FASCICOLO XVI - DICEMBRE 1931
N.D.R. : Il nuovo Palazzo dell'Universita' Cattolica a Milano, dell'arch. Giovanni Muzio, con 15 illustrazioni

IL NUOVO PALAZZO DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA A MILANO

Dell’Architetto GIOVANNI MUZIO


Il Palazzo dell’Università Cattolica di Milano, progettato e realizzato nel 1929 e 1930, è già noto per essere stato tra l’altro riprodotto in qualche suo aspetto nella nostra Rivista (fase. Gennaio-Febbraio 1930).
Ma non dispiace offrirne documentazione più completa ed approfondita anche dal punto di vista costruttivo, giacché questo edificio, pur aderendo strettamente alla tradizione classica e neoclassica, è tuttavia sentito con una tale interezza e solidità, con una così stretta unità tra forma e struttura, con una tale sapienza di mezzi ed assenza di decoratività oziosa, da poterlo considerare sotto ogni rapporto opera vitale e piena, anche nel senso moderno.
Il palazzo è disposto esternamente all’antico monastero cistercense di S. Ambrogio ora Ospedale militare e futura sede dell’Università Cattolica, e che si svolge intorno ai due bellissimi e vasti chiostri bramanteschi.
Esso sorge al posto di alcune piccole casupole che stavano tra il Monastero e la strada, e comprende gli uffici di rettorato, di propaganda ed editoriali, ma costituisce soprattutto l’accesso ed il vestibolo di tutta la nuova Università.
La fabbrica, della quale finora sono costruiti soltanto i due terzi, è concepita seguendo la tradizione delle grandi costruzioni monastiche milanesi, dalle alte e nude pareti di mattoni, come ad esempio il monastero di S. Alessandro ora liceo Beccaria, il lato verso S. Primo del palazzo del Senato, ecc.
L’ossatura architettonica trae partito da una solida intelaiatura costruttiva a lesene ed archi di lieve rilievo, la parete di cotto non è mai interrotta da elementi estranei ma è chiusa in basso dal breve zoccolo ed in alto dal massiccio toro della gronda in granito.
Ad un lato spicca sulla rossa parete il partito monumentale dell’ingresso che si alza a torre con il fastigio dell’orologio e della campana oltre la linea del tetto.
L’ingresso non è posto nel centro della fabbrica per risultare sull’asse esatto di uno dei chiostri del Monastero in modo che, ad opere finite, dal portale si vedrà, sfondo ad una lunga teoria di portici, il centro del cortile a giardino.
Il motivo della torre, tipicamente italico, porta nel suo centro la grande nicchia con la statua di Cristo Re, fulcro di tutta la facciata, e si svolge con l’alto ordine dorico del portale terminato dall’ampia loggia atta alle cerimonie solenni, sovrastato dalla tribuna timpanata di largo respiro.
L’assenza di superflue decorazioni, la semplicità e la limpidità delle modanature con la nobiltà del materiale e la notevole imponenza delle dimensioni dànno alla costruzione maestà per l’alto ufficio al quale è destinata.
Il grave problema della vicinanza degli antichi monumenti trovò anch’esso felice soluzione: una piccola fabbrica non era degna dell’Università, una grande poteva soffocare S. Ambrogio; l’unità della massa e del colore, i materiali impiegati, mattoni e granito, il motivo dell’ingresso grandioso e verticale hanno raggiunto lo scopo, e l’edificio bene chiude la cerchia dei monumenti che sorgono intorno completandone il quadro.
L’attacco all’antico è svolto con due altissimi porticati che a piano terra continuano il vestibolo d’ingresso ed al primo piano collegano le massime aule dell’Università con la loggia della fronte; ed è certo uno dei meriti precipui della bella opera di Muzio il senso di interiore unità esistente fra il vecchio e il nuovo, unità che non significa piatta reminiscenza formale, ma libera ed indipendente comprensione di spirito.
Carattere precipuo dell’edificio è l’intima e sincera rispondenza tra la struttura interna modernissima in cemento armato e la cortina esterna di cotto mentre la torre granitica sorge da terra indipendente: la maestà architettonica fu ottenuta senza nuocere per nulla ad una razionale ed intensa utilizzazione degli spazi.
L’edificio fu costruito dall’arch. Muzio in collaborazione con l’ing. Pierfausto Barelli.

N. D. R.

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