L’ARCHITETTURA E L’ARREDAMENTO DELL'AMBIENTE
ALL’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI
ARTE SACRA CRISTIANA MODERNA A PADOVA
È ancora aperta in Padova, e lo sarà, come è noto,
per tutta la durata dell’Anno Antoniano, un’esposizione
d’Arte Sacra Cristiana Moderna; organizzata con l’appoggio
dei Comitati Antoniani religioso e civile, formato di chiari prelati
l’uno, di varie autorità e personalità cittadine
l’altro.
L’iniziativa fu attuata sotto la direzione dello scultore Paolo
Boldrin, Segretario del Sindacato Artisti della provincia.
La Fiera Campionaria di Padova concesse uno dei suoi vasti padiglioni,
che fu dai tre giovani architetti padovani Gino Miozzo, Francesco Mansutti
e Nino Gallimberti, in collaborazione con lo scultore Boldrin, sagacemente
e radicalmente trasformato, ferma restando l’ossatura e con materiali
provvisori, in un edificio adatto ad ospitare la mostra, coi requisiti
del tutto particolari richiesti. Esso incorpora nel suo interno, oltre
le grandi gallerie e le altre sale per le esposizioni delle opere isolate
di pittura, scultura, architettura ed arti applicate, alcuni ambienti
realizzanti il progetto di luoghi sacri, la chiesetta, la cappella,
la sagrestia, il battistero, in cui gli oggetti del culto disegnati
e costruiti da determinati artisti o da organismi artistici ed industriali,
sono mostrati al pubblico con criteri di unità, organicità
e armonia.
Il padiglione della mostra di Padova è insomma un esempio intelligente
del come si possa con limitati mezzi far godere cose d’arte coll’utilissimo
e piacevole complemento di un’atmosfera consona e rispondente:
concetto di cui d’altronde vedemmo in antecedenza buone applicazioni,
se pur diversamente intese e svolte (chè ben di versi erano i
punti di partenza e di arrivo) ad esempio, all’ultima Triennale
di Monza ed alla Quadriennale Romana. Concetto lodevole ed imitabile,
in casi analoghi, per cui riteniamo opportuno presentare ai lettori
la pianta e qualche fotografia dell’esterno e degli interni del
padiglione: il quale produce nell’animo di chi si avvicini ignaro,
un senso di viva e lieta sorpresa, giacchè finora eravamo abituati
a pensare che nel mondo ecclesiastico italiano vigesse la più
intransigente repugnanza contro qualsiasi tentativo di rinnovamento;
per conseguenza sarebbe stato lecito attendersi che l’edificio
di una Mostra Antoniana, a Padova, non avesse potuto essere molto diverso
da una chiesa romanica o tutt’al più da una basilica palladiana.
Invece l’architettura di Miozzo, Mansutti e Gallimberti è
attuale, fresca, linda, appropriata, mentre, nella radicale semplicità,
conserva l’esigenza della proporzione, ed ha notevoli qualità
nelle sensibilità di linea e di massa.
Gli interni sono ottimamente organizzati e sempre rispondenti dal punto
di vista pratico: non sono mai volgari e talvolta, pur nei legami offerti
dall’ossatura preesistente, offrono piacevoli soluzioni plastiche,
specialmente nelle sale particolari riproducenti ambienti religiosi
quali il battistero di Miozzo e Mansutti o la rotonda di Gallimberti.
Non è questo il luogo di parlare delle opere di pittura e scultura
esposte alla Mostra di Padova; benché si potrebbero fare interessanti
paragoni tra le moderne tendenze dell’architettura e quelle delle
arti sorelle.
Nè ci occuperemo per ora dell’architettura di edifici religiosi
(progetti, fotografie, plastici), giacchè questo tema troppo
vasto potrà essere l’oggetto di un prossimo articolo da
svolgersi in altra occasione sulla Rivista.
Ci limiteremo ad osservare che l’architettura straniera non è
alla Mostra di Padova rappresentata con la desiderabile completezza:
non mancano esemplari tedeschi notevoli, come, ad esempio, le ben note
recentissime chiese del Böhm, dell’Herkommer, dell’Holzmeister,
del Weber, ecc.; ma altre di capitale importanza sono assenti, come
pure non sono esposte tutte quelle francesi, e, naturalmente, gli edifici
protestanti tedeschi e delle regioni scandinave; sicchè un’illustrazione
limitata agli esemplari prodotti alla mostra sarebbe forzatamente insufficiente
ed inadeguata.
La Sezione Italiana contiene bensì ampio e persuasivo materiale,
specie nei progetti non ancora realizzati; nel complesso però
(e se ne capiscono facilmente le ragioni) esso è tanto poco omogeneo
ed investe una gamma così larga di stili e maniere, che difficilmente
se ne potrebbe ricavare una sintesi circa il carattere della nostra
architettura religiosa attuale.
* * *
L’unità che sì largamente difetta ancora all’architettura
sembra invece già formularsi nell’ambito più modesto
delle arti applicate e decorative italiane: la brevità e tenuità
dei temi, la loro felice vicinanza alla materia ed alla mano dell’uomo,
la loro rispondenza a scopi ed usi giornalieri, l’assenza di gravi
responsabilità, sono elementi che felicemente cooperano a sciogliere
artificiose situazioni inveterate ed a persuadere l’artista ad
ascoltare con semplicità e spontaneità le voci sincere
e nuove. Nei tessuti, nei vetri, nei mobili di chiesa, e specialmente
nei prodotti realizzati con criteri unitari da particolari Istituti
di educazione artistica o da Enti industriali, abbiamo dunque potuto
vedere a Padova cose buone e sentite con limpidezza.
Notevoli sopratutto le mostre raccolte nella Cappella dell’“Istituto
Veneto del Lavoro”, nella Cappella gentilizia della “Scuola
Selvatico” e sopratutto nella Chiesa con annessa Sagrestia dell’“Ente
Nazionale Piccole Industrie” su cui val la pena di intrattenersi
particolarmente.
È ben nota l’opera che l’E. N. A. P. I. va svolgendo
da anni in favore dello sviluppo delle arti applicate e delle arti minori
in Italia e replicatamente abbiamo avuto occasione di occuparci sulla
Rivista dei concorsi da essa indetti e delle molteplici sue intelligenti
iniziative.
Giovanni Guerrini ha voluto stavolta raccogliere attorno a sè
un buon gruppo di giovani artisti animati da concordi tendenze ed affidare
a ciascuno le singole parti del corredo di una chiesetta con annessa
sagrestia, il cui complesso egli stesso ha ordinato dopo aver ideata
l’architettura interna dell’ambiente.
E se naturalmente l’insieme risente dell’affastellamento
di cose concepite da menti diverse, molti fra gli elementi sono veramente
belli e simpatici per la freschezza dell’ispirazione, per la bontà
dell’esecuzione, per il pregio delle materie usate.
In conclusione è lecito felicitarsi cogli organizzatori ed ordinatori
della Mostra d’Arte Sacra Moderna a Padova, per aver voluto, consapevoli
delle condizioni attuali di sviluppo dell’architettura e delle
altre arti figurative, fornire ad esse nel tema sacro, un contributo
di chiarificazione, coll’agitare e dar libero corso a idee, col
porre con bella franchezza problemi moderni, la cui considerazione e
soluzione appassionano gli artisti e s’impongono ormai all’attenzione
di tutti
.
PLINIO MARCONI