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FERDINANDO REGGIORI: La Triennale di Monza - IV Mostra Internazionale delle Arti Decorative, con 76 illustrazioni |
Lodammo, proprio su queste pagine, quel che della passata Mostra di Monza ci sembrava buon seme per maggiori frutti; lodammo il materiale presentato dai concorsi dellE. N. A. P. I. e dellO. N. D., or sono quasi due anni, compiacendoci che il buono vi apparisse in confortante aumento: aumento di qualità e di diffusione, Come non riconoscere, ora, che la IV Triennale di Monza è davvero sotto tanti aspetti lauspicata conferma di siffatte aspettative?
LEnte promotore - il Consorzio Milano Monza Umanitaria - dopo lultima olimpiade, ha cominciato col riorganizzare il Consiglio direttivo su la base della chiara designazione scaturita fatalmente dalla Mostra medesima e dalle personali manifestazioni. Fu in tal modo confermato al suo posto di principale Segretario, Carlo A. Felice; e, per la parte che potrebbesi chiamare tecnica, venne nominato un Direttorio nelle persone di Alberto Alpago Novello e Gio. Ponti, architetti, e di Mario Sironi, pittore. Tutti presieduti da un attivo ed intelligente Commissario, lonorevole Giuseppe Bevione, che, allArte Decorativa ed alle mostre, seppe dare una giusta e piacevole cornice di iniziative varie ed attraenti, così da invogliar chicchessia a varcare i sacri recinti. E venne lanciato il famoso programma con i tre postulati: modernità di interpretazione, originalità di invenzione, perfezione di tecnica. Che desiderare di più? Prima coraggiosa innovazione: varcate le porte della Villa piermariniana e vi parrà dessere in tuttaltro mondo, in un regno fantastico ed assolutamente nuovo, inatteso ed insperato; nulla più dei primitivi deprecati aspetti della Villa stessa, stile e stanze falso impero, fodera davvero stucchevole e inadatta ad ogni espressione veramente moderna. Del contorno, grandi cortili, giardini e parco, nessuno mai ha potuto rammaricarsi; ma ricordate le dispute sulla necessità di trovar un ambiente nudo e crudo, facilmente adattabile di volta in volta? Ebbene: la prima e maggior meraviglia fu, per tutti, lo scoprir il nuovo volto della Mostra, Sale e salette e corridoi interminabili, non si riconoscono più. Cè voluto del coraggio, bisogna ammetterlo; ma alfine, anche se tutto non è ugualmente lodevole, ecco un eccellente risultato; ecco, almeno, un dedalo di ambienti completamente nuovi, e, quel che maggiormente conta, ecco una nuova e varia planimetria. Non pretendiamo ora di far qui un bilancio della Triennale monzese; preferiamo limitarci ad alcune constatazioni, lasciando maggior posto alle illustrazioni. Ognuno vedrà quanto fu severa la scelta, e quanto provvida sopratutto. Il Direttorio, dilazionata dun anno la manifestazione, ebbe modo di procedere per lo più ad inviti, già che nessuno meglio degli organizzatori, a lor volta artefici, avrebbe saputo metter le mani al giusto luogo. Nè il Direttorio deve esser accusato di ortodossia: anche se singolarmente seguaci duna tendenza, Alpago, Ponti e Sironi han voluto che ogni altra corrente, purchè sana e sincera, fosse rappresentata. Dunque il campo si veniva allargando. Altro punto capitale: si rinunciò finalmente, allarte paesana, rappresentata soltanto da folklore, da beata ignoranza e da sterile inesperienza. Per questa strada non si poteva più procedere. Infine fu abbandonata la classificazione regionale. Da quando gli arredatori ed i decoratori italiani son sopratutto architetti e, comunque, gente del mestiere, anche se ritroviamo in essi tendenze e gusti differenti, non è più possibile mantener barriere. Neoclassici e razionalisti stanno a Milano come a Palermo, a Torino e a Roma. Il campo è tanto grande ed è tutto a rumore: tentativi, iniziative e cimenti si svolgono ovunque. Vedete che anche gli Enti di tutta la penisola - lE.N.A.P.I., diretto da Giovanni Guerrini, la Scuola di Monza diretta da Balsamo Stella, la Scuola di Padova diretta da Gaudenzio e Griffi, la Scuola di Cascina diretta da Morozzi. Enti e Scuole si van rinnovando; ed il lor seme è forse quello che va diritto alla miglior zolla e potrà meglio rinnovare e dare migliori frutti dogni altro. Cominciamo dunque la propostaci rassegna partendo dallarchitettura costruita che incontreremo, e dagli ambienti i quali, alla fine, dovran dare alla nostra casa il vero volto del nostro tempo. Duna interessante particolare manifestazione - la Villa italiana nei progetti di architetti moderni - sarà bene parlare a parte, allorchè, come fu annunciato, usciranno le tavole in un volume. LARCHITETTURA E GLI AMBIENTI La più forte ed originale espressione architettonica della Mostra è la gran Sala del marmo italiano, che Giovanni Muzio ha sistemato in quel chera il salone delle cerimonie al primo piano. Nessun altro architetto nostro, doggi, avrebbe saputo, bisogna ammetterlo, trattare un problema tanto vasto in modo così esemplare. Con lo scopo di presentar degnamente i marmi italiani - di cui vedete qui le più stupende e le più note e ignote varietà - Muzio ha creato un ambiente di una concezione soda piacevole e forte. Tutte le maggiori Ditte han generosamente concorso: nè il loro disinteresse può dirsi deluso. Portali, camini, pavimento, dove infinite varietà di marmi benefician luna dellaltra, concorrono a dare agli occhi la più grande gioia. Unico rammarico è che tanta dovizia debba andar dispersa alla chiusura della mostra. Per importanza effettiva tengon dietro al salone del marmo le costruzioni installate nel giardino della Villa. Primissima la Casa delle Vacanze, iniziativa della Rinascente e della Società De Angeli Frua, unitesi nellintento di presentar un compiuto esempio della notissima Domus Nova. Si tratta di un fabbricato ad un sol piano, con una grande sala di soggiorno, due camere da letto, cucina, servizi vari: in poco, quel che dovrebbe essere la gran villa. Lesterno e assai semplice. Gli architetti Ponti e Lancia, progettisti e arredatori, han preferito giustamente concentrare lattenzione nellinterno. Bella assai è la maggior stanza di soggiorno, bene arredata e decorata nel soffitto da un grande affresco di Arturo Songa; meno belle le altre stanze; perfetti e modernissimi gli impianti. Alle pareti abbiamo per la prima volta vedute le nuove stoffe della De Angeli Frua, la vecchia Stamperia milanese conquistata al gusto moderno, e che va rinnovando la sua produzione affidandosi ai più valorosi giovani. Molto meno originale, perfino un tantino corrente, è la casetta dellEnte Nazionale Dopolavoro, creata ed arredata interamente da Luisa Lovarini. Tuttavia anche qui troviamo qualche ambiente degno desser ricordato, qualche mobile ben riuscito. Ma nel complesso, non sapremmo nascondere, una certa delusione. La Casa Elettrica: iniziativa della Società Edison che ne affidò la costruzione ad alcuni Architetti del Gruppo 7, noto come principal esponente italiano della tendenza razionalista. Quello che Figini, Frette, Libera, Pollini e Bottoni han qui creato è facile immaginare. Più difficile sarebbe, credo, ladattarsi a vivere lì dentro. Par dessere nellorgano di un motore; nè siamo convinti che la vita moderna, anche se spiccatamente meccanica, saprebbe rinunciare ad un minimum di superfluo. Ingresso, stanza di soggiorno, camere da letto e cucine minacciano di diventar uniformi fino allesasperazione, giacchè tutto vi sà di ordigno. Ciononostante, lesperimento è dun certo interesse; e dobbiam riconoscere come i vari materiali, linoleum, piastrelle, metalli e vernici siano qui egregiamente usati. Riprendiamo il giro nella Villa, e la rapida rivista agli ambienti. Il grande atrio terreno a colonne è irriconoscibile davvero, sotto la camuffatura cui lhan costretto ad ogni costo i Direttori della Mostra; già di per se meschino, il rivestimento non fa che peggiorarlo: unica attenuante la reale difficoltà di simile impresa. Anche lo scalone donore è irriconoscibile ma, almeno qui, la struttura è ben più elementare: se nè anzi tratto partito per una mostra di balconi in ferro che dieci Architetti italiani han fatto eseguire da altrettante Ditte: ne vedete di veramente gustosi ed anche di abbastanza nuovi. Dichiaro, invece, che proprio non so capire quel che Portaluppi abbia pensato disegnando un grande cancello al sommo della scala, bizzaria meccanica ad ogni costo, e nulla più. Al piano superiore, bisogna dar primo posto alle sale dei decoratori italiani. Anzitutto il grande atrio che Funi ha dipinto, rappresentando, su architetture di Pizzigoni, scene della vita di Didone. Il tema, tuttaltro che facile, è stato risolto, specie per la parete di sinistra, con indiscussa bravura; è prova di quanto sia già matura larte di questo significativo nostro pittore. Rosso e De Grada, con i loro ambienti, gli tengon dietro; ultimi bisogna classificare Cernigoi di Trieste e Deabate e Quaglino, torinesi. A tutti costoro, si son aggiunti: Zanini con una sala degli stucchi; Cantagalli con alcune vedute di città eseguite su piastrelle murali da cartoni di Gianni Vagnetti; Bevilacqua di Palermo, con una sala degli atleti, che sa di troppe reminiscenze. Poi, ancora, Muzio con Sironi ha preso pretesto dalla Mostra delle Arti Grafiche per un caotico esempio di architettura cerebrale, ahimè forse interessante, ma non piacevole nè sereno. Ben più attraenti le tranquille e modeste e piane stanze che tantissime Ditte han qui presentate, valendosi degli Architetti che soccupano darredamento. In tutto il secondo piano della Villa, vè modo dapprezzare quanto il connubio abbia giovato agli uni ed agli altri. Son camere da letto, camere da pranzo, studi e salette, bagni e servizi e bars. Tutta la casa nostra più aderente e necessaria alla vita delloggi; senza eccessive stranezze, senza smodate pretese. Tra i migliori, vogliamo subito ricordare gli Architetti Buffa e Cassi, che occupandosi da qualche anno di arredamenti e di mobiglio, son riusciti davvero ad aggiungere alla più diffusa moda presente un giusto elemento di originalità: giovanissimi, ci sembra meritino maggiore attenzione. Tomaso Buzzi, Michele Marelli e Ottavio Cabiati presentan con le Ditte Maltecca e Taccani, S.A.L.D.A. e Meroni e Fossati nuovi esemplari conformi ai loro gusti largamente individuabili ed apprezzati. Poi Mino Fiocchi, Mario Labò, Alfio Fallica, Gio Ponti, Virgilio Vallot, Ottorino Aloisio, Giovanni Michelucci, Paolo Scoccimarro, Paolo Bevilacqua, Puppo e Ridolfi di Roma. Lelenco può parer arido, ma ciascun nome corrisponde ad uno fra i migliori ambienti qui raccolti. Un gruppo di Architetti comaschi ha allestito una Sartoria, riunendo in stanze, sale e passaggi quanto di meglio le fabbriche di Como producono. Son, costoro, Cereghini, Galfetti, Giussani Gabriele, Lingeri, Mantero, Ravasi, Terragni; appartengono al gruppo 7; nè la dichiarazione appare necessaria. A prima vista si rivela la tendenza loro, solidale e tuttavia qui non oziosa: perchè il tema si presta ad ogni più impensata soluzione. Anche i Torinesi si presentan agguerriti e decisi. Ormai Pagano - Pogatschnig e Levi Montalcini si son creati una lor fama; e gli ambienti qui preparati - Ufficio dun Presidente e Sala per Consiglieri - rispondono in tutto e per tutto ai criteri di razionalismo che li distingue. Ai due ricordati, si uniscono Dumontel, Musso, Pittini e Reviglio, arredatori duna sala da pranzo e cucina; e Dezzutti, Ferroglio, Melis, Midana, Morelli e Gyra, presentatori dun bagno con spogliatoio e dun bar: questultimo, il migliore di tutti i consimili di cui la Mostra e ricca. Come si ricorderà, i Torinesi fin dalla Mostra dellArchitettura allestita a Torino nel 28, han saputo conquistarsi un posto di primo piano. Davvero ogni promessa continua a rinnovarsi. Tien dietro, ma in verità distanziato, quanto gli architetti Larco e Rava han allestito per la Società Meroni e Fossati: un appartamentino per signora; troppo nudo e scheletrico per la destinazione tipicamente femminile. Non bisogna dimenticare gli Arredamenti Navali che tre Ditte milanesi Il Vulcano, Monti e Quarti, questultima su disegni di Ponti - han presentati; dimostrando di seriamente voler impostare su nuove basi limportante attuale tema. Ultimo ricorderemo, fra gli arredatori, Roberto Papini: tanto nomini, giova misurar le parole. Ma, francamente, la sua Biblioteca non può che riuscir di universale gradimento; chè più logica e misurata e serena di così non potrebbesi desiderare. Vien da invidiarla alle Case Editrici che lhan fatta allestire. Ciò che, invece, non sento di poter affermare per la saletta da pranzo che le sta accanto. LE GALLERIE DEGLI APPARECCHI, DEI SOPRAMMOBILI E DEGLI OGGETTI Presentati i mobili nella loro miglior destinazione, e cioè nei singoli ambienti, gli organizzatori si preoccuparono di collocare in modo altrettanto degno tutto il vastissimo materiale minore, produzione di infinite Ditte e di artefici singoli: apparecchi, soprammobili, stoffe, e quanto serve alla nostra vita quotidiana o, semplicemente, arreda la nostra casa. Sorsero da qui le Gallerie delle Ceramiche, dei Vetri e degli Specchi, dei Metalli, delle Stoffe, dellilluminazione. Le Ceramiche: tante sono le fabbriche ed i laboratori italiani che si van aggiornando, seguendo il salutare esempio delle poche già rammodernate, da richieder grandissimo spazio. Larchitetto Tomaso Buzzi fu incaricato di ordinarle; e, francamente, queste sale, questi teatri meglio non avrebbero potuto riuscire, Bisogna farne un sincero elogio: tanta caterva di vasi, anfore, coppe, statue e statuine, piastrelle, piatti da muro, servizi da tavola son disposti in piacevolissima, varia e pur organica mostra. Tra le molte Fabbriche, mi pare che maggiormente si distingua la Ceramica di Laveno; sempre sotto la guida dellarchitetto Andlovitz, non si preoccupa di produr pezzi da sala e da collezione; piuttosto, dedica ogni attività a rinnovare - è la parola - la vastissima sua produzione corrente. Servizi molto carini davvero, ed a buon mercato, con quel tanto di campagnolo che basti a mantener il buon umore, offronsi direttamente ed al minuto. Richard Ginori, al confronto, è un aristocratico. Ponti va dritto per la sua strada - chè stata, fin da principio, giova riconoscerlo, la più ampia e maestra e fortunata -; e saffina, anche se non vuol rinnovarsi ad ogni passo. Accanto a Gio Ponti espongono Alfredo Brown ed Italo Griselli ed altri; belli, sopratutti, pezzi bleu ed oro, e le porcellane tenere, e le terraglie di San Cristoforo. Tengon dietro Lenci, che in pochi anni sè conquistato anche qui gran fama ed un posto di primo ordine, specie per le sue figurine; poi Cantagalli che, stavolta, presenta gustosissime vedute di città; poi le differenti Fabbriche di Albissola; poi Galvani; e, infine, Vietri sul Mare - Industria Ceramica Salernitana - ha mandato un esercito di figurine, statuine, vasi e piastrelle, dun sapore alquanto paesano, ma tanto piacevole e divertente e che tanto bene, a mo di valanga, invade il palcoscenico del teatrino di Buzzi. La Galleria dei Vetri, ordinata quasi interamente da Brenno del Giudice, si presenta sobria ed equilibrata in un giusto tono chiaro, perchè gli esili oggetti esposti non debban essere sopraffatti. Vi espongono Barovier, Venini, Ferrotoso ed altri Muranesi, tutti preoccupati di rinnovarsi oltre il già fatto; accanto, ha una sala Pietro Chiesa, in continua ricerca di trovate e di scoperte, duna sensibilità deccezione; infine, Cappellin che stavolta sè creata una saletta deliziosa, tutta a nature morte , disponendo la sua recentissima produzione in modo gustosissimo. Dai vetri agli specchi breve è il passaggio; eccone esemplari raffinatissimi, ben esposti in una piccola galleria, montati su vari metalli, appena incorniciati e largamente decorati con incisioni. Quest arte davvero ci ha dato esemplari assai eleganti; tra i migliori citeremo quelli di Lancia, Marelli, Fiocchi, Tecchio, Ponti. Ecco i Metalli: sezione ordinata da U. Cuzzi e Chessa e Turina sur un tono davvero metallico, in vetrine assai bene illuminate. I pezzi esposti da Carlo Turina son certo i più riusciti; ma pur quelli di Ponti e Pagano e Fallica e talune guarnizioni da mobili di Buzzi debbon essere ricordati. Fra le oreficerie primeggia la produzione di Ravasco. Le Stoffe: ne vedete moltissime nella Galleria ordinata da Luciano Baldessari con la rara perizia e con la raffinatezza che gli vengon unanimemente riconosciute; ne avrete vedute moltissime già un po sparse ovunque, in vetrine e sui mobili. Da Ravasi di Como a Jesurum, alla Contessa Visconti di Cernobbio, alla De Angeli Frua, al R. Istituto dArte di Firenze, ovunque si tentano nuove vie; molto carini certi tessuti stampati. LIlluminazione: quì e la più lampante prova che, anche con gli apparecchi elettrici si può fare qualcosa di moderno, razionale, e, nel tempo stesso, gradevole, sfruttando lelemento stesso che genera la luce. Da che son diffuse le lampadine tubolari, se nè tratto partito per bracci e per lampadari: giochi di luce i quali, dalla stessa meccanica dellapparecchio, traggono conferma di motivi decorativi. Il Direttorio di Monza ha ben fatto a dare tanta importanza ad un simile argomento, dedicandogli tutta una lunga galleria. Dacchè esiste la lampadina elettrica, soltanto ora il problema viene seriamente impostato; forse sarriva ultimi, ma limportante è arrivare, Gli architetti Brunelli, Lancia, Marelli, Ponti, e Venini, e Pietro Chiesa e Ferrotoso, e Cappellin e la "Vedar", dal più semplice e comune abatjour san risaliti al lampadario. Forse i loro saggi si ripetono in monotonia di forme, ricalcano talvolta esemplari stranieri; ma, intanto, ufficialmente viene riconosciuta limportanza dellargomento. Questa è davvero una tra le migliori sezioni di tutta la Mostra. LARTE SACRA Bisogna cominciare con un osanna. Fra tante cose interessanti che qui vediamo, alcune richiamano la nostra attenzione, nè ci par vero di leggervi il nome della Ditta che le presenta. I Fratelli Bertarelli, la vecchia fabbrica milanese di oggetti sacri ed arredamenti - i più tradizionalmente meschini che mai serano visti - accenna a rinnovarsi. Segno dei tempi, e segno che lascia adito a più larghe speranze. Intanto, ecco un ostensorio e candelieri su disegni di Cabiati, ecco due calici su disegni di Ratti, dun gusto franco e un tantino moderno, sopratutto magnificamente eseguiti. Un altro bellostensorio ha, ancora, Cabiati, presentato con altra fornitura daltare. E, sempre dello stesso architetto, ecco un interessante paliotto in scaliola colorata, eseguito dallo Squassi che vuol ricondurre in onore la più diffusa tradizione del seicento lombardo: tante son le vecchie chiese che tuttora conservano simili opere, tante sono le moderne che ben potrebbero adottarle tuttora. Larchitetto Marchetti espone un mobile da sacristia, molto pratico e moderno nella semplicità e nellutilità. Larchitetto Ratti presenta alcuni cancelletti in ferro. Tevarotto ha mandato una delle otto grandi vetrate che, su disegni di Marussig va preparando per la chiesa di San Sebastiano in Milano. Parecchie san le "Scuole" che presentano la produzione loro. Ma dalla Beato Angelico di Milano alla Professionale di Val Gardena non mi sembrano particolarmente impegnate: nè troppo originali. Dei parecchi Presepi, uno sopratutto, per importanza, per compiutezza, per vigoria di modellazione, si stacca nettamente: quello di Franco Lombardi, il giovane scultore milanese che sempre ha mostrato di interessarsi ai problemi dellarte sacra. Qui ha voluto darci un saggio di come si possano sostituire i vieti, comuni e meschini presepi di gesso che in ogni casa compaiono a Natale, con altrettante statuine dello stesso materiale, modellate e composte con la mira di far, anche qui, dellarte. Tra le pitture, infine, ricorderemo una Annunciazione di Gigi Brondi. E prima di discorrer degli stranieri, conviene fermare la nostra attenzione su due particolarissime iniziative che il Direttorio della Mostra ha questanno escogitato: le Sale dellAlluminio e del Vetro antico. La prima ha il preciso scopo di presentare le possibilità cui arriva litalianissimo metallo. Appena usato per le mostre delle porte, per le colonne e per le fascie superiori, se nè tratto partito per la struttura vitale dellambiente, ottenendovi un gradevole effetto. Nel mezzo, sta un grande tavolo, su gambe ed intelaiatura dello stesso metallo, che Gio Ponti ha disegnato. La Società Montecatini ha generosamente dato modo di compiere lesperimento, sopratutto interessante e non privo di ulteriori sviluppi. Purchè usato con giudizio e sobrietà, voi vedete che lalluminio può ben entrare anche nelluso corrente. A Monza, in questa sala, vi son disposti bozzetti per scene e figurini teatrali; quanto di meglio si va facendo. E, se poco si fa, largomento è certo dei più suggestivi. La Sala del Vetro antico. Giustamente venne adottata liniziativa di presentar ad ogni Triennale una succinta e compiuta visione di quanto gli antichi han fatto in ciascuna branca dellarte minore. Stavolta, ricorrendo a Musei italiani ed alle più famose raccolte, son stati riuniti i più bei vetri che lantichità ci ha conservato. La collezione, ordinata in modo esemplare da un egregio Soprintendente alle Antichità e Belle Arti, il Prof. Giuseppe Moretti, meriterebbe dessere illustrata particolarmente, tanta inattesa è la meraviglia che suscita. Ma, purtroppo, ci manca lo spazio. Qui basterà confermare il giusto successo ottenuto sopratutto fra gli artisti moderni, che vi han trovato materiale incomparabile di ammirazione e di studio. LE MOSTRE ESTERE Gli Stranieri, in verità, mai si son rifiutati di partecipare a queste nostre olimpiadi. Ricordiamo le passate sezioni germanica e ungherese, sopratutte, che ci han rivelato quanto il problema dellarte decorativa fosse altrove più che da noi studiato. Stavolta, sembran tutti guidati, invece, da altri criteri. Francia e Belgio son vecchi di ventanni; Francia specialmente presenta materiale di scarso interesse e di valore ormai sorpassato. Il Belgio ha qualche bel mobile e qualche oggetto. LUngheria, che eravamo abituati a considerare allavanguardia, è venuta in realtà ben agguerrita e ben organizzata, nutrita di tutta una vastissima produzione. Ma come faragginosa e caotica: stoffe e tappeti e bozzetti scenografici di gusto sorpassato, perfino pedanti e non troppo eleganti. In tanta congerie, i pezzi buoni si van perdendo. Il Brasile può dirsi abbia organizzato soltanto la mostra personale di un architetto italiano. Tomaso Buzzi, avuto il monopolio del "Liceu de Artes e Officios" di San Paolo, gli ha fatto esporre in tre sale una sua produzione di mobili, spesso di eccellente gusto; sempre di ottima fattura e trattati con legni stupendi e nuovi, quali in Europa non conoscevamo. Ma, ciò considerato, proprio nulla ci permette di constatare il grado di maturazione artistica che la Nazione brasiliana può aver raggiunto. La Germania, stavolta, ci ha giocato un bel tiro. Vistasi altra volta ed altrove un po - diciamolo francamente - saccheggiata, ha preferito mandarci apparecchi elettrici, utensili da cucina, vetri da laboratorio, fotografie di aeroplani e di automobili. Tutto questo presentato in modo perfetto e singolare e certamente non privo di interesse. LAustria la segue un po, tuttavia diffondendosi in maggior numero di sale ed accogliendovi moltissimi oggetti in metallo e ceramica; un paio di ambienti, scarni e razionalissimi; lavori in pelle di dubbio gusto. La Svezia espone i sempre belli esemplari di Orrefors ed alcuni stagni della Nordiska Kompany: anche se noti o visti altrove, tuttavia bene accetti. La Danimarca ha mandato le sue ceramiche famose e perfette, forse non troppo originali; poi una bella serie di stagni di Just Andersen, sobri e deccellente esecuzione. Linghilterra si presenta assai largamente, organizzando le sue sale sul ritmo della vita giornaliera, sobria nellesporre, ma varia. Sopratutto interessanti, i manifesti reclamistici, ottimamente esposti in corridoi ed in una sorta di stazione ferroviaria sotterranea; molto carini gli oggetti di uso comunissimo, le tazzine del the, il vassoio, la sedia, il tavolino, il guardaroba, le racchette del tennis; non pezzi deccezione, ma proprio oggetti di comunissima fattura. Tutto quanto esposto in una chiara cornice, sobria di decorazione e piacevole. Bella è una saletta dedicata alle pubblicazioni del "The Studio". La Russia, che pure ha qui una sua sezione, a tuttoggi ancora non lha inaugurata. IL GIARDINO Ecco, infine, altra grande novità della IV Triennale: il Giardino. Quel che cera, famoso ed immenso; e quel che vi han creato dentro. Pare impossibile: ma, nelle passate Mostre, il pubblico sè ben scarsamente accorto e meno ancora si è occupato della superba cornice. Compiuto un giro per le sale, quasi temeva di avventurarsi oltre il discreto giro dobbligo, fino al tempietto del lago. Ora il giardino gli va incontro. Il Direttorio ha avuto un prezioso alleato nella Società Orticola Lombarda, e si sono organizzate mostre di fiori, di piante, di aiuole, sotto le forme stagionali più impensate; è risuscitata, insomma, quel chè sempre stata una grande arte nostra. Accanto ai padiglioni costruiti nel giardino, e che abbiamo già ricordato, ecco un piccolo Teatro allaperto dellarchitetto Minali; ecco, dello stesso, un divertente labirinto pubblicitario; ecco le mostre delle più famose Ditte giardiniere. Il Comune di Milano, il Comune di Genova han fatto creare graziosi e preziosi giardinetti allitaliana, sfruttando i larghi mezzi a loro disposizione; su disegno di Buzzi venne allestito un giardinetto alla fiamminga; fu rimesso in onore il giardino delle rose, tanto caro a Re Umberto, ornandolo di un grande astrolabio di Mazzucotelli e duna fontana in pietra Vicentina di Buzzi: vasi e statue in pietra vennero eseguite da varie Ditte di Vicenza, e son sparsi un po ovunque, E vi collaborarono gli scultori Italo Griselli, Lelio Gelli, Ugo Pozza, ed altri, ripetendo in forme moderne i temi più caratteristici delle figurazioni agresti. Insomma, questa chè sempre stata una indiscussa tradizione italiana vien oggi rimessa allordine del giorno. Ultima, ricorderemo la fontana elicoidale che Michele Marelli ha impiantata nel gran cortile della Villa: trovata geniale anche se praticamente di modesto effetto. E quando avremo aggiunto che anche i locali terreni, ristorante, bar, servizi postali, son stati del tutto rimessi a nuovo ed aggiornati con semplicità e giusto decoro, crediamo di aver data una sufficiente se pur succinta visione dellintera Mostra. Stavolta veramente incamminata su la dritta via. FERDINANDO REGGIORI |
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