FASCICOLO XVI - DICEMBRE 1931
Notiziario

BIBLIOGRAFIA


A. GARGANA: La necropoli rupestre di S. Giuliano. - Dott. G. Bardi, tipografo della R. Accademia dei Lincei, Roma.

L’architettura funeraria presso gli Etruschi, che è fra le attività architettoniche di quel popolo ancora misterioso quella che ci è giunta in modo più completo, ha fornito in questi ultimi anni materia ad opere diverse per mole e per scopo, delle quali alcune ce ne dànno una illustrazione generale e sintetica, altre si addentrano nella analisi di una città o di una regione. Fra queste ultime è uscito di recente, a cura dell’Accademia dei Lincei, un notevole studio del Dott. Augusto Gargano su la necropoli di S. Giuliano presso Barbarano Romano, in provincia di Viterbo.
L’opera si inizia con l’illustrazione topografica e storica della zona mediante accurate indagini su l’origine, lo sviluppo e la decadenza dei vari centri abitati di quella regione oggi incolta e quasi deserta. A questa prima parte tengono dietro la descrizione analitica di quanto resta dell’abitato etrusco, e quella, ampliamente sviluppata e documentata, della necropoli vera e propria.
Questa, come le altre della regione, si svolge lungo il ciglio delle forre circondanti l’amica città e consta di tombe dei vari tipi già noti sotto i nomi di tumuli, tombe a dado, a portico e displuviate. Lo studio dei monumenti è corredato da numerosi rilievi, schemi, ricostruzioni e fotografie in gran parte originali. Su tutto questo materiale, veramente considerevole oltre che sullo studio della suppellettile trovata in più riprese, l’autore basa la datazione dei monumenti che risulta relativamente esatta e sicura, permettendo di seguire lo sviluppo di alcuni tipi, quali specialmente il dado e la displuviata.
Di maggiore interesse, quantunque a parer nostro non interamente accettabili, sono le conclusioni riguardanti specialmente l’origine tettonica delle forme. Avendo constatato la derivazione evidente delle tombe displuviate dal tipo della casa coperta con un tetto a due pendenze, l’autore sostiene e cerca di spiegare analoga derivazione della tomba a dado, da uno speciale tipo di abitazione a copertura orizzontale, menzionata anche da Livio. L’ipotesi affacciata per spiegare la strana forma delle modanature di coronamento rientranti, si presenta rispetto a precedenti tentativi nello stesso senso, più plausibile e veramente ingegnosa; ma siamo ancora lontani da una interpretazione persuasiva ed esauriente. A nostro avviso è probabile che la forma a dado abbia solo in origine imitato un tipo di casa a terrazza usata forse nei paesi del Mediterraneo orientale da cui anche il Gargana, seguendo la tradizione erodotea, fa provenire il popolo etrusco. Ma per la stessa lontananza nel tempo e nello spazio di tale derivazione ci sembra vano cercare di rintracciare gli elementi originari nelle forme giunte sino a noi, che sono evidentemente il frutto di una evoluzione nella quale il fattore estetico decorativo ha già preso il sopravvento su quello strutturale. Nè grande aiuto possono recare le soluzioni decorative degli interni, specie dei soffitti, i quali imitano costantemente forme di strutture lignee più o meno decorate, ma spesso in contraddizione con gli aspetti esterni della tomba.
Ardito ci sembra pure riconoscere in certi incavi esistenti nelle piattaforme sovrastanti ai dadi, le tracce, più esattamente si potrebbe dire i simboli, di quell’atrium tuscanicum di cui fa menzione Vitruvio a proposto della casa etrusca. Quello che invece sembra a tutta prima confortare le ipotesi della imitazione della tomba a dado della casa a terrazza, è la presenza delle scalette che si svolgono su uno o più lati del dado, e permettono di raggiungere la piattaforma soprastante, analogamente a quanto si riscontra nei trulli pugliesi. Ma non si può escludere che anche tale elemento possa essere dovuto alla necessità pratica di usare una comunicazione rapida fra i diversi ripiani della necropoli.
Ci siamo dilungati nella critica di un argomento archeologicamente di secondaria importanza per l’interesse che esso può presentare nella storia delle forme architettoniche strutturali. Ma sono certamente più sicure e notevoli le conclusioni alle quali l’autore giunge circa i legami e le analogie esistenti sia tra le forme più complesse di tombe (a portico, prostile, a fontana) ed altre categorie di edifici religiosi etruschi, sia tra questi ultimi e quelli che ne sono direttamente derivati nell’architettura romana.
GIORGIO ROSI.

A. MELANI: L’arte di distinguere gli stili. - Terza edizione, Ulrico Hoepli. Milano, 1929
Architettura italiana antica e moderna. - Settima edizione, Ulrico Hoepli. Milano, 1930.

Queste nuove edizioni delle popolari opere di Alfredo Melani, uscite dopo la morte di Lui, avvenuta nel 1928, non avrebbero bisogno di presentazione o di commento, tanto noti sono ormai i loro pregi e i loro difetti. E che in complesso i primi superino i secondi, lo dimostra nel modo migliore la straordinaria diffusione raggiunta da tali Pubblicazioni. Non è però solo tale constatazione di indole aritmetica che rende degne di considerazione le opere del compianto studioso; ma anche, e specialmente, i loro pregi intrinseci di serietà, di accuratezza, di continuo miglioramento e aggiornamento nelle successive edizioni ed altri ugualmente rari in pubblicazioni di carattere divulgativo, quali sono i manuali Hoepli. In verità non sempre, anche in opere di maggior mole e pretesa scientifica, è dato di trovar menzionati tanti fatti e dati particolari, come peripezie e trasformazioni subite da monumenti, discussioni sorte a proposito della loro epoca e attribuzione, e simili che, pure sommariamente esposti, rendono questi scritti del Melani così praticamente istruttivi e interessanti.
Passando ora ai loro difetti, a parer nostro ciò che maggiormente nuoce a questi libri è una certa antiquatezza nel modo di esprimersi e nel genere del materiale illustrativo. Ai giorni nostri quell’esposizione in forma quasi di dialogo o di discussione cattedratica, saltuaria e come improvvisata, suona fuori posto in pubblicazioni come queste, snelle di proporzioni e di sviluppo, stringate di tono. Come pure alcuni termini etimologicamente esatti, ma ormai sorpassati e trasformati dall'uso più recente, rischiano spesso di togliere, almeno in apparenza, alla trattazione quel carattere df_fresehezza e di modernità che in sostanza non le fa difetto.
Quanto al materiale illustrativo, non vorremmo sembrar, irrispettosi verso l'Autore scomparso, dicendo che una parte dei suoi disegni non ci sembrano all’altezza del resto dell’opera. L’uso, e forse l'abuso, che oggi si fa della fotografia anche in questo campo, fa si che gli schizzi, le impressioni grafiche, non ci soddisfano più completamente altro che quando si tratta di dettagli espressamente isolati o schemi astratti e simili.
Con queste poche osservazioni, riguardanti più che altro la forma e la presentazione, ci sembra di aver esaurito le critiche e le riserve che credevamo di dover fare.
Per quanto riguarda il contenuto della trattazione, non ci sono grandi cambiamenti rispetto alle precedenti edizioni. Secondo quanto è detto nella prefazione dell'Architettura italiana, l'Autore ha cercato anche in questa ristampa di mettere in luce la importanza dell'arte medioevale, riducendo quella comunemente attribuita al Rinascimento e stili successivi, dee, secondo Lui, contengono meno originalità e più imitazione. Il concetto si presta certamente a pericolose esagerazioni; ma nel limiti nei quali l'ha mantenuto il Meloni, ci sembra accettabile e non inutile.
Non vogliamo infine passare sotto silenzio i cenni che Egli fa, me1Fultimo capitolo dell'altro volume, alle attuali condizioni dell'architettura in Italia e ai suoi metodi odierni 'di insegnamento. Circa quanto il Meloni dice di questi ultimi, facciamo le più ampie riserve e, in alcuni punti, disaenfiamo completamente; crediamo del testo che se Egli avesse potuto seguire gli sviluppi delle nuove &mole d'architettura italiane in questi ultímf anni, avrebbe certamente deposto le Sue prevenzioni contro di esse. Dove Invece il Melanf dimostra una cbiareinu di vedute veramente rara e ammirevole, è circa il presente e l'avvenire dell'architettura italiana. Il sincero interessamento che Egli esprime per f materiali nuovi, il Suo ripetuto appello perchè al di fuori di banali preconcetti e attraverso lo stadio dì mezzi e bisogni nuovi ai giunga a quella forma di arte che afa degna di chiamarsi veramente architettura italiana contemporanea, trova un’eco profonda e concorde nelle teorie e nelle opere più recenti dei giovani architetti d’Italia.
GIORGIO ROSI.


SCHMIEDEN: Krankenhausbau in Neuer Zeit. - Brücke-Verlag Kurt Schmersow, Kirch-hain N.L.

La questione ospedaliera dopo la guerra ha interessato maggiormente privati ed enti pubblici, per effetto forse dei problemi che la guerra e il non meno terribile dopo-guerra hanno sollevato. Sono numerosi gli articoli che dedicano a questa speciale architettura le riviste tecniche tedesche e a raccogliere e a coordinare le ultime esperienze in materia viene ora questo volume dello Schmieden, il quale si rivolge tanto al medico che dirige un ospedale quanto all’architetto che deve progettarlo, non presentando già un manuale teorico, ma piuttosto una intelligente rivista dei metodi vigenti e dei principi in evoluzione.
Lo Schmieden ha fatto un’accurata scelta fra le costruzioni specializzate, cercando di fare risaltare i perfezionamenti tecnici ottenuti nel campo puramente medico come in quello più propriamente costruttivo, ha saputo notare le differenze che vanno sempre più accentuandosi tra un tipo e l’altro di clinica, tra l’istituto destinato alle sole cure e quelli dove si esercita l’insegnamento universitario, toccando anche delle questioni sociali connesse alla tecnica ospedaliera. All’uopo lo Schmieden si è rivolto a specialisti, ognuno dei quali ha trattato in un breve capitolo degli impianti e dei tipi che lo interessano particolarmente.
A questa trattazione teorica segue l’esame dei principali tipi usati: a padiglioni isolati, a edificio unico, rispondente però al concetto moderno d’indipendenza dei vari servizi, per malattie generali e per malattie speciali, sanatori e ambulatori, il tutto illustrato da un numero veramente notevole di figure, specialmente piante e sezioni, con dati critici sulle più opportune dislocazioni: il testo è corredato da notizie particolareggiate sui vari impianti di illuminazione, riscaldamento, ecc.
L’autore ha tenuto presente principalmente istituti tedeschi ed austriaci, materiale a sua immediata disposizione, non manca però qualche accenno ad istituti stranieri.
LIDIA CIANCIO.

RIVISTA DELLE RIVISTE

ITALIA

La Casa Bella (Luglio-Agosto-Settembre 1931). Milano, Via Boccaccio, 16.

Interessante articolo sulle recenti opere degli architetti Pagano, Cozzi, Levi-Montalcini, Aloisio, Sot-Sass.

Alcune recenti realizzazioni dell’arch. parigino Raymond Fischer. Continuazione dell’articolo già citato: “La città che si rinnova”. - Vari ed interessanti interni.

Opere del Mendelsohn. Una villa nel Canavese degli arch. Pagano e Levi-Montalcini.

Domus (Luglio-Agosto-Settembre 1931). Milano, Via San Vittore, 40.

Il Tennis Club Milano di Giovanni Muzio. - Albergo agli scavi di Leptis Magna degli arch. Larco e Rava.

Alcuni interni dell’arch. C. O. Marchetti di Montestrutto.

Alcuni ambienti della dimora delle L.L. A.A. R.R. i Duchi delle Puglie nel Castello di Miramare.

Articolo sui Giovani Architetti Nord-Americani di C. E. Rava. - Architettura d’oggi in Italia.

Una villa presso Parigi degli arch. Ponti, Lancia, Buzzi.

Rassegna di Architettura (Luglio-Agosto 1931). Milano, Via Podgora, 9.

La Casa del Comm. A. Crespi in Milano, di Piero Portaluppi. - La II Esposizione di Architettura Razionale Italiana alla Permanente di Milano.

Nuove scuole di W. M. Dudok a Hilversum, di F. A. Schwarz.

Alcune opere recenti dell’arch. A. Dell’Acqua.

STATI DELL'AMERICA DEL NORD

Architecture (Luglio, Agosto, Settembre 1931). Fifth Avenue at 48 th. Street, New York.

Oltre ad una rassegna di molti e grandiosi edifici costruiti recentemente negli U. S. A., nessuno particolarmente degno di nota, la rivista reca una rubrica tecnologica molto interessante e soprattutto utile; oltre a ciò essa illustra tanti molti piccoli accessori in articoli a soggetto: così abbiamo nel mese di Luglio le bandiere indicatrici del vento; nel Settembre gli oggetti destinati alla decorazione dei giardini, vasi, urne, olle, in tutte le forme e dimensioni, di ogni materiale, di ogni tipo, per tutti i gusti ed anche molte senza gusto alcuno.

The American Architect (Agosto 1931). Fifty seventh Str. at Eighth Av., New York.

Infissi in ferro battuto di carattere antico se pure non servili imitazioni stilistiche. Canne fumarie in cotto, maiolica, murature, in Inghilterra ed in America e loro funzioni nell’estetica degli edifici. Architettura contemporanea in Svezia; articolo molto interessante col quale Eugene Clute, dopo una intervista con Ivar Tengbom, spiega ai lettori americani le trasformazioni dell’arte contemporanea svedese.
Ponti in ferro costruiti nel 1930. Ponte della Wabash Avenue in Chicago; Delton Bridge, Sauk County, Wis.: Mid-Hudson Bridge, Ponghkeepsie, N. Y.; Montreal Harbour Bridge. Architetti ed ingegneri: Thomas G. Pihlfeldt; Ralph Modjesky; Daniel Moran; Monsarrat: Pratley.
Alcune piccole deliziose acqueforti degli artisti Preswtt, Woodruff, Poor.

The American Architect (Settembre 1931). Fifty seventh Str. at Eighth Av., New York.

Dei più recenti tipi di lampade per illuminazione e dai loro effetti sia dal punto di vista dell’esitica che da quello dell’illuminotecnica.

The Architectural Forum (Luglio 1931). 521, Fifth Avenue, New York.

La sede centrate della City Bank Farmers Trust Company in New York: edificio colossale che nel centro dalla città si eleva ad altezze per noi quasi inconcepibili e che ospita fra le sue pareti oltre seimila impiegati: è il tipico grattacielo americano: gli arch. Cross & Cross non hanno fatto alcun tentativo per uscire dalla rigida convenzionalità alla quale siamo ormai abituati in questi edifici.
Jonathan King invece chiamato ad esercitare la sua professione di architetto a Palm Springs in California, pure partendo dallo stesso principio, e cioè di attenersi alle abitudini locali, ha fatto una costruzione che se pure non nuova e prettamente mediterranea non manca di gusto.
Sullo stesso tipo è la villa che l’arch. Frank Forster ha costruito in Great Neck, Lang Island, N. Y. a dimora presidenziale dell’esq. Charles B. Hayward.
Nel supplemento sono illustrati, con ricchezza di tavole e di notizie tecniche, gli impianti della City Bank Farmers Trust; ascensori, aerazione, riscaldamento, scale mobili, la centrale per la posta pneumatica, ecc.

The Architectural Forum (Agosto 1931). 521, Fifth Avenue, New York.

E. H. Bennet, H. Brunham, J. A. Holabird hanno costrutto in Chicago, Illinois, il palazzo sede dell’Amministrazione e Direzione dell’Esposizione che si terrà in quella città nel 1933.
La sede centrale della Banca Ohio in Toledo, Ohio, degli arch. Mille, Rhines, Bellmann & Nordhoff; grattacielo americano.
La villa Coe in Syosset, Long Island, arch. Roger H. Bullard.
L’arch. Joseph Urban ha costruito in Atlantic Beach, Long Island N. Y., la sede della Atlantic Beach Club, ed ha costruito, secondo noi, la cosa migliore che in architettura contemporanea ci sia dato di osservare nelle riviste americane che andiamo sfogliando.
Architettura contemporanea in Germania.
Il Museo d’igiene della città di Dresda e quello artistico industriale di Düsseldorf; arch. Wilhelm Kreis.

The Architectural Forum (Settembre 1931). 521, Fifth Avenue, New York.

“The Capitol” in Nebraska; arch. Bertram Grosvenor, Goodhue.

La rivista continua poi la rassegna degli edifici ad uso tribunale recentemente costruiti nella Repubblica.

Vediamo quello di Reno, Hutchinson, Kansas, quello di New Orleans, quello di Carrolton nella Georgia, quello di Delaware in Media nella Pensylvania.

The Architectural Record (Agosto 1931). W. 40 th Street, New York.

Interessantissima e sotto ogni rapporto degna di nota la rassegna degli stabilimenti balneari, dei Clubs, di tutti i luoghi di piacere sorti sulle rive dell’Oceano Atlantico o su quelle lontane della California per alleviare il tedio dell’umanità che si reca là per divertirsi ad ogni costo. Rassegna troppo lunga per riportarla ma, nella massa, gli esempi mostratici si distinguono sempre per buon gusto. Passiamo da Miami Beach Florida, alle piscine scoperte di Ryi Beach nel Westchester County Park System in New York, al Jone Beach State Park in Long Island; per chi dovesse studiare problemi di questo genere il numero è davvero prezioso, si può considerare una monografia a soggetto.

FRANCIA

L’Architecte (Septembre 1931). 2, Ra de l’Echelle, Paris.

Numero dedicato alla Esposizione Coloniale di Parigi, come del resto quasi tutti i fascicoli delle varie Riviste francesi d’arte, in questo periodo, e già molto noti.
Il palazzo delle Sezioni Metropolitane, arch. A. Audoul: La Cité Internationale des informations, arch. Jean Bourgou e Fernand Camille Chevalier: il padiglione dei Camerun-Togo, arch. Borleau e Carrière. I territori africani sotto mandato francese occupano all’Esposizione di Parigi un’area di circa 4.000 mq. Gli architetti nel progettare e costruire i padiglioni si sono inspirati all’architettura locale dei Bamiléké e Bamoun, originale di carattere e che non manca di una certa grandiosità.
Ancora il padiglione del Madagascar, Gabriel Veissière, e quello della Guadalupa dell’arch. A. Tur che, dopo la catastrofica alluvione che distrusse buona parte degli edifici dell’isola nel 1929, è stato incaricato dalle autorità della ricostruzione degli edifici pubblici ed è riuscito a dare a questi un carattere ed una fisionomia propria della quale i portici molto sporgenti, conveniente riparo dal calore dei tropici, e le aperture numerosissime ma a piccola superfice per permettere alla brezza marina di circolare entro le costruzioni, costituiscono i dati fondamentali e caratteristici.

L’Architecture (Luglio 1931). 39, Rue da Général Foy, Paris.

Ancora dell’Esposizione Coloniale di Parigi: le fotografie e le tavole riportate dalla Rivista in esame integrano molto efficacemente quelle già ammirate ne “L’Architecte”.
Unico edificio destinato a sopravvivere all’Esposizione ed importante quindi perchè definitivo, quello costruito dagli arch. M. Laprade e Jaussely a sede del museo permanente delle colonie che ormai per antonomasia è chiamato “Le Palais Permanent”.
Rassegna dal “Salon des artistes décorateurs” 1931.

L’Architecture (Agosto 1931). 39, Rue da Général Foy, Paris.

Nella prima parte è ancora l’Esposizione Coloniale che ci offre materiale illustrativo in abbondanza: sono le fontane, i padiglioni delle potenze estere, i giardini. Notiamo il padiglione dell’Italia dell’arch. A. Brasini; efficacissimo quello del Lombardi per l’isola di Rodi: il Belgio, la Gran Bretagna,...
Più degli altri però interessante un articolo a firma Vidor Sévére, sindaco di Fort-de-France, capitale della Martinica, che illustra lo sviluppo urbanistico della città dal 1639 fino ad oggi; e finisce col piano regolatore e di ampliamento studiato quest’anno dagli arch. R. e R. Danger esposto appunto al padiglione della colonia dell’Esposizione di Parigi.

INGHILTERRA

The Architectural Revew (Luglio 1931). 9, Queen Anne’s Gate, Westminster S. W. 1.

Originale ed ottima l’idea ed il sistema seguiti dalla Soc. “Shell” per non turbare coi suoi avvisi di pubblicità l’armonia del paesaggio inglese. Invece di far uso dei soliti e stridenti avvisi, essa ha fatto eseguire da artisti di fama una serie notevolissima (come numero e come qualità) di quadri raffiguranti i più pittoreschi scenari che si presentano al viaggiatore lungo le strade della Gran Bretagna; stampati su targhe smaltate recanti per didascalia il nome del luogo rappresentato e il motto pubblicitario che ne è fa ragione unica, ma questo sempre in via che sembra subordinata al primo, sono stati distribuiti senza economia lungo le arterie di gran turismo e sono, almeno a quel che ne dice la stampa inglese, ottima trovata anche e specialmente dal punto di vista commerciale.

The Architectural Revew (Agosto 1931). 9, Queen Anne’s Gate, Westminster S. W. 1.

Sir John Burnet e Campbeil Jones, Sons & Smithers hanno progettato e costruito in Londra, Cornhill, il nuovo palazzo a sede centrale della Lloyd’s Bank. Classico nella struttura esterna, l’ampio motivo a colonne poggiato su alta zona basamentale e coronato da attico, esso rivela già nelle decorazioni interne alcune raffinatezze della scuola moderna.

The Architectural Revew (Settembre 1931). 9, Queen Anne’s Gate, Westminster S. W. 1.

“Arandora Star, Kungsholm, Empress of Britain”. Perchè, si domanda H. P. Shapland, queste macchine che in ogni loro particolare rivelano i prodigi raggiunti dalla tecnica devono invece, nei grandi ambienti interni di rappresentanza, somigliare alle sale della Badia di Westminster o del Castelvecchio di Verona? Il materiale illustrativo mostratoci è di grande efficacia e mostra chiaramente il contrasto.
È poi, fortunatamente, illustrato il “Bremen” che già conosciamo ma è sempre piacevole poterlo osservare e studiare di nuovo.
Gli architetti Cyril A., Farey e Graham R. Dawbarn hanno costruito in Singapore il Raffles College. Eccessivo forse nel cubismo, non ne possiamo giudicare 1’effeto con piena cognizione di causa, poichè il periodico non reca alcuna illustrazione che ce lo mostri nella cornice del Paesaggio che lo ospita.
Arredamento moderno in Inghilterra e nei Dominions.

GERMANIA

Baukunst (Luglio 1931). München, Barerstr. 15.

Numero dedicato ai giardini: “L'arte del giardini nel passato, nel presente e nell’avvenire”, di Alwin Seifert. “I giardini e l’edilizia cittadina”, di Franz Hallbaum. Bibliografia e Recensioni. Gli articoli sono tutti molto interessanti: essi trattano dei criteri generali seguiti dagli architetti tedeschi per la realizzazione delle loro opere che sono sanza dubbio fra le migliori nell’arte del giardinaggio.

Baukunst (Agosto 1931). München, Barerstr. 15.

Architettura minore in Germania e nella Svizzera tedesca: case di campagna, ville, villette e case di abitazione per piccoli centri: notiamo fra gli altri i nomi degli architetti: Lux Guyer, Zurigo; Max Schön, Monaco; Hugo Wilkesmann, Mannheim.

Innen Dekoration (Luglio 1931). Verlag A. Koch, Darmstadt.

L’esposizione di Berlino e gli aspetti che in essa ha assunto l’arredamento moderno. I nomi che leggiamo quali autori dei modelli esposti sono quelli dei colossi dell’edilizia e dell’arredamento contemporanei in Germania: Walter Gropius, Mies van der Rohe, Marcel Breuer, i fratelli Luckhardt. Predomina, anzi possiamo dire che è padrone del campo, il metallo come materiale di arredamento; gli effetti sono basati tutti sui riflessi delle canne cromate con cui sono costruite le ossature portanti dei mobili; il colore è dato dalle stoffe, dai parati, più che altro dai tappeti. La casa ci sembra però così troppo fredda, troppo simile alla clinica medica ed alla camera operatoria.
Nuovi lavori dell’arch. Emmerich Révesz, Vienna.

Innen Dekoration (Agostoo 1931). Verlag A. Koch, Darmstadt.

Casa Poelzig, Berlino Westend; arch. Marlene Poelzig; abbiamo già avuto occasione di notare l’ultlma e migliore opera della Poelzig, la rivista di arredamento ce ne mostra altri aspetti, tutti di squisito buon gusto. Il grande architetto berlinese non poteva davvero avere idea migliore che quella di affidare la costruzione e l’arredamento della casa sua e dei suoi a chi della casa doveva essere il genio tutelare: Marlene, sua moglie.

Moderne Bauformen (Luglio 1931). Paulinenstr. 44, Stuttgart.

La relazione del Gropius al recente Congresso di Berlino. In essa l’architetto esamina con acuta analisi i pregi ed i difetti dei vari tipi di costruzioni moderne: estensive (case a schiera e borgate satelliti nelle quali predomina la casa per una sola famiglia); intensive ma contenute entro moderati limiti di altezza, intensive a forte sviluppo verticale. Egli è decisamente favorevole al terzo tipo, contenuto entro limiti ragionevoli ma pur sempre molto elevati date le nostre abitudini, e sviluppato entro grandi zone verdi. Soprattutto interessante la documentazione di queste sue conclusioni basata su dati statistici molto importanti in rapporto a criteri igienici, economici ed urbanistici.
La sezione che potremo chiamare “La casa d'oggi” della esposizione di Berlino è ampiamente ed ottimamente illustrata: Heinrich Schäfer, Karl Fieger, Lilly Reich, Hugo Häring, Marcel Breuer, Franz Schuster, Ludwig Hilberseimer, Otto Haesler, Kart Voelker, non sono nomi a noi nuovi.
Magdeburgo ha il suo primo grattacielo, poichè tale può chiamarsi, in Europa, un edificio di dieci piani. E il palazzo per gli uffici di direzione e redazione e per lo stabilimento tipografico della Magdeburger Zeitung. L’aspetto dell’edificio nel panorama generale delta città è dei più simpatici e non disturba affatto per quanto le illustrazioni ce ne mostrino la sagoma ardita profilarsi all’orizzonte accanto alle guglie del duomo. Visibile fin dalla stazione ferroviaria è di ottimo effetto sia di giorno per il tono così caldo del suo rivestimento in travertino, sia di notte per la sapiente distribuzione delle luci che ne fanno un’unica grande efficacissima targa pubblicitaria. Al piano terrena le grandi aperture ci consentono di ammirare dalla via e senza sforzo una delle più moderne officine tipografiche. Architettura di Schaeffer Heyrothsberge, Reg-Baum.

Moderne Bauformen (Agosto 1931). Paulinenstrasse 44, Stuttgart.

Continua le rassegna della sezione che abbiamo chiamata “La casa di oggi” dell’esposizione di Berlino: vediamo altri interni: popolari, economici e di lusso. Tutti ci mostrano chiaramente lo studio per risolvere quello che è oggi nell’edilizia il problema principe: soddisfare con le diminuite possibilità economiche, che più che altro si risentono nello spazio disponibile, le aumentate esigenze per migliori generali condizioni di vita di tutte le classi sociali. Marcel Breuer, Erwin Gutkind, Mies van der Rohe, i fratelli Luckhardt, Walter Gropius sono, per non citare che i più noti, i nomi che ci vengono presentati.
Fritz Schumacher ha recentemente costruito in Amburgo, sulla Wendenstrasse e nell’Alsterthal, due nuove scuole. Nel campo dell’edilizia scolastica sono senza dubbio fra le opere più notevoli, e l’architetto ha ben tenuto fede al suo nome.

Moderne Bauformen (Settembre 1931). Paulinenstrasse 44, Stuttgart.

Ampliamento dei magazzini di vendita della Ditta Breuninger di Stoccarda, degli arch. Eisenlohr e Pfennig. Bellissima costruzione moderna. Nel centro della vecchia città, vicino ai vecchi magazzini cui è unita da un passaggio a vetri, vicino alle vecchie case in mattoni ed ai vecchi tetti a comignoli a forte pendenza, la nuova costruzione colla sua mole bianca e la sua copertura in piano, è qualche casa di nuovo: rappresenta una data, un’epoca, un’idea: 10 piani, 56.000 mc., 38 m. di altezza.
Altri negozi e magazzini costruiti o ricostruiti in Stoccarda da Richard Gebhardt. L’arredamento risolto con squisito buon gusto e cristallina chiarezza, bene si inquadra nell’architettura degli edifici che lo contengono.
Nuove costruzioni sacre in Berlino, opera di O. R. Salvisberg e, dello stesso autore, la villa P. in Berlin-Dahlem.

Wasmuths Monatshefte Baukunst & Staedtebau (Luglio 1931). Berlin, 8 W. Markgrafenstr. 31.

In Berlino, Alexanderplatz angolo Königstrasse, Peter Behrens ha costruito un edificio di otto piani ad uso negozi ed uffici. Dall’altro lato della Königstrasse a fiancheggiarne l’accesso della piazza, ne sorgerà un altro simile come chiaramente ci mostrano i modelli. La piazza risulta fra le più importanti della capitale tedesca, come nodo di smistamento e di incrocio di numerosissime linee di traffico urbano e come stazione di arrivo di ferrovie principali, secondarie e di tram cittadini: il piano regolatore ne prevede la sistemazione e l’ingrandimento in forma semicircolare per poter acuire alle necessità delle comunicazioni: in questa sistemazione gli edifici del Behrens si adattano e si inquadrano con ottimo effetto e rispondono a necessità veramente sentite. Ossatura in acciaio, architettura in béton e vetro, otto piani fuori terra oltre la sopraelevazione parziale e due piani sotterranei; iniziata nei Luglio 1930 la costruzione era già coperta nell’Ottobre dello stesso anno; 48.700 mc. di muratura.
La Siemens-Haus in Essen; arch. Hans Hertlein di Berlino.

Wasmuths Monatshefte Baukunst & Staedtebau (Agosto 1931). Berlin, 8 W. Markgrafenstr. 31.

Paul Bonatz e F. E. Scholer: lo Zeppelinbau in Stoccarda.
Progetti di sistemazione della piazza e delle adiacenze dei Duomo di Colonia.
La Scuola dell’Hohenstein in Stuttgart-Zuffenhausen di Paul Schmitthenner; dello stesso autore la Casa dello Studente in Tübingen.
Gli ultimi lavori di Albrecht Goëthe, di Monaco, nel campo dell’edilizia popolare in Stoccarda ed in Pforzheim.

Wasmuths Monatshefte Baukunst & Staedtebau (Settembre 1931). Berlin, 8 W. Markgrafenstr. 31.

Karl Schmidt ha costruito in Dresda il Garage della Cooperativa Vorwaerts; veramente imponente dal punto di vista della tecnica e da quello dell’estetica. Ossatura mista in béton ed in acciaio. Nel piano scantinato trovano posto alcuni boxes speciali per vetture da turismo, i posti di lavaggio, una piccola officina per riparazioni, bagni, bar, guardaroba ed ambienti di soggiorno per maestranze. Al piano terreno, invece, abbiamo un locale unico della superficie di circa 3000 mq. utili, coperto da solaio in cemento sostenuto da cantine della tratta di ben 56 m. Ivi, e senza difficoltà di manovra, possono trovare posto 100 grandi macchine da trasporto.
La villa che Sven Markelius, architetto svedese, ha costruito in Stoccolma per sè ed i suoi. L’esterno è della più lineare semplicità, mentre, all’interno, ogni particolare che possa renderne più piacevole il soggiorno, è studiato con amore e con arte.
Edilizia industriale danese: arch. Pool Holsoe.
Edilizia scolastica in Kassel ed ín Slesia: Fritz Catta, Otto Groth ed Ernst Pietrusky.
L’edificio sede della Ditta Ford in Parigi, Boulevard des Italiens, arch. Michel Roux Spitz.
LUIGI LENZI.

SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE


RIUNIONE DEL DIRETTORIO NAZIONALE

Il giorno 12 dicembre si è riunito in Roma il Direttorio Nazionale del Sindacato, presso la Sede della Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti, Professionisti ed Artisti.
Erano presenti, oltre al Segretario Nazionale onorevole arch. Alberto Calza-Bini, gli architetti Aschieri, Fichera, Boni, Fagnoni, Crosa, Stacchini, Del Debbio, Paniconi, Chierici, Melis e Berlam.
Assenti gli arch. Alpago Novello di Milano. Pini di Bologna e Sullam di Venezia.
Il resoconto integrale della seduta sarà pubblicato nel prossimo fascicolo. Per ora riportiamo soltanto un elenco degli argomenti all’ordine del giorno:

a) Concorsi.
b) Titolo Professionale.
c) Interpretazione delle disposizioni legislative sulle costruzioni in cemento armato.
d) Esposizioni.
e) Scuole d’Architettura.

Fra gli argomenti svolti più completamente è da segnalarsi quello dei Concorsi, di cui si trattò dal punto di vista generico, specialmente in rapporto all’incarico dato ai membri del Direttorio facenti parte del Consiglio Nazionale delle Corporazioni di presentare a detto Consiglio uno schema di deliberazione relativo ai concorsi stessi, che sarà reso noto in seguito ai lettori; e da un punto di vista specifico, con una animata discussione riguardante i Concorsi per la Cattedrale della Spezia testè giudicato e per alcune chiese in Messina, che sarà prossimamente bandito da S. E. il Vescovo di quella città; nonché sui Concorsi per il Liceo Scientifico di Siracusa, giudicato l’anno scorso e per la Palazzata di Messina, giudicato nel corrente anno.
A proposito dei primi due l’assemblea emise un ordine del giorno di plauso a S. E. il Vescovo della Spezia per la soluzione data al predetto Concorso, di cui verrà fatta parola prossimamente, ed a S. E. il Vescovo di Messina per la felice iniziativa di cui demmo notizia nelle Pagine Sindacali del fascicolo di settembre u. s. e su cui pure torneremo ampiamente in seguito; a proposito degli altri due concorsi, l’assemblea votò il seguente importantissimo ordine del giorno:

Il Direttorio Nazionale dei Sindacato Fascista Architetti riunito in Roma il 12-12-1931-X:

«Riferendosi all’Ordine del giorno approvato in merito ai pubblici concorsi ed ai diritti e doveri che da essi discendono, tanto per i concorrenti quanto per gli Enti banditori, esamina particolarmente la situazione creatasi a seguito di due Concorsi esperiti nella Sicilia nell’ultimo periodo, e precisamente: il Concorso nazionale per la Palazzata di Messina e il Concorso regionale per il R. Istituto Tecnico e Liceo Scientifico di Siracusa, le cui conseguenze trascendono i limiti del puro interesse di categoria per incidere su più vaste zone di indole generale;

«Per quanto si riferisce al primo Concorso, conchiuso con una chiara ed inequivocabile indicazione da parte della Commissione esaminatrice, il Direttorio, venuto a conoscenza del proposito manifestato dal R. Commissario di Messina, secondo il quale non verrebbe più data esecuzione al progetto vincitore, (che frattanto non è stato neppure sottoposto al prescritto giudizio del Consiglio Superiore delle Belle Arti), e in luogo dell’attesa Palazzata, necessaria alla sistemazione della città nei riguardi storici, urbanistici ed igienici, si sostituirebbe un paravento arboreo;

«Ritenuto che tale soluzione, oltre a non corrispondere a tutti i requisiti sopra indicati, rapresenterebbe un sicuro sperpero di denaro perché indubbiamente destinata ad essere sostituita a breve distanza di tempo dalla definitiva e naturale soluzione architettonica;

«Dà mandato al Segretario Nazionale on. Calza-Bini perché intervenga presso i Ministri dei Lavori Pubblici e dell’Educazione Nazionale affinché, in base al progetto dell’espletato Concorso, vogliano assicurare alla città di Messina la esecuzione di un’opera che risponde a tutte le necessità già indicate, e impediscano invece l’approvazione di opere transitorie ed inutili».

Nei riguardi del Concorso di Siracusa, ricordato:

«Che per difetto di esatta e corrispondente indicazione di limiti finanziari, la Commissione giudicatrice non potè prescegliere alcun progetto per il primo premio, ma chiaramente indicò come vincitore e primo nella graduatoria l’Arch. Fichera;

«Che l’Amministrazione Provinciale banditrice del Concorso, affidava allo stesso Architetto l’incarico della compilazione di un progetto definitivo su nuova area;

«Che il progetto fu regolarmente compilato e approvato dal Rettorato e dalla Prefettura, tanto che allo stesso Arch. Fichera fu anche affidato l’incarico della direzione tecnica ed artistica dei lavori;

«Che prima che il progetto approvato fosse presentato al Comitato tecnico del Provveditorato alle Opere Pubbliche di Palermo, ai sensi delle disposizioni vigenti per la concessione del contributo governativo, venne dall’Amministrazione Provinciale insinuato un nuovo progetto compilato d’ufficio e con limiti di spesa molto più elevati;

«Appreso che il Provveditorato alle OO. PP., invece di portare il suo esame sul progetto dell’Arch. Fichera, venne incaricato di esprimere il parere soltanto sul progetto d’ufficio, che pertanto venne approvato con nocumento morale e materiale dell’Architetto progettista, ufficialmente incaricato;

«Constatato che il progetto così approvato rappresenta un vero assurdo dal punto di vista planimetrico, estetico e costruttivo, oltre ad essere in aperta violazione delle prescrizioni regolamentari contenute nel R. Decreto 31 dicembre 1923, n. 3125, relativo alla costruzione degli edifici scolastici;

«Il Direttorio Nazionale, pur senza entrare in particolare nel merito del progetto dal punto di vista architettonico, ritiene suo dovere segnalare alle superiori Autorità e ai Ministri dei Lavori Pubblici e dell’Educazione Nazionale la gravità del caso, al fine di evitare che la nobile città di Siracusa, ricca di opere d’arte, sia offesa da un edificio che non soltanto rappresenterebbe l’assoluta negazione di quel sano e robusto indirizzo di rinascita architettonica sorto in funzione ed espressione dell’attuale clima politico fascista, ma costituirebbe un vero sperpero di pubblico denaro; e dà mandato al Segretario Nazionale Onorevole Calza Bini perché in tal senso intervenga presso le superiori Autorità».

Un altro argomento di eccezionale importanza per la nostra classe, sul quale l’assemblea si intrattenne lungamente, fu quello dell’interpretazione delle disposizioni legislative riguardanti la progettazione e la direzione dei lavori di costruzioni in cemento armato per parte degli Architetti.
A questo proposito e in riferimento all’opera svolta in materia dal Sindacato, opera di cui parlammo replicatamente in queste pagine e su cui torneremo in seguito, riteniamo utile rendere nota ai lettori una lettera di S. E. Crollalanza, Ministro dei Lavori Pubblici:


All’Onorevole

SINDACATO NAZIONALE FASCISTA
ARCHITETTI – ROMA
Via Veneto, 7

Risposta al Foglio n. 1356 dai 7-8-1931.

Oggetto: Competenza Architetti nella progettazione opere cemento armato.

«In relazione al quesito avanzato da codesto Onorevole Sindacato Nazionale circa la competenza degli Architetti a progettare opere in cemento armato, osservo che gli Architetti, per essere ammessi a firmare progetti e dirigere lavori comprendenti opere in cemento armato, debbono essere inscritti nell’albo professionale a norma della legge 24 giugno 1923, numero 1395 e relativo Regolamento 23 ottobre 1925, n. 2537, nonché della legge speciale sui cementi armati.
«Pertanto gli Architetti sono autorizzati a progettare e dirigere opere in cemento armato purché risultino iscritti nell’Albo degli Architetti, istituito a norma di legge e beninteso nei limiti delle attribuzioni loro consentite dal combinato disposto degli articoli 52 e 54 del citato Regolamento.
«Aggiungo che la legge si riferisce agli Albi, e cioè all’Albo degli Ingegneri per gli Ingegneri ed all’Albo degli Architetti per gli Architetti e che questi ultimi, essendo autorizzati solo a progettare e dirigere opere di edilizia, non possono essere inscritti negli Albi degli ingegneri, che hanno più vasto campo di attività professionale.
In tali sensi ho impartito istruzioni ai dipendenti Uffici.
Il Ministro: F.to CROLLALANZA.

Su questo e su tutti gli altri argomenti all’ordine del giorno dell’Assemblea torneremo, come si è detto, nel prossimo fascicolo.


LA MOSTRA INTERNAZIONALE
DI ARCHITETTURA
ALLA TRIENNALE DI MILANO

Com’è noto, nel 1933 si terrà a Milano la V Mostra Internazionale di Architettura ed Arti Decorative nel nuovo Palazzo dell’Arte. La Mostra sarà ordinata da un Direttorio composto di tre membri nominati dal Commissario Governativo dott. Barella nelle persone dell’arch. Gio. Ponti, del pittore Sironi e di Carlo A. Felice e da due membri rappresentanti il Sindacato Architetti, nominati dall’on. A. Calza Bini, Segretario Nazionale, nelle persone degli architetti Alberto Alpago Novello e Pietro Aschieri.
Mentre daremo nel prossimo fascicolo di gennaio notizie dettagliate sull’importante manifestazione e sui lavori di preparazione, richiamiamo l’attenzione dei colleghi sulla eccezionale importanza dell’avvenimento a cui il Sindacato Nazionale degli Architetti contribuirà con fervore. È bene constatare come sempre più si approfondisca l’opera del Sindacato nelle manifestazioni architettoniche d’ogni specie e come ormai nessuna di esse si svolga senza il conforto del suo controllo o della sua iniziativa.

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