CORRIERE ARCHITETTONICO
RESIDENZA DEL GOVERNATORATO DELLA CIRENAICA A
BENGASI
degli Arch. OTTAVIO CABIATI e GUIDO FERRAZZA
Gli arch. Ottavio Cabiati e Guido Ferrazza hanno costruito il Palazzo
del Governo a Bengasi, opera veramente singolare, nella quale gli autori
hanno saputo fondere in felice unità vari gradi di sensibilità
architettonica. Gli andamenti volumetrici risentono infatti dell’ambiente
arabo collo stendersi orizzontale del corpo di fabbrica del palazzo
e con la nuda verticalità del torrione, forme famigliari alle
moschee del luogo; i sobri elementi decorativi, delicati sulle candide
e piane pareti, fanno in pari tempo risentire l’origine italiana
e classica dell’edificio ed il tutto è legato da un’ispirazione
d’insieme piana e levigata che conferisce all’edificio un’impronta
di fresca modernità. Particolare finezza e leggiadria sono in
ogni dettaglio, nell’esilità di modanatura delle cornici
di coronamento dell’edificio e nelle sagome delle mostre di finestra,
nell’elemento terminale del torrione, nella lunga e sottile massa
del piano attico, la cui fronte rabescata, con tenue disegno di greca
a breve risalto sul fondo pieno, conferisce singolare armonia e serietà
a tutta la fronte della costruzione. Peccato che dopo tanto tempo ancora
non si sia trovato il modo di collocare in opera i bassorilievi previsti
nei due riquadri del torrione.
La pianta del palazzo è semplice e rispondente allo scopo. Pregevoli
materiali furono usati nella costruzione: gli stipiti delle finestre,
i cornicioni e le mensole di coronamento del torrione sono in pietra
rossa di Borgio Verezzi: le pareti sono ad intonaco lisciato e così
pure la greca del piano attico. L’intonaco del torrino terminale
e del soffitto del portico sono a stucco di polvere di marmo.
Presentiamo ai lettori anche alcuni dettagli interni dell’edificio,
buoni ma meno originali dell’esterno, un poco più triti.
Anche qui i materiali usati sono di ottima specie. Il rivestimento del
portico, dove non trovasi la pietra, è realizzato con piastrelle
a rilievo policrome (marocchine). Il vestibolo e lo scalone hanno le
pareti rivestite di marmi policromi, fra i quali prevale il cipollino
d’Italia. Il giallo di Siena, il bianco statuario venato, il verde
Tinos, il Reppen ed il nero del Belgio completano la policromia.
N. D. R.
ESITO DI CONCORSI
IL CONCORSO DI SECONDO GRADO
PER IL PROGETTO DI SISTEMAZIONE DEL CENTRO
DI FOLIGNO
È noto ai nostri lettori che nel 1929 il Consiglio di Amministrazione
della Cassa di Risparmio di Foligno indisse un concorso per il progetto
di sistemazione dell’area compresa tra la Via Mazzini, piazzetta
Barnabó e Via Amadio.
Demmo a suo tempo il testo del bando; e poi la notizia dell’esito
del concorso di primo grado che non era stato definitivo.
È stato recentemente giudicato il concorso di secondo grado,
di cui riuscì vincitore il progetto redatto dai giovani architetti
romani Paniconi Mario e Pediconi Giulio.
La Giuria era composta dai seguenti membri:
Cav. Giovanni Sorbi, presidente della Cassa di Risparmio di Foligno,
presidente;
Ing. Romolo Raschi;
Prof. ing. arch. Gio. Batt. Milani, professore nella R. Scuola Superiore
di Architettura di Roma;
Prof. ing. arch. Vincenzo Fasolo, professore in detta scuola;
Dott. Francesco Lami.
Siamo qui lieti di render nota l’esauriente relazione redatta
da detta commissione.
RELAZIONE
La Commissione giudicatrice del concorso bandito dalla Cassa di Risparmio
di Foligno per il palazzo Sede dell’Istituto e sistemazione edilizia
della zona limitrofa si è riunita in Foligno il giorno 15 febbraio
1931, alle ore 10, al completo dei suoi componenti.
Il Presidente ricorda come in ossequio a quanto aveva già giudicato
la Commissione ed esposto nella sua relazione motivata, in merito a
tale concorso, l’Istituto abbia invitato i due concorrenti i cui
progetti erano contraddistinti con i motti: Provando e riprovando ed
Alunno Nicolò ad una gara di secondo grado. Che ambedue i concorrenti
hanno risposto all’invito e sottopone quindi i nuovi elaborati
al giudizio della Commissione stessa.
In un primo esame la Commissione è lieta di aver potuto constatare
come in massima furono da ambedue i concorrenti tenute nel dovuto conto
le osservazioni della Commissione sui primi progetti, e come essi abbiano
dato maggior compiutezza di sviluppo ai nuovi elaborati per la qual
cosa il concorso possa considerarsi pienamente riuscito. Dopo ciò
è passata ad esaminare e discutere minutamente i due progetti
per rilevare sia il valore assoluto come quello relativo di ciascuno
in relazione al tema e alle condizioni del bando di concorso. Si riassumono
qui appresso le conclusioni in merito:
Progetto Alunno Nicolò. - Risolve felicemente la pianta dell’edificio
principale con sana ed organica disposizione della sala del pubblico
per la Cassa e dei vari servizi, lo stesso dicasi per l’Esattoria.
Anche il gruppo dei nuovi edifici e la loggia dei mercanti è
opportunamente risolto dal lato di sistemazione edilizia cittadina.
Dal punto di vista della decorazione architettonica si rilevano nel
progetto stesso pregi non comuni sia per l’insieme armonico degli
edifici sia per l’eleganza dei particolari. Restando fedele alla
prima felice risoluzione per cui detto progetto fu subito segnalato
su gli altri concorrenti nel primo giudizio (e di ciò in un concorso
di secondo grado è doveroso tener conto) il progettista ha molto
migliorato la prima idea assegnando all’edificio della Cassa un
aspetto predominante nell’insieme, così da distinguerlo
per l’importanza dell’ufficio pubblico che dovrà
ospitare. Fanno a questo corona gli altri stabili della sistemazione
che a lui si intonano. Bene ubicata la loggia dei mercanti per la quale
però alcuni dei Commissari hanno rilevato come questo elemento
non si affermi nel quadro d’insieme con importanza di proporzioni
caratteristiche in altri tradizionali esempi di città italiane.
La Commissione ha rilevato poi come il progetto risponda esaurientemente
anche nella parte finanziaria ed economica e interamente dimostrata
nei suoi aspetti di costo e di reddito, elemento, questo, che posto
in evidenza come uno dei più importanti sin dal primo esame del
concorso, ha pesato nel determinare ora il giudizio.
Progetto Provando e riprovando. - Per quanto anche questa soluzione
del complesso tema, presenti pregi non discutibili, pur tuttavia dal
punto di vista della disposizione generale dell’edificio più
importante, quale quello destinato alla Sede della Cassa, la soluzione
prescelta non appare felice. Migliore forse lo studio d’insieme
della sistemazione edilizia dove per altro è da notare la ripetizione
di una strada superflua a fianco del palazzo della Cassa. Ben impostato
il motivo predominante della loggia dei mercanti. Poco persuade il partito
architettonico prescelto, specie per l’edificio principale: il
concorrente abbandonando i criteri decorativi seguiti nel primo suo
progetto riportò lo stile architettonico dell’edificio
ad un carattere quattrocentesco che in ogni caso non si fonde con l’ambiente
delle costruzioni esistenti di sapore cinquecentesco che sorgono in
vicinanza a quelle progettate.
Compiuto questo esame analitico dei progetti i cui risultati furono
qui sopra riassunti, sorse in seno alla Commissione la discussione in
merito a quale peso dovesse avere nel giudizio la soluzione di edilizia
cittadina specie riferita all’elemento Loggia dei Mercanti nell’insieme
del complesso tema, scopo del concorso.
Alcuni Commissari espressero a questo riguardo la preferenza alla soluzione
della Loggia quale è proposta dal progetto “Provando e
Riprovando” opinione non condivisa peraltro da altri i quali,
sia nel merito particolare della soluzione, sia nello stabilire l’importanza
in rapporto a tutti gli altri aspetti del complesso problema proposto
al concorso, non seppero mutare il convincimento che potesse questo
particolare lato del tema spostare a favore del progetto suddetto, il
complesso favorevole di considerazioni ben più numerose e importanti
risultate nell’esame del progetto “Alunno Nicolò”.
La proposta di parità di merito, in definitiva avanzata da qualcuno
dei Commissari, e sulla quale si svolse il dibattito non ebbe la maggioranza,
tuttavia il diverso parere fu consacrato e motivato nel verbale della
seduta e ad esso ci rinvia la presente relazione in rispetto della opinione
di alcuni dei Commissari.
La Commissione quindi passò per votazione all’assegnazione
del primo premio che rimase aggiudicato al progetto “Alunno Nicolò”
ed il secondo premio assegnato al progetto “Provando e riprovando”.
Il Presidente aperte le buste allegate ai due progetti ha constatato
che autori del progetto giudicato degno del primo premio sono gli architetti
Paniconi e Pediconi, e autore del progetto prescelto per il secondo
premio l’architetto Cesare Bazzani.
L’importante competizione così si chiude ponendo in evidenza
il merito di due giovani. L’artista più grande ammirato
e ammirevole per l’ardore e l’esempio battagliero che lo
induce alle battaglie dell’arte con indomito anelito, come ogni
maestro, vedrà nel rifiorire e rinnovarsi delle energie artistiche
di cui è capace la nostra sana razza una ragione di speranza
per l’arte italiana che è quello che su tutto e su tutti
deve trionfare gloriosamente.
Firmato: Giovanni Sorbi - Ing. Romolo Raschi
Gio. Batt. Milani - Vincenzo Fasolo
Francesco Lami
N. D. R.
CRONACA DEI MONUMENTI
RESTAURO DEL PALAZZETTO DI ANDREA DORIA
IN GENOVA
Nel restauro del Palazzetto di Andrea Doria a S. Matteo i genovesi vedono
raggiunta una loro antica aspirazione: noi vediamo in questo lavoro
non solo il compimento di un sogno, ma l’inizio del restauro completo
di tutte le case di Piazza S. Matteo.
La storica piazzetta medioevale, cuore della “Città dei
Doria” sta per essere restituita alla nostra ammirazione ed al
culto dei genovesi nel suo aspetto genuino d’origine e sarà,
a lavori ultimati, uno degli ambienti d’arte e di storia tra i
più suggestivi d’Italia.
Il Podestà di Genova Senatore Broccardi ha avuto il merito di
iniziare l’opera decretando onori al grande Ammiraglio col restauro
della Casa donatagli dalla Repubblica; a Orlando Grosso, Direttore dell’Ufficio
Municipale di Belle Arti, va data lode per aver diretto i lavori con
la perizia di un bravissimo restauratore, che si palesa nell’accordo
felicemente raggiunto tra le parti intatte e quelle ripristinate, e
nella corretta, armonica fattura di queste ultime, che ci consentono
di godere l’intera opera senza rilevare quei contrasti, che bene
spesso abbiamo dovuto constatare in altri restauri.
* * *
La Casa di Andrea Doria costruita e modificata sulla fine del sec.
XV e nel principio del sec. XVI, in un momento di transizione della
forma del gotico fiorentino alla pura rinascenza, mentre erano ancora
vivi certi ricordi dell’arte ispano moresca, è fra le più
caratteristiche di Genova e d’Italia.
È questo un breve periodo forse di un ventennio che ci ha dato
alcune case, ornate di affreschi simili a quelli di Palazzo Doria a
San Matteo, altre ornate di colonne e decorazioni della rinascenza lombarda
ed anche con ricordi molto simili alle decorazioni murali tedesche ricordate
nelle stampe dell’Holbein.
Palazzo Doria a San Matteo è l’espressione più gentile
e bella dell’arte di questo periodo: il tempo e gli uomini l’avevano
maltrattato alquanto, ma per fortuna mentre nell’interno erano
state condotte trasformazioni radicali, nell’esterno molti documenti
palesi o nascosti nella muratura sussistevano ancora.
Tutti ricordano in quale stato era ridotto: la loggia del primo piano
era occultata, ed una finestra moderna era stata aperta nell’arcata
; l’arcata della loggia e gli occhi, verso la Via Arcivescovado,
completamente murati, le quadrifore distrutte e ridotte a finestre moderne.
La loggia del secondo piano murata, tanto dalla parte della Via Arcivescovado,
quanto dalla Piazza con una finestra al centro, l’attico che forma
il parapetto del terrazzo trasformato nel sec. XIX con elementi del
gotico inventato in quel secolo. Le bifore architravate dell’ultimo
piano distrutte per la costruzione di un ampio cornicione settecentesco
che aveva distrutta anche una parte della falda del tetto primitivo.
Tonnellate di muratura e di detriti (circa 300) pesavano sull’architettura.
Del Palazzo si erano occupati il D’Andrade nel 1868 ed il Crotta
nel 1886, compiendo dei rilievi, il Campora nel 1911 e il Terenzio nel
1919 avevano studiato dei progetti di restauro, ma durante l’esecuzione
del restauro per i risultati ottenuti dall’esame del Monumento,
si dovettero riscontrare differenze sostanziali con questi progetti.
La soluzione statica del restauro richiedeva un sistema di legamento
che permettesse di svuotare le loggie senza portare danno alla stabilità
dell’edificio, anzi migliorandola.
Venne adottato un sistema di legamento in cemento armato, una trave
che unisce il coronamento dell’edificio con una soletta al corpo
del palazzo. Un trave perpendicolare, lega il trave di coronamento con
il pilastrino d’angolo dopo essersi incorporato con un secondo
trave, parallelo a quello di coronamento che, incastrato nello spessore
del muro fra le due loggie, distribuisce il peso sulle colonnine esili
della loggia inferiore. Un ultimo trave di cemento armato scarica il
peso eccessivo del fascio delle quattro colonnine sulle quali è
voltato l’arco scemo della scala.
Tutte le colonnine, i capitelli spezzati, le basi deteriorate, il parapetto
logoro e le cordonate furono rifatte copiando i pezzi antichi, e dove
si presentava la necessità di rinforzi furono eseguite piattaforme
di cemento armato. II lavoro è stato irto di difficoltà
tecniche, poiché la casa venne letteralmente tagliata poco sopra
della loggia per tutta la sua lunghezza per distendervi il trave.
* * *
Consolidata così la casa si procedette al restauro artistico.
Durante i lavori di consolidamento l’esame del monumento era stato
eseguito con scrupolosa attenzione.
Si rinvennero tutti gli elementi utili per il restauro - l’arco
che formava il parapetto del terrazzo; la cornice a mattoni a sega decorati
a spina di pesce, la falda antica del tetto; uno dei merli dell’edificio;
la decorazione delle loggie; e fu rilevata sul posto la decorazione
delle bifore e delle quadrifore, che furono pure rinvenute nella parte
che sporge sul cortile interno.
Tutti gli elementi decorativi eseguiti, sono stati desunti dai resti
antichi rinvenuti, che furono pazientemente conservati.
Infatti il restauro fu limitato alla sola parte che si dovette toccare
per il restauro statico e nelle parti ormai deteriorate dal tempo.
Le parti nuove sono: il parapetto della loggia che è stato ricostruito
sui dati rinvenuti: la decorazione sotto le logge che era obliterata
e fu rifatta sugli esempi della stessa decorazione che si stende lungo
la parete prospicente la Via Arcivescovado, parte dell’intonaco
della facciata delle due loggie, che conservava ancora resti antichi
incorporati nei restauri ed infine le decorazioni della prima bifora
e della prima quadrifora che erano obliterate, il cornicione e la merlatura,
con la falda del tetto ritornata alla primitiva forma.
Le quadrifore e le bifore che conservano ancora resti di decorazione
furono soltanto completate nelle parti mancanti per le trasformazioni
subite nei secoli posteriori, invece quelle che mancavano di decorazione,
dopo averle riempite di sabbia, furono dipinte senza toccare altro intonaco.
* * *
È risultato così un graziosissimo esempio di architettura
composto di un basamento a zone alterne di marmo bianco e nero, di un
corpo di palazzo con facciata di intonaco, ornato nel primo piano da
una loggia ad archi trilobati, con decorazione bianca e nera, e da tre
quadrifore con la caratteristica decorazione a torri sormontate da bandierine
genovesi; di un secondo piano una modanatura semplice con ornati neri
divide il primo dal secondo piano - composto di bifore ornate da decorazioni
uguali alle quadrifore, e allo stesso piano di una loggia cinquecentesca.
Una fascia nera dipinta separa il secondo dal terzo piano, che sorge
sopra il bellissimo terrazzo; le bifore architravate di questo piano
portano ai lati la decorazione di colonnine tortili uguali a quelle
delle quadrifore e delle bifore. Non essendosi rinvenuti elementi per
la ricostruzione della decorazione superiore, questa non venne eseguita.
Il tetto si compone della già descritta cornice e dell’attico
a merlatura, ornata nella parte interna con righe nere.
MARCELLO PIACENTINI
RECENSIONI
ARTE ANTICA
JOSEPH HECHT. Der romanische Kirchenbau des Bodenseegebietes. Band I.
Frobenius A. G.Verlag. 1928.
Non ostante la limitata estensione dell’argomento, il libro dell’Hecht
porta un notevole contributo alla conoscenza dell’architettura
religiosa dell’Alto Medioevo. La regione presa in esame è
quella che circonda il Bodensee, il lago di Costanza, regione, che per
la posizione geografica, trovandosi al principio della valle del Reno,
e sulle vie di comunicazione fra Italia, Germania e Francia, non meno
che per le vicende storiche, essendo rimasta fino al ‘400 unita
agli avanzi dell’Impero Romano, mantenendone vive la cultura e
le tradizioni artistiche, costituì prima e dopo la conquista
carolingia uno dei centri di origine e di diffusione dell’arte
romanica in Europa. Le maggiori tracce che ci restano dell’attività
artistica di quei tempi sono appunto le chiese che formano l’oggetto
del presente studio.
Il primo volume pubblicato nel 1928, contiene una accuratissima analisi
architettonica e documentaria dei monumenti. La serie si inizia con
la Basilica di S. Gallo di cui sono illustrate le diverse parti e i
successivi rifacimenti, da quello dell’abate Gozbert a1 principio
del secolo IX, che era già il terzo e ci è conservato
dalla nota pianta della stessa epoca, attraverso gli adattamenti eseguiti
allo scorcio dello stesso secolo IX, e alla metà dell’XI,
fino al progetto preparato, ma non eseguito, dal P. Gabriele Hecht nel
1719. A questo importantissimo monumento fanno seguito altre chiese
della stessa città di S. Gallo, dell’Isola Reichenau, di
Schienen, di Costanza, di cui sono prese in esame la cattedrale e varie
chiese abbaziali e parrocchiali, di Sciaffusa e di altri centri minori.
Nella seconda parte del volume sono trattate le chiese di campagna.
Impossibile riassumere le caratteristiche dei diversi monumenti: fra
le più interessanti è la presenza delle absidi terminali
contrapposte, comune alle chiese più antiche, quali S. Gallo,
S. Maria e S. Giorgio dell’Isola Reichenau. Degne di attenzione
sono pure alcune fogge di capitelli che ad un nucleo di forma simile
ad una campana rovesciata e molto schiacciata affiancano rozzi motivi
vegetali che sostengono gli angoli dell’abaco; altre invece geometriche,
del tipo comunemente detto cubico, ma su pianta ottagona; altre infine
simili a quelle usate dall’arte romanica italiana. Il pilastro
polistile proprio dell’architettura romanica più evoluta
manca quasi del tutto: il sostegno usato fra le navate è la colonna
tozza e rigonfia e il pilastro quadrato; solo in corrispondenza del
transetto e del presbiterio appaiono piedritti a pianta cruciforme.
Tutta l’opera ha carattere severamente scientifico e rispetto
ad altre pubblicazioni sullo stesso argomento rappresenta un passo avanti.
In vari punti le ipotesi sostenute dagli autori di studi più
generali (Dehio-Bezold, Effman, Ostendorf, Schreiber), sono discusse
completate corrette e talvolta smentite dalle documentazioni, tratte
direttamente dalle fonti, dell’Hecht, che, di quanto ha ristretto
l’estensione del proprio lavoro, di tanto ne ha sviluppato la
profondità. Alle fotografie sono alternati disegni schematici
chiarissimi, dai quali appaiono, oltre numerosi interessanti particolari,
gli aspetti assunti dai monumenti nei diversi periodi della loro esistenza.
Così è possibile rivedere nelle linee della loro forma
primitiva e dei successivi adattamenti l’abbazia di S. Gallo,
le chiese di S. Maria e di S. Giorgio di Reichenau, la cattedrale di
Costanza, le basiliche dei monasteri di Sciaffusa ecc.
Le conclusioni che devono derivare da questa imponente massa di osservazioni
e di dati saranno oggetto del secondo volume già enunciato col
nome di “Sintesi” che riassumerà le caratteristiche
decorative e costruttive comuni ai diversi edifici, ricercandone le
origini e gli sviluppi. Torneremo allora sull’argomento, ma fin
d’ora additiamo l’opera a quanti si occupano di storia dell’architettura,
come meritevole di interessamento oltre che per l’importanza del
soggetto, per il metodo veramente esemplare di studio e di presentazione.
GIORGIO ROSI.
HENRI CLOUZOT. - Le papier peint en France du XVII au XIX siècle.
Paris, Les Editions
G. Van Oest.
HENRI ALGOUD. - Le décor des soieries françaises de l’origine
a 1815. Paris, Les Editions, G.
Van Oest.
ÈTIENNE REVILLE. - La reliure française, II. Paris, Les
Editions G. Van Oest.
Alla collezione Architecture et arts décoratifs pubblicata sotto
la direzione di M. Louis Hautecoeur, nelle edizioni di G. Van Oest,
assai sobrie ed eleganti, vengono ad aggiungersi i tre volumetti indicati,
eguali d’interesse perché la materia diversa è trattata
con eguale equilibrio fra indagine storica, sovente portata in fonti
inedite, e indagine estetica volta a segnare lo sviluppo delle forme
d’arte e a determinarne il diverso valore nel tempo.
Nel primo volume: Le papier peint en France du XVII au XIX siècle,
l’autore Henri Clouzot traccia lo sviluppo di questa trascurata
forma d’arte decorativa, dai primi tentativi databili alla fine
del 500 fino a1 1832-1842, epoca in cui l’invenzione d’Isidore
Leroy rese del tutto meccanica la produzione della carta da parato.
Il libro assai prezioso di Jean Baptiste Michel Papillon: Traité
historique et pratique de la gravure sur bois (1766), offre all’autore
buona copia di notizie sulla tecnica, sui tipi di carte, sulle più
importanti botteghe della prima metà del 700, periodo in cui
la famiglia Papillon esercita una vera egemonia produttiva, altre notizie
illustrano la produzione della seconda metà del 700, dominata
da Jean Baptiste Réveillon, alla quale fornivano disegni artisti
come Lavallec-Poussin. Risultano bene determinati i caratteri della
decorazione prediletta alle botteghe più in fama del 700 ed eguale
chiarezza accompagna lo studio della produzione del sec. XIX la quale
fu di decennio in decennio mutevole in conformità alle mutevoli
condizioni politiche.
Nei primi anni, il delicato repertorio settecentesco cede ad allegorie
e a composizioni patriottiche, più oltre si ritorna alle imitazioni
tessili, alle vaste composizioni mitologiche, alle illustrazioni di
romanzi più in voga; verso il 1830, piacciono sulle pareti grandiosi
quadri, paesaggi, costumi orientali. Tanta varietà di forme è
documentata oltre che dalle notizie storiche, da un ricco materiale
fotografico assai opportunamente scelto.
Malgrado la perfetta obiettività della trattazione, il libro
di H. Clouzot suscita quesiti e impone come indispensabile una sosta
di meditazione su questa forma d’arte decorativa, la carta dipinta,
che ha tanta importanza nella formazione degli ambienti.
All’architettura di un interno la carta da parato aggiunge l’elemento
colore, il quale può valere ad accentuare o disperdere la luce,
o suggerire illusorietà di spazio ampio o concluso, a confermare
o a compromettere il necessario rapporto fra volume e illuminazione.
A guardare con quanta spontanea aderenza si unisce il colore alle architetture
del rinascimento italiano, maraviglia osservare come, pur continuando
a vociferare il rispetto alla tradizione, gli architetti tradizionalisti
siano pervenuti a un tale completo disinteresse della funzione del colore
nella decorazione degl’interni, da affidare ad altri la scelta
della carta da parato. Per la quale, non si tien conto della spaziatura
e della illuminazione della stanza, del corpo architettonico sul quale
essa deve aderire, ma piuttosto delle qualità etiche dell’inquilino
per cui, immancabilmente, la carta rosella era per giovani sposi, l’azzurrina
per la fanciulla educanda, e così di seguito, in relazione all’età,
alle tendenze e mai all’architettura dell’ambiente.
La colpa di questo fatto va divisa in parti eguali fra l’architettura
e la carta da parato. Questa infatti, sorse per sostituire elementi
decorativi molto costosi quali le stoffe e gli affreschi. Era ed è
compito accettabile purché la sostituzione non apporti compromessi
o falsificazioni. È avvenuto invece che la carta da parato si
è spinta a volere falsificare gli effetti delle stoffe, dei damaschi,
dei merletti, a falsificare gli effetti della pittura a grottesche,
della pittura romantica illustrativa, poi financo dell’architettura
e tolto ciò con una completa dimenticanza della propria umile
origine e della propria fragile natura.
I decoratori delle carte hanno a poco a poco obliato le vere possibilità
della materia impiegata e hanno preteso e raggiunto sforzati limiti
che non potevano più adattarsi razionalmente all’architettura
d’un ambiente. E la carta da parato per voler far da padrona,
finì col far da serva, assunta o licenziata da ogni inquilino
secondo la necessità o il capriccio.
Oggi, il ritorno ad un concetto di forma colore nella creazione del
progetto degli edifici è già stato sentito e anche nobilmente
attuato: la ricerca di stretti legami fra architettura, colore, mobilio,
nella creazione degli ambienti è problema assai vivo e già
con ottimi esempi di soluzione, si può sperare che questo sia
d’incoraggiamento ai produttori di carte da parato per una revisione
dei repertori decorativi ormai triti, e per la creazione di nuove forme.
HENRI ALGOUD. - Le décor des soieries française de l'origine
a 1815. Paris, Les Editions G.
Van Oest.
Dopo il libro di Fanny Podreider: “ Storia dei tessuti d’arte
in Italia ” (Bergamo 1928), viene assai opportuno questo studio
sulle stoffe francesi del sec. XVIII e XIX, secoli in cui l’egemonia
dell’ornamentazione tessile passa dall’Italia alla Francia.
L’autore registra i primi tentativi d’una produzione indigena
indipendente da ogni imitazione italiana, tentativi continuamente inevasi
nei sec. XVI e XVII; poi coglie le prime manifestazioni di originalità
decorative e si ferma a descrivere la mirabile fioritura dell’arte
tessile francese all’epoca di Luigi XV e Luigi XVI, il perfezionamento
della scuola di Lyon favorita da Napoleone, i tipi della produzione
stile impero.
Le 32 tavole che illustrano il testo, consentono di ben comprendere
la differenza fra le diverse forme decorative, sicché il libro
può essere egualmente utile allo studioso che all’amatore.
ÉTIENNE REVILLE. - La reliure française, II. Paris, Les
Editions G. Van Oest.
L’autore continua in questo secondo volume la sua dotta ricerca
sulla rilegatura francese raccogliendo in alcuni capitoli ricche notizie
sopra artieri e artisti, corporazioni e raccolte private, in altri invece
tracciando assai nitidamente lo sviluppo delle forme decorative.
La rilegatura francese dei primi anni del 700 è dominata dal
gusto diremmo tessile, di A. M. Padeloup (1685 - 1755) che introduce
la moda della decorazione tipo merletto, moda che continua con più
felici ritrovamenti - la dentelle à l’oiseau, - per opera
del Decorne.
Poi la rilegatura decade sotto la rivoluzione e il direttorio - “
on traita les libres comme des bottes sans souci de leur durée
et sans goût ” dice l’autore; e la decadenza è
segnata dalla sostituzione della carta al marocchino e dal mutato repertorio
decorativo “ joli petit arsenal democratique des bonnets phrygiens,
des triangles, des faisceaux de licteur et, a côté de cet
attirail, l’aimable symbolique grec du Directoire ”.
Nel sec. XIX, le rilegature mutano continuamente forme e decorazioni;
le conquiste in Egitto portano elementi orientalizzanti, il nascente
romanticismo portò il gusto all’architettura gotica; si
ebbe un ritorno al rocaille, si ebbe un ritorno all’antica decorazione
delle botteghe limosine.
L’autore segue con sensibilità il variare delle forme decorative
reso evidente dalle belle fotografie, e, nel tempo stesso espone ricche
notizie sopra gli artisti e gli artieri che si dedicano alla invenzione
o semplicemente alla esecuzione della decorazione, quasi sempre elegante,
delle rilegature dei libri.
MARIA ACCÀSCINA
ARTE MODERNA
DR. ING. KARL FRECKMANN-KIRCHENBAU. Ratschläge und Beispiele. Mit
132
Abbildungen herder, Freiburg im Breisgau 1931.
L’autore non si è proposto di risolvere in questo libro
un problema estetico, ma bensì tecnico, non si rivolge allo storico
dell’arte ma al costruttore, per questi valgano i suggerimenti
e gli esempi (si veda il sottotitolo del volume: «Ratschläge
und Beispiele») che vi sono raccolti. Il Freckmann ha del resto
una particolare competenza in materia, avendo personalmente costruito
numerose chiese. Il metodo pratico e chiaro dell’esposizione consente
anche ai profani di rendersi conto del processo moderno di costruzione
e mira forse anche a convertire il clero, dove si mostri ancora restio,
all’uso del cemento armato nella chiesa ed a una nuova forma architettonica
che pur tenendo presente le imprescrittibili necessità del culto
e il naturale desiderio dei credenti di trovare nella casa di Dio l’espressione
armonica del proprio sentimento, risponda ai nuovi criteri costruttivi.
L’autore fedele al suo programma prevalentemente tecnico, divide
la trattazione in tre parti: Nella prima propone un esame del programma
generale dipendente dall’ampiezza che si vuol dare alla chiesa
in proporzione al numero dei fedeli, quindi propone la scelta del sito
più atto alla costruzione e dell’architetto meglio rispondente
al programma. In una seconda parte, tratta minutamente del progetto
e della sua esecuzione, esamina le piante più rispondenti ad
una buona utilizzazione dello spazio, si occupa dettagliatamente di
ogni particolare dalla sacristia all’atrio, dall’ambone
al tetto; seguono notizie su l’uso più consigliabile del
materiale, 1’illuminazione, ecc. Non manca neppure un’esposizione
finanziaria che naturalmente ha valore reale per la sola Germania, ma
fatti i dovuti scarti, non manca d’interesse generale.
L’ultima parte del libro è dedicata a problemi formali
e agli indirizzi rispondenti alle attuali correnti architettoniche,
vi si nota giustamente che oggi la chiesa, non si è creata uno
stile proprio, ma segue più o meno felicemente quello generale.
Il testo è seguito da una cinquantina di pagine illustrate, dove
sono esaminate e brevemente illustrate ben 50 chiese costruite in questi
ultimi anni, per la maggior parte inedite; il commento è sempre
molto prudente e si vede che 1’A. vuol conservare un certo equilibrio
fra il nuovo e il tradizionale: perciò si esime di comprendere
nelle illustrazioni quegli esempi di chiese attuali che troppo accentuatamente
e deliberatamente abbandonano, da un punto di vista espressivo, la tradizione.
Il volumetto è insomma utilissimo e pregevole soprattutto nella
parte tecnica, meno nell’eseme del dato estetico che, in fondo,
è sorvolato.
LIDIA CIANCIO.
NOTIZIARIO
LA COSTITUZIONE DI UN CENTRO DI STUDI DI TECNOLOGIA EDILIZIA
PRESSO LA R. SCUOLA D’ARCHITETTURA IN ROMA
Presso la R. Scuola d’Architettura in Roma è stato costituito
un Centro di Studi di Tecnologia Edilizia.
La direzione della Scuola così comunica alle Direzioni dei principali
periodici tecnici la notizia dell’iniziativa ed i suoi caratteri:
«Portiamo a conoscenza della Direzione di codesto autorevole periodico
che presso la R. Scuola di Architettura di Roma è stato costituito
un Centro di Studi di tecnologia Edilizia.
Scopo principale di questa istituzione è quello di raccogliere
e far conoscere sia agli studenti, sia al mondo tecnico ed artistico
tutti quei portati della tecnica e della industria moderna che hanno
ormai trasformato l’edilizia, tanto nel campo dei materiali costruttivi
(cementi, conglomerati speciali, metalli, isolanti, vetro ecc.) quanto
nel vasto dominio dei prodotti di finimento delle fabbriche (vernici,
rivestimenti, marmi, pietre, pavimentazioni, intonachi ecc. e in tutti
gli accessori dell’edificio, come ad esempio serramenti, apparecchi
di ventilazione, riscaldamento, impianti sanitari, canalizzazioni ecc.).
A questo scopo immediato si innesta un altro fine di maggiore portata
che interessa la vita industriale e commerciale della Nazione nel campo
dell’Edilizia.
Non è chi non veda oggi come il nostro mercato sia invaso da
numerosi prodotti stranieri mentre spesse volte risorse naturali rimangono
poco curate; e come l’iniziativa nazionale nel campo dell’industria
Edilizia non abbia quella vivacità richiesta dalla modernità
dei tempi e dall’ampia organizzazione dello Stato Fascista. Ed
è necessario che un estraneo ad ogni influenza commerciale ed
economica esamini le varie possibilità ed il valore dei materiali
e dei finimenti degli edifici oggi sul mercato.
Questo Centro di Studi della R. Scuola di Architettura si propone perciò
principalmente e progressivamente nel suo programma di azione :
a) Raccolta di notizie e di campioni dei vari materiali, esecuzione
di esperienze e ricerche, con speciale riguardo ai nuovi prodotti.
b) Studi ed iniziative per la valorizzazione dei materiali e risorse
nazionali.
c) Redazione di memorie e studi, sui materiali e sui campioni presi
in esame, pubblicazione di un Bollettino di Tecnologia Edilizia; conferenze
ecc.
d) Propaganda per una maggiore cura ai dettagli e particolari delle
nuove costruzioni, finiture degli edifici ecc.
e) Utilizzazione di questi studi anche a scopo didattico per gli allievi
della Scuola al fine di creare una mentalità critica e ricercatrice
nei giovani Architetti Italiani.
Da questi punti fondamentali dal programma, codesta On. Direzione può
ben comprendere l’importanza dell’istituzione, di questo
Centro che si differenzia anche sostanzialmente dai Laboratori Scientifici
in uso presso le Scuole di Ingegneria, dato che vuol essere un organismo
pratico ed in stretto contatto con la pratica professionale degli Architetti
e degli Ingegneri e col campo commerciale attinente.
Siamo certi che codesta Direzione vorrà portare al nostro Centro
di Studi il suo contributo di appoggio non solo morale ma anche pratico
sia con proposte sia coll’interessarsi e con il favorire lo svolgimento
del nostro programma.»
La Rivista d’Architettura, richiama l’attenzione dei lettori
sulla importante iniziativa che merita d’essere confortata di
propaganda e d’opere.
N. D. R.
SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI
PAGINE DI VITA SINDACALE
CONSIGLIO NAZIONALE DEL SINDACATO ARCHITETTI
Pel giorno 16 luglio è convocato in Roma, a norma dello statuto,
il Consiglio Nazionale del Sindacato Architetti, al quale parteciperanno
i Segretari Regionali e due membri di ogni Direttorio Regionale o Interprovinciale,
i presidenti delle Giunte Sindacali ed il Direttorio Nazionale.
L’ITALIA AL XIII CONGRESSO
DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DELLE
ABITAZIONI E DEI PIANI REGOLATORI
Com’è noto, si è svolto a Berlino, nella prima
quindicina di Giugno, il XIII Congresso della Federazione Internazionale
delle Abitazioni e Piani Regolatori, con larga partecipazione di Architetti
Italiani.
Rimandiamo al prossimo fascicolo un esteso resoconto dei lavori del
Congresso e preannunciamo per altri fascicoli articoli esaurienti sulla
Esposizione Internazionale sul tema, tenutasi a latere del congresso
stesso.
UN IMPORTANTE DISCORSO
DI S. E. L’ON.LE EMILIO BODRERO
ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Nella tornata del 30 aprile u. s. 1’On.le Emilio Bodrero Commissario
della Confederazione dei Professionisti e Artisti ha tenuto un importante
discorso, volto a valutare l’opera ed il peso dell’Ente.
Ci è grato riferirne il contenuto:
Dopo aver messo in chiaro il sommo valore della tredicesima corporazione,
la corporazione dell’intelligenza, di cui egli raccolse da sei
mesi il Commissariato dalle mani dell’On.le Di Giacomo che ne
è stato per molti anni presidente, 1'On.le Bodrero parla dell’opera
svolta dal suo egregio predecessore nell’organizzazione della
Confederazione comprendente tutti i professionisti ed artisti d’Italia,
ripartiti in 21 Sindacati e 3 Associazioni, ciascuno dotato ormai di
statuto organico e di speciale conformazione.
Ma, compiuto l’ordinamento storico dell’Ente, conveniva
procedere all’opera dinamica, riguardante l’azione dei Sindacati
in seno allo stato corporativo. A questo punto 1’On.le Bodrero
parla delle notevoli difficoltà e resistenze incontrate nell’iniziare
tale opera, dipendenti in primo luogo da diffidenze d’ogni genere
verso la confederazione, poi dalla sopravvivenza d’attività
analoghe, svolte da istituzioni similari, e da altre cause. Dice testualmente
1’On.le Bodrero: «Questa Confederazione, secondo la carta
del lavoro dovrebbe essere la famosa tredicesima Confederazione, quella
che si pone in mezzo tra il capitale e il lavoro, come terzo elemento
per costituire l’armonia che da questi elementi soltanto economici
della Produzione, reca in essere il vantaggio supremo della Nazione.
Ora questo risultato è tutt’altro che conseguito, e mi
permetto di affermare altresì che è molto lontano dall’essere
raggiunto».
Fra le cause che recan remora al raggiungimento degli obiettivi della
Confederazione, 1’On.le Bodrero cita sopratutto la distinzione
assoluta e non molto simpatica che si pone da noi tra la professione
e 1’impiego, mentre invece la distinzione è puramente formale;
si è voluto isolare assolutamente la Confederazione e restringerla
solamente a coloro che esercitano una libera professione. Limitata da
queste e varie altre ragioni la sua opera naturale, non resterebbe nel
suo insieme alla Confederazione che il modesto compito di sorvegliare
le tariffe professionali e fissare i confini che possono dividere talune
attività dalle altre: compito troppo modesto per un’Ente
che invece raccoglie in sé le più alte energie intellettuali,
le quali dovrebbero avere il diritto e il dovere di essere efficacemente
adoperate nelle più gravi ed urgenti questioni della vita spirituale
della Nazione e della produzione Nazionale. Sotto questo punto di vista
la Confederazione attende ancora la propria consacrazione.
In seguito l’On.le Bodrero considera alcune principali sfere di
attività in cui le energie facenti capo alla Confederazione potrebbero
utilmente essere impiegate. In primo luogo la Scuola ch’è
la vera fucina ove si formano i professionisti e gli artisti. Attualmente
della Scuola è arbitro il Ministero della Educazione Nazionale,
in tutti i campi in cui la Scuola stessa è chiamata ad esercitare
la sua funzione: cioè nello sviluppo della cultura del cittadino,
nella tutela e nell’incremento della scienza ed anche nella formazione
del professionista: ma in questo ultimo campo, specialmente per quanto
riguarda gli indispensabili collegamenti ed interferenze della cultura
astratta colla attività pratica, tanto più quando si tratti
degl’insegnamenti indispensabili al piccolo operaio, al capo d’arte,
al modesto professionista, le Corporazioni potrebbero essere chiamate
a prestare opera e consigli preziosissimi, possedendo esse soltanto
gli elementi vivi di giudizio atti ad indicare il nutrimento di cultura
più utile ed opportuno nei singoli casi.
Così continua testualmente l’On.le Bodrero. «Si tratta
di armonizzare l’uso dell’intelligenza professionale con
quello dell’intelligenza tecnica, attraverso il nutrimento scientifico
e l’inspirazione fascista. Si tratta di deliminare in modo preciso
l’azione di Governo e l’attività corporativa in guisa
da contemperare una illuminata libertà spirituale con una direttiva
parimenti illuminata di governo, evitando i danni della libertà
e quelli della invadenza eccessiva dello Stato.
E’ necessario dunque che la mia Confederazione riceva la sua consacrazione
e sia utilizzata dallo Stato nei suoi organi in modo da essere ascoltata,
perché essa comprende i professionisti italiani i quali possono
ben utilmente integrare l’azione dello Stato. Ma anche perciò,
e di questo faccio formale proposta al camerata Bottai che con tanta
passione ed intelligenza sovraintende al Ministero delle Corporazioni,
è necessario che i professionisti entrino a far parte della vita
della Nazione molto più efficacemente di quello che non abbiano
fatto sin qui.
Perciò mi permetto di domandare formalmente che la Confederazione
dei Professionisti ed Artisti sia, con provvedimento legislativo, specificatamente
invitata ad inviare i suoi rappresentanti non solo nelle commissioni
provinciali e comunali che esigono l’assistenza di elementi professionali,
ma anche negli organi e nei consessi superiori dei ministeri in ciascuna
delle amministrazioni dello Stato.
Questo deve essere il primo passo per la valorizzazione dell’intelligenza
del professionista italiano, perché questa Confederazione che
credo dovrebbe esercitare un’azione più alta che non sia
quella di intromettersi come terzo elemento fra capitale e lavoro, deve
rappresentare l’espressione suprema della nostra spiritualità,
sopratutto quella che deve essere esplicata nella pratica della vita,
del lavoro e della scienza, perché lo Stato corporativo da questa
Confederazione attende la esplicazione di una gran parte dei suoi compiti,
l’attuazione di una gran parte dei suoi ideali».
Il discorso dell’On.le Bodrero, chiuso da un’accesa perorazione
sull’opera del Regime nella formazione dello Stato Corporativo,
è accolto da vivissimi applausi dell’assemblea.
N. D. R.
ESITO DI CONCORSI
CONCORSO PER IL PROGETTO
DELLE CASE POPOLARI AL PONTE DI CASANOVA
IN NAPOLI
Nel fascicolo del Dicembre 1930 abbiamo pubblicato il bando del concorso
per un progetto di sistemazione igienico-edilizia della zona urbana
Ponte di Casanova presso Poggioreale, indetto dall’Istituto delle
Case Popolari di Napoli. Daremo in seguito ampia relazione sui risultati
del Concorso; per ora comunichiamo l’elenco dei progetti premiati.
È riuscito vincitore con l’attribuzione del premio di lire
15.000, il progetto contrassegnato col motto «Stella» che
è risultato opera degli Architetti Marcello Canino e Mario De
Renzi. La Commissione ha inoltre distribuito l’altra somma di
lire 5.000, messa a sua disposizione dall’Istituto, agli autori
dei progetti contrassegnati col motto “Giuliano da Maiano”
(Ing. Angeletti, De Rosa, Gay e Giovagnoli), col motto «Luca»
(Arch. Moretti, Lizzani e Poggi) e col motto «Pietra su pietra»
(Arch. Sabatini Innocenzo, Roma).
La elaborata relazione della Commissione ha segnalato anche tra i progetti
meritevoli di lode quelli contraddistinti con i motti «Edificare»,
«Ardire non ordire», «Cca sta Napule», «Hic
Domus», «Labor» e «Lalà».
CONCORSI
CONCORSO PER IL PIANO REGOLATORE
DI PERUGIA
E’ aperto il concorso per il Piano regolatore e d’ampliamento
della città di Perugia; i progetti dovranno essere presentati
entro il 1° Novembre 1931.
I premi stabiliti sono complessivamente di L. 80.000. Per ottenere il
bando di concorso e maggiori schiarimenti rivolgersi alla Segreteria
del Municipio di Perugia.
TRE CONCORSI BANDITI DALLA
R. ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI MILANO
La R. Accademia di Belle Arti di Milano ha bandito i tre seguenti concorsi,
che scadono il 12 settembre 1931:
I. - SISTEMAZIONE DEL PIAZZALE PROSPICIENTE
L’INGRESSO MONUMENTALE
DEL CIMITERO DI MILANO A MUSOCCO
La sistemazione consisterà in motivo architettonico opportunamente
ricorrente a porticati lungo il perimetro indicato nell’apposita
planimetria. Il motivo, oltre il piano terreno destinato a botteghe,
potrà anche comprendere un piano ammezzato e dovrà nel
suo sviluppo generale non superare l’altezza di m. 10. Il premio
stabilito ammonta alla somma di L. 10.000.
II. - TIPO DI CHIOSCO
PER LA DISTRIBUZIONE DEI BIGLIETTI
PER LE TRAMVIE INTERCOMUNALI DI MILANO
Il chiosco, in ferro, dovrà avere le dimensioni di circa m.
3,50X8, vi dovranno essere opportunamente distribuiti: un locale di
aspetto e di distribuzione biglietti, un ufficio, un telefono pubblico
e una «buvette». Il premio ammonta a L.2.000.
III. - PILONE ALZABANDIERA
DA ERIGERSI IN UN PIAZZALE
NEL QUARTIERE DELLE CASERME IN MILANO
II Pilone dovrà raggiungere un altezza totale di m. 25 dal
piano della piazza, i materiali si suppongono pietra, marmo, bronzo,
ferro. L’antenna potrà essere anche di legno. Il premio
ammonta a L. 1.400.
I concorrenti ai tre concorsi sono tenuti a presentare all’Economato
della R. Accademia una riproduzione fotografica dei progetti. Per qualsiasi
schiarimento rivolgersi alla Segreteria dell’Accademia di Belle
Arti di Milano.