IL MOBILE MODERNO
VISTO DAGLI ARCHITETTI DI ROMA
Il mobile in Italia, attraverso lungo e penoso lavorio di trasformazione,
dà segno di voler assumere, finalmente, quel carattere unitario
e confacente al tempo che i posteri, in genere, chiamano stile di una
epoca.
Conservatorismo commerciale, incertezze, immaturità, resipiscenze
hanno ostacolato via via la trasformazione.
Ai rifacimenti pedestri di stile, che non son valsi ad altro che a dare
la nausea dell’impareggiabile passato, si contrapponevano guizzi
rivoluzionari, spesso cervellotici, che di rimando facevano repellere
il gusto dalle esperienze del nuovo. Oscillazione pendolare fra i due
termini tradizione - innovazione che man mano è andata diminuendo
d’ampiezza e tende a fissarsi nella giusta misura.
L’artigianato produttore non aveva potuto seguire il ritmo crescente
della vita organizzata ed era rimasto in parte asservito alla casta
commerciale che lo sfruttava senza scrupoli di elevato sentimento artistico;
in parte aveva continuato in conto proprio decadendo per essergli stato
sottratto il mercato. Pochi artigiani riuniti in comunità (Cascina,
Cantù) hanno tenuto testa alle case commerciali senza, per altro,
sorpassarle in qualità di produzione dato l’indirizzo artistico
assai spesso caotico che sperperava le migliori energie.
Una categoria di artisti poteva antivedere e segnalare i nuovi orientamenti:
- gli architetti.
L’architetto nuovo vede con mente nuova le possibilità
dei materiali vecchi e nuovi. La sua mente abituata alla sintesi delle
necessità e dell’ordine rimette in primo piano i valori
fondamentali eliminando (almeno per ora) le sovrastrutture decorative
e traendo dalle linee costruttive armonie estetiche: sfrutta ed incita
l’apprestamento industriale delle materie prime. Lo sviluppo dei
trasporti e lo scambio aumentano le varietà dei legni; l’industria
prepara compensati e fogli per impiallacciatura; nuovi materiali come
linoleum ed eternit trovano applicazione nel mobile; ai metalli già
usati nuovi metalli e leghe si aggiungono creando nuove risorse alla
composizione.
Nasce così il mobile moderno: - linee sobrie e svelte, a volte
spregiudicate. Sopra schemi strutturali di razionale comodità
e superfici liscie giuoca con imprevisti e dinamismi apparenti che gli
dànno un che di elastico. Suscita senzazioni riposanti ed eccitanti
insieme, che ben si confanno alla vita d’oggi travolgente e sportiva.
Si allontana sempre più dal mobile tradizionale francamente comodo
o imponente o civettuolo a seconda dell’epoca che l’ha creato,
perché riunisce in uno i più svariati caratteri.
Poca efficacia avrebbe lo sforzo degli architetti se non vi fossero
intermediari e divulgatori presso gli esecutori e presso il pubblico.
Ecco le esposizioni di arte decorativa (titolo improprio) e la valorosa
e molteplice attività dell’Ente Nazionale per l’Artigianato
e le Piccole Industrie che bandisce concorsi, affida incarichi di progetti
che poi passa agli esecutori, partecipa a mostre e ne organizza, fa,
insomma, opera di propaganda e di collegamento accelerando il processo
di trasformazione fra il vecchio e il nuovo, fra il vieto ed il sano.
Quest’attività porta già i suoi risultati diretti
ed indiretti: - Il pubblico s’interessa ed abbandona lo scetticismo,
gli artigiani si prestano e si compiacciono delle esecuzioni.
Anche le grandi case di arredamento tendono ad abbandonare la parassitaria
copia dell’antico e lentamente introducono sezioni di moderno,
di stile 900 e 1931, come le vogliono reclamisticamente chiamare.
All’estero (Germania, Francia, Austria, Russia, Inghilterra, Cecoslovacchia)
per maggiore spregiudicatezza, ricchezza di materiali e attrezzatura
industriale, il trapasso è stato più rapido che in Italia;
ma questo non nuoce, anzi, impedisce di cadere nell’erronea accettazione
di estremismi privi di contenuto artistico.
L’elaborazione più lenta permette un’assimilazione
più sana e più aderente al nostro spirito nazionale.
ALFIO SUSINI