EDILIZIA SCOLASTICA RURALE
Richiamiamo l’attenzione dei lettori sulle interessanti osservazioni
fatte dall’Arch. De Angelis-Egidi sul tema dette scuole rurali,
al quale egli ha dato gran parte del suo lavoro in questi ultimi anni.
Le scuole rurali e l’edilizia rurale in genere sono campi di attività
in cui purtroppo gli architetti italiani hanno potuto o saputo fare
pochissimo; contro rari edifici costruiti con aderenza al tema e senso
d’arte, eccone ovunque, nelle nostre campagne, innumerevoli progettati
da tecnici aridi e spesso da zotici incompetenti. D’altra parte
l’opera dei volonterosi che si accingano ad occuparsi di tali
costruzioni è intralciata dalla incomprensione ed inadeguatezza
dei provvedimenti legislativi e dalla resistenza dell’ambiente.
Ad eliminare siffatti inconvenienti agiranno concordemente gli architetti
singoli e le autorità sindacali e politiche.
N. D. R.
Tutti i provvedimenti legislativi atti a favorire lo sviluppo rurale
in Italia dovrebbero porre in evidenza ai tecnici un altro appassionante
problema da risolvere: quello dell’Edilizia Scolastica Rurale.
Perchè possa svolgersi in pieno la vita rurale non si deve soltanto
pensare seriamente alle trasformazioni fondiarie, alle bonifiche idrauliche,
alle arterie di comunicazione, ai mezzi rapidi di trasporto, ecc., ma
anche alla scuola, ove lo spirito delle genti rurali prende la prima
impronta di civiltà, si forma nel momento e nel clima storico
della patria e si arricchisce di conoscenze e di verità, per
cui i fanciulli di oggi saranno, domani, gli esperti ed istruiti agricoltori
secondo ogni più moderna tecnica agraria.
Allo stato di cose attuali non si può risolvere efficacemente
questo problema perchè si è ancora costretti a seguire
tutte le norme regolamentari comuni agli edifici scolastici urbani.
Nessuna distinzione dunque fra campagna e città!
La scuola rurale dovrebbe essere un organismo notevolmente diverso da
quello solito. Nella scuola rurale non si impartiscono soltanto nozioni
di cultura generale, ma anche applicazioni pratiche per le quali è
necessario il piccolo campo di esercitazioni, il giardino, il pollaio,
l’alveare, la conigliera, ecc. Esistono, è vero, i decreti
20 agosto 1926 N. 1667 e 17 febbraio 1927 N. 278, i quali dettano norme
per favorire la costruzione di scuole rurali, ma, purtroppo, è
stato da tempo sospesa la loro applicazione. Il danno che deriva da
questa sospensione è grandissimo e potrebbero testimoniarlo moltissimi
Comuni e tutti gli Enti di cultura, i quali sino ad oggi sono stati
gli unici in Italia che si siano occupati seriamente dell’insegnamento
agrario nelle scuole elementari, nel senso di improntare alla vita rurale
ed alla cultura agraria insegnamenti di disciplina, così da creare
nella scuola quella atmosfera agricola che fin dal primo anno di scuola
pone il fanciullo rurale nel suo vero ambiente, onde tutte le conoscenze
scientifiche e le esercitazioni pratiche di agraria, divengono atti
ed elementi di vita, e non aride nozioni scolastiche.
Questa situazione dimostra come vi sia un’incomprensione così
diffusa su questo argomento, da far dubitare sull’efficacia di
certi provvedimenti legislativi promulgati per la ruralizzazione delle
masse. Qualunque programma, sia esso il più romanamente grandioso,
rimane disorganico se vi rimane escluso o comunque trascurata l’organizzazione
della scuola rurale. È previdente quindi rivolgere la propria
attenzione a questa scuola che potrà aprire nuovi orizzonti non
soltanto nel campo educativo, ma anche in quello architettonico.
Trascurando ora la parte tecnico-agraria che esula dalla nostra indagine
specifica, prendiamo in considerazione ciò che più ci
riguarda: la scuola rurale intesa come soluzione architettonica, comprendendo
nel concetto architettonico tutto ciò che si riferisce all’ambiente.
Sino ad oggi, tranne pochi studiosi di temperamento artistico, come
il Professor Alessandro Marcucci e la Dottoressa Montessori, solo alcuni
igienisti si sono preoccupati di studiare il problema della scuola inteso
come ambiente. Dimodochè, anche a voler essere molto ottimisti,
il problema stesso risulta soltanto parzialmente risolto. Parzialmente
perchè si è pensato all’igiene del corpo trascurando
completamente quella dello spirito. Per questa ragione nella maggior
parte delle volte vediamo contrapporre alla rustica e serena semplicità
dell’ambiente un enorme scatolone, con qualche pretenziosa aggiunta
stilistica, in pieno assetto igienico-regolamentare, ma senza il minimo
tentativo che animi con un po’ di schietta poesia la fredda norma
scientifica. L’architettura in questi casi ha dovuto assumere
una parte secondaria e quasi mai spontanea, di fronte alla pura tecnica
statico-sanitaria. Ad aggravare tale situazione critica dell’architettura
scolastica, per parecchio tempo ha contribuito la pubblicazione di una
raccolta di progetti-tipo fatta a cura, o autorizzata, dal Ministero
della Pubblica Istruzione. Progettisti di varia capacità e talora
anche di scarsissima esperienza in materia, attinsero abbondantemente
e con piena sicurezza da questa pubblicazione. Così in ogni paese
del Regno, in Piemonte come in Sicilia, nel Veneto e nella Campania,
come in Puglia e in Sardegna, si attuarono gli stessi progetti senza
tener conto del clima, dei costumi, del carattere dell’architettura
locale, che per logica tradizione, come per intrinseco valore estetico,
presenta sempre linee ed accordi che ogni artista di gusto sa rilevare
e valorizzare. Da questo stato di cose ne derivò anche una serie
di edifici di proporzioni e pretese monumentali che, pur rispondendo
pienamente al regolamenti igienici del momento, risultarono in perfetta
antitesi coi desideri e coi bisogni del bambino, anzi diremmo coi suoi
diritti, essendo la scuola fatta per lui.
Tutti noi, fatti grandi, non ci accorgiamo più di certe anomalie
ambientali e le nostre prime impressioni dell’infanzia sono impallidite,
o trasformate, o deformate, nei pensieri che ora per ora, fatti adulti
ci assillano per operare e per giungere alle nostre mete. A poco a poco
tutti gli oggetti a noi vicini, si sono allontanati ed oggi non vediamo
più quello che da piccoli costituiva la nostra esasperazione,
talora il nostro incubo, per cui bene spesso la scuola se non ci appariva
un luogo di tortura, certo non ci dava allettamento alcuno. La coscienza
in questo caso è diventata il nostro schermo. Solo l’artista
è capace di cogliere questo contrasto, di comprendere questo
malessere, e soltanto lui è in grado di mettere in relazione
le esigenze di ordine tecnico con le altre, diremo così di carattere
spirituale, attinenti al bambino. Ma l’artista che sente tutto
ciò non può operare a modo suo perchè esistono
regolamenti che stabiliscono la forma, le dimensioni, l’ubicazione
degli ambienti e delle aperture, il colore delle pareti, l’altezza
dei parapetti alle finestre, la forma, la disposizione dei banchi, ecc.
Tutto ciò in linea generale ha la sua parziale giustificazione
perchè risponde ai dati teorici dell’igiene esteriore,
ma questi non sono i soli da tenere in considerazione e dal punto di
vista particolare che qui vogliamo considerare, queste norme di carattere
sanitario rimarranno insufficienti e talora avverse, se non entreranno
in più stretta correlazione con la spiccata, insopprimibile individualità
del bambino. Questi non potrà trovarsi a suo agio nella scuola
finchè si sentirà gravare la monumentalità delle
cose costruite, è vero, per lui, ma con occhi, con spirito, con
sapienza di adulti e quindi erroneamente. L’aula, perchè
deve essere alta 4-5 metri se ad una più ridotta cubicità
si può rimediare con adeguati mezzi di aereazione? Una finestra
perchè deve avere il parapetto alto m. 1,20? Forse che al bambino
si deve negare il godimento che procura la bellezza ampia del paesaggio,
del mare, la vista di una verde aiuola e dei fioriti cespugli del giardino?
Ed il colore delle vernici perché deve essere grigio e uniforme
(quel colore che un didatta artista chiamò: “il colore
del tempo cattivo”) e non di una intonazione gaia che s’adegui
e secondi l’anima del bambino? Ricordate i banchi monotonamente
allineati che imprigionano, come arnesi di tortura, il corpo e, con
esso, l’anima del bambino? Gli è che quando noi visitiamo
una scuola o la progettiamo, la consideriamo sempre dal nostro punto
di vista, cioè come se dovesse servire a persone adulte che,
in sostanza, considerano il piccolo essere umano come qualche cosa che
si debba costringere, comprimere, mortificare. Mentre questo modo di
concepire le cose può trovare qualche giustificazione per gli
altri edifici che servono ad individui i quali presso a poco hanno le
stesse nostre abitudini, gli stessi nostri movimenti, le nostre dimensioni,
per una scuola invece questo criterio è errato perchè
il bambino ha una mentalità ed una possibilità fisiologico-spirituale
del tutto diversa dalla nostra. Difatti tanto le opere quanto le nostre
più serie aspirazioni, in lui assumono un parodiamo particolare;
tutto per lui è giuoco, persino la guerra.
Concludendo, affermiamo che la casa della scuola per i bambini e per
i fanciulli va intesa diversamente da quella sino ad oggi concepita
e costruita. Ma per arrivare a scoprire e fissare i suoi nuovi caratteri,
occorre avere oltre la esatta comprensione dei bisogni e dei diritti
dell’infanzia, una maggiore libertà di azione dai vigenti
regolamenti ed una più spiccata tendenza del progettista ad essere
anche per la scuola, contemporaneamente, l’architetto ed il fisiologo,
lo psicologo amico del fanciullo, ad essere l’adulto, forte sì
di tutte le esperienze tecniche, ma che si china al livello della generazione
novella e questa vuol far vivere in un ambiente di salute, di bellezza
e di letizia.
MARIO DE ANGELIS-EGIDI.