FASCICOLO XVI - DICEMBRE 1931
GIORGIO ROSI : Edilizia scolastica rurale, con 22 illustrazioni

EDILIZIA SCOLASTICA RURALE

Richiamiamo l’attenzione dei lettori sulle interessanti osservazioni fatte dall’Arch. De Angelis-Egidi sul tema dette scuole rurali, al quale egli ha dato gran parte del suo lavoro in questi ultimi anni.
Le scuole rurali e l’edilizia rurale in genere sono campi di attività in cui purtroppo gli architetti italiani hanno potuto o saputo fare pochissimo; contro rari edifici costruiti con aderenza al tema e senso d’arte, eccone ovunque, nelle nostre campagne, innumerevoli progettati da tecnici aridi e spesso da zotici incompetenti. D’altra parte l’opera dei volonterosi che si accingano ad occuparsi di tali costruzioni è intralciata dalla incomprensione ed inadeguatezza dei provvedimenti legislativi e dalla resistenza dell’ambiente.
Ad eliminare siffatti inconvenienti agiranno concordemente gli architetti singoli e le autorità sindacali e politiche.
N. D. R.


Tutti i provvedimenti legislativi atti a favorire lo sviluppo rurale in Italia dovrebbero porre in evidenza ai tecnici un altro appassionante problema da risolvere: quello dell’Edilizia Scolastica Rurale. Perchè possa svolgersi in pieno la vita rurale non si deve soltanto pensare seriamente alle trasformazioni fondiarie, alle bonifiche idrauliche, alle arterie di comunicazione, ai mezzi rapidi di trasporto, ecc., ma anche alla scuola, ove lo spirito delle genti rurali prende la prima impronta di civiltà, si forma nel momento e nel clima storico della patria e si arricchisce di conoscenze e di verità, per cui i fanciulli di oggi saranno, domani, gli esperti ed istruiti agricoltori secondo ogni più moderna tecnica agraria.
Allo stato di cose attuali non si può risolvere efficacemente questo problema perchè si è ancora costretti a seguire tutte le norme regolamentari comuni agli edifici scolastici urbani. Nessuna distinzione dunque fra campagna e città!
La scuola rurale dovrebbe essere un organismo notevolmente diverso da quello solito. Nella scuola rurale non si impartiscono soltanto nozioni di cultura generale, ma anche applicazioni pratiche per le quali è necessario il piccolo campo di esercitazioni, il giardino, il pollaio, l’alveare, la conigliera, ecc. Esistono, è vero, i decreti 20 agosto 1926 N. 1667 e 17 febbraio 1927 N. 278, i quali dettano norme per favorire la costruzione di scuole rurali, ma, purtroppo, è stato da tempo sospesa la loro applicazione. Il danno che deriva da questa sospensione è grandissimo e potrebbero testimoniarlo moltissimi Comuni e tutti gli Enti di cultura, i quali sino ad oggi sono stati gli unici in Italia che si siano occupati seriamente dell’insegnamento agrario nelle scuole elementari, nel senso di improntare alla vita rurale ed alla cultura agraria insegnamenti di disciplina, così da creare nella scuola quella atmosfera agricola che fin dal primo anno di scuola pone il fanciullo rurale nel suo vero ambiente, onde tutte le conoscenze scientifiche e le esercitazioni pratiche di agraria, divengono atti ed elementi di vita, e non aride nozioni scolastiche.
Questa situazione dimostra come vi sia un’incomprensione così diffusa su questo argomento, da far dubitare sull’efficacia di certi provvedimenti legislativi promulgati per la ruralizzazione delle masse. Qualunque programma, sia esso il più romanamente grandioso, rimane disorganico se vi rimane escluso o comunque trascurata l’organizzazione della scuola rurale. È previdente quindi rivolgere la propria attenzione a questa scuola che potrà aprire nuovi orizzonti non soltanto nel campo educativo, ma anche in quello architettonico.
Trascurando ora la parte tecnico-agraria che esula dalla nostra indagine specifica, prendiamo in considerazione ciò che più ci riguarda: la scuola rurale intesa come soluzione architettonica, comprendendo nel concetto architettonico tutto ciò che si riferisce all’ambiente.
Sino ad oggi, tranne pochi studiosi di temperamento artistico, come il Professor Alessandro Marcucci e la Dottoressa Montessori, solo alcuni igienisti si sono preoccupati di studiare il problema della scuola inteso come ambiente. Dimodochè, anche a voler essere molto ottimisti, il problema stesso risulta soltanto parzialmente risolto. Parzialmente perchè si è pensato all’igiene del corpo trascurando completamente quella dello spirito. Per questa ragione nella maggior parte delle volte vediamo contrapporre alla rustica e serena semplicità dell’ambiente un enorme scatolone, con qualche pretenziosa aggiunta stilistica, in pieno assetto igienico-regolamentare, ma senza il minimo tentativo che animi con un po’ di schietta poesia la fredda norma scientifica. L’architettura in questi casi ha dovuto assumere una parte secondaria e quasi mai spontanea, di fronte alla pura tecnica statico-sanitaria. Ad aggravare tale situazione critica dell’architettura scolastica, per parecchio tempo ha contribuito la pubblicazione di una raccolta di progetti-tipo fatta a cura, o autorizzata, dal Ministero della Pubblica Istruzione. Progettisti di varia capacità e talora anche di scarsissima esperienza in materia, attinsero abbondantemente e con piena sicurezza da questa pubblicazione. Così in ogni paese del Regno, in Piemonte come in Sicilia, nel Veneto e nella Campania, come in Puglia e in Sardegna, si attuarono gli stessi progetti senza tener conto del clima, dei costumi, del carattere dell’architettura locale, che per logica tradizione, come per intrinseco valore estetico, presenta sempre linee ed accordi che ogni artista di gusto sa rilevare e valorizzare. Da questo stato di cose ne derivò anche una serie di edifici di proporzioni e pretese monumentali che, pur rispondendo pienamente al regolamenti igienici del momento, risultarono in perfetta antitesi coi desideri e coi bisogni del bambino, anzi diremmo coi suoi diritti, essendo la scuola fatta per lui.
Tutti noi, fatti grandi, non ci accorgiamo più di certe anomalie ambientali e le nostre prime impressioni dell’infanzia sono impallidite, o trasformate, o deformate, nei pensieri che ora per ora, fatti adulti ci assillano per operare e per giungere alle nostre mete. A poco a poco tutti gli oggetti a noi vicini, si sono allontanati ed oggi non vediamo più quello che da piccoli costituiva la nostra esasperazione, talora il nostro incubo, per cui bene spesso la scuola se non ci appariva un luogo di tortura, certo non ci dava allettamento alcuno. La coscienza in questo caso è diventata il nostro schermo. Solo l’artista è capace di cogliere questo contrasto, di comprendere questo malessere, e soltanto lui è in grado di mettere in relazione le esigenze di ordine tecnico con le altre, diremo così di carattere spirituale, attinenti al bambino. Ma l’artista che sente tutto ciò non può operare a modo suo perchè esistono regolamenti che stabiliscono la forma, le dimensioni, l’ubicazione degli ambienti e delle aperture, il colore delle pareti, l’altezza dei parapetti alle finestre, la forma, la disposizione dei banchi, ecc. Tutto ciò in linea generale ha la sua parziale giustificazione perchè risponde ai dati teorici dell’igiene esteriore, ma questi non sono i soli da tenere in considerazione e dal punto di vista particolare che qui vogliamo considerare, queste norme di carattere sanitario rimarranno insufficienti e talora avverse, se non entreranno in più stretta correlazione con la spiccata, insopprimibile individualità del bambino. Questi non potrà trovarsi a suo agio nella scuola finchè si sentirà gravare la monumentalità delle cose costruite, è vero, per lui, ma con occhi, con spirito, con sapienza di adulti e quindi erroneamente. L’aula, perchè deve essere alta 4-5 metri se ad una più ridotta cubicità si può rimediare con adeguati mezzi di aereazione? Una finestra perchè deve avere il parapetto alto m. 1,20? Forse che al bambino si deve negare il godimento che procura la bellezza ampia del paesaggio, del mare, la vista di una verde aiuola e dei fioriti cespugli del giardino? Ed il colore delle vernici perché deve essere grigio e uniforme (quel colore che un didatta artista chiamò: “il colore del tempo cattivo”) e non di una intonazione gaia che s’adegui e secondi l’anima del bambino? Ricordate i banchi monotonamente allineati che imprigionano, come arnesi di tortura, il corpo e, con esso, l’anima del bambino? Gli è che quando noi visitiamo una scuola o la progettiamo, la consideriamo sempre dal nostro punto di vista, cioè come se dovesse servire a persone adulte che, in sostanza, considerano il piccolo essere umano come qualche cosa che si debba costringere, comprimere, mortificare. Mentre questo modo di concepire le cose può trovare qualche giustificazione per gli altri edifici che servono ad individui i quali presso a poco hanno le stesse nostre abitudini, gli stessi nostri movimenti, le nostre dimensioni, per una scuola invece questo criterio è errato perchè il bambino ha una mentalità ed una possibilità fisiologico-spirituale del tutto diversa dalla nostra. Difatti tanto le opere quanto le nostre più serie aspirazioni, in lui assumono un parodiamo particolare; tutto per lui è giuoco, persino la guerra.
Concludendo, affermiamo che la casa della scuola per i bambini e per i fanciulli va intesa diversamente da quella sino ad oggi concepita e costruita. Ma per arrivare a scoprire e fissare i suoi nuovi caratteri, occorre avere oltre la esatta comprensione dei bisogni e dei diritti dell’infanzia, una maggiore libertà di azione dai vigenti regolamenti ed una più spiccata tendenza del progettista ad essere anche per la scuola, contemporaneamente, l’architetto ed il fisiologo, lo psicologo amico del fanciullo, ad essere l’adulto, forte sì di tutte le esperienze tecniche, ma che si china al livello della generazione novella e questa vuol far vivere in un ambiente di salute, di bellezza e di letizia.

MARIO DE ANGELIS-EGIDI.

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