nei muri e sotto gli intonachi) in molti particolari; e ledificio assume inaspettatamente unampiezza di linee ed una nobiltà di sentimento classico, da giustificare pienamente laffermazione di Lorenzo daver voluto contribuire al nuovo splendore della sua città. Laltro esempio è quello del palazzetto Simonetti in via del Gesù. Soltanto la ben nota porta di magnifico intaglio, su cui tanto si è discusso (13), è superstite dellantica forma, ma una serie di testimonianze autentiche riescono a stabilirla con ogni sicurezza. Luna, relativamente recente, è data da una stampa (fig. 10) che ci riproduce la zona basamentale con due finestre arcuate fiancheggianti la porta; laltra è un disegno (14) di Aristotile da Sangallo (fig. 9) che rileva quasi completamente la facciata qualera ai primi decenni del Cinquecento. E poichè le misure di altezze e di distanze son sempre quelle delledificio attuale (pur tutto mutato ed obliterato) così la restituzione è facile e sicura (fig. 12). Ritorna la porta alle sue proporzioni primitive da cui lha alterata lallargamento praticato (forse per rendere carrozzabile il vano) nel Seicento. Si riaprono le grandi finestre a croce nel primo piano ed il loggiato ad arcate nellultimo; e la parete si suddivide in riquadri che forse dovettero contenere pitture o graffiti. Nulla ci documenta la data dellopera; ma il trovare qui la finestra arcuata fa pensare che già il palazzo della Cancelleria sia sorto. La stessa concordanza del tipo del loggiato con quello della casa del Burchardo, elevata nel 1503, ci conferma trattarsi di unopera quattrocentesca in ritardo, in cui ancora lo schema della finestra a croce permane. Altra opera quattrocentesca in ritardo deve essere altresì la casa Bonadies (il nome è indicato (15) in una planimetria della regione delineata dallo stesso Aristotile da Sangallo) che elevasi, molto prossima allantica forma, nellisolato esterno della via de Banchi, quasi di contro al ponte S. Angelo. Nella zona basamentale del lato che guarda la via de Banchi appaiono gli elementi di un portico medioevale costruito coi resti di una magnifica trabeazione antica, affine a quella del tempio di Nettuno. Il grande belvedere ad archi ancora appare quasi integro nellalto, se pur murato nelle arcate e suddiviso nellinterno da tramezzi; le finestre dei piani inferiori son state sostituite in gran parte, a cominciare forse dalla metà del Cinquecento, da vani più ampi e da mostre più secche ed insignificanti: nel lato che guarda il Castello si è addossato alla parete un piccolo corpo sporgente per contenere piccole e misere botteghe. Ma tutte queste superfetazioni possono esser facilmente eliminate nel nostro disegno (fig. 13) (16), come è da sperare lo siano prossimamente in un restauro felice, ed i due prospetti del piccolo edificio ritornano, incerti soltanto nel tipo della zona basamentale, a costituire adatto inizio alla magnifica via dei Banchi, ove ancora si affacciano le case degli Alberini e dei Gaddi, il banco dei Chigi e la Zecca pontificia. La tipica ornamentazione parietale a queste facciate fu in graffito con grande prevalenza del bianco sul nero. Non tutte le ebbero, nè se ne rivestirono interamente; talvolta il graffito si limita ad un finto bugnato, talvolta vi si alternano fasce e riquadri a motivi geometrici ad accentuare le linee architettoniche, e vi campeggiano figure e medaglioni e ghirlande di frutti e di fiori (17). Fin dalla prima metà del Quattrocento dovette prevalere tale sistema decorativo, come la torre del palazzo Capranica, la casa Mattei in Trastevere, la casa cosidetta della Fornarina stanno a testimoniare; poi gli esempi della tor Millina., di via Capodiferro, di vicolo Cellini e di vicolo del Governo Vecchio, della casa a vicolo del Campanile e della casa Sander presso lAnima (già ormai trasformate da graffito in pittura), di via della Maschera dOro o di via della Barchetta, della casa del Curato ai Parioli - pochi esempi superstiti degli innumerevoli. Infine il tipo della decorazione delle facciate a chiaroscuro subentrò e dai palazzi Ricci, dalle case in via della Maschera dOro e via Giulia e via del Pellegrino più vivaci arazzi preparati da Polidoro e Maturino da Caravaggio si affacciarono come in una festa, sulla via. Non è certo qui possibile seguire queste varie manifestazioni in cui fioriva lo spontaneo desiderio di bellezza ad ingemmare le case e le vie; nè spingersi a classificare tante altre forme architettoniche od ornamentali. Se lo spazio e la portata di questo studio lo consentissero, potrebbero sfilare quasi in un cinematografo i modestissimi tipi di case popolari ancora esistenti a piazza Fiammetta, ed a via dei Cappellari, ed i cortili ristretti come al vicolo delle Vacche od al vicolo Savelli, od ariosi e ricchi di portici, come al chiosco lombardesco di S. Salvatore in Lauro od alla casa Mattei in Piazza delle Tartarughe (fig. 1), o ad una vigna alla Balduina, o alla casa Cantalupi a vicolo Savelli; o le tettoie sporgenti, come ai Coronari incontro al palazzo del Drago od al palazzo dei Banderesi in Campidoglio: o le mostre di porte e di finestre a bugnato di cui è evidente lorigine toscana, come nelle finestre delle case in via di Ripetta allangolo col vicolo del Fiume od in tante porte disseminate per ogni dove e spesso riutilizzate ed adornate di orecchie e cartocci nelle case seicentesche; o gli ornati invadenti in stucco come nella casa dell'orafo Crivelli a' colori vivaci come nella casetta farnesiana a S. Salvatore in Campo od a piazza S. Eustachio .. Ma in mezzo a tanto fiorire di elementi vari individuali, a questo attardarsi del sentimento quattrocentesco pur in forme ben più sviluppate, ecco avanzarsi larchitettura ufficiale e sostituire la grande composizione alla libera ingegnosità personale od alla derivazione regionale dellartefice. Bramante non solo ha fissato a Roma il tipo definitivo della grande chiesa e del grande palazzo, ma nella casa eseguita per Raffaello in Borgo (18) ha dato il modello delledificio privato espresso dal basamento bugnato e dagli ordini architettonici. Raffaello ne ha seguito lo schema nel palazzo Caffarelli e nella casa di Giacomo da Brescia; applicazioni e varianti e derivazioni ne hanno tentato il Peruzzi ed il Sanmicheli e Raffaello stesso, e tanti altri minori; ed intanto specialmente per opera di Antonio da Sangallo, che può dirsi il vero realizzatore della architettura pratica cinquecentesca, si sviluppava il tipo semplice architettonico fatto di pure proporzioni armoniche, o con una zona basamentale robustamente bugnata, come al palazzetto Le Roy ed alla casa Del Pozzo in Borgo, o con finestre e cornici su parete interamente liscia come nel palazzo Baldassini alle Coppelle, che prelude al capolavoro del palazzo Farnese. E' il Cinquecento che domina coi grandi mezzi, senza che per questo il Quattrocento ceda e abbandoni le sue piccole manifestazioni gentili. Tutta questa produzione così varia si alterna, e compare, or più or meno alterata, nelle piccole vie e nelle piazze raccolte che ancora costituiscono il quartiere romano del Rinascimento e che ne serbano intatto lo schema edilizio pur nellattuale miseria. Sarà mai possibile riportarla man mano alla luce con prudenti ristauri e con quel miglioramento di tutto il quartiere che noi da tempo abbiamo auspicato e che il Comune di Roma ha tra le pagine più nobili del suo programma di edilizia e dArte? Se lo sarà (19), tanti quesiti, ora appena adombrati, potranno nelle indagini e nei lavori avere soluzione; ma, ciò che più interessa, rivivrà a funzione di bellezza, quale museo architettonico allaria aperta, tutta lopera mirabilmente complessa della Rinascenza romana. G. GIOVANNONI. (1) Vedi ad esempio nel MÜNTZ: Les arts à la cour des papes, Vol. II; BERTOLOTTI: Artisti lombardi ecc. Milano, 1881. (2) Su questo tema qualche accenno può trovarsi in GNOLI: Have Roma, Roma 1909; nella prefazione (dovuta a G. B. Giovenale) dell Inventario dei Monumenti di Roma, Vol. I edito dallAssociazione Artistica fra i Cultori di Architettura; in G. GIOVANNON1: Il quartiere del Rinascimento in Roma in Nuova Antologia, 1913, e ID.: Lambiente del palazzo Baldassini in Conferenze ecc. della Sezione di Roma dalla A. N. I. A. 1., Roma 1924 ecc.; ID.: Relazione della Commissione Comunale per la sistemazione edilizia del Quartiere del Rinascimento. Roma 1919; Vedi altresì i numerosi rilievi del LETAROUILLY: Edifices, ecc., Vol. I; ma una vera trattazione manca, come del resto manca, in modo scientifico, sui principali temi del nostro Rinascimento architettonico. (3) Per larchitettura minore in Roma vedi la prossima pubblicazione dellAssociazione artistica fra i Cultori d'Architettura. (4) Il tipo maggiore di tale caratteristica bifora romana può vedersi e datarsi nel palazzo Capranica, in quella parte che nella libera associazione dei due stili di quellepoca di transizione, può dirsi ancora medioevale; non molto diversa è quella, più ricca e fiorita del palazzo Santacroce in Tivoli. Questa singolare forma di finestra bifora vive nel quattrocento romano accanto allaltra più ampia con larco maggiore che racchiude i due minori, che trova applicazioni numerose non nelle case, ma nelle chiese: a S. Marco, S. Agnese, S. Anastasia, S. Spirito ecc. (5) Il primo progetto di restauro è dellArch. Bazzani; ed è seguito da presso dal più compiuto disegno qui riprodotto alla fig. 2, dovuto ai rilievi ed alle indagini dallArch. Lenzi. (6) Del palazzo Mattei è stato testè iniziato il restauro dal Comm. Nunes sotto la guida dellArch. Cesanelli. (7) Il disegno di restituzione di tale casa, dovuto allArch. Fasolo è contenuto nella relazione sopra citata. (8) Cfr. G. ZIPPEL: Il palazzo di Venezia, in Ausonia, II, 156. (9) Cfr. E. LAVAGNINO: Il palazzo della Cancelleria. Roma, 1925. (10) Cfr. GNOLI: Have Roma, cit. p. 153. (l1) Cfr. PASTOR: Die Stadt Rom zu Ende der Renaissance. Freiburg, 1916, p. 74. (12) Cfr. Inventario suddetto p. 240. (13) Cfr. G. GIOVANNONI: La porta del palazzetto Simonetti in Roma, Roma, 1898. (14) Dai Disegni della Coll. Arch. degli Uffizi, N. 1639. (15) Id. id, N. 1013. (16) Il rilievo delledificio e di molti altri del quartiere del Rinascimento fu compiuto dallAssociazione Artistica fra i Cultori dArchitettura nel 1911. (17) Pei rilievi di case con decorazioni in graffito od in chiaroscuro vedi JANNONI e MACCARI: Graffiti e chiaroscuri, ecc. Roma, 1873. Da tale pubblicazione sono riprodotte le fig. 17 e 18. Le fig. 19 e 20, tratte invece da rilievi dellAssociazione art. fra i Cultori dArchitettura furono pubblicate in Annuario dArchitettura, 1915. (18) Per la ricomposizione dei disegni bramanteschi per la casa di Raffaello, vedi HOFMANN, Raphael als Architekt. Vol. II. (19) Sulle proposte di sistemazione edilizia vedi la relazione suindicata. Allattuazione è ora preposta una Commissione comunale presieduta da G. B. Giovenale. |
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