NOTIZIARIO TECNICO
SERRAMENTI DI PORTA
L’industria edilizia realizza in questo campo, come già
fu detto per la costruzione delle finestre, dei prodotti svariatissimi,
come costruzione e come scopo: il tipo tradizionale di porta interna
viene perfezionato e trasformato dalla tecnica attuale fino alla sostituzione
del legno con il metallo: altri tipi di chiusure interne entrano nelle
simpatie del pubblico e dei costruttori, anche in relazione a diversa
concezione planimetrica della casa, derivante da un complesso insieme
di fattori psicologici e materiali.
È nota la simpatia attuale per le grandi aperture di comunicazione
tra gli ambienti di rappresentanza della casa, ed anche per ambienti
unici divisibili con leggere pareti mobili, con tramezzature scorrevoli
ad elementi, ecc. È curioso che in questo la casa moderna ci
richiami in certo modo un concetto caratteristico del popolo giapponese.
Ma all’infuori di ogni altra considerazione è innegabile
che gli accessori dell’abitazione si perfezionano profondamente
ed i serramenti tendono a divenire dei meccanismi perfetti fabbricati
con gli stessi criteri tecnici con cui si creano le chiusure nei vagoni
ferroviari, nei grandi aeroplani, nelle navi e negli automobili. La
facilità di manovra di certe porte o finestre a “coulisse”
che sono appoggiate su movimenti di sfere di acciaio e su perfette guide
di acciaio, richiama la perfezione della macchina.
Faremo perciò, questa volta, una rapida rassegna dei vari serramenti
di porta che presentano un particolare interesse per l’architetto.
Anche in questo campo non si può tacere della produzione “standard”
che realizza due notevoli vantaggi: un abbassamento del prezzo di costo
ed una maggiore perfezione del manufatto. Anche da noi il serramento
si costruisce ora in notevole quantità su tipi standardizzati,
ma non ancora con criteri sufficientemente moderni. Assistiamo al fatto
doloroso che i nuovi tipi di serramenti prodotti in Italia sono in genere
di brevetto straniero. Eppure se la nostra genialità non è
un mito, dovremmo pure trovare nostri tipi e nostri sistemi moderni.
Tutta l’attuale produzione straniera che cominciamo a conoscere
dovrebbe pure influire sul nostro progresso edilizio e spronarci alla
ricerca di nuovi tipi di serramenti di nostra creazione.
* * *
Una linea caratteristica attuale ha la porta metallica o mista di legno-metallo.
Per rendersi conto della costruzione di questo tipo è bene ricordare
la nuova applicazione del legno compensato con rivestitura di metallo
(“Plymax”, Venesta Ltd. Londra) che nominammo già
in questa stessa rubrica. Si tratta di fogli di legno compensato che,
per mezzo di materia adesiva e forte pressione idraulica, vengono ricoperti,
su una o ambedue le faccie, da sottili lamine metalliche.
Il metallo può essere diverso a seconda delle esigenze, per ora
è stato applicato alluminio, rame, acciaio galvanizzato, metallo
“Monel”, ecc. Questi fogli misti di legno e metallo (accoppiamento
delle varie qualità di due diverse materie) presentano apprezzabili
proprietà fra cui una notevole rigidità e resistenza con
peso limitatissimo, vantaggi igienici per la superficie compatta e levigata,
grande durata, in confronto alla putrefazione e deterioramento solito
del legname, insensibilità quasi completa alle variazioni di
temperatura fra 0° e 85°, una certa resistenza al fuoco, ecc.
Nel caso di verniciatura la superficie metallica offre un piano perfettamente
levigato sul quale facilmente si ottiene un regolarissimo strato di
vernice. Una adatta lavorazione e un appropriato sistema di applicazione
permette di coprire con metallo anche i bordi dei fogli e tutte le giunture
in modo che il legno rimanga ovunque coperto.
Nella seguente tabella riportiamo alcuni dati tecnici su questo prodotto
inglese.
Confronto fra lo spessore (approssimato) di fogli di Plymax, lamiere
di acciaio, e legno
compensato di betulla necessari per ottenere una stessa rigidità.
Plymax con lamina di Lamiera di acciaio Legno compensato
acciaio sulle due faccie di betulla
Spessore Peso in Kg. Spessore Peso in Kg. Spessore Peso in Kg
in mm. per mq. in mm. per mq. in mm. per mq.
3,2 7,3 2,3 18,5 6,3 4,-
4,7 8,3 3,2 25,8 9,5 5,9
6,3 9,2 3,6 29,- 12,7 7,8
9,5 11,4 4,7 37,2 17,4 11,5
12,7 12,7 5,4 43,4 22,2 14,6
15,8 14,9 6,1 49,- 25,4 16,8
19,- 16,9 6,7 53,5 28,6 18,6
Di questo genere di legno-metallo è composta la porta “Nigra”
che si presenta come una superficie completamente liscia (figg. 1-2-3)
su armatura interna di regoli di legno. Resta perciò nell’interno,
fra le due rivestiture, una intercapedine di aria che può essere
anche riempita con materiale isolante. Tali porte essendo perfettamente
liscie sono specialmente indicate per edifici sanitari, collegi, scuole
ecc.
Esse vanno montate su telai pure metallici formati da un sol pezzo di
lamiera pressata e sagomata secondo criteri razionali.
Questi telai metallici rappresentano anche essi una produzione modernissima
e si usano ormai su vasta scala anche applicati a comuni infissi di
legno. Benchè il loro prezzo sia naturalmente superiore a quello
del comune telaio di legno, pure i vantaggi materiali ed estetici sono
rilevanti e tali da farli preferire, non appena la costruzione edilizia
sia di una certa importanza. Difatti con i telai metallici sono eliminati
tutti gli inconvenienti presentati dal legno a causa della sua sensibilità
all’umidità ed al calore, alla putrefazione, ecc. Inoltre
il telaio metallico può resistere agli urti, non si scheggia
e deteriora durante la costruzione muraria, resiste meglio al fuoco.
Detti telai sono fabbricati in varie forme a seconda delle dimensioni,
dello spessore del muro ecc.: si fissano per mezzo di grappe collegate
a ponti di rinforzo creati nel telaio stesso. Se ne costruiscono tipi
anche con ali sovrapponibili all’intonaco e formanti così
la cornice di riquadratura alla porta, la cosiddetta “mostra”.
(figg. 4-5-6)
Serramenti di porta completamente metallici si usano da tempo per locali
da proteggere in special modo contro il fuoco. La debole resistenza
del legno di una porta al propagarsi di un incendio nei vicini locali
ha resa necessaria la costruzione di infissi metallici opportunamente
resistenti contro il fuoco. Essi consistono (fig. 7) in due lamiere
di acciaio stampate e saldate su di una ossatura pure di acciaio: un
riempimento isolante nello spazio interno fra le due faccie della porta
ne aumenta la resistenza al fuoco. L’isolante usato in queste
porte è formata principalmente di farina fossile che, con altre
materie chimiche, forma delle lastre che, seccate al forno, sono applicate
nell’interno della porta.
Applicazioni molto interessanti delle porte metalliche sano state fatte
in chiusure per garage, hangar ed altri edifici industriali: ma di questo
genere di serramenti parleremo prossimamente.
Fra i vari tipi di porte interne in legname non bisogna dimenticare
quello della ditta Moldenhauer Söhnee di Berlino di cui l’ossatura
interna è costituita da una specie di traliccio su cui vanno
a poggiare i fogli di rivestimento di legno compensato. In questo serramento
a causa della struttura interna difficilmente si possono verificare
“mosse” o un distacco della rivestitura. Il peso della porta
è molto limitato ed anche il suo prezzo non è superiore
a quello delle altre buone porte di legno compensato.
Un esempio di porta isolante contro il suono (forse il tipo più
perfetto oggi in commercio) è il tipo della fig. 16 di costruzione
americana.
Dello spessore di 3 pollici (76 m/m.) l’imposta ha una doppia
struttura di legno compensato in cui l’intercapedine è
riempita con materia isolante (A). Inoltre il doppio battente è
provvisto di doppia guarnizione di gomma (B) e nella parte inferiore
vi è una doppia guarnizione (come due spazzole) di feltro (C)
che impedisce ogni minimo spiraglio tra la porta e il pavimento. La
chiusura della porta avviene per mezzo di tre naselli, comandati contemporaneamente
dalla maniglia, che fissano la porta in basso, in mezzo ed in alto.
* * *
Per ottenere la chiusura di aperture molto grandi fra ambiente e ambiente
i sistemi sono diversi. L’antico tipo della porta a libretto costituita
da una serie di elementi cernierati fra loro è applicato modernamente
e con buon risultato. Nella fig. 8 un tal tipo di chiusura è
applicato in varie maniere: nella fig. 9 la parete divisoria è
formata interamente dal serramento a libretto. I vari telai cernierati
fra loro e che scorrendo si ripiegano fra loro stessi, sospesi all’architrave
per mezzo di carrucole scorrevoli in apposite guide di metallo (fig.
10). L’applicazione delle carrucole può avvenire al centro
della traversa superiore di ogni elemento Come nel caso A della fig.
11, in cui non necessita alcuna guida inferiore sul pavimento e per
il fissaggio delle imposte in posizione di chiusura, bastano dei semplici
paletti o catenacci. Invece nel tipo B (fig. 11) i vari battenti sono
sospesi eccentricamente e perciò debbono avere una guida inferiore
sul pavimento. È ovvio che a seconda dell’uno o dell’altro
tipo di sospensione, l’ingombro dei battenti ripiegati si può
avere in diversa maniera, o per metà per parte o tutto da un
solo lato. Alcune imposte possono essere vetrate come nel caso della
fig. 9, ed anche formare passaggio a sè, quando tutto il serramento
è chiuso, come una comune porta a due partite.
Queste chiusure di grande estensione si possono anche realizzare con
elementi scorrevoli sullo stesso piano o su piani paralleli.
Nel caso di più di due elementi questi debbono scorrere su guide
affiancate e parallele (fig. 14). Il punto vitale di tutti questi serramenti
sono i meccanismi di sostegno e di scorrimento. Un tipo di ottimo funzionamento
e recente è il “Perkeo” (fig. 13) che permette di
regolare l’esatta posizione in altezza della porta per mezzo di
viti di sostegno.
Per la unione tra elemento ed elemento di imposte pieghevoli è
bene usare cerniere invisibili che lascino aderire perfettamente fra
loro i bordi delle imposte senza che le giunture mostrino trappa aria.
Una cerniera moderna che risponde bene a questo scopo è il tipo
americano “SOSS” (fig. 12).
Un altro sistema di leggera parete mobile è quello che si dice
ad “armonica”. Dalla vista che nella fig. 18 si ha di tale
chiusura si comprende con facilità il suo funzionamento. Nelle
sezioni schematiche della fig. 17 si vede come costruttivamente queste
porte ad armonica siano formate da tanti regoli di legno che scorrendo
ed allontanandosi l’uno dall’altro distendono la stoffa
o la pelle di cui sono ricoperti, e chiudono così un vano della
lunghezza di parecchi metri con una specie di doppia membrana.
In luogo della staffa possono essere usate striscie o liste di legno
compensato cernierate tra loro. In questo caso il serramento può
essere verniciato: se si vuole ottenere un elemento decorativo di una
certa importanza si può impiallicciare queste liste con legno
di aspetto lussuoso lucidato a spirito.
GAETANO MINNUCCI
NOTA. - Le figg. 1-2-3-7-8 sono di serramenti costruiti dalla Ditta
Aug. Schwarze - Brackwede - Berlino. La fig. 16 mostra serramenti della
Ditta The Compound and Pyrono Door Cy. - St. Joseph Mich. (U.S.A.).
- Le figg. 8-9-10-11 mostrano serramenti della Ditta Karl Günther
Glatten (Württ.) Germania. - Le figg. 17-18 serramenti delta Ditta
Hugo Becker - Neumünster i. H. - Germania.
CRONACA DEI MONUMENTI
ROMA. - La mia nota sui grandi restauri eseguiti in Santa Maria Maggiore,
che le circostanze tipografiche hanno fatto uscire su questa rivista
con sei o sette mesi di ritardo, mi ha procurato una vivace replica
in un articolo dell’Osservatore Romano. Mettendo da parte tutto
quello che v’è in essa di personale e che non ha nessun
interesse quando è in giunco l’integrità di un monumento
glorioso, l’occasione è opportuna per completare la mia
nota aggiornandola e precisandola.
Sui concetti generali che hanno mosso i grandiosi lavori intrapresi
con nobilissimo intendimento nella insigne basilica, io non posso che
ribadire i concetti già espressi: i quali sono di sincera ammirazione
per l’opera sapiente e minuta per salvare il magnifico musaico
sistino, distaccato e ricollocato a posto per singoli tratti con cura
paziente; ed invece di pieno dissenso per la demolizione della volta
quattrocentesca sovrastante alla Confessione. Nessuna ragione statica
richiedeva tale demolizione, e quelle portate in campo erano fittizie;
ed il distruggere la volta non solo ha tolto una pagina della storia
costruttiva della basilica, ma ha creato, con lo scoprimento della parte
superiore del transetto, una quantità di problemi nuovi di completamenti
e di aggiunte.
Evidentemente il provvedimento è stato suggerito dal desiderio
del ripristino, dalla ricerca degli schemi antichi a danno delle opere
recenti, cioè dalla ripresa dei criteri di restauro che hanno
preso il nome dalle teorie e dall’attività ricostruttrice
del Viollet le Duc. E questi possono anche ammettersi in monumenti minori,
non nei più grandi e significativi, non nella basilica di Santa
Maria Maggiore, che forse non ha nessun’altro monumento che le
sia pari nella varietà e nella complessità delle sovrapposizioni,
per le quali ogni secolo ha lasciato la sua nobile traccia di costruzione
e d’arte e l’insieme ci appare come un vero museo dell’Architettura
e della Decorazione in Roma.
È in questo momento in Italia una ripresa preoccupante dei criteri
alla Viollet Le Duc: a Pavia, a Pesaro, ad Urbino, a Loreto, a Teramo,
a Tropea, a Vicenza, a Parma. Il principio scientifico dei restauri,
austeramente contrario alla esclusione di elementi sovrapposti che abbiano
un proprio valore, come alle arbitrarie aggiunte ed ai completamenti
in istile similare, il principio che sembrava ormai accolto da tutti
e regolarmente seguito nella terra dei Monumenti, è di nuovo
insidiato da ogni parte dai desiderati della unità stilistica
e dell’attività falsificatrice. Ed i pericoli sono gravi
poichè niuno si avvede della facilità di sdrucciolare
nella rapida china e di compromettere l’autenticità ed
il carattere d’arte di opere architettoniche, che hanno il loro
significato nello stato attuale e che hanno il valore di documenti storici
fatti di pietra ed abbelliti dall’arte. Ammesso il principio,
si sa dove si comincia e non si sa dove si finisce.
Ecco infatti un’altra grave innovazione che si minaccia. Si parla
di distruggere il grande tabernacolo posto sull’altar maggiore,
opera dal Fuga, perchè ostacola alquanto la veduta dal musaico
dell’arco trionfale; e già se n’è abbattuto
il coronamento alterandone la linea, già si sono cacciati via
i quattro grandi angeli, opera dal Bracci, collocata negli angoli. Forse
si farà avanti il progetto di ricomporre al posto dal tabernacolo
il minuscolo ciborio ornato dagli intagli gentili di Mino, del quale
il volume del De Angelis ci dà un non certo felice disegno approssimativo...
E messi su questa via, abbandonati i poteri inibitori di un’etica
severa, chi sa quante altre tentazioni potranno avanzarsi con le loro
lusinghe? Chi sa che non si pensi, ad esempio a togliere i grandi archi
aperti in rispondenza alle cappelle sistina e paolina, per riportare
i colonnati al loro regolare ritmo basilicale?
Questo è dunque lo stato della questione di principio; e dal
mio scritto di vari mesi fa io nulla ho da mutare, altro che per segnalare
i pericoli ulteriori accennati.
Invece nei riguardi dell’attuazione dal restauro nel transetto
sono ben lieto di riconoscere che quasi in tutto si è fatto quanto
di meglio era possibile. Certo nei riguardi dell’architettura
spaziale i risultati sono quanto mai incompleti, perchè le strette
e misere braccia dal transetto non prolungate la basso sono inorganiche
e prive di significato. Ma nella decorazione pittorica le cose sono
andate assai meglio.
Lo stesso sentimento di onestà e di buon gusto con cui il paziente
lavoro del grande mosaico era stato, sotto la guida dell’illustre
Prof. Biagetti, compiuto, è stato seguito nelle discrete riprese
di pittura nel transetto, nella ricomposizione della copertura apparente
dal tetto. Gli elementi geometrici della decorazione pittorica parietale
riapparsi dopo le demolizioni sono stati continuati, ma non si sono
completati elementi figurativi. Sola eccezione si è fatta pei
seniori dell’arco dell’abside, dipinti sviluppando minuscole
traccie; ma la pittura è tenue ed è da sperare che non
venga in mente di sostituirla con mosaico, cioè con un falso
stabile. La ridipintura dei grandi medaglioni cavalliniani posti sotto
la cornice è avvenuta col criterio della minima aggiunta, ed
anche la decorazione delle capriate e dal pianellato è stata
fatta falsa si, ma non troppo. Un po’ la fortuna avuta nel ritrovare
talune linee, un po’ il sano equilibrio recato in questa fase
dei lavori hanno reso non gravi i guai che era logico temere gravissimi.
Così, ove si prescinda dal ripristino dal grande mosaico pel
quale non saranno mai bastevoli gli elogi, il bilancio dei restauri
di Santa Maria Maggiore può così riassumersi: pessimo
e pericolosissimo il principio, ottimo il senso che vi ha presieduto,
temibile la possibilità di una ripresa e di una accentuazione
in altre opere che hanno ormai pieno diritto di cittadinanza nella basilica
liberiana.
GUSTAVO GIOVANNONI.
SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI
PAGINE DI VITA SINDACALE
IL CONSIGLIO NAZIONALE DEL SINDACATO FASCISTA
DEGLI ARCHITETTI - (17 Luglio 1931)
Nella mattinata del 17 luglio u. s. si è adunato, a norma dello
Statuto Sindacale, il Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista degli
Architetti. L’Assemblea si tiene nella Sede della Confederazione
Professionisti ed Artisti in Roma, alla presenza del Presidente della
Confederazione S. E. Bodrero, e dell’on. Dante Giordani in rappresentanza
del Direttorio del Partito.
Le forze del Sindacato Architetti sono rappresentate da tutti i componenti
del Direttorio Nazionale scaduto, dai membri del Consiglio Nazionale
delle Corporazioni, da tutti i Segretari Regionali od Interprovinciali
accompagnati da due membri dei rispettivi Direttori Regionali, dai Presidenti
delle Giunte per gli Albi, dai Direttori delle R. Scuole Superiori di
Architettura.
Sono notati particolarmente i seguenti intervenuti: architetti Stacchini,
Brioschi, Mainetti di Milano; architetti Sullam, Vallot, Contarello,
Torres di Venezia; architetti Rusconi, Rossi, Martinuzzi di Trento;
architetti Urbanis, Battigelli, Miani di Trieste; architetti Melis,
Levi-Montalcini, Mosso di Torino; architetti Crosa e Orzali di Genova;
architetti Cerpi, Brizzi, Fagnoni, Padovani, Zalaffi di Firenze; architetti
Chiaromonte, Chierici, Pantaleo di Napoli; architetti Potetti, Ceccolini,
Morresi di Ancona; architetti Leone, Autore, Calandra di Catania; architetti
Fasolo, Foschini, Medori, Giovannoni, Libera, Marconi, Milani, Paniconi,
De Renzi di Roma; architetti Forcignanò, Petrucci, di Bari.
Oltre ai suddetti sono anche presenti parecchi altri camerati appartenenti
a vari Sindacati, specialmente a quello di Roma.
Apre la seduta il Segretario Nazionale del Sindacato Architetti, on.
Alberto Calza Bini, che si rivolge a S. E. Bodrero e all’on. Giordani,
esprimendosi come segue:
“ Eccellenza,
gli architetti italiani, animati da una sola fede e da una sola volontà,
sono qui oggi in ispirito tutti nei loro legittimi rappresentanti, tutti
devoti e fedeli al regime fascista, cui devono il riconoscimento della
loro classe, tutti disciplinati nei ranghi della Confederazione e del
Sindacato che quel riconoscimento patrocinarono, e le leggi necessarie
seppero invocare e preparare.
Gli architetti del Sindacato fascista che del Vostro predecessore ricordano
con grata simpatia il fraterno aiuto avuto in ogni circostanza, hanno
salutato il Vostro avvento con fervida fede, e sono fieri oggi di riunirsi
alla Vostra presenza, e della Vostra presenza Vi ringraziano.
Essi sanno quale lustro e decoro alla Confederazione venga dal Vostro
nome universalmente noto ed amato, e dalla Vostra mente di filosofo,
di poeta e di organizzatore.
Ed essi sentono oggi, nel momento in cui devono riaffermare la concorde
volontà di mia azione in difesa delle legittime aspirazioni verso
un’arte che sia degna della forza del Regime, essi sentono di
poter contare sul patrocinio che Voi darete, capo dei professionisti
e degli artisti italiani, autorevole intermediario tra casi e il Duce
che tutte le professioni valorizza, tutte volgendo ai fini della potenza
nazionale.
Senza vane parole, senza retorici discorsi, i rappresentanti degli architetti
italiani esamineranno qui la situazione della loro categoria e del loro
Sindacato, quale oggi è maturata attraverso affermazioni brillanti,
o dolorose rinunzie o sapienti e pazienti attese.
Confidano di poterVi presentare nella espressione del loro concorde
pensiero il programma dell’azione di domani, che sarà,
come sempre è stata, volta al maggior prestigio della cultura
italiana, sempre sottoponendo al superiore interesse della Nazione quelli
che possono essere fini particolari e personalistici.
I voti del Congresso Voi vorrete, Eccellenza, presentare al Duce e a
S. E. Bottai, che nella Sua pensosa e forte giovinezza, dettando le
norme dello stato corporativo, ha lucidamente segnato la funzione degli
architetti nella nuovissima Italia.
A te onorevole camerata Giordani che tanto degnamente rappresenti il
Direttorio del Partito Nazionale Fascista e ci dici quanto vive siano
le simpatie che le supreme gerarchie del Partito hanno per noi, porgo
il mio ringraziamento per la tua presenza che tanta autorità
conferisce a questa nostra riunione, e la preghiera di voler esprimere
a S. E. il Segretario del Partito ed ai tuoi colleghi del Direttorio
la incrollabile fede nei destini dell'Italia Fascista che gli architetti
custodiscono come un loro inestimabile bene. ”
Risponde all’on. Calza Bini S. E. Bodrero, che dopo aver salutato
e ringraziato il segretario nazionale ed il consiglio tutto, accenna
con un discorso breve ed incisivo alle caratteristiche dell’attuale
momento architettonico italiano, dominato dall’importante evento
svoltosi per merito del Governo Fascista: l’avvenuto isolamento
e la precisa determinazione della figura dell’architetto, nella
coltura, nell’arte, nell’attività professionale del
nostro paese.
Addentrandosi nell’esame degli indirizzi architettonici attuali
ed accennando alle recenti polemiche, S. E. Bodrero osserva come in
tesi generale l’architettura sia fra tutte le arti quella che
maggiormente rappresenta e sintetizza i caratteri dell'epoca storica,
aderendo essa intimamente alle necessità costruttive ed espressive
derivanti dai bisogni materiali e spirituali dell’epoca stessa.
Ciò fu in ogni tempo e deve essere anche oggi: naturalmente l’evoluzione
dell’architettura in funzione dell’evoluzione sociale non
può essere estremamente rapida dato appunto il valore duraturo
delle espressioni architettoniche radicate ai più profondi valori
umani. A conforto della sua tesi S. E. Bodrero cita l’esempio
dello sviluppo e della successiva adeguazione dei valori architettonici
ai valori sociali di un solo tipo di edificio, esempio che ha per altro
una portata generale. Il palazzo patrizio quale era stata in definitiva
formulato dalla civiltà italiana della Rinascenza serviva ai
bisogni di ricche famiglie eccellenti sulle altre per la loro particolare
energia ed intelligenza. Essendosi nei secoli seguenti ingrandito ed
espanso il nucleo di dette famiglie ed essendo d’altra parte decaduto
il loro tono di vita, detti palazzi dovettero in buona parte essere
abbandonati dagli aristocratici abitatori: furono allora adibiti quali
sede di edifici pubblici per parte di enti a carattere collettivo sorti
nella lava sempre più complessa funzione sociale nei secoli XVIII
e XIX: specialmente banche, consorzi, ecc. Onde accadde che in epoche
posteriori al Rinascimento, per ragioni di imitazione tradizionale,
indipendenti da qualunque condizione di funzionalità, gli edifici
di banca assumessero la forma espressiva esterna di un palazzo di famiglia
patrizia e come tale tradizione di formasi mantenesse con poche modificazioni
fino all'epoca attuale. Ma ora le condizioni funzionali interne di coteste
costruzioni sono talmente mutate da rendere sempre più antitetica
col contenuto la loro veste esterna e da rendere più vivo il
bisogno di una più sincera adeguazione della forma alla sostanza
distributiva e tecnica.
Estendendo il valore dimostrativo dell’esempio a tutti gli altri
tipi di edifici formulati dall’epoca storica testé superata,
S. E. Bodrero osserva come le contraddizioni tra contenuto ed espressione,
che in molti di essi possiamo notare, siano l’indice di uno stato
transitorio attualmente in via di soluzione: vanno oggi assumendo sempre
più importanza in architettura i principi di funzionalità
e oggettività; stiamo dunque attraversando un periodo di crisi
formativa, benefica perché indice di vitalità in atto,
crisi che senza dubbio è foriera di fecondità nuove e
che implica naturalmente discordi pareri e polemiche appassionate.
L’oratore chiude il suo dire notando come la polemica sia utilissima
in astratto, perché offre un contributo di chiarificazione agli
stessi partecipanti e perché fa conoscere i singoli problemi
al pubblico, il quale altrimenti ne sarebbe ignaro; ma ricorda che essa
deve essere contenuta in termini di oggettività, nobiltà
e disinteresse degni del tema e soprattutto deve svolgersi nell’ambito
della disciplina sindacale.
L’acuto e significativo discorso di S. E. Bodrero è accolto
dall’applauso dell’assemblea, espressione di vivo compiacimento
e di approvazione unanime.
Quindi l’on. Giordani reca al Consiglio il saluto della Direzione
del Partito.
L’on. Calza Bini riprende successivamente la parola e legge alcuni
dei telegrammi pervenuti:
“ Desidero inviare mio saluto Congresso (Nazionale Sindacato
Fascista Architetti bene augurando di cuore suoi lavori ”.
f.to: BOTTAI.
“ Inaugurandosi lavori Assemblea Nazionale codesto Sindacato,
pregoti esprimere intervenuti caldi sentimenti camerati e volontà
sempre più stretta collaborazione tra Architetti ed Artigiani.
Sindacato Architetti rappresenta mezzo principe per difesa e incremento
tecniche nostre arti e mestieri e garanzia sicura per rinnovamento nostra
produzione secondo spirito Regime giovanilmente erompente da tradizioni
gloriose ”.
f.to: BURONZO.
“ Plaudo tua equa serena illuminata condotta per ristabilire
concordia famiglia Architetti italiani nello intento di raggiungere
rapidamente comuni altissimi ideali. Con affetto ”.
f.to: MARCELLO PIACENTINI.
Avverte che hanno telegrafato anche: il Direttore della Scuola Superiore
di Architettura di Torino, gli Architetti Portaluppi, Forni, Canino,
Fichera ed altri, assenti giustificati.
Quindi l’on. Calza Bini legge la sua relazione ufficiale:
RELAZIONE UFFICIALE AL CONSIGLIO NAZIONALE
DEL SINDACATO FASCISTA DEGLI ARCHITETTI
Nel cammino che il Sindacato Fascista degli Architetti ha percorso
dalla ormai lontana primavera del 1923 ad oggi, le nostre riunioni periodiche
possono segnare come pietre miliari le tappe progressive della conquista.
Ci vedemmo a Roma l’ultima volta nel ‘28; allora il nostro
Sindacato non aveva ancora il suo statuto ed il suo riconoscimento ufficiale,
la categoria non aveva i suoi Albi e le sue Giunte, e la incognita del
testo definitivo della legge sui cementi armati gravava come una minaccia
che poteva annullare di colpo il valore della legge sul titolo e sull’esercizio.
In questi tre anni, chiuso il lavoro della Commissione per la iscrizione
all’Albo, formate in gran parte, attraverso le troppo lunghe pratiche
burocratiche, le principali giunte sindacali nelle regioni in cui gli
architetti sono più numerosi, approvati e sanciti gli statuti
del Sindacato Nazionale e dei Sindacati Regionali, promulgata la legge
sui cementi armati che accoglieva in pieno i desiderata della categoria,
il Sindacato ha regolarmente iniziato la sua vita in pieno riconoscimento
giuridico.
Il problema che ci occupò nel congresso del ‘28. quello
delle Scuole di architettura, è ormai risolto integralmente;
e le scuole di Torino, di Firenze, di Venezia e di Napoli, la cui vita
sembrava minacciata da avverso destino, sono oggi in rigoglioso incremento;
ed è di ieri il provvedimento del Governo Nazionale con cui riconoscendone
la vastissima importanza culturale, s’inquadrano definitivamente
per tutti gli effetti negli Istituti Universitari superiori.
Le nuove schiere di giovani architetti, saggiamente preparati in giusto
equilibrio di studi artistici e di sodi fondamenti scientifici, spirito
e cultura aperti alle più vive correnti di sana modernità,
stanno così per entrare ad ingrossare i quadri della nostra categoria,
a sostituire con la loro freschezza la saggia ma talvolta stanca maturità
degli altri, a determinare infine con la unità del loro titolo
il blocco compatto e forte della classe degli architetti di domani.
Frattanto la occupazione dei posti di comando e di controllo nei Direttori,
nelle Giunte, nelle Commissioni edilizie, nelle Giurie, nelle Consulte,
nei Consigli Superiori, nel Consiglio delle Corporazioni, nel Parlamento,
moltiplica il numero degli iscritti al Sindacato investiti di responsabilità
e prepara più facile la via per le affermazioni che si aspettano
dagli architetti che si vanno formando.
È tutto un panorama di grandi e piccole conquiste, è tutta
una rete di provvedimenti e di premesse che preannuncia quell’inevitabile
avvenire che il destino d’Italia deve riservare alle sue arti
belle, prima fra tutte l’Architettura.
Eppure, questa rapida esposizione di fatti che potrebbe lasciar cullare
in un pericoloso ottimismo i responsabili del Sindacato, non ha lo scopo
di esaltare le conquiste raggiunte, ma proprio quello di incitare ad
una vigilanza sempre più serrata ed acuta perché tutto
il lavoro preparato non cada nel nulla, e perché le maglie della
rete tessuta con illustre pazienza non si lacerino, rendendo nullo tutto
lo sforzo compiuto.
Camerati; il Sindacato che per otto anni ho guidato con forze modeste
ma con una fede ed un ardore che poteva essere eguagliato ma non superato,
dovrebbe oggi essere affidato a mani nuove, a energie più giovani.
Chiunque siano per essere gli eletti dal Consiglio, i colleghi del Direttorio
scaduto, i miei validi collaboratori Vice Segretari Boni e Brioschi
ed io, siamo certi che la unità di indirizzo non sarà
mutata e che la difesa degli interessi della categoria che per avventura
forse più di quelli di qualunque altra classe sindacale coincidono
con l’interesse della cultura e dell’arte nazionale, saranno
sapientemente tutelati.
Comunque, il primo ciclo è chiuso. La prima parte dell’opera,
quella della formazione della categoria e della preparazione del lavoro,
è compiuta. Il secondo ciclo si apre, non meno difficile del
primo, né meno importante per il fine da raggiungere.
Consentitemi che come per testamento ideale io tracci a grandi linee
per i camerati che occuperanno i nostri posti il programma dell’azione
da svolgere:
1) Difesa a tutti i costi ed incremento con ogni mezzo delle Scuole
di Architettura, vivaio sicuro delle energie migliori della classe per
quel domani in cui, coscienti della nostra caducità, abbiamo
proiettato le nostre più belle speranze, i nostri più
alti pensieri.
2) Applicazione integrale di tutte le disposizioni previste dalla legge
sindacale e dalla legge sul titolo e sull’esercizio, perché
le attribuzioni professionali siano rigorosamente rispettate e non siano
permesse invadenze assurde e sconfinamenti pericolosi.
Oggi che lo stile nuovo ci insegna la ricerca della semplicità
e la rinuncia ad ogni ornamento, può sembrare, ed è sembrato
a taluno, che l’architettura diventi una cosa facile e che anche
i tecnici puri possano progettare e disegnare le nuovissime macchine
per l’abitazione. Errore gravissimo: chi non ha maturato lo spirito
al contatto delle opere di bellezza, non ha affinato la sua sensibilità
ricercando le forme nuove come un naturale trapasso dalle antiche. non
potrà far mai dell’architettura, e solo in apparenza, e
solo per gli osservatori superficiali, le sue opere avranno affinità
con l’arte; e noi potremmo correre il rischio, lasciato il campo
dei nuovi esperimenti nelle mani di chi non sappia ricercare ed evolvere
le forme in una rigorosa selezione, noi possiamo correre, dico, il pericolo
di vedere in breve ridotta l’edilizia architettonica ad una cifra
meschina, più meschina e più cifra di quella dell’infausto
periodo eclettico ed umbertino, e tutti gli sforzi per la ricerca e
la nobiltà di uno stile aderente al nostro spirito ed al nostro
tempo rimarrebbero soffocati nella dilagante e uggiosa banalità.
Non è dunque, camerati, una difesa sindacale diretta quella che
noi dobbiamo intraprendere; ma una più alta, solenne, tutela
degli interessi dell’arte italiana, della cultura italiana, della
bellezza delle città italiane, tutela entro la quale, legittima
e logica conseguenza, si inquadra la difesa degli interessi di categoria.
3) Propaganda senza riposo perché in ogni circostanza favorevole
le pubbliche amministrazioni bandiscano concorsi per le opere di qualche
importanza, dando ai sindacati mandato per la preparazione dei bandi
relativi e riconoscendo ai sindacati medesimi la necessaria funzione
di controllo sulla serietà delle operazioni di concorso tanto
da parte dei singoli concorrenti. quanto da parte delle giurie e degli
stessi Enti banditori.
È questo un argomento che resta sempre all’ordine del giorno
in tutti i congressi, e che purtroppo non fa molti passi avanti nella
pubblica convinzione; anzi è da rammaricarsi vivamente che troppi
siano i personaggi autorevoli che alla richiesta o all’annunzio
di concorsi pubblici in materia d’arte o di edilizia, affermino
la loro sfiducia, o nettamente si oppongano con irremovibili dinieghi.
Tuttavia è questo un argomento che dovrà essere posto
in testa al programma d’azione della rinnovata vita sindacale,
poiché soltanto così sarà possibile a giovani ignoti
farsi largo nel mondo degli arrivati, perché solo così
con la dura disciplina dei concorsi, col rinnovarsi incessante delle
battaglie e con le numerose opere che si realizzeranno, sarà
possibile all’architettura di uscire dalla vana e sterile discussione
teorica per le tendenze e per gli stili, per entrare nel campo delle
conquiste pratiche, delle realizzazioni tangibili, della graduale e
sicura ascensione.
Di questo argomento, nel quale ho la più illimitata delle fiducia,
io farò sempre tema di battaglia e di azione, alla testa del
Sindacato o nel posto, che mi auguro, di semplice gregario.
4) Inserzione graduale ma ferma dei nostri iscritti in ogni pubblico
ufficio che della architettura, della edilizia e della urbanistica governi
le sorti, nelle grandi e nelle piccole città.
La richiesta è stata molte volte fatta dagli organi competenti
ed io stesso l’ho espressa dalla tribuna e nelle mie relazioni
parlamentari.
È questione di tempo e di diligente e vigile attesa; ma anche
in questo campo occorre riuscire nell’intento; e non tanto, come
può sembrare a taluno, per aprire nuovi sbocchi ai giovani architetti,
e assicurar loro coll’impiego il posto nella vita; ma invece per
collocare nei punti sensibili delle pubbliche amministrazioni elementi
intelligenti e preparati a diffondere la cultura artistica, ad esigere
il rispetto delle sane leggi dell’architettura, a preparare le
palestre per le competizioni artistiche sui pubblici concorsi, a trasformare
insomma quella che oggi è la triste banalità delle manifestazioni
edilizie ufficiali in una serie di brillanti affermazioni di un’arte
che aderisca alle esigenze del nostro tempo, e tramandi ai posteri il
pensiero e la volontà della stirpe e del Regime.
5) Intransigenza nella organizzazione e nelle manifestazioni culturali
e sindacali. È questo, camerati, uno dei punti più delicati
del nostro programma di azione, e, oso affermarlo, una delle condizioni
essenziali per lo sviluppo e la vita non solo del Sindacato nostro ma
della stessa ragione d’essere della architettura. Non deve essere
lecito a nessuno di minare la integrità della nostra organizzazione
e vulnerare la bontà della azione che andiamo svolgendo nell’interesse
del paese per lusingare grette e meschine ambizioni di titoli, per aumentare
le file di sindacati affini, per accampare diritti ad occuparsi di questioni
e di argomenti che soltanto il Sindacato Fascista degli Architetti,
in regime totalitario fascista e corporativo, ha il diritto e il dovere
di trattare.
Basta l’enunciazione del quesito per intenderne tutta la importanza,
né io voglio qui troppo dilungarmi. Pensino i Segretari e i Direttori
regionali, pensi il Segretario e il Direttorio Nazionale alla gravità
della situazione e alla necessità di provvedere.
Come giustamente il Sindacato Ingegneri può e deve intervenire
e evocare a sé le manifestazioni di quella cultura tecnica cui
il meraviglioso progresso della scienza moderna offre ogni giorno nuovi
mezzi per più ardite conquiste; come il Sindacato degli artisti
è riuscito a disciplinare e a inquadrare le esposizioni provinciali,
a dominare la Quadriennale Nazionale, a controllare la internazionale
di Venezia, ad assumere la responsabilità delle mostre all’estero,
così deve procedere il nostro Sindacato peri concorsi e per le
mostre di architettura.
Il Sindacato Nazionale, seguendo quelle che in ogni altro campo con
lucida visione della necessità politica andava attuando il fascismo
con l’assorbimento e la soppressione di ogni organizzazione e
di ogni manifestazione che negli organi del partito non trovasse inquadramento
perfetto, ha assorbito e trasformato le antiche associazioni di architetti
e quelle, pur benemerite, dei cultori; né diversamente il Sindacato
Ingegneri si è comportato verso le tradizionali associazioni
tecniche.
Stretta necessità di buon combattimento perché tutta la
vita culturale del paese fosse permeata di spirito fascista; profonda
ragione di vita perché l’attività sindacale non
si svuotasse di ogni contenuto culturale e non si immiserisse in piccole
materialistiche questioni di mestiere perdendo la caratteristica geniale
che il Sindacalismo fascista ha saputo imprimerle.
Così dunque il nuovo Segretario ed il nuovo Direttorio dovranno
chiedere al Governo che nessuna manifestazione architettonica in grandi
o piccole esposizioni sia tolta al diretto controllo del Sindacato;
che nessuna organizzazione avente particolari fini di propaganda e di
diffusione di determinate tendenze possa costituirsi al di fuori della
grande famiglia sindacale, disperdendo così quella somma di energie
che deve essere invece valido e potente lievito per il progresso della
architettura italiana e per il benessere della categoria.
E dovranno, i Segretari e il Direttorio, chiedere alla presidenza della
Confederazione che non sia più possibile equivocare sui diritti
di appartenenza ai sindacati di categoria e vedere se sia il caso, finanche,
di giungere a prescrizioni e proibizioni di doppia appartenenza, che
sino ad ora abbiamo invece voluto liberamente consentire, per coloro,
ma soltanto per coloro, che avessero col doppio titolo, inequivocabile
diritto di doppia appartenenza.
Non è possibile a questo punto non parlare di un recente triste
episodio di vita sindacale dovuto ad una mostra che, preparata con le
necessarie autorizzazioni e garanzie attraverso alla Segreteria Nazionale
del Sindacato, ebbe manifestazioni contro cui legittimamente insorsero
e protestarono architetti appartenenti al Sindacato, uomini rispettati
e rispettabili che si videro fatti segno ad una immeritata derisione.
Si trattava, evidentemente, di intemperanze giovanili che, ove si fossero
manifestate in ambienti ed in occasioni che nulla avessero avuto di
comune con la organizzazione sindacale, avrebbero trovato le gerarchie
perfettamente indifferenti, liberi i colpiti di risentirsi direttamente
verso gli offensori.
Ma poiché la mostra era tenuta sotto gli auspici del Sindacato,
non era lecito disinteressarsi della antipatica questione; aggravata
anche dal diffondersi di un manifesto che per esaltare legittime e nobili
aspirazioni si serviva di espressioni discutibili ed attaccava ingiustamente
tutta la classe degli architetti italiani, in una sola irrisione confondendo
produzioni di mestiere anonimo e volgare, con nobili, se pur sorpassate,
manifestazioni di arte tradizionale.
Il richiamo all’ordine fatto dal Sindacato fu a torto prospettato
come un atto di tirannia, una difesa di particolaristici interessi,
una violazione della libertà di ricerca di manifestazioni artistiche.
Il pensiero del Sindacato è stato in proposito ben chiarito e
approvato dalle superiori gerarchie; e l’incidente può
dunque considerarsi esaurito. Ma per evitare che ulteriori alterazioni
e deviazioni possano distruggere la concordia che deve necessariamente
regnare nella famiglia sindacale, è bene precisare che cattiva
speculazione è quella di coloro che cercando di porre i giovani
architetti contro i loro legittimi, sinceri e convinti tutori, minacciano
non solo la compagine del sindacato ma il progresso stesso dell’architettura
che quei giovani sognano con l’ardore, se pure con l’eccessiva
intemperanza, della loro felice età.
Perché dunque anche il movimento di tendenze moderne abbia nel
Sindacato il convinto ed efficace mezzo di azione, è necessario
che nessuna scissione sia più possibile tra gli aderenti a quel
movimento e i responsabili della condotta politica del Sindacato.
Pertanto credo che tutti i nostri giovani amici che hanno voluto creare
delle organizzazioni a sé stanti, sia pure sotto la denominazione
apparente di aderenti al Sindacato, ma che in realtà sfuggono
al controllo dei dirigenti responsabili del Sindacato stesso, debbano
modificare il loro inquadramento, e. si tratti di M.I.A.R. o di R.A.M.I.
vogliano considerarsi solo autorizzate ad esistere quali formazioni
di studiosi uniti da un comune ideale di ricerca di forme nuove, che
meglio rispondano ai progressi della tecnica e alle nuovissime sensibilità
della vita moderna; ma tutte le loro manifestazioni pubbliche, conferenze.
esposizioni o concorsi facciano esclusivamente entro il quadro della
vita sindacale, sotto la guida dei gerarchi responsabili, della forma
sindacale giovandosi, per dare maggiore impulso alla loro battaglia,
non sottraendo alla vita del Sindacato quell’afflusso di sangue
vivo e fresco che le loro giovanili energie possono invece utilmente
dare.
E questo deve valere per qualunque altra formazione di studiosi, classicisti
o modernisti che siano.
Dell’increscioso episodio recente dovrei personalmente dolermi
più di ogni altro, ché assai amara per me è stata
la constatazione di come sia possibile la deformazione dei sentimenti
migliori anche nei giovani che pure si caratterizzano nella vita per
la impulsiva generosità.
Ma nella mia serena coscienza, certo di non aver nulla trascurato del
poco che fosse in mio potere per preparare l’avvento delle nuove
forme architettoniche, sicuro che i nostri giovani amici sapranno riconoscere
i loro errori di forma ritornando disciplinati e fiduciosi nelle file
della organizzazione, lascio il mio posto augurando alla famiglia degli
architetti italiani l’oblio delle piccole lotte interne, la concordia
fervida d’opere e feconda di bene per le conquiste future.
ALBERTO CALZA BINI.
L’acuta ed esauriente relazione dell’on. Calza Bini, interrotta
più volte da applausi, viene salutata alla fine dalla calorosa
ovazione dell’Assemblea, indice del riconoscimento pieno dell’opera
intensa e costruttiva svolta infaticabilmente da tanti anni dal Segretario
Nazionale del Sindacato, opera alla quale gli architetti italiani debbono
la valutazione della loro figura artistica, morale, professionale.
Quindi S. E. Bodrero compiacendosi vivamente con l’on. Calza Bini,
lascia la sala tra rinnovati applausi e il Consiglio continua i suoi
lavori.
Ad invito dell’on. Calza Bini, la Presidenza del Consiglio viene
assunta dall’architetto prof. Giovannoni, salutato e applaudito
dall’assemblea.
Domandano la parola gli architetti Levi-Montalcini, Forcignanò
e Leone, il quale presenta subito alla Presidenza a nome di numerosi
firmatari il seguente
ORDINE DEL GIORNO:
“Il Congresso Nazionale degli Architetti, udita la limpida e
serena relazione dell’on. Calza Bini, documento di fervida attività
nobilmente spesa a vantaggio della categoria e confortante bilancio
dei primi anni del Sindacato, approva all’unanimità la
relazione stessa e riconferma per acclamazione l’on. Calza Bini
a Segretario Nazionale del Sindacato Architetti, invitandolo a predisporrei
mezzi per la realizzazione di quel programma che egli ha tracciato con
passione di fascista e con sicura fiducia nell’avvenire dell’architettura
italiana ”.
Le vive approvazioni con cui l’Assemblea accoglie l’ordine
del giorno ribadiscono i sentimenti del Consiglio verso la persona del
Segretario Nazionale.
L’architetto Forcignanò presenta un ordine del giorno
analogo a quello Leone. Ma l’on. Calza Bini prega di ritirarlo
essendo ormai superfluo; l’architetto Fagnoni ritira pure un voto
non dissimile dai precedenti.
L’architetto Levi Montalcini parla per gli Architetti Razionalisti
del Gruppo M.I.A.R., a nome dei quali aveva presentato alla Presidenza
un memoriale. Dichiara però che in seguito alla lucida relazione
del Segretario Nazionale, la quale ha rimesso i termini della questione
al giusto punto nei riguardi della disciplina sindacale, i suoi amici
ed egli stesso aderiscono all’invito dell’on. Calza Bini,
riprendendo fiduciosi la comune azione dell’ambito del Sindacato.
Avendo saputo che è intenzione del Segretario Nazionale di proporre
per la lista del Direttorio anche il nome dell’ing. Aschieri,
ringrazia di questo atto, che ribadisce la volontà di collaborazione
con la quale si dissipa ogni spiacevole equivoco.
L’Assemblea accoglie con vivi applausi le dichiarazioni dell’architetto
Levi-Montalcini, e l’ordine del giorno proposto per la riconferma
a Segretario Nazionale dell'onorevole Calza Bini viene approvato per
acclamazione.
L’on. Calza Bini ringrazia commosso delle attestazioni di simpatia
e di fiducia di cui è stato fatto segno, ma avverte che in coscienza
ritiene esaurito il suo ciclo ed auspica per il Sindacato un timoniere
di più fresche energie. Aggiunge che, se nel periodo di formazione
della categoria, poteva essere, come è stata, efficace anche
l’opera di un solo, il quale, nell’attenta vigilanza, potesse
chiedere ed ottenere le disposizioni atte a precisare le attribuzioni
e le funzioni dell’architetto; oggi si rende necessaria l’oculata
ed energica azione collettiva, specialmente da parte di tutti gli organi
Sindacali, centrali e periferici, perché la integrale applicazione
delle leggi di tutela non sia menomata. Raccomanda quindi ai Segretari
Regionali intervento pronto ed intransigente ovunque esso sia opportuno
e necessario ed accenna per questo alla necessità che tutti gli
architetti investiti di cariche e compiti sindacali siano in posizione
di ineccepibile moralità.
Definisce i limiti d’inferenza coi sindacati affini, spiega il
funzionamento dei centri di urbanistica e raccomanda ai camerati di
dare a questo argomento una diligente cura, specialmente svolgendo azione
presso le Autorità Comunali per la preparazione dei piani regolatori,
che potranno rappresentare per la classe degli architetti largo campo
di attività. Ricorda a questo proposito che nella recente ricostituzione
del Consiglio Superiore dei LL. PP. è stato nominato un esperto
d’urbanistica, al quale pertanto tutti gli studiosi del Sindacato
dovranno far pervenire notizie e reclami, offrendogli la più
larga collaborazione. E larga collaborazione egli attende anche per
la preparazione della legge sui concorsi, per la quale avrebbe avuto
intenzione di fare una proposta d’iniziativa parlamentare, proposta
che ha dovuto rinviare non sembrandogli ancora matura in proposito la
convinzione dei suoi camerati.
Conchiudendo la rapida esposizione fatta in aggiunta alla relazione
già letta, l’on. Calza Bini, accenna al problema della
rivista organo del Sindacato, la “Rivista di Architettura ed Arti
Decorative”. Ricordando che il prof. Foschini il quale con tanto
amore e intelligenza ha diretto la rivista in questi ultimi tempi ha
chiesto di essere esonerato da tale incarico, l’on. Calza Bini,
dando al prof. Foschini e all’architetto Marconi, che tanto bene
lo ha coadiuvato, le più ampie lodi per l’opera prestata,
ritiene che allo scopo di dare all’organo Sindacale una più
diretta rispondenza con l’azione delle Gerarchie responsabili,
sia opportuno che la Direzione della rivista dipenda più strettamente
dalla Segreteria Nazionale, senza disperdere le energie in troppo numerose
commissioni. Dopo breve dichiarazioni favorevoli del prof. Foschini
e del prof. Giovannoni, la proposta di Calza Bini è approvata
all’unanimità.
Prima di aprire la discussione sopra gli argomenti accennati e sui
voti che da parte di molti intervenuti sono stati formulati in una amichevole
riunione tenutasi il giorno prima del Consiglio, il Segretario Nazionale
spiega i criteri che devono presiedere la formazione del nuovo Direttorio,
ricordando che, non potendo per ragioni statutarie superarsi il numero
di nove, cui si aggiungono di diritto i membri del Consiglio Nazionale,
si gioverà dell’opera e dell’autorità dei
Presidenti delle Giunte per gli Albi, nelle regioni nelle quali mancherà
un membro del Direttorio, riservandosi, ove occorra, di chiamare alle
riunioni del Direttorio stesso anche taluni dei Presidenti di dette
Giunte.
Domanda la parola l’architetto Forcignanò il quale esprime
il desiderio che le regioni più lontane dal centro, anche se
comprendenti un numero scarso di inscritti al Sindacato, abbiano un
rappresentante nel Direttorio; Pantaleo si associa a tale proposta.
Calza Bini insiste sulle ragioni che si oppongono all’aumento
dei membri del Direttorio e propone all’Assemblea di votare la
seguente lista nella quale a suo giudizio è equamente rappresentata
tutta la categoria:
Alpago Novello Alberto, Aschieri Pietro, Berlam Arduino, Chierici Cino,
Del Debbio Enrico, Fichera Francesco, Paniconi Mario, Pini Aldo, Stacchini
Ulisse.
Ripete che del Direttorio fanno parte anche, come membri del Consiglio
Nazionale delle Corporazioni, gli architetti Boni Giuseppe, Fagnoni
Raffaello, Melis Armando, e, secondo le intenzioni della Segreteria,
i Presidenti delle Giunte Sindacali, Sullam, Murtinuzzi, Crosa, in attesa
della nomina delle Giunte per le altre regioni.
Brizzi, elogiando la composizione del Direttorio proposto, chiede che
la lista sia approvata per acclamazione. Messa ai voti la proposta,
questa viene accettata all’unanimità meno uno, giacché
l’architetto Pantaleo fa una riserva sul nome di Chierici.
Dopo l’approvazione per parte dell’Assemblea della relazione
finanziaria e del bilancio, si apre la discussione sopra il tema dei
concorsi. Parlano: Torres che si riferisce all’ordine del giorno
approvato dal Congresso del 1928, invocando la preparazione di un’apposita
legge; Boni, che richiama l’attenzione dell’assemblea sull’attuale
abitudine degli uffici pubblici di accentrare in organi tecnici circoscritti
a poche persone la redazione di progetti per edifici di utilità
collettiva, mentre invece il lavoro dovrebbe essere equamente suddiviso
e soprattutto in base al risultato di pubblici concorsi; Brizzi, che
rileva tutta l’importanza della questione, lamentando che i programmi
e i voti siano fino ad oggi rimasti lettera morta; Rusconi, che nota
come sia necessario seguire i concorsi nella loro seconda fase, ossia
nell’attuazione dell’opera, fase nella quale troppe volte
gli uffici tecnici locali non hanno alcun riguardo per le esigenze artistiche
e per i diritti morali dell'autore. Cirilli presenta ed illustra sull’argomento
il seguente
ORDINE DEL GIORNO:
“Il Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista degli Architetti,
riunito per la elezione del Segretario Nazionale e del Direttorio Nazionale,
constatando come da tempo la maggioranza delle opere pubbliche - rivestenti
speciale carattere d’arte o notevole entità - venga affidata
per il progetto o agli uffici dipendenti dall’Ente che costituisce,
oppure a professionisti non sempre all’altezza dell’importanza
del problema,
considerando che da ciò molte volte risultano soluzioni non rispondenti
adeguatamente, né in linea d’arte, né sotto i rapporti
di pratica e sapiente utilizzazione,
considerando che gli uffici stessi per la loro originaria formazione
non sono atti a corrispondere all’eccezionale compito, anche quando
vi possa essere persona idonea ad esso, però subordinata è
nella impossibilità materiale di poter compiere con spirito schiettamente
artistico la enorme mole di lavoro,
considerando infine che le condizioni attuali consentono di poter largamente
usufruire di forze vive che possono portare una più sentita impronta
del nostro tempo,
invita le Supreme Gerarchie a far presente le suesposte considerazioni
al Governo, onde con adeguati provvedimenti di legge si stabilisca e
si disciplini in via definitiva l’obbligo da parte delle varie
amministrazioni di avvalersi del pubblico concorso qualora si tratti
di elaborare il progetto di opere architettoniche che rivestano caratteri
di speciale importanza”.
Sempre in tema di pubblici concorsi, l’architetto Fagnoni, notando
come spesso i testi dei bandi redatti dai vari Enti pubblici o privati
si dimostrino difettosi per deficienza di sostanza e di forma e si prestino
talvolta ad equivoci ed ingiustizie, osservando che in fin dei conti
il bando di concorso è soltanto una forma di contratto di lavoro
fra l’Ente banditore ed il concorrente, propone che il Sindacato
formuli un testo di bando tipo da sottoporsi al Consiglio Nazionale
delle Corporazioni appunto come contratto tipo di lavoro. In detto testo
dovrebbero essere considerati in apposite clausole tutti i provvedimenti
atti a rimuovere gli inconvenienti lamentati dai precedenti interlocutori.
L’architetto Bonì e l’architetto Melis, membri del
Consiglio delle Corporazioni, sono d’accordo con Fagnoni e s’impegnano
per la loro parte a sostenere le buone ragioni della proposta. L’architetto
Fagnoni insiste quindi sulla necessità di, provvedere più
efficacemente di quanto non si sia fatto fin qui alla difesa del titolo
di architetto, usato spesso abusivamente da tecnici che non ne sono
autorizzati.
Passando poi a considerare l’attuale costituzione delle Scuole
Superiori d’Architettura, egli richiama l’attenzione dell’Assemblea
su varie divergenze attualmente esistenti nei programmi d’insegnamento
e propone che i Direttori delle medesime si riuniscano per uno scambio
d’idee inteso a conseguine una maggiore unità. I Direttori
delle Scuole Superiori di Architettura presenti: Giovannoni, Calza Bini,
Brizzi, Cirilli, approvano la proposta.
L’architetto Cerpi riprende il tema dell’abuso del titolo
per parte di tecnici non autorizzati, specialmente i geometri, e sulla
facoltà loro concessa in taluni comuni, come ad esempio Firenze,
di progettare e dirigere costruzioni di edifici di una determinata importanza:
propone che il Direttorio consideri la possibilità di presentare
una proposta di legge intesa ad inibire l’abuso.
L’architetto Leone afferma a questo proposito che, in attesa di
provvedimenti legislativi, molto efficace può essere l’attività
delle Segreterie Regionali, e cita l’esempio della città
di Catania, nel cui regolamento edilizio, per azione del Sindacato,
sono state incluse delle clausole che tutelano felicemente i diritti
degli architetti.
A proposito delle recenti disposizioni per la riapertura delle iscrizioni
all’Albo degli Architetti, Leone richiama l’attenzione dell’Assemblea
sui pericoli derivanti da tale provvedimento e presenta il seguente
ORDINE DEL GIORNO:
“Il Congresso Sindacale Nazionale Fascista Architetti, ritenuto
che le recenti disposizioni per la riapertura dell’Albo degli
Architetti debba essere intesa come un provvedimento di equità
atto a riparare lamentati e controllabili inconvenienti sorti nell’applicazione
della legge 24 giugno 1923 e non come un anacronistico perpetuarsi di
disposizioni definite dalla legge come transitorie,
esprime il voto che l’apposita Commissione, nel compiere questa
opera riparatrice, mantenga quel criterio di consapevole rigidità
che solo può conferire valore e prestigio alle iscrizioni all’Albo,
e perché si avvalga della facoltà dell’esame, che
può solo assicurare il controllo di quel minimo di cognizioni
che l’esercizio professionale richiede,
e dà mandato al Segretario Nazionale di svolgere l’opera
necessaria perché questo voto venga accolto dalla Commissione”.
L’ordine del giorno viene approvato dall’Assemblea.
L’architetto Ceccolini, in materia di Giunte Sindacali, chiede
che si ottenga la costituzione della Giunta anche nei Sindacati aventi
meno di 15 iscritti: ma l’on. Calza Bini ritiene inopportuno,
anzi impossibile, presentare una simile proposta.
L’architetto Foschini, ricordando l’interesse che i giovani
architetti razionalisti hanno saputo destare intorno all’architettura,
propone che su questioni di capitale importanza attinenti ai problemi
dell’arte nostra venga richiamata l’attenzione personale
del Capo del Governo, acciocché detti problemi abbiano una soluzione
pronta ed efficace.
L’architetto Fasolo intrattiene l’assemblea su proposte
da lui concretate, intese ad ottenere il riconoscimento del compito
degli architetti negli uffici pubblici dipendenti dallo Stato, dalle
Provincie, dai Comuni o da altri Enti che si facciano promotori di costruzioni,
ma in quella misura per cui la presenza di un architetto funzionario
non significhi l’abbandono del sistema dei pubblici concorsi e
della collaborazione dei liberi professionisti.
Esauriti gli argomenti all’ordine del giorno, l’on. Calza
Bini riprende la parola, chiarendo il suo punto di vista su taluni degli
argomenti trattati dall’Assemblea. Circa le proposte tendenti
ad ottenere una legislazione sull’obbligatorietà dei concorsi
per edifici architettonici pubblici, egli dice che in esito ad ordine
del giorno presentato al Consiglio del Sindacato Nazionale del 1928,
non dissimile da quello presentato ora dall’architetto Cirilli,
egli aveva richiesto l’opinione di tutti i Sindacati Regionali,
ma che non tutti hanno risposto. Essendo attualmente la questione matura,
sollecita i camerati a fargli pervenire i loro desiderata per la preparazione
del bando tipo.
Circa la tutela dei diritti di autore morali e materiali, così
di frequente lesi dagli enti esecutori di progetti risultanti anche
dalla vittoria di pubblici concorsi, il Segretario Nazionale ricorda
che nel testo delle tariffe professionali testé formulate e approvate
dalla Commissione Centrale dei Lavori Pubblici, tali diritti sono sanciti
e riconosciuti, ma che non sarà male ribadirne i principi nel
testo del bando di concorso tipo da formularsi.
Circa i frequenti abusi dell’esercizio professionale e del titolo
di architetto per parte di tecnici non autorizzati, il Segretario Nazionale
afferma che il principio di tutela essendo già sancito per legge,
spetta agli interessati di farlo rispettare: e il procedimento più
semplice è quello per cui il Sindacato della regione e della
provincia ove l’abuso si verifichi faccia il relativo reclamo
alla Giunta e questi inoltri denuncia al Procuratore del Re.
Circa gli sconfinamenti professionali, loda l’azione svolta singolarmente
da alcuni sindacati, come ad esempio quello di Catania, al fine di precisare
Particolarmente anche nella redazione dei regolamenti edilizi comunali
i diritti già sanciti dalla legge. Comunque, in attesa che siano
definite le contestazioni circa il regolamento professionale dei geometri,
raccomanda ai camerati di esercitare la più intensa vigilanza
onde evitare detti sconfinamenti di attività. Raccomanda pure
che nella costituzione delle Commissioni Edilizie i Sindacati ottengano
almeno la parità di rappresentanza con gli ingegneri, qualunque
sia il numero dei professionisti esistenti nella città, facendo
presenti alle autorità responsabili che la funzione delle Commissioni
Edilizie non può essere affidata ad un criterio di rappresentanza
proporzionale, bensì a quello della difesa di un pubblico interesse
in materia di estetica edilizia.
Ha termine così la seduta del Consiglio del Sindacato: prima
di sciogliere i convenuti l’on. Calza Bini dà lettura dei
seguenti telegrammi che, a nome del Congresso egli propone d’inviare:
A S. E. il Capo del Governo: “Alla V. E. supremo reggitore fortune
italiane, animatore di tutte le energie, il Consiglio Nazionale del
Sindacato Fascista Architetti riafferma unanime volontà servire
grandezza paese servendo fedelmente il Regime ed E. V. e invia profondi
devoti omaggi”.
A S. E. Giuseppe Bottai, Ministro delle Corporazioni: “A S. E.
Bottai, ordinatore dello Stato corporativa, benevolo patrono aspirazioni
architetti italiani, i partecipanti al Consiglio Nazionale del Sindacato
Fascista Architetti inviano con devota gratitudine entusiastico alalà”.
A S. E. Giovanni Giuriati, Segretario Generale del P. N. F.: “Consiglio
Nazionale Sindacato Fascista Architetti rinnova al Segretario del Partito
i sensi della più devota cosciente disciplina e ricordando in
lui il Ministro che fu superbo animatore di opere pubbliche e creatore
della legge sui cementi armati, gli invia con fedele ammirazione vivissimo
plaudente omaggio”.
A S. E. Balbino Giuliano, Ministro dell'Educazione Nazionale: “Consiglio
Nazionale Sindacato Fascista Architetti plaude E. V. per interessamento
Scuole Architettura cui perfetto inquadramento Istituti Universitari
conferisce maggior prestigio atto assicurare progresso architettura
italiana.”
La lettura dei telegrammi è salutata da calorosi applausi e
l’Assemblea si scioglie con vibranti alalà all’Italia
e al Duce.
N. D. R.