IL CONCORSO PER IL PIANO REGOLATORE DELLA
CITTÀ E DELLA MARINA DI PISA
Riprendiamo qui la rassegna dei concorsi di piani regolatori che sempre
più frequentemente le varie città d’Italia vanno
bandendo, sorta di vasti consulti ch’esse si procurano cosi da
specialisti in materia circa la miglior forma da offrire al loro sviluppo
futuro. Non replicheremo le lodi già fatte ripetutamente sulla
bontà del sistema, il cui obiettivo non è di ottenere
senz’altro un piano regolatore accettabile come esecutivo, ma
una serie di proposte e suggerimenti emergenti dai più sani e
moderni principi generali d’urbanistica, i quali, vagliati in
confronto alle più spicciole contingenze locali di tempo, di
spazio, di possibilità tecniche ed amministrative, possano esser
di lume alla redazione del Piano Regolatore definitivo per parte degli
Enti pubblici delle città.
Il moltiplicarsi di tali consultazioni generali è sintomo evidente
del progressivo espandersi della coscienza urbanistica in Italia, ch’è
esigenza di economia, disciplina ed ordine architettonico, parallela
ad analoghi atteggiamenti maturatisi nei campi più generali della
vita politica e sociale.
Il progresso non è soltanto relativo all’approfondirsi.
di una tale esigenza, ma anche al modo ond’essa si esplica.
Notiamo infatti che giovani architetti o gruppi di architetti si aggiungono
di continuo alla schiera dei concorrenti, e che i loro lavori assumono
contenuto e forma sempre più appropriati al problema urbanistico,
così intimamente architettonico, cioè indissolubilmente
tecnico ed insieme estetico; vediamo man mano abbandonare da essi gli
sviluppi inadeguati e parziali, a volta aridamente utilitari e banali,
di cui si compiacevano anni or sono ed ancora oggi purtroppo, tecnici
sordi ad esigenze d’ordine artistico; a volta superficialmente
scenografici e grafici, di cui soltanto eran capaci artisti privi di
completa cultura. Anche nell’urbanistica si va cioè unificando
il deprecato dualismo tra tecnica ed arte; insufficienza in cui trovavano
base e consistenza la paupertà e lo smarrimento caratterizzanti
la nostra architettura della fin di secolo.
È bene riconoscere che all’inadeguato risultato di taluni
concorsi di piano regolatore banditi negli scorsi anni aveva contribuito
l’insufficiente modo di proporre il tema, sicché 1’inesperienza
iniziale dei concorrenti non trovava alcun punto d’appoggio o
guida e si sviava spesso in direzioni difettose nella sostanza o nell’espressione:
in seguito abbiamo visto i testi dei bandi essere stesi in modo più
chiaro ed efficace da competenti della disciplina urbanistica, consapevoli
insieme delle specifiche condizioni locali, sicchè i termini
del problema felicemente posti e delimitati, potevan essere più
facilmente intesi e svolti.
Un bando ben concepito e formulato è appunto quello del concorso
del Piano Regolatore di Pisa, di cui qui ci occupiamo: l’egregio
Podestà, on. Guido Guidi Buffarini, ha infatti avuto il buon
senso di redigerlo dopo aver consultato, oltre gli uffici tecnici del
comune, alcuni chiari studiosi, conoscitori del delicatissimo ambiente
pisano, i quali furon poi chiamati a far parte della commissione esaminatrice.
Il problema fu così impostato su basi precise, sia dal punto
di vista sostanziale che da quello formale, tali cioè da rendere
il giudizio inequivocabilmente inerente al saldo punto di partenza.
Erano infatti posti quali punti cardinali, nello sviluppo delle soluzioni,
alcuni principi costituenti una specie di programma fondamentale, principi
che trascriviamo letteralmente
1. - Nel vecchio nucleo cittadino, così ricco di elementi monumentali
e pieno di carattere architettonico ed edilizio diffuso pur in modesti
edifici, debbonsi il più possibile evitare trasformazioni e sventramenti,
che con l’abbattimento di vecchie fabbriche e con la costruzione
di altre nuove si risolverebbero in danni gravi per le dette condizioni
d’arte e di ambiente; e solo sono da promuovere alcuni allargamenti
e diradamenti in quelle non molte località che richieggono un
risanamento igienico e sociale e che, d’altro lato, non abbiano
una vera importanza artistica. Non è da escludere che taluno
di siffatti provvedimenti isolati possa avere anche per fine di valorizzare
e porre in luce antichi edifici nascosti, eventualmente associandosi
ad opere di restauro e di liberazione.
2. - Per la stessa ragione fondamentale di non creare condizioni che
rechino, direttamente od indirettamente, alterazione al carattere storico-artistico
della vecchia città, è necessario che tutto il sistema
delle comunicazioni interne ed esterne sia organicamente studiato per
modo da non aumentare, ma anzi da diminuire il traffico nella zona interna,
opportunamente sviluppando i sobborghi, collegandoli tra loro mediante
arterie esteriori, dando separata sede al traffico di diverso tipo.
In particolare è opportuno suggerimento quello di valersi di
un viale esteriore alle mura urbane, di cui si impone la conservazione,
quale strada periferica di circonvallazione o di arroccamento, alla
quale le vie interne potrebbero congiungersi praticando, ove occorra,
nelle mura, aperture a fornice.
3. - Quanto allo sviluppo esterno della città, occorrerà
tener conto, oltre che delle possibilità planimetriche, anche
delle condizioni già esistenti di vasto avviamento ad una speciale
fabbricazione, che in alcune regioni della periferia sono date, o dallo
sviluppo industriale, ovvero da quella agricolo che fa capo a centri
prossimi, importanti, ricchi, quasi congiunti tra loro in una serie
continua.
E non dovranno ignorarsi le possibilità offerte da opere di prossima
attuazione, quale il ponte che ora si intende costruire sull’Arno
(e la cui posizione precisa sarebbe invero opportuno stabilire in relazione
del nuovo piano regolatore); o quale il prossimo completamento della
sistemazione del canale navigabile Pisa-Livorno con la costruzione della
nuova darsena nella zona della Porta a Mare.
Da tale ultima opera, di alta importanza, sorgeranno condizioni particolarmente
favorevoli all’impianto di nuove industrie, che il piano regolatore
dovrà prevedere ed indirizzare, conferendo al sobborgo il carattere
di quartiere industriale e disponendo adeguatamente aree, strade, allacciamenti
ferroviari.
4. - Lo studio del piano regolatore dovrà partire da uno schematico
studio di piano regionale; e comprenderà la determinazione delle
principali arterie di viabilità, la designazione delle diverse
zone fabbricabili, a cui si attribuisce diverso tipo edilizio; e nei
quartieri d’ampliamento dovrà ottemperare ai moderni criteri
dell’urbanistica per quanto si riferisce all’ampiezza delle
vie, alla distribuzione delle piazze e dei giardini, alla assegnazione
delle aree per pubblici edifici.
5. - Il progetto che si richiede non può essere che di larga
massima; concorso di idee e di schemi programmatici più che di
piani particolareggiati, che potranno essere preparati in un secondo
tempo, esaminando le molteplici spicciole condizioni della realtà,
in collaborazione tra il vincitore e gli uffici municipali.
Delle convenzioni già in corso o dei piani regolatori già
esistenti si comunica ciò che rappresenta vincolo ormai indissolubile;
che, del resto, un piano regolatore fin qui vigente può essere
annullato da un altro piano regolatore più perfetto, più
completo, più rispondente alle condizioni che solo da pochi anni
i moderni concetti dell’urbanistica ed i criteri del rispetto
dell'ambiente storico, sono venuti ad imporre. Perfino le convenzioni
già avviate per l’attuazione possono essere modificate
od addirittura riscattate allorquando rappresentino ostacoli disastrosi
al sano e decoroso e logico sviluppo cittadino.
6. - Quanto al piano regolatore della Marina di Pisa, che rappresenta
un tema completamente a parte, avendo stabiliti i confini del suo sviluppo,
si desidera che siano conservati tutti gli elementi di vegetazione ivi
esistenti; e nei riguardi dell’opportuno sviluppo, sia progettata
una suddivisione il più possibile netta tra il quartiere tranquillo
ed aristocratico dei villini (possibilmente uniti a gruppi anzichè
disseminati sporadicamente in minuscole unità isolate), ed il
quartiere, pieno di movimento, delle invasioni domenicali dalla città,
dei diporti, dei bagni, del traffico.
Oltre a tali principi o dati generali, il bando di concorso ne prescriveva
altri particolari; ad es., assegnava il perimetro massimo esterno al
piano di ampliamento della città ed i limiti di estensione e
la configurazione approssimativa della zona di nuova edificazione della
Marina di Pisa lungo il litorale; comprendeva alcuni articoli indicanti,
al solito, il numero e le caratteristiche degli elaborati richiesti,
i documenti messia disposizione dei concorrenti, i premi previsti (1°
premio L. 60000; 2° premio L. 30000; 3° premio L. 15000) e le
modalità della loro assegnazione, i limiti di tempo concessi,
ecc. ecc.
Il Podestà di Pisa nominava una commissione esaminatrice composta
dei seguenti membri:
Senatore Corrado Ricci, presidente
Prof. Arch. Ing. Gustavo Giovannoni
Architetto Ghino Venturi
Ing. Pietro Capello
Ing. Francesco Bernieri.
Molti furono i concorrenti. Riportò il primo premio il progetto
contrassegnato dal motto 3 P-ST redatto dagli architetti romani Mario
Paniconi, Giulio Pediconi, Concezio Petrucci, Alfio Susini e Mosè
Luciano Tufaroli. Il secondo premio spettò al progetto indicato
con C. M. V., studiato dal Prof. Ing. Cesare Chiodi e dagli architetti
Giuseppe Merlo e Giuseppe Valtolina di Milano. Il terzo premio fu dalla
giuria ripartito ex equo fra due progetti, l’uno, dal motto “Spes
nutrit patientiam” redatto dall’Arch. Ettore Fagiuoli di
Verona con la collaborazione dell’Ing. Gino Steffanon di Pisa,
l’altro, dal Motto P. 8, dal Gruppo d’Urbanisti pure romani
composto degli architetti e ingegneri Gino Cancellotti, Eugenio Fuselli,
Luigi Lenzi, Eugenio Montuori, Luigi Piccinato, Alfredo Scalpelli, Roberto
Lavagnino, Giuseppe Nicolosi e Cesare Valle.
Pregi interessanti furono dalla giuria riscontrati anche in altri progetti
e specialmente in quello segnato con “Forma urbis Pisarum”
presentato dagli architetti milanesi Alberto Alpago Novello, Ottavio
Cabiati, Giulio Ferrazza e Glovanni Muzio, ed in quello redatto dagli
Arch. Enrico Bianchini, Brunetto Chiaramonti e Raffaello Fagnoni di
Firenze. A codesti due lavori fu assegnata una menzione onorevole.
Il progetto 3 P - ST, vincitore del primo premio, presenta nel suo insieme
notevole organicità e completezza: gli autori, avendo visto subito
nella vera luce le linee risolutive del problema, chiaramente posto
dal bando, lo hanno svolto esaurientemente e con misura.
È da lodarsi anzitutto in tale progetto la soluzione dei quesiti
più generali riferentesi allo schema di piano regionale circostante
alla città di Pisa, e specialmente quella del problema ferroviario
ch’è affrontato e chiaramente esposto nella prima parte
dell’esauriente e stringata relazione.
Dopo aver constatato che la stazione Principe è da ritenersi
inamovibile per la sua centralità attuale e per le insormontabili
difficoltà finanziarie relative ad un’eventuale trasposizione;
valutati d’altronde i gravi inconvenienti oggi verificantisi per
la presenza dello scalo merci nel corpo della stazione viaggiatori e
per la necessità in cui si trovano i treni percorrenti la linea
Livorno-Sarzana di invertire in essa la direzione di marcia: i progettisti
in primo luogo propongono di offrire all’edificio attuale le esclusive
caratteristiche di stazione di transito per soli treni viaggiatori.
A tal uopo staccano lo scalo merci dall’attuale parco ferroviario
e lo portano a due chilometri sulla linea di Colle Salvetti; pensano
di costruire secondo un progetto già in istudio alle ferrovie
dello Stato, un nuovo binario di raccordo a collo d’oca fra la
linea di Livorno e quella di Colle Salvetti, che consentirà ai
treni Livorno-Sarzana di entrare in stazione da ponente imboccando a
levante il loro binario e che altresì permetterà ai merci
provenienti da Livorno e diretti a Pisa-Firenze di giungere allo scalo
merci senza entrare in stazione. Il progetto considera poi la costruzione
di un ulteriore raccordo tra la linea di Firenze e quella di Colle Salvetti,
che avrà fra l’altro il risultato di permettere ai treni
merci transitanti per tutte le altre linee oltre la citata, di fermarsi
allo scalo o proseguire, senza entrare nella stazione viaggiatori.
Inoltre viene spostato ad ovest l’attuale raccordo tra la stazione
ed il bivio di porta Nuova (Lucca-Viareggio) con che si consegue il
doppio risultato di rendere solidale al centro urbano una importante
e bene ubicata zona edilizia di carattere signorile, ora deprezzata
dall’attraversamento ferroviario e di consentire al nuovo doppio
binario sopraelevato sui lungarni, ed attraversabile con sottopassaggi,
di avere, mercè il più lungo percorso, una pendenza minore
dell’attuale. Tale binario passa l’Arno su un nuovo ponte
a doppio impalcato, progettato a valle dell’attuale di Torre Guelfa,
che viene invece adibito a transito ordinario.
Oltre a questo lato importantissimo del problema del traffico interurbano,
il progetto 3 P-ST svolge con cura anche gli altri riferentisi al traffico
tramviario, prevede una nuova autostrada Viareggio-Pisa-Marina di Pisa-Livorno,
cura lo sviluppo della zona industriale lungo il canale navigabile Pisa-Livorno,
considera la costruzione di un nuovo aeroporto civile al nord della
città, oltre l’ingrandimento dell’attuale di San
Giusto, ecc. ecc.
Per quanto si riferisce alle soluzioni più propriamente urbane,
il progetto 3 P-ST parte da una diligente valutazione delle condizioni
attuali di sviluppo dell’edilizia cittadina, in quanto suscettibili
di influire sulle future.
Ne risulta conveniente attribuire il maggiore sviluppo ai seguenti sobborghi:
I. - A quello di via Vicarese e di S. Michele alle Piaggie, collegati
alla Stazione centrale mediante il nuovo Ponte della Vittoria, conservando
di essi l’attuale carattere di abitazione residenziale, prevalentemente
popolare per il primo, prevalentemente borghese e signorile per il secondo.
II. - A quello di S. Marco, mantenendogli la caratteristica di quartiere
commerciale, occupato da magazzini, depositi, negozi.
III. - A quello di S. Giusto, da adibirsi sempre ad abitazioni popolari
e rurali.
IV. - A quello di via Carlo Cattaneo, che dovrà avere pretto
carattere signorile.
Detti quartieri sono suscettibili di facili comunicazioni fra loro e
con la stazione, non implicanti l’attraversamento del nucleo della
città antica: per di più il loro sottosuolo è ottimo.
Invece i progettisti escludono da ulteriore sviluppo edilizio il recente
quartiere delle Casine, situato al nord di Pisa, per il cattivo sottosuolo,
per essere sottovento al Cimitero, ma soprattutto per la ragione ch’esso
varrebbe, in causa delle altrimenti irresolvibili comunicazioni col
centro della città e con la stazione, a dare ulteriore incremento
al traffico di detto centro e soprattutto al Ponte di Mezzo, già
fin d’ora congestionato.
Ond’è che, semplicemente ben predisponendo circa lo sviluppo
futuro della città, e senza alcuna alterazione sostanziale della
sua fisionomia attuale, i progettisti risolvono un problema il quale,
altrimenti impostato, avrebbe resa inevitabile la creazione di transiti
laterali al Borgo Stretto, incisi onerosamente nel corpo del vecchio
centro, e la costruzione di nuovi ponti, deprecabile nella zona di maggior
rispetto.
Il progetto 3 P - S T, oltre ai succitati nuovi quartieri di espansione,
ne prevede altri due principali; l’uno, di S. Spirito, adatto,
per la sua vicinanza alla zona delle grandi industrie, ad ospitare soprattutto
abitazioni operaie, l’altro, a nord dell’attuale cerchia
merlata, adibito, secondando la naturale tendenza, a sede di campi sportivi,
i quali, disseminati in boschi e giardini, varranno anche a difendere
la monumentale piazza del Duomo da un troppo stretto addossarsi di edificazioni
eterogenee.
Dal previsto sviluppo futuro, risulta che il baricentro della città
verrebbe a spostarsi verso Piazza Vittorio Emanuele. Il problema delle
comunicazioni urbane viene allora risolto con una serie di radiali di
traffico partenti appunto dalla detta piazza verso i quartieri periferici,
mentre la congiunzione di essi tra loro viene effettuata a mezzo di
strade anulari, che circondano, senza disturbarlo, il vecchio nucleo.
Il lettore troverà facilmente, nelle annesse planimetrie, il
tracciato di coteste arterie; potrà notare come esse siano realizzate
colla utilizzazione delle vie esistenti e con poche trasformazioni radicali;
constaterà come esse valgano, nel loro insieme, a risolvere vari
importanti quesiti dell’urbanistica cittadina, sopratutto quello
a cui già si è accennato, dell’alleggerimento del
traffico sul Ponte di Mezzo. Tra i provvedimenti adatti a tale ultimo
scopo e a facilitare altresì la comunicazione con la stazione
del nuovo quartiere di via Vicarese e di tutta la zona di levante dell’attuale
città, è da notarsi specialmente l’apertura di una
strada in prosecuzione di via Garibaldi fino a via Mazzini e di qui
mediante la costruzione di un nuovo ponte, in sostituzione a quello
della Fortezza, piccolo ed in pessime condizioni statiche, fino a Piazza
S. Urbano, ed a via G. Pisano.
Le strade anulari progettate sono due, di cui la prima, più interna,
attraversa il cuore dei nuovi quartieri, la seconda, più esterna,
da attuarsi in seguito, ne segna il limite esterno.
Le arterie secondarie di raccordo sono disegnate con parsimonia di tagli
nell’attuale corpo edilizio e con l’accorgimento di farle
passare quasi sempre attraverso zone interne coltivate ad orto o giardino.
Altri problemi curati a dovere sono quelli dei trasporti collettivi
urbani, della distribuzione dei parchi, giardini e viali alberati nella
città; il risanamento dei quartieri antigienici con la valorizzazione
e il restauro di alcuni monumenti quali le chiese di S. Frediano, di
S. Caterina, S. Francesco e S. Zeno; e molti altri quesiti particolari,
quali gli attraversamenti delle linee ferroviarie, la costruzione di
altri due ponti, oltre i citati, nella zona d’ampliamento a levante,
l’ubicazione dei nuovi edifici e luoghi di pubblica utilità,
come il Policlinico, gli Istituti Universitari, il Cimitero, lo Scalo
Merci, i Mercati Generali, il Mattatoio, la Piazza d’armi e le
Caserme, le Carceri, le Scuole, ecc.
Per l’ampliamento della “Marina di Pisa” il progetto
3P-ST propone due soluzioni diverse, l’una consona a quanto è
esposto nell’art. II del Bando (lettera f) e nell’art. IV,
l’altra più libera.
Nella prima soluzione, da svolgersi su una striscia di terreno lungo
il mare della larghezza massima di m. 300 a monte della via della Repubblica
Pisana e per una lunghezza massima di m. 6000 dal termine attuale del
paese di Marina, i progettisti prevedono, nei riguardi della zona esistente
estendentesi lungo il litorale per circa 2000 m., poche modificazioni
aventi soprattutto l’obiettivo di creare nuovi nuclei di verde,
e di migliorare la rete stradale e l’estetica di alcune piazze:
lungo l’Arno viene svolta una nuova zona edilizia popolare: la
zona di affluenza domenicale viene collocata subito dopo la parte già
esistente ed è servita direttamente da un allacciamento all’autostrada
Viareggio-Pisa-Livorno e da una stazione ferroviaria: in detta zona
sono progettati stabilimenti, il teatro, alberghi, ecc.
La zona residenziale svolgentesi sul litorale, verso Livorno, di seguito
alla precedente, ma con un certo distacco, è servita da una speciale
stazione ferroviaria ospita alberghi residenziali e di lusso, il Casino,
un piccolo porto, ville e villini, ecc.
La seconda proposta per Marina di Pisa di questo gruppo di progettisti,
tende ad evitare la distruzione delle piante o per lo meno il loro diradamento,
che il primo progetto renderebbe inevitabile: a tal uopo essa prevede
la creazione di un nucleo di costruzioni dietro la pineta, e precisamente
nella località ove questa ha minore profondità: il nucleo,
distante da 800 a 1200. metri dalla spiaggia e collegato a questa da
strade automobilistiche, ospiterebbe il Mercato, edifici commerciali,
lo stadio, i campi sportivi, abitazioni per agricoltori, ville e villini,
ed implicherebbe l’inutilità di estendere troppo lungo
il litorale la zona edificata, risparmiando quasi del tutto l’incantevole
parco naturale.
Il progetto Chiodi-Merlo-Valtolina (segnato C. M. V.) presenta un ottimo
schema risolutivo del piano regionale, con relative arterie di grande
comunicazione: meno lodevole è quello del piano urbano in sé
stesso.
Infatti lo sviluppo dei nuovi quartieri è previsto, seguendo
un metodo caro a questo gruppo di urbanisti, secondo nodi stellari di
espansione disposti tutto attorno al perimetro della città attuale,
disegnati in modo piuttosto artificioso ed uniforme, a schema geometrico
misto di rette e curve. La simmetria, l’ordine geometrico sembrano
più adatti al progetto di piani regolatori di città di
pianura, sorgenti ex novo, che all’ampliamento di vecchi nuclei
urbani, con proprie predisposizioni planimetriche già formulate
dalla natura e dalla storia. Nel progetto C. M. V. importanti zone di
nuova edificazione sono previste al nord della città, il che
obbliga gli autori, onde attuare l’indispensabile collegamento
di esse col vecchio centro e con la stazione, a provvedere ad un nuovo
attraversamento dell’antico nucleo urbano, parallelo al Borgo
Stretto, sboccante all’Arno a valle di Ponte di Mezzo, ed alla
conseguente costruzione di un nuovo ponte, adducente, a mezzo di una
grande arteria, alla ferrovia. Tale complesso di provvedimenti, che
non mancherebbero di turbare la zona piú delicata dell’ambiente
pisano, indica di per sé una non adeguata comprensione del tema
proposto.
Il progetto “Spes nutrit Patientiam” dell’arch. Fagiuoli
e dell’ing. Steffanon, non si può dire ispirato ad un criterio
urbanistico sufficientemente approfondito e moderno. Infatti lo sviluppo
cittadino è in esso pensato come una omogenea e quasi indifferente
dilatazione ad anello dell’edificazione tutto attorno all’attuale
città. La nuova zona urbana è servita da strade radiali
ed anulari costituenti una uniforme scacchiera, la cui monotonia è
soltanto interrotta da alcuni nodi principali, collegati da trasversali,
determinanti agli incroci piazze e larghi spesso di non piacevole forma.
Il pregio maggiore del progetto “Spes nutrit patientiam”
risiede nel gran numero di soluzioni particolari proposte, redatte con
amore e senso d’arte, le quali costituiranno ottimo materiale
di consultazione per parecchie sistemazioni parziali, specialmente nel
corpo della città vecchia.
Non può sfuggire l’ottima presentazione degli elaborati,
da ritenersi pletorica e non richiesta in un concorso di piano regolatore,
indice in ogni modo della serietà e della passione con cui il
tema venne affrontato.
Il progetto dal motto “P 8”, redatto da un altro numeroso
gruppo di architetti romani, è informato a criteri urbanistici
generali non troppo dissimili da quelli ispíranti il progetto
3 P - ST, e contiene anch’esso buone proposte e soluzioni particolari
che illustriamo. - Accennando per contro ad alcune deficienze di carattere
generale, si può osservare che il traffico ferroviario non ha
avuto soluzione adeguata; e che la progettata edificazione a nord della
città, nella zona dell’attuale quartiere delle Casine,
varrà a congestionare ulteriormente il centro ed il Ponte di
Mezzo, mentre nessun altro provvedimento è stato preso per ovviare
al grave inconveniente. Chè infatti, l’aver spostato il
baricentro cittadino piuttosto verso Piazza Guerrazzi che verso Piazza
Vittorio Emanuele, affidando solo al futuro Ponte della Vittoria la
funzione di comunicazione tra i quartieri dalle due parti dell’Arno
in quella zona, e l’aver indirizzato le grandi arterie radiali
provenienti da nord, appunto a detto ponte od a quello vicino della
Fortezza, piccolo e cadente, non sembrano provvedimenti sufficenti a
far deviare dalla via più breve il traffico verso la stazione
dei quartieri nord, via ch’è appunto quella attraversante
il vecchio centro e il Ponte di Mezzo.
Dei due progetti segnalati con menzione onorevole desta interesse quello
segnato “Forma Urbis Pisarum” nel quale tuttavia non s’intende
chiaramente la ragione del vasto ed isolato nucleo edilizio previsto
al nord della città, di cui non piace anche la forma artificiosa.
Sono peraltro ben risolte le comunicazioni di esso con la stazione a
mezzo di una lunga arteria radiale, tangente all’attuale antico
centro artistico, servita da un nuovo ponte ubicato tra quello della
Fortezza e il Ponte di Mezzo, in posizione simile all’analogo
riscontrato nel progetto 3 P - S T.
Spiace che per un ritardo nella spedizione del materiale illustrativo
non sia possibile produrre documentazione del progetto redatto dal gruppo
fiorentino Bianchini, Chiaramonti, Fagnoni, il quale ha avuto col gruppo
vincitore uno scambio amichevole e cordiale di notizie.
L’esito del concorso per il Piano Regolatore di Pisa conferma
quanto è stato detto in principio di queste note circa l’utilità
di consimili gare d’urbanistica, circa la loro funzione ed i loro
limiti, circa il loro sempre migliore esito e la speranza di vederle
nel futuro crescere di numero e d’importanza.
N. D. R.