FASCICOLO IV - DICEMBRE 1926
NOTIZIARIO
NOTE E COMMENTI

FACCIATE DIPINTE NEL GENOVESATO

Fino a non molto tempo fa era la Liguria il paese delle facciate dipinte. Delle ampie composizioni di grandi figure di scene eroiche od allegoriche che fino dal XVI secolo nel palazzi. Doria, Spinola, Imperiali, invadono le superficie esterne dei palazzi dl Genova, quasi arazzi che sulle ristrette vie aggiungono fasto alle linee architettoniche, o dalle ancor più esuberanti applicazioni nelle magnifiche ville seicentesche nel suburbio genovese, man mano la. decorazioni dipinta è passata nelle città e nelle borgate della riviera ad essere il festoso mezzo di ravvivare la superficie esterna pur delle più umili case. Allo stile figurativo è nel secolo scorso subentrato lo stile architettonico, a cornici e mostre dipinte, a riquadri, a fregi, ad ornati, con espressioni non sempre certo di buon gusto e di giusta armonia cromatica, ma vivaci e fantastiche e ricche di effetti prospettici e pervase di sentimento folkloristico: certo più vicine all'Arte, nella ricerca facile ed economica di una composizione varia e vivace della linea e del colore, che non le pesanti ed insignificanti facciate architettoniche di stucco.
E la tecnica si è accompagnata a questa tendenza d'arte, nobile insieme e popolare. Per molto tempo l'affresco, che pochissimi grandi pittori in Italia sapevano, e sanno, eseguire bene, è stato invece in Liguria patrimonio dei più modesti imbianchini, mezzo concreto per la produzione artistica di tutti i giorni.
Tutta questa tradizione si è rapidissimamente estinta; e purtroppo ciò che si è sostituito alle facciate dipinte, spesso ingenue e rozze, ma piede di vita e di carattere, non ha rappresentato per lo più (sia detto con sopportazione degli architetti) un bel guadagno. Quasi ovunque, salvo alcune onorevoli eccezioni, quella orrenda architettura cementizia stracarica di falsi ornamenti, grossolana, grigia, priva di carattere locale, quell'architettura che per qualche tempo ha avuto la sua sede in Milano ma che ora Milano, fervida di studio e di vita, non vuole più, prevale sulle belle spiaggie liguri e nelle vie e nelle piazze raccolte che ancora conservano tanto valore ambientale; e solo fa tanta vegetazione naturale fa sì che il danno talvolta rimanga isolato nelle singole ville e non sempre assuma una più grave portata edilizia o panoramica.
Ora non sarebbe possibile far rivivere, pur rinnovellata con sentimento moderno, codesta bella tradizione, che non può essere ancora totalmente spenta! Dagli studiosi potrebbe venire una raccolta di rilievi e di modelli; dagli artisti, attraverso i concorsi, alcuni progetti di applicazioni nuove. E nelle scuole d'Arte, opportunamente completate ed avviate, si potrebbe nelle città di Liguria dare primissima importanza alla tecnica dell'affresco ed alla composizione decorativa nell'architettura esterna; si preparerebbero così schiere dl giovani pittori decoratori che diffonderebbero nuovamente lo stile, il pensiero dei colore nella casa e sulla via. Il popolo, si può esser certi, si persuaderebbe subito e ci ritornerebbe con gioia, come alla celebrazione di una festa, da pochi anni trascurata; più tarda e sospettosa sarebbe l'adesione dei negozianti arricchiti o dei costruttori dei casamenti in serie, cioè delle classi dirigenti l'edilizia moderna, ma forse potrebbe giungere anch'essa attraverso la moda e l'economia....
E l'arte decorativa popolare potrebbe così compiere il cammino inverso da quello per cui passò dai palazzi alle umili case, e ritornare, nuovamente nobilitata, alle ricche abitazioni cittadine od alle ville sontuose; ed il colore, scacciato ormai dall'Architettura, potrebbe ritrovare un suo sicuro rifugio, e da lì riprendere il suo cammino, quale più naturale elemento di armonia artistica, quale mezzo efficace di effetti vivaci ed individuali nella materiale uniformità della vita moderna.

G. GIOVANNONI



CONCORSI

L'Ente Nazionale per le Piccole industrie, con Sede in Roma, Piazza Cavour N. 34, bandisce Undici Concorsi con il preciso scopo di intensificare la cooperazione fra artisti e artigiani, di ricondurre le arti del mobilio e della decorazione a risolvere problemi inerenti alla pratica della vita, e di contribuire alla formazione di uno stile italiano moderno nelle arti decorative.
I Concorsi sono stati perciò divisi in cinque gruppi:
Il primo gruppo comprende oggetti destinati alle classi popolari; il secondo oggetti destinati al medio ceto; il terzo oggetti che abbiano carattere di notevole raffinatezza; il quarto prospetta problemi artistici che richiedono in chi li affronta particolari qualità di competenza tecnica e di ingegnosità inventiva ; il quinto tre oggetti sacri attinenti al Culto.
Tutti gli oggetti debbono avere carattere di schietta semplicità e nobiltà di forma, di decisa italianità e modernità di stile, essere eseguiti con assoluta perfezione tecnica, essere concepiti con logica rispondenza alla materia impiegata, all'uso pratico a cui sono destinati, ai sani criteri del commercio e dell'industria, senza che prevalgano nè i capricci della fantasia, nè le preoccupazioni del gusto commerciale corrente. I concorrenti terranno quindi presente che non esiste possibilità di efficace diffusione dei prodotti delle arti decorative, se alla bontà del concepimento artistico non corrispondano la convenienza del prezzo e l'onestà dell'esecuzione.
È bene aggiungere che non sarà preso in considerazione alcun oggetto che sia copia od imitazione, per quanto abile, degli stili del passato.
Gli oggetti dovranno pervenire alla Segreteria della III Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza —Villa Reale — non più tardi delle ore 20 del 5 maggio 1927.
Essi saranno esposti in quella Mostra e vi resteranno a disposizione dell'Ente per tutto il periodo in cui rimarrà aperta l'Esposizione.
Ogni concorrente ha la facoltà di partecipare ad uno o più concorsi.
Il giudizio insindacabile ed inappellabile sarà deferito ad una Giuria formata dai Signori: Arch. BRENNO DEL GIUDICE, Prof. ANTONIO MARAINI, Prof. ROBERTO PAPINI, Prof. FERRUCCIO PASQUI, Arch. GIOVANNI PONTI. Tale Commissione sarà presieduta dall'Ing. BEPPE RAVÀ, Presidente dell'Ente Nazionale per le Piccole Industrie.
La Commissione esprimerà il suo giudizio prima dell'apertura della Mostra delle Arti Decorative di Monza. La relazione della Giuria sarà affissa nel locali di questa.
La Giuria ha facoltà di aggregarsi, con semplice voto consultivo, uno o più specialisti nella tecnica delle varie lavorazioni, specialmente per quanto riguarda i Concorsi del quarto gruppo.
La Giuria ha facoltà dl proporre all'Ente l'assegnazione di medaglie o menzioni onorevoli ai concorrenti che ne ritenesse meritevoli.
Per schiarimenti maggiori e per Il bando integrale rivolgersi alla Sede dell'Ente al suindicato indirizzo.

Il termine del Concorso bandito in Trieste PER LA DECORAZIONE PITTORICA DELL'ABSIDE DELLA CHIESA DI S. GIUSTO è stato prorogato a tutto il 31 maggio 1927.
L'ufficio tecnico comunale si tiene a disposizione dei concorrenti per tutti gli schiarimenti che verranno richiesti. In particolare esso può fornire delle copie indicative del precedente affresco raffigurante l'incoronazione della Vergine che fu distrutto tel secolo scorso e che occupava appunto il semicatino dell'abside.
Si rammenta a questo proposito che pur essendo prescritto il suddetto tema dell'Incoronazione della Vergine per la composizione nuova, questa deve aver solo per guida l'ambiente e il sentimento dell'artista, ma non deve in nessun modo riprodurre le linee o lo stile della precedente composizione.
Tanto più arduo è dunque il tema e tanto più è da augurarsi che esso susciti il fervido interessamento del nostri artisti, e dia ispirazione ad un'opera veramente significativa.


IL PREMIO ANNUALE DEL R. ISTITUTO
DEGLI ARCHITETTI BRITANNICI

Recentemente il Presidente del R. Istituto degli Architetti Britannici consegnò solennemente in pubblica seduta un diploma di benemerenza all'architetto Sir Edwin Lutyens, R. A. per l'edificio della Britannic House da lui costruito in Londra e che costituiva, a giudizio di una commissione di artisti della città, il miglior esempio di architettura eretto nel 1926 entro un raggio di cinque miglia da Charing Cross.
L'edificio dovuto ad uno dei più geniali Architetti britannici rivela chiara, nelle sue linee l'influenza di motivi classici ed italianissimi, come appare da quel poco che qui ne riproduciamo.
Vogliamo segnalare questa, che è una consuetudine del R. Istituto Britannico degli architetti, di conferire cioè ogni anno un premio all'ideatore e costruttore di quello che, a un giudizio di esperti, risulti la migliore opera architettonica eseguita nel centro dl Londra. Ciò confermando il principio che tutto ciò che al costruisce è dl pubblico dominio, incoraggia l'artista e contribuisce non indifferentemente a migliorare l'estetica cittadina.
Vorremmo che questo esempio fosse da noi imitato.

L.L.



BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO


UR, CITTÀ CALDEA

Il numero di ottobre del Journal of R. Institute of British Architects reca una interessante relazione, dovuta all'Arch. Stuart Wittsburn, dai recedi scavi compiuti nel suolo dell'antichissima città di Ur dalla spedizione inviata dal British Museum e dal Museum of Pennsylvania University; e dei risultati ivi riferiti riteniamo opportuno dare un breve riassunto.
Sorge il luogo della città nella Mesopotamia meridionale a mètà strada tra Bagdad e Buarsh presso alla traccia, dell'antico letto dell'Eufrate, che un tempo recava fertilità al suolo e facilità di comunicazione della città col mare, ma che da oltre 2000 anni si è scavato una nuova via più lontano.
Molteplici le vicende della città, che ebbe il massimo del suo splendore intorno al 2300 a. C, sotto i regni di Ur-Namur e di suo figlio Dungi; ed ai vari periodi di prosperità e di sviluppo corrispondono fino a sei strati diversi nel suolo, la cui data è stato facile identificare nello scavo pei bolli sistematicamente impressi nei laterizi.
Fin dall'inizio delle indagini tra le' rovine sepolte sotto le sabbie, apparve una netta divisione della città in due centri separati, uno sacro ed uno profano, e le ricerche .si volsero specialmente alla, città sacra.
La cinta sacra consisteva di due muraglie di argilla parallele riunite da muri trasversali che venivano a creare nell'interno della cinta come un sistema di compartimenti stagni; le due faccie esterne della cinta erano ornate da speroni che sorgevano a qualche altezza dal suolo dalla muratura propriamente detta, che a quell'altezza diminuiva di larghezza. Attraverso questa cinta si aprivano sei porte due su ognuno dei lati maggiori e una su ognuno dei minori, Nell'interno l'angolo N. O. è occupato' dallo Ziggurat e dagli edifici annessi, e l'angolo N. E. dal gran cortile.
L'antica città fu eretta, su quella specie di terrapieno di argilla, per preservarla dalle periodiche inondazioni del vicino fiume, ed anche per difesa., I materiali da costruzione adoperati furono mattoni d'argilla crudi o cotti; la differenza del materiale usato però non prova nulla nei riguardi della data di costruzione.
Il monumento più importante è lo Ziggurat;. questa mole enorme è quasi una collina creata artificialmente perchè sulla sua cima, potesse essere eretto l'altare del Dio della Luna, divinità adorata in Ur. Tutte le più importanti città dell'antica Mesopotamia vantavano uno Ziggurat, e le rovine di questi templi sono visibili tuttora al di sopra di tutti gli altri resti che la circondano, Il terrapieno, le scale e le rampe di accesso erano e sono tuttora rivestita da un mùro di sostegno in mattoni cotti; le superfici esterne di queste muraglie presentano degli speroni di solo effetto decorativo. Le pareti sono in sostanza decorate a riquadri. Nelle pareti di cotto appaiono ad intervalli regolari, regolari aperture pel drenaggio delle acque di infiltrazione' attraverso la malta di fango.
Da N. E. si raggiungeva il Tempio e l'altare della Divinità con tre scale, ognuna di 100 gradini, in mattoni che si riunivano alla sommità della seconda terrazza davanti ad un unico Ingresso.
Semplice come disegno e struttura, il concetto informatore dello Ziggurat era di guidare l'occhio e la mente sempre più In alto verso il suo fuoco, verso l'altare. A ciò contribuiva anche la colorazione che, nera per uno strato di bitume alla base e fino alta prima terrazza, diveniva poi per un rivestimento di intonaco, rossa fino al Tempio, che era costituito dì mattoni smaltati di una magnifica colorazione azzurra.
Ancora maggiore impressione doveva destare la mole enorme dello Ziggurat poichè la sua massa scura alla base aveva per sfondo il muro di cinta che era rivestito di intonaco chiaro, quasi bianco, che negli scavi apparve mirabilmente conservato,.
Ma dell'alto grado di civiltà raggiunto da quei popoli ci possiamo rendere conto osservando il Cig-par-ku di Nin-Gal costruito dal Re Laya completamente in cotto; .circondato da un muro di difesa nello spessore del quale per tre lati si svolge un corridoio di ronda che termina alle Torri di difesa dei due angoli S. E. e S. 0. Nell'interno esso comprende due templi paralleli con tutte le costruzioni accessorie ad essi necessari.
Caratteri generali della costruzione di Ut sono: l'assenza completa di pietre di qualsiasi tipo. Le terrazze e tutte le costruzioni erano in mattoni di argilla o cruda o cotta al sole o in forni: gli edifici più importanti erano costruiti in mattoni cotti. Il sistema generale di costruzione era presso a poco Il seguente: sulla grande piattaforma di argilla si costruivano le fondazioni dall'edificio di poco più larghe dei muri di mattoni che esse dovevano sorreggere. Raggiunta l'altezza voluta ai riempivano di terra gli spazi vuoti fra le mura di fondazione venendo così a costituire una seconda piattaforma sulla quale si ergevano i muri di elevazione; la terra sosteneva così i pavimenti in mattoni, le mura di fango di fondazione a loro volta quelli di elevazione. E' evidente che questi edifici non potevano essere che a. un solo piano e con coperture orizzontali; i vani di dimensioni più vaste non erano coperti ed erano lasciati a cortile. In origine la copertura era ottenuta con travi in legno e mattoni, col procedere dei tempi si dovettero usare come sistema di copertura le volte.
Il primo esempio di arco a tutto sesto ci è dato appunto da una porta del recinto del E-Dub-lal-Nah e appartiene al regno di Kurigalzu del 1400 a, C.
Anche la colonna come elemento architettonico era conosciuta, e ne abbiamo le prove negli scavi di Tello, Kish e Tell-el-Obeid e infine nell'angolo S. O. della cerchia delle mura del gran Cortile in Ur.
Interessantissimi inoltre i sistemi dl drenaggio per lo scolo delle acque di infiltrazione; furono trovate condutture in cotto, rivestite di bitume che raccoglievano le acque e le trasportavano agli angoli della cinta e lungo condotti verticali in mattoni le erogavano nel deserto. Poco si sa circa le comuni case di abitazione; che consistevano di piccole strutture portanti raramente in mattoni più spesso di fango, con tetti di fango, sorretti da travetti in legno e da un primitivo intreccio di canne. Case simili del resto sono tutt'ora visibili sulle rive dell'Eufrate, e difficilmente si possono immaginare costruzioni, se così possono chiamarsi, più primitive.
In Abu Shareim, del resto, a 12 miglia ad Ovest di Ur, sulle rovine dell'antica Fridu, sono apparse alla luce alcune case sul tipo di quelle ora descritte che conservavano però ancora sulle pareti, testi di decorazioni cromatiche. Ed a maggior ragione riteniamo quindi, che tale decorazione fosse usata per. edifici di mole maggiore, come lo Ziggurat, della cui ornamentazione a colori ci parlano alcune iscrizioni.
Così il colore, ed insieme ad esso nei monumenti maggiori, l'oro, l'argento, l'avorio, le pietre preziose, entrava come elemento essenziale nelle opere grandiose od umili di questo periodo che insieme a quello egizio rappresenta il centro maggiore dell'antichissima civiltà umana.

L. L.


HARRY MAASZ — Kleine und grosse Garten aus der Werkstatt eines Gartengestalters. (Verlagsanstalt Trowitzsch und Sohn, Frankfurt a. d. Oder).

Far vivere il giardino della stessa vita della casa fondando questa con quello in una indissolubile unità; dar valore alla forma architettonica dell'insieme anzichè disperdere questo negli inutili dettagli; creare l'architettura delle piante lasciando a ciascuna di esse il posto che la natura le ha assegnato: questi erano i sani principi che avevano presieduto per più di quattro secoli alla formazione del giardino "all' ltaliana" e che il giardino "all'inglese" sembrava aver fatto dimenticare: e questi sono i principi che informano tutta l'attività dell'Arch. giard. Harry Maasz.
Non formalismo rigidamente inespressivo o esercitazione stilistici: ma bensì un perfetto senso di modernità, e di raffinatissimo gusto.
Studioso accurato (egli ha già da anni pubblicato un manuale sui giardini: Wie baue und pflanze ich meinen Garten, Bruckmann - Monaco), Harry Maasz conosce profondamente (a differenza di molti altri) un elemento essenziale .per l'architettura dei giardini, e cioè: la vita delle piante, la botanica. Egli sa quindi valersi esattamente della sua materia per ottenere quel dato effetto che è proprio della materia stessa, che ne esalta le caratteristiche peculiari anzichè falsarle con artificio. Ma non è sul piccolo dettaglio o sulla singola pianta che egli basa il suo effetto ma bensì sulla forma, sulla architettura, sia dessa quella dei sistema dei prati, dei viali, del bosco, o sia quella del ritmo cromatico dei fiori e degli alberi.
Nei suoi giardini la casa: è strettamente unita con la natura, e qua e là le chiede e le impone angoli di contemplazione, vasche da bagno all'aperto, prati per godere il sole, capanne di riposo, roseti, giardini di cespugli, pergole e frutteti; e tutti questi elementi alla loro volta sono saldamente uniti in un unico concetto architettonico.
“È sempre la forma, il ritmo e l'unità che fanno il giardino” scrive Harry Maasz: e questo lo può ben dire lui che, conoscendo alla perfezione le sue piante, le può far diventare dei semplici elementi di bellezza dell'insieme, i colori della sua tavolozza.
E il segreto per ottenere questi effetti mirabili ce lo mostra nel suo bel libro, pagina per pagina, figura per figura, come un vecchio maestro che scopre ad una ad una le carte del suo giuoco.

LUIGI PICCINATO.



UNA RETTIFICA

A proposito di due progetti pubblicati nel N. X ( (Giugno) del nostro periodico (uno relativo ad un progetto pel nuovo edificio della Università Gregoriana, l'altro ad un edificio, ora ultimato, della Via Cavour, ambedue in Roma) l'Ing. Giulio Berluzzi ci scrisse, una lettera il 30 ottobre 1926, che non ci è stato possibile pubblicare prima, pregandoci di render noto che l'abbinamento del suo nome con quello del Prof. Arch. Farolfi, promotore della pubblicazione suddetta, deve essere inteso nel senso che al solo Ing. Berluzzi ha spettato e spetta la direzione tecnica artistica delle opere, a lui commesse e da lui solo firmate, e per le quali ha assunto la piena responsabilità sia nei riguardi dei Committenti che delle pubbliche Autorità.

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