CONCORSI
PER LA SCUOLA- CONVITTO DI ANAGNI
(ROMA)
Dall'Istituto Nazionale degli Impiegati degli Enti locali (presieduto dall'On. Salvatore Gatti) venne bandito un Concorso per la costruzione dl un collegio-convitto nella città di Anagni, capace di duecento allievi interni oltre a duecento esterni e con annesso Istituto tecnico e Liceo.
La Commissione giudicatrice risultò composta: dell'On. Anselmo Ciappi (Presidente), del prof. G. Batta Milani, oltre all'Ing. Susinno, capo del Genio Civile di Roma, del Medico Provinciale di Roma, del Direttore Generale dell'Istruzione Media.
Parteciparono al concorso sette concorrenti e primo fra essi risultò l'arch. Alberto Calza-Bini, secondo l'ing. Angelo Guazzaroni, terzo l'ing. Strocchi.
Nella impossibilità di pubblicare il secondo e terzo premio, dobbiamo limitarci al primo, che presenta magnifiche qualità di distribuzione del locali addetti al molteplici servizi. Assai indovinato è pure il partito architettonico che trae vantaggio dalla variazione di livelli e da tutto il caratteristico ambiente medievale della città di Bonifacio VIII.
C. C.
CONCORSO PER I PROGETTI
DI QUATTRO EDIFICI SCOLASTICI A ROMA.
Al Concorso bandito dal Comune di Roma per i progetti di quattro edifici scolastici, concorso affidato all'Associazione di Cultori d'Architettura, hanno preso parte una trentina di concorrenti.
La Commissione, Presieduta dal Duca Ing. Caffarelli Rettore del Governatorato e composta dagli Architetti Marcello Piacentini e G. B. Milani designati dalla Associazione Artistica fra i cultori di Architettura, dagli Ingg. Beretta e Boni designati dalla Associazione degli Ingegneri e dagli Ingg. Zevi e Fasolo, designati dal Governatorato, ha assegnato il primo premio per la scuola da costruirsi a Monteverde all'ing. Luigi Ciarrocchi, che ha posto nella località una bella nota dominante, costituita dalla testata dell'edificio.
Per la Scuola di Monte Mario (presso S. Onofrio) è stato dichiarato vincitore l'Ing. R. Marino; le sue qualità pittoriche ci hanno mostrato un progetto, perfettamente ambientato, in cui la semplicità di composizione e la sobria decorazione, ben s'intonano alla serena luminosità della campagna circostante. All'Ing. Nicolosi è stato assegnato un secondo premio.
Per la scuola di Piazza d'Armi la Commissione ha invitato Marino, Rapisardi, Marchi, Petrignani e Canino a presentare nuovi elaborati a modifica e completamento di quelli già presentati; per quella di Villa Lancellotti ha stabilito una graduatoria di merito (con premi corrispondenti) assegnando ai concorrenti De Renzi e Wittich il primo posto, ed a Cafiero - Rea, Guerra - Stefanori, il secondo e il terzo rispettivamente.
C. VALLE
COMMENTI E POLEMICHE
PER UN CONCORSO
Il Comune di Aquila ha recentemente bandito un concorso per il progetto di piano regolatore della città; e la notizia di tale iniziativa dovrebbe in massima essere accolta con pieno favore da quanti conoscono l'importanza artistica e paesistica della bella cittadina e comprendono l'utilità del chiamare a contributo le competenze, ancora rare e scarse in Italia, nel campo della edilizia per avviare razionalmente lo sviluppo della nuova fabbricazione. C'è, se mai, da lamentare che l'iniziativa arrivi tardi quando già da un disordinato pullulare di case e di villini molto è stato compromesso: dal deturpamento di importanti centri monumentali come la piazza di S. Bernardino, al tracciamento di nuove vie, senza una qualunque norma di estetica e di funzione di viabilità.
Ma purtroppo i criteri con cui il concorso è bandito sono tali da far tornare in triste risultato le buone intenzioni. Si richiede dai concorrenti il piano quotato della città, frutto di complessi rilievi che invece i concorrenti stessi dovrebbero domandare alla civica amministrazione, si segnalano come parti importanti del tema il rinnovamento, la ricostruzione, il restauro della fognatura ed il riattamento della pavimentazione, cioè temi tecnici spiccioli che nulla hanno a che vedere col piano generale edilizio e che nessun concorrente il quale non appartenga all'Ufficio tecnico locale può basare su dati certi; e per questo enorme lavoro si fissa un termine di soli 4 mesi (il concorso scade il 16 agosto). Nessun dato è fornito sullo sviluppo demografico e sul movimento cittadino, per il che a nessuno che non conosca direttamente le esigenze locali è consentito in pratica di poter concorrere.
Ma v'è di peggio. La Commissione giudicatrice dovrà proporre una terna dei concorrenti prescelti al Consiglio comunale il quale designerà il vincitore, ed il Comune si riserva il diritto di non accettare alcuno dei progetti presentati, qualunque sia il parere della Commissione. E dunque il pieno predominio della incompetenza e dell'arbitrio elevato a criterio fondamentale di un giudizio; ed i risultati non possono essere che deplorevoli anche se tutto questo (come è legittimo sospettare) non è fatto con un preconcetto personale ben determinato. E così con l'allontanare i concorrenti od addirittura con l'escluderli si fa una selezione a rovescio e, come finale risultato, si condanna forse una bella città italiana ad essere rovinata nel suo carattere, nella sua bellezza, nella efficienza del suo sviluppo avvenire!
Quando si comprenderà che bandire un concorso pubblico è atto di alta responsabilità che non dovrebbe mai compiersi leggermente, ma secondo uno studio preliminare coscienzioso e sicuro? Quando si giungerà alla sistematica legale disciplina dei concorsi mediante norme ben definite che ne garantiscano la serietà e diano affidamento di giustizia e li avviino ad una piena rispondenza di Arte e di tecnica con lo scopo per cui vengono banditi?
G. GIOVANNONI
CONCORSI
BANDO DI CONCORSO PER IL QUARTIERE
DELL'ARTIGIANATO.
L'istituto per le Case Popolari bandisce, per incarico del GOVERNATORE DI ROMA e sotto gli auspici dell'Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura, un pubblico concorso per il Quartiere dell'Artigianato.
L'iniziativa, destinata ad avere rapida attuazione per illuminata volontà del Governo Nazionale, si propone i seguenti scopi:
Costituire un nucleo di sviluppo e di propaganda dell'arte individuale; creare un ambiente sereno e tranquillo in cui l'artigiano possa concepire, eseguire costruire con le sue mani l'oggetto di bellezza; richiamare su tale nucleo caratteristico e pittoresco l'attenzione del visitatore, dell'amatore, del commerciante.
L'area destinata alla creazione del Quartiere è quella costituente un isolato fra la via di Porta S. Paolo, il Viale Aventino e la Via Marmorata, quale si indica nella planimetria annessa. L'area totale misura mq. 40.000 circa e tutta deve essere occupata dal Quartiere ideato, esclusa la frazione già occupata da una Sottostazione dell'Azienda Tramvie del Governatorato. Pur riferendosi all'intera area il progetto deve considerare la possibilità che, in un primo tempo le costruzioni possano limitarsi, pure formando sempre un insieme organico, ad una parte di detta area quale è indicata con le lettere A, B, C, D, E, nella planimetria annessa.
Ogni concorrente che lo desideri può ritirare una copia in scala più grande, della planimetria presso la sede dell'Istituto in Via del Clementino, 101.
La viabilità interna del Quartiere è lasciata al criterio del concorrente essendo solo indicate nella planimetria le linee del P. R. circostante, i confini di proprietà e le zone di rispetto.
Il Quartiere deve anzitutto contenere un centro in cui si esprimano, per così dire sintetizzati, gli scopi dell'iniziativa, e cioè un centro corporativistico, turistico commerciale in cui abbiano sede sale di esposizioni permanenti, di vendita, uffici di segreteria per l'organizzazione commerciale, ecc.
Attorno a questo centro e con distribuzione e raggruppamenti opportuni, conseguenti alle varie caratteristiche ed alle varie necessità tecniche; si disporranno le botteghe e le abitazioni per le varie arti, considerando a titolo di esempio, le seguenti:
1. Orafi-Cesellatori Pietre dure.
2. Cuoi Merletti Fiori artificiali.
3. Ceramiche Vetrerie artistiche.
4. Industrie tessili Arazzi e arte della lana Tappeti.
5. Ebanisteria Intaglio.
6. Opere in ferro battuto Metalli sbalzati.
Ciascun artigiano, nel relativo gruppo, deve avete la bottega con i suoi annessi e l'abitazione di tre o quattro camere e cucina in massima. Uniti di questo genere saranno raggruppate in piccoli fabbricati di due o tre piani fuori terra capaci di contenere da due a sei artigiani della stessa arte.
E' lasciata completa libertà di stile per la composizione da ideare, la quale deve soltanto intonarsi all'ambiente e rispondere a linee di semplicità e di praticità assoluta. L'insieme dei varii nuclei potrà avere uno o più ingressi ed essere alleggerito ed abbellito con giardini e spazi interni gradevolmente sistemati.
In relazione al suddetto programma i concorrenti dovranno presentare, entro il 31 agosto 1926 un progetto di massima alla sede dell'Associazione Artistica fra i Cultori dl Architettura - Via Astalli n. 1.
Il progetto di massima deve comprendere:
Una planimetria generale in scala 1:500;
Due piante ed un prospetto in scala 1:200 di un edificio tipo per ciascuno dei sei gruppi di arte indicati ad esempio;
Un dettaglio planimetrico ed altimetrico pure 1:200 degli edifici del centro;
Una prospettiva generale a volo d'uccello;
Altre prospettive di dettaglio a piacere.
I progetti presentati saranno sottoposti al giudizio di una Commissione di cinque membri:
due designati dal Governatore di Roma;
due dall'Istituto per le Case Popolari;
uno dall'Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura.
Sono istituiti per il concorso i seguenti premi:
Uno di L. 10.000 (diecimila)
Uno di L. 6.000 (seimila)
Uno di L. 4.000 (quattromila).
Il vincitore svilupperà il progetto d'insieme e seguirà la costruzione dell'intero quartiere come consulente artistico, percependo un ulteriore compenso di L. 25.000. Egli avrà inoltre il diritto a progettare e dirigere per la parte artistica i fabbricati centrali e quelle delle varie arti per un complesso di circa la metà dell'intero quartiere con un compenso pari all' l% dell'importo.
La Commissione per la esecuzione degli altri edifici potrà proporre uno o più degli altri concorrenti i quali dovranno eseguire i progetti che saranno richiesti ed avere la consulenza artistica relativa sempre con compenso pari all'1% dell'importo corrispondente.
Roma, li 5 giugno 1926.
Il Presidente
ALBERTO CALZA-BINI
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
CORRADO RICCI. L'architettura romanica in Italia; Hoffmann, Stuttgart, 1925.
Col magnifico volume testè pubblicato prosegue il Ricci infaticabilmente l'opera utilissima di raccolta e di divulgazione della nostra arte ed, in particolare, della nostra Architettura, che ancora ha tanto bisogno di essere conosciuta e studiata. Basterebbe questa serie numerosa delle nitide riproduzioni di monumenti italiani, taluni notissimi altri quasi ignoti, per mostrarci in tutta la sua grandiosa complessità l'importanza somma di un periodo architettonico essenzialmente italiano, che da timidi tentativi si eleva lentamente, per la propria forza interna (che deriva dalla ripresa di una grande tradizione) e solo in qualche caso per influenza di apporti esterni, ad una, vera elevatezza di manifestazioni costruttive e decorative, ed assume nelle diverse regioni una varietà di aspetti in cui veramente ritrovasi, più che in qualunque altro periodo, la spontanea vita architettonica nostra.
Questo ha rilevato il Ricci nelle brevi ma chiare pagine del testo che precede le tavole. Rivendicato il bel titolo di romanico che il De Caumont avanzò a denominare l'arte fiorita in Occidente da Carlo Magno fino all'inizio del gotico, dato nella evoluzione delle forme architettoniche il posto che spetta alle influenze esotiche, in quanto che, come egli giustamente dice, i paesi lontani possono influire sulla decorazione più che altro mercè gli elementi che facilmente si trasportano, il Ricci s'indugia nella grave questione degli inizi del periodo romanico, che egli, contrariamente alle comuni classificazioni, pone in modo deciso alla fine del sec. VIII od al principio del IX, cioè dopo il termine di quel periodo longobardo che ha segnato il grado più basso nell'arte, nella costruzione, nella civiltà italiana.
Tutti i nuovi elementi dello schema chiesastico, fino allora rispondente ai tipi basilicali od ai bizantini, si affacciano infatti in quel tempo e prendono sviluppo vivace: precisa constatazione che solo gli errori di data, così frequenti negli studi medievali, hanno impedito di vedere finora chiaramente. Ed ecco i campanili o rotondi alla maniera ravennate o quadrati; ecco le cripte, modeste dapprima e poi grandiose, sviluppantesi insieme con l'uso delle sepolture nell'interno delle chiese; ecco la conformazione esterna delle chiese tutta mossa nella planimetria, cogli absidi multipli ed il presbiterio ampio, col portico e gli atti, tutta fiorente di elementi architettonici, laddove l'antica chiesa era quasi soltanto fatta per l'interna; ecco in particolare le lesene e le arcatelle cieche nelle pareti od i loggiati nelle absidi, ecco la nuova arte decorativa che ravviva i nuovi tipi di suppellettile presbiteriale ed ecco soprattutto, come ha dimostrato il Rivoira, i tentativi delle soluzioni costruttive basate sull'impiego della copertura a volta: tentativi timidi e discontinui ma importantissimi per avviare la soluzione di un grande problema nuovo di ordinamenti spaziali e di equilibrio statico, in cui i costruttori, specialmente i lombardi, ritrovano il pensiero della grande tecnica romana. La lenta preparazione in tutti i campi suddetti dura per tre secoli, il IX, il X, l'XI, finchè il XII reca, in Italia come nelle albe nazioni occidentali ma con una varietà ed una genialità ed una ricerca di bellezza e di grazia quasi ovunque sconosciute, altrove una fioritura davvero prodigiosa in cui si esplica tutta la rinnovata vita italiana.
L'avere così chiaramente determinato questi limiti e precisato le idee ancora incerte è grande merito del lavoro dei Ricci; al quale certo, dato il carattere del volume e l'immensa mole del materiale da ordinare, non si potrebbe domandare di essere completo. Pure non sarà inopportuno segnalare alcune delle lacune, senza entrare nella nota di alcuni spiccioli errori di stampa (cupola assegnata a S. Nicola di Bari anzichè alla cattedrale, nomi errati dei Cosmati che hanno lavorato a Civitacastellana, S. Giusta di Baccano mutato in S. Giusto) piccole mende inevitabili che una successiva edizione potrà togliere. La parte costruttiva, cosi bene trattata dal Kingsley Porter, è qui appena considerata; sarebbe, in particolare, stato desiderabile di rivedere qui l'interno di S. Maria di Castello in Corneto Tarquinia, a cui il chiaro autore americano assegna un posto così importante nella formazione dello schema definitivo della chiesa coperta a volta. Manca quasi completamente l'architettura militare, che pure venivasi intanto gagliardamente affermando; mancano monumenti tardi ma importantissimi quali S. Ciriaco d'Ancona, S. Antonino di Piacenza, il duomo di Cremona. Invece potrebbe forse esser tolto, e la bella unità del lavoro ne guadagnerebbe, tutto il ciclo di arte siculo-tirrena e cosmatesca che riannodasi al ceppo arabo e bizantino a cui i Cosmati innestano la Rinascenza delle arti decorative, ma che è corrente estranea al romanico. E pur senza entrare nel grande mare del romanico di tutte le regioni europee, qualche raffronto con opere prossime, ad esempio con quelle della Francia meridionale, non sarebbe stato inutile.
Ma a soddisfare questi desiderata occorrerebbe non un volume ma un opera vastissima, e forse ancora non ne è maturo il tempo. Accogliamo ora lietamente questa magnifica, utilissima del Ricci, tesorizziamo i bei contributi che reca all'Arte con la pubblicazione di così vasto materiale, agli studi storico-architettonici con la chiara determinazione e classificazione testè rilevata, e siamogliene grati.
G. GIOVANNONI