FASCICOLO XII - AGOSTO 1931
Notiziario

NOTIZIARIO TECNICO

SERRAMENTI DI PORTA

L’industria edilizia realizza in questo campo, come già fu detto per la costruzione delle finestre, dei prodotti svariatissimi, come costruzione e come scopo: il tipo tradizionale di porta interna viene perfezionato e trasformato dalla tecnica attuale fino alla sostituzione del legno con il metallo: altri tipi di chiusure interne entrano nelle simpatie del pubblico e dei costruttori, anche in relazione a diversa concezione planimetrica della casa, derivante da un complesso insieme di fattori psicologici e materiali.
È nota la simpatia attuale per le grandi aperture di comunicazione tra gli ambienti di rappresentanza della casa, ed anche per ambienti unici divisibili con leggere pareti mobili, con tramezzature scorrevoli ad elementi, ecc. È curioso che in questo la casa moderna ci richiami in certo modo un concetto caratteristico del popolo giapponese. Ma all’infuori di ogni altra considerazione è innegabile che gli accessori dell’abitazione si perfezionano profondamente ed i serramenti tendono a divenire dei meccanismi perfetti fabbricati con gli stessi criteri tecnici con cui si creano le chiusure nei vagoni ferroviari, nei grandi aeroplani, nelle navi e negli automobili. La facilità di manovra di certe porte o finestre a “coulisse” che sono appoggiate su movimenti di sfere di acciaio e su perfette guide di acciaio, richiama la perfezione della macchina.
Faremo perciò, questa volta, una rapida rassegna dei vari serramenti di porta che presentano un particolare interesse per l’architetto.
Anche in questo campo non si può tacere della produzione “standard” che realizza due notevoli vantaggi: un abbassamento del prezzo di costo ed una maggiore perfezione del manufatto. Anche da noi il serramento si costruisce ora in notevole quantità su tipi standardizzati, ma non ancora con criteri sufficientemente moderni. Assistiamo al fatto doloroso che i nuovi tipi di serramenti prodotti in Italia sono in genere di brevetto straniero. Eppure se la nostra genialità non è un mito, dovremmo pure trovare nostri tipi e nostri sistemi moderni. Tutta l’attuale produzione straniera che cominciamo a conoscere dovrebbe pure influire sul nostro progresso edilizio e spronarci alla ricerca di nuovi tipi di serramenti di nostra creazione.

* * *

Una linea caratteristica attuale ha la porta metallica o mista di legno-metallo. Per rendersi conto della costruzione di questo tipo è bene ricordare la nuova applicazione del legno compensato con rivestitura di metallo (“Plymax”, Venesta Ltd. Londra) che nominammo già in questa stessa rubrica. Si tratta di fogli di legno compensato che, per mezzo di materia adesiva e forte pressione idraulica, vengono ricoperti, su una o ambedue le faccie, da sottili lamine metalliche.
Il metallo può essere diverso a seconda delle esigenze, per ora è stato applicato alluminio, rame, acciaio galvanizzato, metallo “Monel”, ecc. Questi fogli misti di legno e metallo (accoppiamento delle varie qualità di due diverse materie) presentano apprezzabili proprietà fra cui una notevole rigidità e resistenza con peso limitatissimo, vantaggi igienici per la superficie compatta e levigata, grande durata, in confronto alla putrefazione e deterioramento solito del legname, insensibilità quasi completa alle variazioni di temperatura fra 0° e 85°, una certa resistenza al fuoco, ecc. Nel caso di verniciatura la superficie metallica offre un piano perfettamente levigato sul quale facilmente si ottiene un regolarissimo strato di vernice. Una adatta lavorazione e un appropriato sistema di applicazione permette di coprire con metallo anche i bordi dei fogli e tutte le giunture in modo che il legno rimanga ovunque coperto.

Nella seguente tabella riportiamo alcuni dati tecnici su questo prodotto inglese.

Confronto fra lo spessore (approssimato) di fogli di Plymax, lamiere di acciaio, e legno
compensato di betulla necessari per ottenere una stessa rigidità.

Plymax con lamina di Lamiera di acciaio Legno compensato
acciaio sulle due faccie di betulla

Spessore Peso in Kg. Spessore Peso in Kg. Spessore Peso in Kg
in mm. per mq. in mm. per mq. in mm. per mq.

3,2 7,3 2,3 18,5 6,3 4,-
4,7 8,3 3,2 25,8 9,5 5,9
6,3 9,2 3,6 29,- 12,7 7,8
9,5 11,4 4,7 37,2 17,4 11,5
12,7 12,7 5,4 43,4 22,2 14,6
15,8 14,9 6,1 49,- 25,4 16,8
19,- 16,9 6,7 53,5 28,6 18,6

Di questo genere di legno-metallo è composta la porta “Nigra” che si presenta come una superficie completamente liscia (figg. 1-2-3) su armatura interna di regoli di legno. Resta perciò nell’interno, fra le due rivestiture, una intercapedine di aria che può essere anche riempita con materiale isolante. Tali porte essendo perfettamente liscie sono specialmente indicate per edifici sanitari, collegi, scuole ecc.
Esse vanno montate su telai pure metallici formati da un sol pezzo di lamiera pressata e sagomata secondo criteri razionali.
Questi telai metallici rappresentano anche essi una produzione modernissima e si usano ormai su vasta scala anche applicati a comuni infissi di legno. Benchè il loro prezzo sia naturalmente superiore a quello del comune telaio di legno, pure i vantaggi materiali ed estetici sono rilevanti e tali da farli preferire, non appena la costruzione edilizia sia di una certa importanza. Difatti con i telai metallici sono eliminati tutti gli inconvenienti presentati dal legno a causa della sua sensibilità all’umidità ed al calore, alla putrefazione, ecc. Inoltre il telaio metallico può resistere agli urti, non si scheggia e deteriora durante la costruzione muraria, resiste meglio al fuoco. Detti telai sono fabbricati in varie forme a seconda delle dimensioni, dello spessore del muro ecc.: si fissano per mezzo di grappe collegate a ponti di rinforzo creati nel telaio stesso. Se ne costruiscono tipi anche con ali sovrapponibili all’intonaco e formanti così la cornice di riquadratura alla porta, la cosiddetta “mostra”. (figg. 4-5-6)
Serramenti di porta completamente metallici si usano da tempo per locali da proteggere in special modo contro il fuoco. La debole resistenza del legno di una porta al propagarsi di un incendio nei vicini locali ha resa necessaria la costruzione di infissi metallici opportunamente resistenti contro il fuoco. Essi consistono (fig. 7) in due lamiere di acciaio stampate e saldate su di una ossatura pure di acciaio: un riempimento isolante nello spazio interno fra le due faccie della porta ne aumenta la resistenza al fuoco. L’isolante usato in queste porte è formata principalmente di farina fossile che, con altre materie chimiche, forma delle lastre che, seccate al forno, sono applicate nell’interno della porta.
Applicazioni molto interessanti delle porte metalliche sano state fatte in chiusure per garage, hangar ed altri edifici industriali: ma di questo genere di serramenti parleremo prossimamente.
Fra i vari tipi di porte interne in legname non bisogna dimenticare quello della ditta Moldenhauer Söhnee di Berlino di cui l’ossatura interna è costituita da una specie di traliccio su cui vanno a poggiare i fogli di rivestimento di legno compensato. In questo serramento a causa della struttura interna difficilmente si possono verificare “mosse” o un distacco della rivestitura. Il peso della porta è molto limitato ed anche il suo prezzo non è superiore a quello delle altre buone porte di legno compensato.
Un esempio di porta isolante contro il suono (forse il tipo più perfetto oggi in commercio) è il tipo della fig. 16 di costruzione americana.
Dello spessore di 3 pollici (76 m/m.) l’imposta ha una doppia struttura di legno compensato in cui l’intercapedine è riempita con materia isolante (A). Inoltre il doppio battente è provvisto di doppia guarnizione di gomma (B) e nella parte inferiore vi è una doppia guarnizione (come due spazzole) di feltro (C) che impedisce ogni minimo spiraglio tra la porta e il pavimento. La chiusura della porta avviene per mezzo di tre naselli, comandati contemporaneamente dalla maniglia, che fissano la porta in basso, in mezzo ed in alto.

* * *

Per ottenere la chiusura di aperture molto grandi fra ambiente e ambiente i sistemi sono diversi. L’antico tipo della porta a libretto costituita da una serie di elementi cernierati fra loro è applicato modernamente e con buon risultato. Nella fig. 8 un tal tipo di chiusura è applicato in varie maniere: nella fig. 9 la parete divisoria è formata interamente dal serramento a libretto. I vari telai cernierati fra loro e che scorrendo si ripiegano fra loro stessi, sospesi all’architrave per mezzo di carrucole scorrevoli in apposite guide di metallo (fig. 10). L’applicazione delle carrucole può avvenire al centro della traversa superiore di ogni elemento Come nel caso A della fig. 11, in cui non necessita alcuna guida inferiore sul pavimento e per il fissaggio delle imposte in posizione di chiusura, bastano dei semplici paletti o catenacci. Invece nel tipo B (fig. 11) i vari battenti sono sospesi eccentricamente e perciò debbono avere una guida inferiore sul pavimento. È ovvio che a seconda dell’uno o dell’altro tipo di sospensione, l’ingombro dei battenti ripiegati si può avere in diversa maniera, o per metà per parte o tutto da un solo lato. Alcune imposte possono essere vetrate come nel caso della fig. 9, ed anche formare passaggio a sè, quando tutto il serramento è chiuso, come una comune porta a due partite.
Queste chiusure di grande estensione si possono anche realizzare con elementi scorrevoli sullo stesso piano o su piani paralleli.
Nel caso di più di due elementi questi debbono scorrere su guide affiancate e parallele (fig. 14). Il punto vitale di tutti questi serramenti sono i meccanismi di sostegno e di scorrimento. Un tipo di ottimo funzionamento e recente è il “Perkeo” (fig. 13) che permette di regolare l’esatta posizione in altezza della porta per mezzo di viti di sostegno.
Per la unione tra elemento ed elemento di imposte pieghevoli è bene usare cerniere invisibili che lascino aderire perfettamente fra loro i bordi delle imposte senza che le giunture mostrino trappa aria. Una cerniera moderna che risponde bene a questo scopo è il tipo americano “SOSS” (fig. 12).
Un altro sistema di leggera parete mobile è quello che si dice ad “armonica”. Dalla vista che nella fig. 18 si ha di tale chiusura si comprende con facilità il suo funzionamento. Nelle sezioni schematiche della fig. 17 si vede come costruttivamente queste porte ad armonica siano formate da tanti regoli di legno che scorrendo ed allontanandosi l’uno dall’altro distendono la stoffa o la pelle di cui sono ricoperti, e chiudono così un vano della lunghezza di parecchi metri con una specie di doppia membrana.
In luogo della staffa possono essere usate striscie o liste di legno compensato cernierate tra loro. In questo caso il serramento può essere verniciato: se si vuole ottenere un elemento decorativo di una certa importanza si può impiallicciare queste liste con legno di aspetto lussuoso lucidato a spirito.
GAETANO MINNUCCI

NOTA. - Le figg. 1-2-3-7-8 sono di serramenti costruiti dalla Ditta Aug. Schwarze - Brackwede - Berlino. La fig. 16 mostra serramenti della Ditta The Compound and Pyrono Door Cy. - St. Joseph Mich. (U.S.A.). - Le figg. 8-9-10-11 mostrano serramenti della Ditta Karl Günther Glatten (Württ.) Germania. - Le figg. 17-18 serramenti delta Ditta Hugo Becker - Neumünster i. H. - Germania.


CRONACA DEI MONUMENTI


ROMA. - La mia nota sui grandi restauri eseguiti in Santa Maria Maggiore, che le circostanze tipografiche hanno fatto uscire su questa rivista con sei o sette mesi di ritardo, mi ha procurato una vivace replica in un articolo dell’Osservatore Romano. Mettendo da parte tutto quello che v’è in essa di personale e che non ha nessun interesse quando è in giunco l’integrità di un monumento glorioso, l’occasione è opportuna per completare la mia nota aggiornandola e precisandola.
Sui concetti generali che hanno mosso i grandiosi lavori intrapresi con nobilissimo intendimento nella insigne basilica, io non posso che ribadire i concetti già espressi: i quali sono di sincera ammirazione per l’opera sapiente e minuta per salvare il magnifico musaico sistino, distaccato e ricollocato a posto per singoli tratti con cura paziente; ed invece di pieno dissenso per la demolizione della volta quattrocentesca sovrastante alla Confessione. Nessuna ragione statica richiedeva tale demolizione, e quelle portate in campo erano fittizie; ed il distruggere la volta non solo ha tolto una pagina della storia costruttiva della basilica, ma ha creato, con lo scoprimento della parte superiore del transetto, una quantità di problemi nuovi di completamenti e di aggiunte.
Evidentemente il provvedimento è stato suggerito dal desiderio del ripristino, dalla ricerca degli schemi antichi a danno delle opere recenti, cioè dalla ripresa dei criteri di restauro che hanno preso il nome dalle teorie e dall’attività ricostruttrice del Viollet le Duc. E questi possono anche ammettersi in monumenti minori, non nei più grandi e significativi, non nella basilica di Santa Maria Maggiore, che forse non ha nessun’altro monumento che le sia pari nella varietà e nella complessità delle sovrapposizioni, per le quali ogni secolo ha lasciato la sua nobile traccia di costruzione e d’arte e l’insieme ci appare come un vero museo dell’Architettura e della Decorazione in Roma.
È in questo momento in Italia una ripresa preoccupante dei criteri alla Viollet Le Duc: a Pavia, a Pesaro, ad Urbino, a Loreto, a Teramo, a Tropea, a Vicenza, a Parma. Il principio scientifico dei restauri, austeramente contrario alla esclusione di elementi sovrapposti che abbiano un proprio valore, come alle arbitrarie aggiunte ed ai completamenti in istile similare, il principio che sembrava ormai accolto da tutti e regolarmente seguito nella terra dei Monumenti, è di nuovo insidiato da ogni parte dai desiderati della unità stilistica e dell’attività falsificatrice. Ed i pericoli sono gravi poichè niuno si avvede della facilità di sdrucciolare nella rapida china e di compromettere l’autenticità ed il carattere d’arte di opere architettoniche, che hanno il loro significato nello stato attuale e che hanno il valore di documenti storici fatti di pietra ed abbelliti dall’arte. Ammesso il principio, si sa dove si comincia e non si sa dove si finisce.
Ecco infatti un’altra grave innovazione che si minaccia. Si parla di distruggere il grande tabernacolo posto sull’altar maggiore, opera dal Fuga, perchè ostacola alquanto la veduta dal musaico dell’arco trionfale; e già se n’è abbattuto il coronamento alterandone la linea, già si sono cacciati via i quattro grandi angeli, opera dal Bracci, collocata negli angoli. Forse si farà avanti il progetto di ricomporre al posto dal tabernacolo il minuscolo ciborio ornato dagli intagli gentili di Mino, del quale il volume del De Angelis ci dà un non certo felice disegno approssimativo...
E messi su questa via, abbandonati i poteri inibitori di un’etica severa, chi sa quante altre tentazioni potranno avanzarsi con le loro lusinghe? Chi sa che non si pensi, ad esempio a togliere i grandi archi aperti in rispondenza alle cappelle sistina e paolina, per riportare i colonnati al loro regolare ritmo basilicale?
Questo è dunque lo stato della questione di principio; e dal mio scritto di vari mesi fa io nulla ho da mutare, altro che per segnalare i pericoli ulteriori accennati.
Invece nei riguardi dell’attuazione dal restauro nel transetto sono ben lieto di riconoscere che quasi in tutto si è fatto quanto di meglio era possibile. Certo nei riguardi dell’architettura spaziale i risultati sono quanto mai incompleti, perchè le strette e misere braccia dal transetto non prolungate la basso sono inorganiche e prive di significato. Ma nella decorazione pittorica le cose sono andate assai meglio.
Lo stesso sentimento di onestà e di buon gusto con cui il paziente lavoro del grande mosaico era stato, sotto la guida dell’illustre Prof. Biagetti, compiuto, è stato seguito nelle discrete riprese di pittura nel transetto, nella ricomposizione della copertura apparente dal tetto. Gli elementi geometrici della decorazione pittorica parietale riapparsi dopo le demolizioni sono stati continuati, ma non si sono completati elementi figurativi. Sola eccezione si è fatta pei seniori dell’arco dell’abside, dipinti sviluppando minuscole traccie; ma la pittura è tenue ed è da sperare che non venga in mente di sostituirla con mosaico, cioè con un falso stabile. La ridipintura dei grandi medaglioni cavalliniani posti sotto la cornice è avvenuta col criterio della minima aggiunta, ed anche la decorazione delle capriate e dal pianellato è stata fatta falsa si, ma non troppo. Un po’ la fortuna avuta nel ritrovare talune linee, un po’ il sano equilibrio recato in questa fase dei lavori hanno reso non gravi i guai che era logico temere gravissimi.
Così, ove si prescinda dal ripristino dal grande mosaico pel quale non saranno mai bastevoli gli elogi, il bilancio dei restauri di Santa Maria Maggiore può così riassumersi: pessimo e pericolosissimo il principio, ottimo il senso che vi ha presieduto, temibile la possibilità di una ripresa e di una accentuazione in altre opere che hanno ormai pieno diritto di cittadinanza nella basilica liberiana.
GUSTAVO GIOVANNONI.

SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

IL CONSIGLIO NAZIONALE DEL SINDACATO FASCISTA
DEGLI ARCHITETTI - (17 Luglio 1931)

Nella mattinata del 17 luglio u. s. si è adunato, a norma dello Statuto Sindacale, il Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista degli Architetti. L’Assemblea si tiene nella Sede della Confederazione Professionisti ed Artisti in Roma, alla presenza del Presidente della Confederazione S. E. Bodrero, e dell’on. Dante Giordani in rappresentanza del Direttorio del Partito.
Le forze del Sindacato Architetti sono rappresentate da tutti i componenti del Direttorio Nazionale scaduto, dai membri del Consiglio Nazionale delle Corporazioni, da tutti i Segretari Regionali od Interprovinciali accompagnati da due membri dei rispettivi Direttori Regionali, dai Presidenti delle Giunte per gli Albi, dai Direttori delle R. Scuole Superiori di Architettura.
Sono notati particolarmente i seguenti intervenuti: architetti Stacchini, Brioschi, Mainetti di Milano; architetti Sullam, Vallot, Contarello, Torres di Venezia; architetti Rusconi, Rossi, Martinuzzi di Trento; architetti Urbanis, Battigelli, Miani di Trieste; architetti Melis, Levi-Montalcini, Mosso di Torino; architetti Crosa e Orzali di Genova; architetti Cerpi, Brizzi, Fagnoni, Padovani, Zalaffi di Firenze; architetti Chiaromonte, Chierici, Pantaleo di Napoli; architetti Potetti, Ceccolini, Morresi di Ancona; architetti Leone, Autore, Calandra di Catania; architetti Fasolo, Foschini, Medori, Giovannoni, Libera, Marconi, Milani, Paniconi, De Renzi di Roma; architetti Forcignanò, Petrucci, di Bari.
Oltre ai suddetti sono anche presenti parecchi altri camerati appartenenti a vari Sindacati, specialmente a quello di Roma.
Apre la seduta il Segretario Nazionale del Sindacato Architetti, on. Alberto Calza Bini, che si rivolge a S. E. Bodrero e all’on. Giordani, esprimendosi come segue:

“ Eccellenza,

gli architetti italiani, animati da una sola fede e da una sola volontà, sono qui oggi in ispirito tutti nei loro legittimi rappresentanti, tutti devoti e fedeli al regime fascista, cui devono il riconoscimento della loro classe, tutti disciplinati nei ranghi della Confederazione e del Sindacato che quel riconoscimento patrocinarono, e le leggi necessarie seppero invocare e preparare.
Gli architetti del Sindacato fascista che del Vostro predecessore ricordano con grata simpatia il fraterno aiuto avuto in ogni circostanza, hanno salutato il Vostro avvento con fervida fede, e sono fieri oggi di riunirsi alla Vostra presenza, e della Vostra presenza Vi ringraziano.
Essi sanno quale lustro e decoro alla Confederazione venga dal Vostro nome universalmente noto ed amato, e dalla Vostra mente di filosofo, di poeta e di organizzatore.
Ed essi sentono oggi, nel momento in cui devono riaffermare la concorde volontà di mia azione in difesa delle legittime aspirazioni verso un’arte che sia degna della forza del Regime, essi sentono di poter contare sul patrocinio che Voi darete, capo dei professionisti e degli artisti italiani, autorevole intermediario tra casi e il Duce che tutte le professioni valorizza, tutte volgendo ai fini della potenza nazionale.
Senza vane parole, senza retorici discorsi, i rappresentanti degli architetti italiani esamineranno qui la situazione della loro categoria e del loro Sindacato, quale oggi è maturata attraverso affermazioni brillanti, o dolorose rinunzie o sapienti e pazienti attese.
Confidano di poterVi presentare nella espressione del loro concorde pensiero il programma dell’azione di domani, che sarà, come sempre è stata, volta al maggior prestigio della cultura italiana, sempre sottoponendo al superiore interesse della Nazione quelli che possono essere fini particolari e personalistici.
I voti del Congresso Voi vorrete, Eccellenza, presentare al Duce e a S. E. Bottai, che nella Sua pensosa e forte giovinezza, dettando le norme dello stato corporativo, ha lucidamente segnato la funzione degli architetti nella nuovissima Italia.
A te onorevole camerata Giordani che tanto degnamente rappresenti il Direttorio del Partito Nazionale Fascista e ci dici quanto vive siano le simpatie che le supreme gerarchie del Partito hanno per noi, porgo il mio ringraziamento per la tua presenza che tanta autorità conferisce a questa nostra riunione, e la preghiera di voler esprimere a S. E. il Segretario del Partito ed ai tuoi colleghi del Direttorio la incrollabile fede nei destini dell'Italia Fascista che gli architetti custodiscono come un loro inestimabile bene. ”

Risponde all’on. Calza Bini S. E. Bodrero, che dopo aver salutato e ringraziato il segretario nazionale ed il consiglio tutto, accenna con un discorso breve ed incisivo alle caratteristiche dell’attuale momento architettonico italiano, dominato dall’importante evento svoltosi per merito del Governo Fascista: l’avvenuto isolamento e la precisa determinazione della figura dell’architetto, nella coltura, nell’arte, nell’attività professionale del nostro paese.
Addentrandosi nell’esame degli indirizzi architettonici attuali ed accennando alle recenti polemiche, S. E. Bodrero osserva come in tesi generale l’architettura sia fra tutte le arti quella che maggiormente rappresenta e sintetizza i caratteri dell'epoca storica, aderendo essa intimamente alle necessità costruttive ed espressive derivanti dai bisogni materiali e spirituali dell’epoca stessa.
Ciò fu in ogni tempo e deve essere anche oggi: naturalmente l’evoluzione dell’architettura in funzione dell’evoluzione sociale non può essere estremamente rapida dato appunto il valore duraturo delle espressioni architettoniche radicate ai più profondi valori umani. A conforto della sua tesi S. E. Bodrero cita l’esempio dello sviluppo e della successiva adeguazione dei valori architettonici ai valori sociali di un solo tipo di edificio, esempio che ha per altro una portata generale. Il palazzo patrizio quale era stata in definitiva formulato dalla civiltà italiana della Rinascenza serviva ai bisogni di ricche famiglie eccellenti sulle altre per la loro particolare energia ed intelligenza. Essendosi nei secoli seguenti ingrandito ed espanso il nucleo di dette famiglie ed essendo d’altra parte decaduto il loro tono di vita, detti palazzi dovettero in buona parte essere abbandonati dagli aristocratici abitatori: furono allora adibiti quali sede di edifici pubblici per parte di enti a carattere collettivo sorti nella lava sempre più complessa funzione sociale nei secoli XVIII e XIX: specialmente banche, consorzi, ecc. Onde accadde che in epoche posteriori al Rinascimento, per ragioni di imitazione tradizionale, indipendenti da qualunque condizione di funzionalità, gli edifici di banca assumessero la forma espressiva esterna di un palazzo di famiglia patrizia e come tale tradizione di formasi mantenesse con poche modificazioni fino all'epoca attuale. Ma ora le condizioni funzionali interne di coteste costruzioni sono talmente mutate da rendere sempre più antitetica col contenuto la loro veste esterna e da rendere più vivo il bisogno di una più sincera adeguazione della forma alla sostanza distributiva e tecnica.
Estendendo il valore dimostrativo dell’esempio a tutti gli altri tipi di edifici formulati dall’epoca storica testé superata, S. E. Bodrero osserva come le contraddizioni tra contenuto ed espressione, che in molti di essi possiamo notare, siano l’indice di uno stato transitorio attualmente in via di soluzione: vanno oggi assumendo sempre più importanza in architettura i principi di funzionalità e oggettività; stiamo dunque attraversando un periodo di crisi formativa, benefica perché indice di vitalità in atto, crisi che senza dubbio è foriera di fecondità nuove e che implica naturalmente discordi pareri e polemiche appassionate.
L’oratore chiude il suo dire notando come la polemica sia utilissima in astratto, perché offre un contributo di chiarificazione agli stessi partecipanti e perché fa conoscere i singoli problemi al pubblico, il quale altrimenti ne sarebbe ignaro; ma ricorda che essa deve essere contenuta in termini di oggettività, nobiltà e disinteresse degni del tema e soprattutto deve svolgersi nell’ambito della disciplina sindacale.
L’acuto e significativo discorso di S. E. Bodrero è accolto dall’applauso dell’assemblea, espressione di vivo compiacimento e di approvazione unanime.
Quindi l’on. Giordani reca al Consiglio il saluto della Direzione del Partito.

L’on. Calza Bini riprende successivamente la parola e legge alcuni dei telegrammi pervenuti:

“ Desidero inviare mio saluto Congresso (Nazionale Sindacato Fascista Architetti bene augurando di cuore suoi lavori ”.
f.to: BOTTAI.

“ Inaugurandosi lavori Assemblea Nazionale codesto Sindacato, pregoti esprimere intervenuti caldi sentimenti camerati e volontà sempre più stretta collaborazione tra Architetti ed Artigiani. Sindacato Architetti rappresenta mezzo principe per difesa e incremento tecniche nostre arti e mestieri e garanzia sicura per rinnovamento nostra produzione secondo spirito Regime giovanilmente erompente da tradizioni gloriose ”.
f.to: BURONZO.

“ Plaudo tua equa serena illuminata condotta per ristabilire concordia famiglia Architetti italiani nello intento di raggiungere rapidamente comuni altissimi ideali. Con affetto ”.
f.to: MARCELLO PIACENTINI.
Avverte che hanno telegrafato anche: il Direttore della Scuola Superiore di Architettura di Torino, gli Architetti Portaluppi, Forni, Canino, Fichera ed altri, assenti giustificati.

Quindi l’on. Calza Bini legge la sua relazione ufficiale:


RELAZIONE UFFICIALE AL CONSIGLIO NAZIONALE
DEL SINDACATO FASCISTA DEGLI ARCHITETTI

Nel cammino che il Sindacato Fascista degli Architetti ha percorso dalla ormai lontana primavera del 1923 ad oggi, le nostre riunioni periodiche possono segnare come pietre miliari le tappe progressive della conquista. Ci vedemmo a Roma l’ultima volta nel ‘28; allora il nostro Sindacato non aveva ancora il suo statuto ed il suo riconoscimento ufficiale, la categoria non aveva i suoi Albi e le sue Giunte, e la incognita del testo definitivo della legge sui cementi armati gravava come una minaccia che poteva annullare di colpo il valore della legge sul titolo e sull’esercizio.
In questi tre anni, chiuso il lavoro della Commissione per la iscrizione all’Albo, formate in gran parte, attraverso le troppo lunghe pratiche burocratiche, le principali giunte sindacali nelle regioni in cui gli architetti sono più numerosi, approvati e sanciti gli statuti del Sindacato Nazionale e dei Sindacati Regionali, promulgata la legge sui cementi armati che accoglieva in pieno i desiderata della categoria, il Sindacato ha regolarmente iniziato la sua vita in pieno riconoscimento giuridico.
Il problema che ci occupò nel congresso del ‘28. quello delle Scuole di architettura, è ormai risolto integralmente; e le scuole di Torino, di Firenze, di Venezia e di Napoli, la cui vita sembrava minacciata da avverso destino, sono oggi in rigoglioso incremento; ed è di ieri il provvedimento del Governo Nazionale con cui riconoscendone la vastissima importanza culturale, s’inquadrano definitivamente per tutti gli effetti negli Istituti Universitari superiori.
Le nuove schiere di giovani architetti, saggiamente preparati in giusto equilibrio di studi artistici e di sodi fondamenti scientifici, spirito e cultura aperti alle più vive correnti di sana modernità, stanno così per entrare ad ingrossare i quadri della nostra categoria, a sostituire con la loro freschezza la saggia ma talvolta stanca maturità degli altri, a determinare infine con la unità del loro titolo il blocco compatto e forte della classe degli architetti di domani.
Frattanto la occupazione dei posti di comando e di controllo nei Direttori, nelle Giunte, nelle Commissioni edilizie, nelle Giurie, nelle Consulte, nei Consigli Superiori, nel Consiglio delle Corporazioni, nel Parlamento, moltiplica il numero degli iscritti al Sindacato investiti di responsabilità e prepara più facile la via per le affermazioni che si aspettano dagli architetti che si vanno formando.
È tutto un panorama di grandi e piccole conquiste, è tutta una rete di provvedimenti e di premesse che preannuncia quell’inevitabile avvenire che il destino d’Italia deve riservare alle sue arti belle, prima fra tutte l’Architettura.
Eppure, questa rapida esposizione di fatti che potrebbe lasciar cullare in un pericoloso ottimismo i responsabili del Sindacato, non ha lo scopo di esaltare le conquiste raggiunte, ma proprio quello di incitare ad una vigilanza sempre più serrata ed acuta perché tutto il lavoro preparato non cada nel nulla, e perché le maglie della rete tessuta con illustre pazienza non si lacerino, rendendo nullo tutto lo sforzo compiuto.
Camerati; il Sindacato che per otto anni ho guidato con forze modeste ma con una fede ed un ardore che poteva essere eguagliato ma non superato, dovrebbe oggi essere affidato a mani nuove, a energie più giovani. Chiunque siano per essere gli eletti dal Consiglio, i colleghi del Direttorio scaduto, i miei validi collaboratori Vice Segretari Boni e Brioschi ed io, siamo certi che la unità di indirizzo non sarà mutata e che la difesa degli interessi della categoria che per avventura forse più di quelli di qualunque altra classe sindacale coincidono con l’interesse della cultura e dell’arte nazionale, saranno sapientemente tutelati.
Comunque, il primo ciclo è chiuso. La prima parte dell’opera, quella della formazione della categoria e della preparazione del lavoro, è compiuta. Il secondo ciclo si apre, non meno difficile del primo, né meno importante per il fine da raggiungere.
Consentitemi che come per testamento ideale io tracci a grandi linee per i camerati che occuperanno i nostri posti il programma dell’azione da svolgere:

1) Difesa a tutti i costi ed incremento con ogni mezzo delle Scuole di Architettura, vivaio sicuro delle energie migliori della classe per quel domani in cui, coscienti della nostra caducità, abbiamo proiettato le nostre più belle speranze, i nostri più alti pensieri.

2) Applicazione integrale di tutte le disposizioni previste dalla legge sindacale e dalla legge sul titolo e sull’esercizio, perché le attribuzioni professionali siano rigorosamente rispettate e non siano permesse invadenze assurde e sconfinamenti pericolosi.

Oggi che lo stile nuovo ci insegna la ricerca della semplicità e la rinuncia ad ogni ornamento, può sembrare, ed è sembrato a taluno, che l’architettura diventi una cosa facile e che anche i tecnici puri possano progettare e disegnare le nuovissime macchine per l’abitazione. Errore gravissimo: chi non ha maturato lo spirito al contatto delle opere di bellezza, non ha affinato la sua sensibilità ricercando le forme nuove come un naturale trapasso dalle antiche. non potrà far mai dell’architettura, e solo in apparenza, e solo per gli osservatori superficiali, le sue opere avranno affinità con l’arte; e noi potremmo correre il rischio, lasciato il campo dei nuovi esperimenti nelle mani di chi non sappia ricercare ed evolvere le forme in una rigorosa selezione, noi possiamo correre, dico, il pericolo di vedere in breve ridotta l’edilizia architettonica ad una cifra meschina, più meschina e più cifra di quella dell’infausto periodo eclettico ed umbertino, e tutti gli sforzi per la ricerca e la nobiltà di uno stile aderente al nostro spirito ed al nostro tempo rimarrebbero soffocati nella dilagante e uggiosa banalità.
Non è dunque, camerati, una difesa sindacale diretta quella che noi dobbiamo intraprendere; ma una più alta, solenne, tutela degli interessi dell’arte italiana, della cultura italiana, della bellezza delle città italiane, tutela entro la quale, legittima e logica conseguenza, si inquadra la difesa degli interessi di categoria.

3) Propaganda senza riposo perché in ogni circostanza favorevole le pubbliche amministrazioni bandiscano concorsi per le opere di qualche importanza, dando ai sindacati mandato per la preparazione dei bandi relativi e riconoscendo ai sindacati medesimi la necessaria funzione di controllo sulla serietà delle operazioni di concorso tanto da parte dei singoli concorrenti. quanto da parte delle giurie e degli stessi Enti banditori.
È questo un argomento che resta sempre all’ordine del giorno in tutti i congressi, e che purtroppo non fa molti passi avanti nella pubblica convinzione; anzi è da rammaricarsi vivamente che troppi siano i personaggi autorevoli che alla richiesta o all’annunzio di concorsi pubblici in materia d’arte o di edilizia, affermino la loro sfiducia, o nettamente si oppongano con irremovibili dinieghi.
Tuttavia è questo un argomento che dovrà essere posto in testa al programma d’azione della rinnovata vita sindacale, poiché soltanto così sarà possibile a giovani ignoti farsi largo nel mondo degli arrivati, perché solo così con la dura disciplina dei concorsi, col rinnovarsi incessante delle battaglie e con le numerose opere che si realizzeranno, sarà possibile all’architettura di uscire dalla vana e sterile discussione teorica per le tendenze e per gli stili, per entrare nel campo delle conquiste pratiche, delle realizzazioni tangibili, della graduale e sicura ascensione.
Di questo argomento, nel quale ho la più illimitata delle fiducia, io farò sempre tema di battaglia e di azione, alla testa del Sindacato o nel posto, che mi auguro, di semplice gregario.

4) Inserzione graduale ma ferma dei nostri iscritti in ogni pubblico ufficio che della architettura, della edilizia e della urbanistica governi le sorti, nelle grandi e nelle piccole città.
La richiesta è stata molte volte fatta dagli organi competenti ed io stesso l’ho espressa dalla tribuna e nelle mie relazioni parlamentari.
È questione di tempo e di diligente e vigile attesa; ma anche in questo campo occorre riuscire nell’intento; e non tanto, come può sembrare a taluno, per aprire nuovi sbocchi ai giovani architetti, e assicurar loro coll’impiego il posto nella vita; ma invece per collocare nei punti sensibili delle pubbliche amministrazioni elementi intelligenti e preparati a diffondere la cultura artistica, ad esigere il rispetto delle sane leggi dell’architettura, a preparare le palestre per le competizioni artistiche sui pubblici concorsi, a trasformare insomma quella che oggi è la triste banalità delle manifestazioni edilizie ufficiali in una serie di brillanti affermazioni di un’arte che aderisca alle esigenze del nostro tempo, e tramandi ai posteri il pensiero e la volontà della stirpe e del Regime.

5) Intransigenza nella organizzazione e nelle manifestazioni culturali e sindacali. È questo, camerati, uno dei punti più delicati del nostro programma di azione, e, oso affermarlo, una delle condizioni essenziali per lo sviluppo e la vita non solo del Sindacato nostro ma della stessa ragione d’essere della architettura. Non deve essere lecito a nessuno di minare la integrità della nostra organizzazione e vulnerare la bontà della azione che andiamo svolgendo nell’interesse del paese per lusingare grette e meschine ambizioni di titoli, per aumentare le file di sindacati affini, per accampare diritti ad occuparsi di questioni e di argomenti che soltanto il Sindacato Fascista degli Architetti, in regime totalitario fascista e corporativo, ha il diritto e il dovere di trattare.

Basta l’enunciazione del quesito per intenderne tutta la importanza, né io voglio qui troppo dilungarmi. Pensino i Segretari e i Direttori regionali, pensi il Segretario e il Direttorio Nazionale alla gravità della situazione e alla necessità di provvedere.
Come giustamente il Sindacato Ingegneri può e deve intervenire e evocare a sé le manifestazioni di quella cultura tecnica cui il meraviglioso progresso della scienza moderna offre ogni giorno nuovi mezzi per più ardite conquiste; come il Sindacato degli artisti è riuscito a disciplinare e a inquadrare le esposizioni provinciali, a dominare la Quadriennale Nazionale, a controllare la internazionale di Venezia, ad assumere la responsabilità delle mostre all’estero, così deve procedere il nostro Sindacato peri concorsi e per le mostre di architettura.
Il Sindacato Nazionale, seguendo quelle che in ogni altro campo con lucida visione della necessità politica andava attuando il fascismo con l’assorbimento e la soppressione di ogni organizzazione e di ogni manifestazione che negli organi del partito non trovasse inquadramento perfetto, ha assorbito e trasformato le antiche associazioni di architetti e quelle, pur benemerite, dei cultori; né diversamente il Sindacato Ingegneri si è comportato verso le tradizionali associazioni tecniche.
Stretta necessità di buon combattimento perché tutta la vita culturale del paese fosse permeata di spirito fascista; profonda ragione di vita perché l’attività sindacale non si svuotasse di ogni contenuto culturale e non si immiserisse in piccole materialistiche questioni di mestiere perdendo la caratteristica geniale che il Sindacalismo fascista ha saputo imprimerle.
Così dunque il nuovo Segretario ed il nuovo Direttorio dovranno chiedere al Governo che nessuna manifestazione architettonica in grandi o piccole esposizioni sia tolta al diretto controllo del Sindacato; che nessuna organizzazione avente particolari fini di propaganda e di diffusione di determinate tendenze possa costituirsi al di fuori della grande famiglia sindacale, disperdendo così quella somma di energie che deve essere invece valido e potente lievito per il progresso della architettura italiana e per il benessere della categoria.
E dovranno, i Segretari e il Direttorio, chiedere alla presidenza della Confederazione che non sia più possibile equivocare sui diritti di appartenenza ai sindacati di categoria e vedere se sia il caso, finanche, di giungere a prescrizioni e proibizioni di doppia appartenenza, che sino ad ora abbiamo invece voluto liberamente consentire, per coloro, ma soltanto per coloro, che avessero col doppio titolo, inequivocabile diritto di doppia appartenenza.
Non è possibile a questo punto non parlare di un recente triste episodio di vita sindacale dovuto ad una mostra che, preparata con le necessarie autorizzazioni e garanzie attraverso alla Segreteria Nazionale del Sindacato, ebbe manifestazioni contro cui legittimamente insorsero e protestarono architetti appartenenti al Sindacato, uomini rispettati e rispettabili che si videro fatti segno ad una immeritata derisione. Si trattava, evidentemente, di intemperanze giovanili che, ove si fossero manifestate in ambienti ed in occasioni che nulla avessero avuto di comune con la organizzazione sindacale, avrebbero trovato le gerarchie perfettamente indifferenti, liberi i colpiti di risentirsi direttamente verso gli offensori.
Ma poiché la mostra era tenuta sotto gli auspici del Sindacato, non era lecito disinteressarsi della antipatica questione; aggravata anche dal diffondersi di un manifesto che per esaltare legittime e nobili aspirazioni si serviva di espressioni discutibili ed attaccava ingiustamente tutta la classe degli architetti italiani, in una sola irrisione confondendo produzioni di mestiere anonimo e volgare, con nobili, se pur sorpassate, manifestazioni di arte tradizionale.
Il richiamo all’ordine fatto dal Sindacato fu a torto prospettato come un atto di tirannia, una difesa di particolaristici interessi, una violazione della libertà di ricerca di manifestazioni artistiche.
Il pensiero del Sindacato è stato in proposito ben chiarito e approvato dalle superiori gerarchie; e l’incidente può dunque considerarsi esaurito. Ma per evitare che ulteriori alterazioni e deviazioni possano distruggere la concordia che deve necessariamente regnare nella famiglia sindacale, è bene precisare che cattiva speculazione è quella di coloro che cercando di porre i giovani architetti contro i loro legittimi, sinceri e convinti tutori, minacciano non solo la compagine del sindacato ma il progresso stesso dell’architettura che quei giovani sognano con l’ardore, se pure con l’eccessiva intemperanza, della loro felice età.
Perché dunque anche il movimento di tendenze moderne abbia nel Sindacato il convinto ed efficace mezzo di azione, è necessario che nessuna scissione sia più possibile tra gli aderenti a quel movimento e i responsabili della condotta politica del Sindacato.
Pertanto credo che tutti i nostri giovani amici che hanno voluto creare delle organizzazioni a sé stanti, sia pure sotto la denominazione apparente di aderenti al Sindacato, ma che in realtà sfuggono al controllo dei dirigenti responsabili del Sindacato stesso, debbano modificare il loro inquadramento, e. si tratti di M.I.A.R. o di R.A.M.I. vogliano considerarsi solo autorizzate ad esistere quali formazioni di studiosi uniti da un comune ideale di ricerca di forme nuove, che meglio rispondano ai progressi della tecnica e alle nuovissime sensibilità della vita moderna; ma tutte le loro manifestazioni pubbliche, conferenze. esposizioni o concorsi facciano esclusivamente entro il quadro della vita sindacale, sotto la guida dei gerarchi responsabili, della forma sindacale giovandosi, per dare maggiore impulso alla loro battaglia, non sottraendo alla vita del Sindacato quell’afflusso di sangue vivo e fresco che le loro giovanili energie possono invece utilmente dare.
E questo deve valere per qualunque altra formazione di studiosi, classicisti o modernisti che siano.
Dell’increscioso episodio recente dovrei personalmente dolermi più di ogni altro, ché assai amara per me è stata la constatazione di come sia possibile la deformazione dei sentimenti migliori anche nei giovani che pure si caratterizzano nella vita per la impulsiva generosità.
Ma nella mia serena coscienza, certo di non aver nulla trascurato del poco che fosse in mio potere per preparare l’avvento delle nuove forme architettoniche, sicuro che i nostri giovani amici sapranno riconoscere i loro errori di forma ritornando disciplinati e fiduciosi nelle file della organizzazione, lascio il mio posto augurando alla famiglia degli architetti italiani l’oblio delle piccole lotte interne, la concordia fervida d’opere e feconda di bene per le conquiste future.
ALBERTO CALZA BINI.

L’acuta ed esauriente relazione dell’on. Calza Bini, interrotta più volte da applausi, viene salutata alla fine dalla calorosa ovazione dell’Assemblea, indice del riconoscimento pieno dell’opera intensa e costruttiva svolta infaticabilmente da tanti anni dal Segretario Nazionale del Sindacato, opera alla quale gli architetti italiani debbono la valutazione della loro figura artistica, morale, professionale.
Quindi S. E. Bodrero compiacendosi vivamente con l’on. Calza Bini, lascia la sala tra rinnovati applausi e il Consiglio continua i suoi lavori.
Ad invito dell’on. Calza Bini, la Presidenza del Consiglio viene assunta dall’architetto prof. Giovannoni, salutato e applaudito dall’assemblea.
Domandano la parola gli architetti Levi-Montalcini, Forcignanò e Leone, il quale presenta subito alla Presidenza a nome di numerosi firmatari il seguente

ORDINE DEL GIORNO:

“Il Congresso Nazionale degli Architetti, udita la limpida e serena relazione dell’on. Calza Bini, documento di fervida attività nobilmente spesa a vantaggio della categoria e confortante bilancio dei primi anni del Sindacato, approva all’unanimità la relazione stessa e riconferma per acclamazione l’on. Calza Bini a Segretario Nazionale del Sindacato Architetti, invitandolo a predisporrei mezzi per la realizzazione di quel programma che egli ha tracciato con passione di fascista e con sicura fiducia nell’avvenire dell’architettura italiana ”.

Le vive approvazioni con cui l’Assemblea accoglie l’ordine del giorno ribadiscono i sentimenti del Consiglio verso la persona del Segretario Nazionale.

L’architetto Forcignanò presenta un ordine del giorno analogo a quello Leone. Ma l’on. Calza Bini prega di ritirarlo essendo ormai superfluo; l’architetto Fagnoni ritira pure un voto non dissimile dai precedenti.
L’architetto Levi Montalcini parla per gli Architetti Razionalisti del Gruppo M.I.A.R., a nome dei quali aveva presentato alla Presidenza un memoriale. Dichiara però che in seguito alla lucida relazione del Segretario Nazionale, la quale ha rimesso i termini della questione al giusto punto nei riguardi della disciplina sindacale, i suoi amici ed egli stesso aderiscono all’invito dell’on. Calza Bini, riprendendo fiduciosi la comune azione dell’ambito del Sindacato. Avendo saputo che è intenzione del Segretario Nazionale di proporre per la lista del Direttorio anche il nome dell’ing. Aschieri, ringrazia di questo atto, che ribadisce la volontà di collaborazione con la quale si dissipa ogni spiacevole equivoco.
L’Assemblea accoglie con vivi applausi le dichiarazioni dell’architetto Levi-Montalcini, e l’ordine del giorno proposto per la riconferma a Segretario Nazionale dell'onorevole Calza Bini viene approvato per acclamazione.
L’on. Calza Bini ringrazia commosso delle attestazioni di simpatia e di fiducia di cui è stato fatto segno, ma avverte che in coscienza ritiene esaurito il suo ciclo ed auspica per il Sindacato un timoniere di più fresche energie. Aggiunge che, se nel periodo di formazione della categoria, poteva essere, come è stata, efficace anche l’opera di un solo, il quale, nell’attenta vigilanza, potesse chiedere ed ottenere le disposizioni atte a precisare le attribuzioni e le funzioni dell’architetto; oggi si rende necessaria l’oculata ed energica azione collettiva, specialmente da parte di tutti gli organi Sindacali, centrali e periferici, perché la integrale applicazione delle leggi di tutela non sia menomata. Raccomanda quindi ai Segretari Regionali intervento pronto ed intransigente ovunque esso sia opportuno e necessario ed accenna per questo alla necessità che tutti gli architetti investiti di cariche e compiti sindacali siano in posizione di ineccepibile moralità.
Definisce i limiti d’inferenza coi sindacati affini, spiega il funzionamento dei centri di urbanistica e raccomanda ai camerati di dare a questo argomento una diligente cura, specialmente svolgendo azione presso le Autorità Comunali per la preparazione dei piani regolatori, che potranno rappresentare per la classe degli architetti largo campo di attività. Ricorda a questo proposito che nella recente ricostituzione del Consiglio Superiore dei LL. PP. è stato nominato un esperto d’urbanistica, al quale pertanto tutti gli studiosi del Sindacato dovranno far pervenire notizie e reclami, offrendogli la più larga collaborazione. E larga collaborazione egli attende anche per la preparazione della legge sui concorsi, per la quale avrebbe avuto intenzione di fare una proposta d’iniziativa parlamentare, proposta che ha dovuto rinviare non sembrandogli ancora matura in proposito la convinzione dei suoi camerati.
Conchiudendo la rapida esposizione fatta in aggiunta alla relazione già letta, l’on. Calza Bini, accenna al problema della rivista organo del Sindacato, la “Rivista di Architettura ed Arti Decorative”. Ricordando che il prof. Foschini il quale con tanto amore e intelligenza ha diretto la rivista in questi ultimi tempi ha chiesto di essere esonerato da tale incarico, l’on. Calza Bini, dando al prof. Foschini e all’architetto Marconi, che tanto bene lo ha coadiuvato, le più ampie lodi per l’opera prestata, ritiene che allo scopo di dare all’organo Sindacale una più diretta rispondenza con l’azione delle Gerarchie responsabili, sia opportuno che la Direzione della rivista dipenda più strettamente dalla Segreteria Nazionale, senza disperdere le energie in troppo numerose commissioni. Dopo breve dichiarazioni favorevoli del prof. Foschini e del prof. Giovannoni, la proposta di Calza Bini è approvata all’unanimità.

Prima di aprire la discussione sopra gli argomenti accennati e sui voti che da parte di molti intervenuti sono stati formulati in una amichevole riunione tenutasi il giorno prima del Consiglio, il Segretario Nazionale spiega i criteri che devono presiedere la formazione del nuovo Direttorio, ricordando che, non potendo per ragioni statutarie superarsi il numero di nove, cui si aggiungono di diritto i membri del Consiglio Nazionale, si gioverà dell’opera e dell’autorità dei Presidenti delle Giunte per gli Albi, nelle regioni nelle quali mancherà un membro del Direttorio, riservandosi, ove occorra, di chiamare alle riunioni del Direttorio stesso anche taluni dei Presidenti di dette Giunte.
Domanda la parola l’architetto Forcignanò il quale esprime il desiderio che le regioni più lontane dal centro, anche se comprendenti un numero scarso di inscritti al Sindacato, abbiano un rappresentante nel Direttorio; Pantaleo si associa a tale proposta. Calza Bini insiste sulle ragioni che si oppongono all’aumento dei membri del Direttorio e propone all’Assemblea di votare la seguente lista nella quale a suo giudizio è equamente rappresentata tutta la categoria:
Alpago Novello Alberto, Aschieri Pietro, Berlam Arduino, Chierici Cino, Del Debbio Enrico, Fichera Francesco, Paniconi Mario, Pini Aldo, Stacchini Ulisse.
Ripete che del Direttorio fanno parte anche, come membri del Consiglio Nazionale delle Corporazioni, gli architetti Boni Giuseppe, Fagnoni Raffaello, Melis Armando, e, secondo le intenzioni della Segreteria, i Presidenti delle Giunte Sindacali, Sullam, Murtinuzzi, Crosa, in attesa della nomina delle Giunte per le altre regioni.
Brizzi, elogiando la composizione del Direttorio proposto, chiede che la lista sia approvata per acclamazione. Messa ai voti la proposta, questa viene accettata all’unanimità meno uno, giacché l’architetto Pantaleo fa una riserva sul nome di Chierici.

Dopo l’approvazione per parte dell’Assemblea della relazione finanziaria e del bilancio, si apre la discussione sopra il tema dei concorsi. Parlano: Torres che si riferisce all’ordine del giorno approvato dal Congresso del 1928, invocando la preparazione di un’apposita legge; Boni, che richiama l’attenzione dell’assemblea sull’attuale abitudine degli uffici pubblici di accentrare in organi tecnici circoscritti a poche persone la redazione di progetti per edifici di utilità collettiva, mentre invece il lavoro dovrebbe essere equamente suddiviso e soprattutto in base al risultato di pubblici concorsi; Brizzi, che rileva tutta l’importanza della questione, lamentando che i programmi e i voti siano fino ad oggi rimasti lettera morta; Rusconi, che nota come sia necessario seguire i concorsi nella loro seconda fase, ossia nell’attuazione dell’opera, fase nella quale troppe volte gli uffici tecnici locali non hanno alcun riguardo per le esigenze artistiche e per i diritti morali dell'autore. Cirilli presenta ed illustra sull’argomento il seguente

ORDINE DEL GIORNO:

“Il Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista degli Architetti, riunito per la elezione del Segretario Nazionale e del Direttorio Nazionale,
constatando come da tempo la maggioranza delle opere pubbliche - rivestenti speciale carattere d’arte o notevole entità - venga affidata per il progetto o agli uffici dipendenti dall’Ente che costituisce, oppure a professionisti non sempre all’altezza dell’importanza del problema,
considerando che da ciò molte volte risultano soluzioni non rispondenti adeguatamente, né in linea d’arte, né sotto i rapporti di pratica e sapiente utilizzazione,
considerando che gli uffici stessi per la loro originaria formazione non sono atti a corrispondere all’eccezionale compito, anche quando vi possa essere persona idonea ad esso, però subordinata è nella impossibilità materiale di poter compiere con spirito schiettamente artistico la enorme mole di lavoro,
considerando infine che le condizioni attuali consentono di poter largamente usufruire di forze vive che possono portare una più sentita impronta del nostro tempo,
invita le Supreme Gerarchie a far presente le suesposte considerazioni al Governo, onde con adeguati provvedimenti di legge si stabilisca e si disciplini in via definitiva l’obbligo da parte delle varie amministrazioni di avvalersi del pubblico concorso qualora si tratti di elaborare il progetto di opere architettoniche che rivestano caratteri di speciale importanza”.

Sempre in tema di pubblici concorsi, l’architetto Fagnoni, notando come spesso i testi dei bandi redatti dai vari Enti pubblici o privati si dimostrino difettosi per deficienza di sostanza e di forma e si prestino talvolta ad equivoci ed ingiustizie, osservando che in fin dei conti il bando di concorso è soltanto una forma di contratto di lavoro fra l’Ente banditore ed il concorrente, propone che il Sindacato formuli un testo di bando tipo da sottoporsi al Consiglio Nazionale delle Corporazioni appunto come contratto tipo di lavoro. In detto testo dovrebbero essere considerati in apposite clausole tutti i provvedimenti atti a rimuovere gli inconvenienti lamentati dai precedenti interlocutori. L’architetto Bonì e l’architetto Melis, membri del Consiglio delle Corporazioni, sono d’accordo con Fagnoni e s’impegnano per la loro parte a sostenere le buone ragioni della proposta. L’architetto Fagnoni insiste quindi sulla necessità di, provvedere più efficacemente di quanto non si sia fatto fin qui alla difesa del titolo di architetto, usato spesso abusivamente da tecnici che non ne sono autorizzati.
Passando poi a considerare l’attuale costituzione delle Scuole Superiori d’Architettura, egli richiama l’attenzione dell’Assemblea su varie divergenze attualmente esistenti nei programmi d’insegnamento e propone che i Direttori delle medesime si riuniscano per uno scambio d’idee inteso a conseguine una maggiore unità. I Direttori delle Scuole Superiori di Architettura presenti: Giovannoni, Calza Bini, Brizzi, Cirilli, approvano la proposta.
L’architetto Cerpi riprende il tema dell’abuso del titolo per parte di tecnici non autorizzati, specialmente i geometri, e sulla facoltà loro concessa in taluni comuni, come ad esempio Firenze, di progettare e dirigere costruzioni di edifici di una determinata importanza: propone che il Direttorio consideri la possibilità di presentare una proposta di legge intesa ad inibire l’abuso.
L’architetto Leone afferma a questo proposito che, in attesa di provvedimenti legislativi, molto efficace può essere l’attività delle Segreterie Regionali, e cita l’esempio della città di Catania, nel cui regolamento edilizio, per azione del Sindacato, sono state incluse delle clausole che tutelano felicemente i diritti degli architetti.
A proposito delle recenti disposizioni per la riapertura delle iscrizioni all’Albo degli Architetti, Leone richiama l’attenzione dell’Assemblea sui pericoli derivanti da tale provvedimento e presenta il seguente

ORDINE DEL GIORNO:

“Il Congresso Sindacale Nazionale Fascista Architetti, ritenuto che le recenti disposizioni per la riapertura dell’Albo degli Architetti debba essere intesa come un provvedimento di equità atto a riparare lamentati e controllabili inconvenienti sorti nell’applicazione della legge 24 giugno 1923 e non come un anacronistico perpetuarsi di disposizioni definite dalla legge come transitorie,
esprime il voto che l’apposita Commissione, nel compiere questa opera riparatrice, mantenga quel criterio di consapevole rigidità che solo può conferire valore e prestigio alle iscrizioni all’Albo, e perché si avvalga della facoltà dell’esame, che può solo assicurare il controllo di quel minimo di cognizioni che l’esercizio professionale richiede,
e dà mandato al Segretario Nazionale di svolgere l’opera necessaria perché questo voto venga accolto dalla Commissione”.

L’ordine del giorno viene approvato dall’Assemblea.

L’architetto Ceccolini, in materia di Giunte Sindacali, chiede che si ottenga la costituzione della Giunta anche nei Sindacati aventi meno di 15 iscritti: ma l’on. Calza Bini ritiene inopportuno, anzi impossibile, presentare una simile proposta.

L’architetto Foschini, ricordando l’interesse che i giovani architetti razionalisti hanno saputo destare intorno all’architettura, propone che su questioni di capitale importanza attinenti ai problemi dell’arte nostra venga richiamata l’attenzione personale del Capo del Governo, acciocché detti problemi abbiano una soluzione pronta ed efficace.

L’architetto Fasolo intrattiene l’assemblea su proposte da lui concretate, intese ad ottenere il riconoscimento del compito degli architetti negli uffici pubblici dipendenti dallo Stato, dalle Provincie, dai Comuni o da altri Enti che si facciano promotori di costruzioni, ma in quella misura per cui la presenza di un architetto funzionario non significhi l’abbandono del sistema dei pubblici concorsi e della collaborazione dei liberi professionisti.

Esauriti gli argomenti all’ordine del giorno, l’on. Calza Bini riprende la parola, chiarendo il suo punto di vista su taluni degli argomenti trattati dall’Assemblea. Circa le proposte tendenti ad ottenere una legislazione sull’obbligatorietà dei concorsi per edifici architettonici pubblici, egli dice che in esito ad ordine del giorno presentato al Consiglio del Sindacato Nazionale del 1928, non dissimile da quello presentato ora dall’architetto Cirilli, egli aveva richiesto l’opinione di tutti i Sindacati Regionali, ma che non tutti hanno risposto. Essendo attualmente la questione matura, sollecita i camerati a fargli pervenire i loro desiderata per la preparazione del bando tipo.
Circa la tutela dei diritti di autore morali e materiali, così di frequente lesi dagli enti esecutori di progetti risultanti anche dalla vittoria di pubblici concorsi, il Segretario Nazionale ricorda che nel testo delle tariffe professionali testé formulate e approvate dalla Commissione Centrale dei Lavori Pubblici, tali diritti sono sanciti e riconosciuti, ma che non sarà male ribadirne i principi nel testo del bando di concorso tipo da formularsi.
Circa i frequenti abusi dell’esercizio professionale e del titolo di architetto per parte di tecnici non autorizzati, il Segretario Nazionale afferma che il principio di tutela essendo già sancito per legge, spetta agli interessati di farlo rispettare: e il procedimento più semplice è quello per cui il Sindacato della regione e della provincia ove l’abuso si verifichi faccia il relativo reclamo alla Giunta e questi inoltri denuncia al Procuratore del Re.
Circa gli sconfinamenti professionali, loda l’azione svolta singolarmente da alcuni sindacati, come ad esempio quello di Catania, al fine di precisare Particolarmente anche nella redazione dei regolamenti edilizi comunali i diritti già sanciti dalla legge. Comunque, in attesa che siano definite le contestazioni circa il regolamento professionale dei geometri, raccomanda ai camerati di esercitare la più intensa vigilanza onde evitare detti sconfinamenti di attività. Raccomanda pure che nella costituzione delle Commissioni Edilizie i Sindacati ottengano almeno la parità di rappresentanza con gli ingegneri, qualunque sia il numero dei professionisti esistenti nella città, facendo presenti alle autorità responsabili che la funzione delle Commissioni Edilizie non può essere affidata ad un criterio di rappresentanza proporzionale, bensì a quello della difesa di un pubblico interesse in materia di estetica edilizia.

Ha termine così la seduta del Consiglio del Sindacato: prima di sciogliere i convenuti l’on. Calza Bini dà lettura dei seguenti telegrammi che, a nome del Congresso egli propone d’inviare:

A S. E. il Capo del Governo: “Alla V. E. supremo reggitore fortune italiane, animatore di tutte le energie, il Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista Architetti riafferma unanime volontà servire grandezza paese servendo fedelmente il Regime ed E. V. e invia profondi devoti omaggi”.

A S. E. Giuseppe Bottai, Ministro delle Corporazioni: “A S. E. Bottai, ordinatore dello Stato corporativa, benevolo patrono aspirazioni architetti italiani, i partecipanti al Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista Architetti inviano con devota gratitudine entusiastico alalà”.

A S. E. Giovanni Giuriati, Segretario Generale del P. N. F.: “Consiglio Nazionale Sindacato Fascista Architetti rinnova al Segretario del Partito i sensi della più devota cosciente disciplina e ricordando in lui il Ministro che fu superbo animatore di opere pubbliche e creatore della legge sui cementi armati, gli invia con fedele ammirazione vivissimo plaudente omaggio”.

A S. E. Balbino Giuliano, Ministro dell'Educazione Nazionale: “Consiglio Nazionale Sindacato Fascista Architetti plaude E. V. per interessamento Scuole Architettura cui perfetto inquadramento Istituti Universitari conferisce maggior prestigio atto assicurare progresso architettura italiana.”

La lettura dei telegrammi è salutata da calorosi applausi e l’Assemblea si scioglie con vibranti alalà all’Italia e al Duce.
N. D. R.

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