FASCICOLO VIII - APRILE 1930
NOTIZIARIO
CORRIERE ARCHITETTONICO

IL PROGETTO PER UNA NUOVA CHIESA NEL BERGAMASCO
dell’Arch. GIUSEPPE PIZZIGONI

Nel 1928 venne promossa una gara, a cui furono invitati tre architetti bergamaschi, per il progetto di una nuova chiesa da erigersi a Gorno (Vai del Riso). Ne risultò vincitore Giuseppe Pizzigoni, con l’interessante studio qui presentato.
Gorno ha già una vecchia chiesa ormai insufficiente: intendendosi demolirla, volevasi tuttavia conservarne tutti gli altari - d’un bel barocco fastoso - e gli arredi, collocandoli opportunamente nel nuovo tempio. Ecco quindi una premessa stabilita nel bando di concorso; alla quale veniva aggiunto l’obbligo di restare in un modesto limite di spesa.
Pizzigoni ha risolto il problema nei due punti vitali, pur non facendo dello stile, e creando un’ambiente non vasto ma di notevolissima utilizzazione, La struttura della sua chiesa, che potrebbesi definire guariniana, è basata sul presupposto di una planimetria triangolare: dove un lato ha funzione di facciata, e l’angolo opposto s’apre sul presbiterio. Ardite volte a crociera rinserrano la cupola centrale; e l’organismo costruttivo non potrebbe meglio fondersi con l’architettura originale, pur restando ossequiente agli altari antichi che vi dovrebbero essere collocati. Il pronao esterno ben s’accorda con il vecchio campanile isolato che si vorrebbe conservare.
F. R.


PROGETTO DI UN GRUPPO DI EDIFICI PER IL PIO ISTITUTO DI S. SPIRITO IN ROMA
degli Architetti VITTORIO MORPURGO e PIETRO ASCHIERI.

Il progetto che presentiamo ai lettori della Rivista risulta dalla fusione dei due diversi progetti degli architetti Pietro Aschieri e Vittorio Morpurgo dichiarati vincitori con primo premio ex aequo nel concorso bandito dalla Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura nel Luglio 1924 ed è ulteriore sviluppo del progetto di massima redatto successivamente per incarico del Governatorato di Roma, dai suddetti artisti. È in ogni modo concezione che data da parecchio tempo.
Mentre nei progetti di concorso e in quelli di massima la destinazione dei vari edifici era dubbia, nell’attuale progetto definitivo, in base alle ulteriori istruzioni impartite dall’Ufficio Tecnico del Pio Istituto di S. Spirito ed Ospedali Riuniti, è stato studiato l’edificio principale quale ampliamento ospitaliero, nei piani superiori, e quale guardaroba maggiore nel piano terreno.
Il retrostante cortile aperto verso Borgo Vecchio potrà essere utilizzato come luogo di soggiorno all’aperto per gli ammalati.
A ricostituire la simmetria di masse nel cortile aperto, gli autori hanno progettato, a confine con la limitrofa proprietà non intaccata dalla sistemazione, un edificio civile dove potranno trovare alloggio i religiosi addetti all’Ospedale.
Un più accurato studio delle esigenze di viabilità ha consigliato gli autori, contrariamente a quanto era previsto in un primo tempo, a progettare la demolizione e ricostruzione dell’oratorio settecentesco. Esso verrà così a costituire meno stentatamente elemento di fiancheggiamento al nuovo edificio e non risulterà più, come era stato fin qui ammesso, interrato rispetto al piano di strada.
La casa annessa all’oratorio è una semplice e modesta casa di affitto che collega la massa geometricamente rigida dell’edificio di Pio IX con quella pittoricamente varia dell’oratorio.
Il rispetto per l’ambiente e le ragioni della economia hanno convinto il Morpurgo e l’Aschieri della opportunità di abolire in essa ogni superflua decorazione.
Così essi descrivono nella relazione stesa per l’approvazione delle superiori autorità, gl’intendimenti artistici che presiedettero alla concezione dell’opera: “All’edificio principale deriverà nobiltà dalla ampiezza delle masse e dalla adozione della cortina di mattoni con parsimonioso impiego di travertino nelle mostre di finestra e di porta, nei ricorsi di davanzale, nel portico che separa il cortile aperto sulla pubblica via.
“Dei due edifici minori, l’uno partecipa del tipo organico di decorazione murale dell’edificio principale di cui viene a decorare un’ala; l’altro nella nitidezza dei semplici intonaci richiama la tradizione della modesta casa di affitto settecentesca con ridotto impiego di pietra da taglio nelle mostre di porta a piano terreno e nelle lastre di balcone”.
Con l’esecuzione del progetto dei due valorosi architetti romani, verrà adeguatamente risolta una delle più delicate e controverse sistemazioni edilizie della capitale.
N. D. R.


DUE CAPPELLE FUNERARIE AL CIMITERO MONUMENTALE DI TORINO
dell’Arch. ANNIBALE RIGOTTI

L’Arch. Annibale Rigotti ha fatto recentemente nel Cimitero Monumentale di Torino due cappelle funerarie.
Le due pregevoli composizioni sono risolte con mezzi del tutto moderni e con sensibilità adeguata al tema.
N. D. R.


ESITO DI CONCORSI

IL CONCORSO PER CASE TIPO DA COSTRUIRSI IN TRIPOLI

Demmo lo scorso anno notizia del Concorso bandito dall’Ente Autonomo della Fiera Campionaria di Tripoli, per Case da eseguirsi nella nostra Colonia.
Il bando prevedeva la redazione di progetti per due tipi di abitazione, l’uno per indigeni, l’altro per metropolitani.
Per il primo tipo doveva redigersi un solo progetto di casa ad un piano, avente il fronte sul limite dell’arteria stradale, contenente un solo alloggio, col patio centrale e l’ingresso a baionetta, Sul prospetto oltre l’ingresso e qualche eventuale vano di finestra, potevano aver luogo uno o più magazzini, ad un solo vano di porta con larghezza non inferiore a m. 1,60. L’area disponibile per la costruzione era di ml, 15 x 15.
Per il secondo tipo di casa, ad uso dei metropolitani, erano invece previste quattro categorie di progetti, e cioè:
1) per casa ad un solo piano con un solo alloggio;
2) per casa ad un solo piano con due alloggi;
3) per casa a due piani con un alloggio per piano;
4) per casa a due piani con due alloggi per piano.
Di ciascuna categoria dovevansi poi redigere due progetti, l’uno nell’ipotesi di costruzioni col fronte sul limite stradale, l’altro per costruzione isolata nell’interno di un giardino. Dunque otto progetti in tutto. Le aree disponibili per la prima e terza categoria erano di ml. 12 x 12 per costruzioni sul filo stradale, e ml. 18 x 18 per quelle tipo villino; le aree disponibili per le case della seconda e quarta categoria erano invece di ml. 15 x 15 per costruzioni sul filo stradale, ml. 21 x 21 per quelle tipo villino.
Tra le ulteriori condizioni del bando si debbono notare le seguenti: tutte le costruzioni indistintamente dovevano essere di carattere economico e costare da L. 70 a L. 30 a m3 vuoto per pieno; ogni appartamento doveva disporre di una cucina delle dimensioni minime di m2 8 e di un gabinetto con bagno di almeno m2 5 di superficie. L’architettura doveva essere sobria con pretto carattere coloniale; si consigliava l’uso di qualche veranda, ampliando eventualmente dello spazio indispensabile le aree previste.
Era fissato un primo premio di L. 15.000 ed un secondo premio di L. 8000.
Il concorso fu giudicato dalla Commissione d’Arte ed Edilizia istituita presso il Ministero delle Colonie, la quale ad unanimità deliberò di assegnare il primo premio alla serie completa di progetti redatti dagli Architetti Alfio Susini ed Ernesto Puppo e di suddividere il secondo premio in due parti da assegnare all’Arch, Vito Rastelli, per il progetto delle case per indigeni, a all’Ing. Antonio Costantini per quello delle case per metropolitani.
Siamo dolenti che non sia stato concesso ottenere le fotografie dei progetti vincitori del secondo premio: illustriamo per ora soltanto i progetti che ottennero il primo premio, degli Architetti Alfio Susini ed Ernesto Puppo.
Sono sufficienti le riproduzioni offerte a chiarire gli intendimenti tecnici ed artistici degli autori. Le piante sono ben giocate e rispondenti ai requisiti del bando ed alle buone norme dispositive in rapporto al clima.
L’architettura è molto semplice e gustosa: le forme dell’arte mediterranea, appena un po’ aumentate e serrate in schemi regolari, si tramutano quasi naturalmente in forme moderne svelando una inattesa parentela fra codesti due aspetti della sensibilità costruttiva, pur così lontani nel tempo e nello spazio.
N. D. R.



CRONACA DEI MONUMENTI

RESTAURI DI ANTICHI EDIFICI IN FANO

In occasione della prossima inaugurazione del restauro e completamento delle Case e della Corte dei Malatesta, eseguito dall’Arch. Alberto Calza-Bini in Fano, ci è gradito dar notizia di altri lavori di ripristino effettuati dallo stesso autore nella stessa città. Notevoli le opere di liberazione e sistemazione delle mura della Mandria, della Chiesa di S. Michele e delle logge di S. Michele. Di quest’ultimo restauro diamo poi esauriente e documentata illustrazione, lasciando la parola atto stesso esimio Collega:
Il fabbricato dell’antica “Scuola di S. Michele” è presso la Chiesa omonima a ridosso dell’Arco di Augusto, di cui incorpora un fornice, e sorge in parte sugli avanzi di una chiesetta e di un monastero del secolo XII e un largo tratto di salda e poderosa cinta romana.
Nel 1463 la Scuola o Confraternita di S. Michele doveva possedere una sede di qualche importanza, quando le artiglierie del Duca di Montefeltro, che bombardava la città di Fano per toglierla ai Malatesta per ordine del Papa, la danneggiarono insieme al superbo arco imperiale.
Provvidero i confratelli a restaurare la sede abbellendola anche con le pietre cadute dall’arco, ottenendo più tardi una regolare concessione per sanare la appropriazione già compiuta (1).
Aveva allora bottega presso l’arco Mastro Matteo Nuti (2) che doveva più tardi aiutare Leon Battista Alberti nel Malatestiano di Rimini prima di divenire grande architetto militare del Pontefice.
Può ritenersi che del Nuti appunto siano i vivaci capitelli del loggiato inferiore, scolpiti proprio nella pietra d’Istria dell’arco.
Susseguita una certa difficoltà economica, o partito il Nuti che già aveva lasciato i lavori della vicina Porta Maggiore, la Scuola fu rabberciata e finita alla meglio con gli avanzi delle loggie, di gusto veneziano, dovute forse agli artefici che il Malatesta aveva a suo tempo chiamati per la fabbrica della sua casa e per la tomba della sua donna.
Infatti nella tettoia della loggia superiore erano delicati resti di mensole di legno intagliate che reggevano informi e pesanti travi di legno senza alcuna sagomatura, e cornici in laterizi di una certa grazia, su aperture di finestre manomesse e richiuse in pessima muratura.
Seguirono successivi rimaneggiamenti, e nel 1588, come si legge sul basamento di una colonna, si dovette procedere a nuovi restauri e forse allora nel portico del cortile interno si dovettero sostituire le antiche colonne, certo d’arenaria come le superiori, con altre in pietra calcarea perfettamente eguali nella forma e nelle dimensioni a quelle che furono collocate nella corte malatestiana nella loggia detta del Sansovino.
Ma nei secoli successivi una così lunga serie di manomissioni e di brutture, e un così deplorevole abbandono avevano congiurato contro il grazioso edificio, che qualche anno fa se ne era quasi decretata la demolizione per ragioni di incolumità e di igiene, tanto era esso fatiscente e di tanta miseria e lordura divenuto ricettacolo.
Le vecchie catene avevano cessato di funzionare per la rottura delle chiavi, le volte erano da tempo demolite; tuttavia la facciata era spinta fortemente a scarpata verso la strada e solcata da un grande crepaccio; le travature del tetto sconnesse e consunte; il portico interno puntellato e i puntelli già tarlati e rotti; le colonne fuori d’asse, bruttate dalla scolatura dei tubi di latrine ivi addossate.
Tale le condizioni dell’edificio.
Deliberato il restauro, si provvide anzitutto a sottofondare e riportare a piombo le colonne del loggiato interno prossime a cadere; furono poi demolite le costruzioni che nel piano superiore occupavano lo spazio della loggia; e questa fu ricostruita ad imitazione di quella esterna; soluzione arbitraria forse, ma certo la più consigliabile data la sicurezza dell’esempio.
Nelle loggie della facciata principale tutto era invece chiaramente indicato.
Si tolsero quasi tutti gli anelli di ferro che deturpavano i bei capitelli; si riportarono a piombo anche qui le colonne e si fece ritornare sulla verticale il piano di tutte le armille degli archi con la cornice veneziana a denti di sega, e tutta la muratura a cortina sovrapposta fino al loggiato superiore, senza nulla demolire e senza provocare danno alcuno, con una manovra eseguita con la massima accuratezza dalle maestranze locali, tutte entusiaste del lavoro d’arte e di pietà a cui le chiamavano la fede di un artista e il buon volere di saggi amministratori.
Tolti ad uno ad uno i capitelli, si sostituirono i perni di ferro con altri di rame, riaccostando i pezzi rotti senza aggiungerne dei nuovi; sui peducci, che nella parete opposta aspettavano l’imposta delle crociere abbattute, furono rifatte le ghiere della volta a crociera e furono riposte in opera le catene, affogate però nel solaio in cemento armato eseguito secondo le prescrizioni di legge per le zone terremotate.
Nel piano superiore fu lasciato intatto il carattere frammentario ma pittorico, conservando l’assoluta mancanza di rispondenza con gli assi inferiori e la ineguaglianza del tipo dei pilastrini e delle colonne; unici avanzi questi, insieme al pulvini e alle mensole intagliate, di una loggia che doveva esistere forse prima della metà del XIV secolo.
Ricoperta la tettoia, dando ai legni le sagomature di gusto veneziano che appaiono appunto nei pulvini e nelle mensole già ricordate, furono colorate in rosso e bianco le pianelle del tetto, secondo vecchi esempi rinvenuti nella terra marchigiana.
Durante i lavori furono trovate traccie chiarissime di tutte le finestre e porte dell’antica Chiesa e del monastero tutte però tagliate dal piano dei pavimenti attuali. Esse furono lasciate tuttavia visibili a testimonianza della cura con cui il restauro era stato eseguito.
Nulla invece delle finestre e delle porte del loggiato fu possibile trovare date le numerose manomissioni. Furono così, tanto inferiormente che superiormente, aperte nuove luci decorate in cotto nel piano inferiore secondo qualche avanzo ritrovato nei riempimenti dei muri, mentre nelle porte-finestre del loggiato superiore furono posti stipiti a fascia, in pietra arenaria di S. Ippolito, di un tipo derivato da esempi della prossima Pesaro; esempi che meglio parvero intonarsi all’ambiente.
Nel fianco esterno, invece, una piccola apertura quadrangolare fu decorata con la tipica finestra quattrocentesca Fanese ripresa da una vicina casa dell’epoca.
Anche nell’interno fu ridato decoro ed ampiezza al locali, abbattendo inutili tramezzi, rifacendo solai e pavimenti, e richiamando in luce gli ampi soffitti settecenteschi già nascosti sotto tele stracciate e polverose.
Tutto l’edificio ha così potuto ospitare con grande dignità e larghezza gli uffici della locale Congregazione di Carità che provvide alle spese dell’importante lavoro di restauro, condotto con gran parsimonia e vigile cura tanto delle ragioni storiche ed artistiche quanto di quelle della statica e della economia.
All’esterno fu incisa un’epigrafe che ricorda la data del restauro, 1925, e, per onestà storica, dice chiaramente:
“L’antica scuola di S. Michele ebbe restaurati nella prima loro bellezza la loggia e il portico, e continuati nello stesso stile il chiostro e la decorazione del fianco; Tullio Blasi essendo Presidente della Congregazione di Carità, e,
“ALBERTO CALZA-BINI Architetto”.

(1) Sommario delle riformanze. - Fano. Archivio Amiani.
(2) Referendario, Vol. 18, Carta 126. - Fano. Archivio Comunale.


SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI
PAGINE DI VITA SINDACALE

RIUNIONE DEL DIRETTORIO NAZIONALE DELLA CONFEDERAZIONE PROFESSIONISTI ED ARTISTI

Il 5 aprile u. s. ebbe luogo un’importantissima riunione del Direttorio Nazionale della Confederazione Professionisti ed Artisti, nella quale sono state dibattute quasi tutte le questioni che interessano la vita dei nostri Sindacati.
L’On. Calza-Bini si è rammaricato del grande ritardo con cui si procede alla nomina delle Giunte Sindacali e ha richiamato l’attenzione di S. E. Bottai circa l’opportunità di addivenire al più presto a detta nomina e all’approvazione degli Statuti.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE CORPORAZIONI

Si è inaugurato il 21 aprile il massimo organo corporativo Italiano, nel quale, come è noto, il Sindacato Architetti è l’unico ad avere due rappresentanti, uno nella sezione delle Professioni, e l’altro in quella degli Artisti. Tale riconoscimento della duplice qualità che caratterizza la professione dell’Architetto è degno d’essere notato. Essendo stato deliberato dalle Autorità superiori che i membri del Parlamento non possano partecipare alla formazione del Consiglio, la Presidenza della Confederazione ha provveduto alla nomina di altri rappresentanti del Sindacato nelle persone degli architetti Giuseppe Boni e Armando Melis.
Ai due colleghi ai quali è affidata la non lieve responsabilità di rappresentare il Sindacato nel massimo organo corporativo, coadiuvando il Segretario Nazionale nella tutela degli interessi della nostra categoria, va il saluto e il plauso della Rivista.
Quale rappresentante dell’Artigianato, per cortese disposizione dell’On. Buronzo, è stato designato in sede allo stesso Consiglio, l’Arch. Fagnoni, membro del Direttorio Nazionale. In totale, dunque, tre architetti parteciperanno ai lavori del Consiglio, contribuendo all’incremento ed alla affermazione dell’Architettura Italiana.

CONVEGNO DI DEPUTATI INGEGNERI

Il 4 aprile u. s: nelle sale della Confederazione Professionisti ed Artisti, ha avuto luogo, ad invito dell’On. Del Bufalo, un convegno di Deputati Ingegneri, per esaminare le condizioni della classe, specialmente nei rapporti con e categorie affini. L’On. Calza-Bini, cortesemente invitato, ha partecipato ai lavori del convegno in rappresentanza degli Architetti, portando la parola di solidarietà della classe, nelle varie questioni.

RAPPORTI TRA IL SINDACATO ARCHITETTI E LA FEDERAZIONE DELLE COMUNITÀ ARTIGIANE

Fra i due Enti, uniti da tanti legami di opere e di ideali e per opera dei rispettivi Segretari Generali, On. Buronzo e On. Calza-Bini, è intervenuto un accordo riflettente le condizioni di interdipendenza dei singoli rami di attività: in particolar modo l’accordo considera l’opportunità e la necessità del reciproco scambio di prestazione d’opera nei lavori in cui l’architetto abbia bisogno di ricorrere al lavoro dell’artigiano e questi a quello dell’Architetto Progettista e Direttore dei lavori.
La Federazione della comunità Artigiane ha stanziato lire 15.000 per un concorso da bandirsi per la miglior opera di arredamento eseguita insieme da un Architetto Progettista e da un Artigiano Esecutore.
La Rivista saluta la felice iniziativa, come quella che, ripetuta e divenuta uso corrente, recherà sostanziosi contributi allo sviluppo e alla rinascita dell’architettura degli interni.




UN DISCORSO DEL SEGRETARIO NAZIONALE DEL SINDACATO
ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Nella tornata del 1° aprile alla Camera dei Deputati, l’On. Calza-Bini nostro Segretario Nazionale, interloquì su enti d’alto interesse per l’arte in generale e per le condizioni dell’architettura italiana particolare.
Cominciò col richiamare l’attenzione della Camera su qualche punto riguardante l’Amministrazione delle Belle Arti a la sua insufficiente dotazione finanziaria, limitandosi a riferire per la parte riflettente la conservazione dei monumenti e l’istruzione artistica, essendo stati toccati gli altri aspetti più generali della questione dall’On. Oppo.
Sul primo punto l’Oratore espose alcuni dati di fatto che, anche senza commenti, illustrano con piena evidenza la gravissima deficienza di mezzi finanziari messi a disposizione per i restauri dei monumenti, per la manutenzione e adattamento dei locali adibiti a musei ecc. e citò gli esempi più salienti dei danni derivati da simile deficienza amministrativa, come ad es. il fatto che il Museo di Napoli non può per poche decine di migliaia di lire finire indispensabili lavori di restauro, o l’impossibilita per parte delle soprintendenze locali di por mano a urgentissime opere di rinforzo a monumenti di primissimo ordine pericolanti, come l’Abbazia di S. Galgano, la cupola di S. Giovanni in Parma, il Duomo di Salerno, Castel del Monte, la chiesa di S. Chiara di Napoli, ecc. Specialmente Pressante è stata la richiesta di provvedimenti per Santa Chiara di Napoli ed infatti sappiamo che da qualche giorno si è provveduto alle opere necessarie per rafforzare il tetto cadente.
A proposito delle Soprintendenze ai monumenti e scavi, l’On. Calza-Bini rilevò l’opportunità di rinvigorirne i quadri del personale tecnico e segnalò l’opportunità di servirsi a tal uopo dei giovani Architetti ai quali le Scuole Superiori di Architettura forniscono attualmente cultura idonea e completa, e che potranno procedere meglio di altri a rilievi e allo studio del nostro patrimonio architettonico. A proposito dei lavori eseguiti dalle Soprintendenze a mezzo del proprio personale tecnico specializzato, l’oratore lamentò che ancora il Genio Civile detenga il controllo tecnico ed amministrativo di essi, cosa ormai illogica ed offensiva.
In seguito l’On. Calza-Bini lamentò che ancora nulla si sia fatto di concreto per la Riforma dell’insegnamento artistico e s’indugiò a considerare le linee fondamentali di essa, qual è invocata ed attesa dagli artisti, quale fu delineata tre anni or sono dalla commissione espressamente nominata ed il cui progetto fu preparato dalla Sezione V del Consiglio Superiore per espressa incarico del Ministro dell’Educazione Nazionale. Base di tale riforma sono le scuole per gli artigiani, istituzioni i cui aspetti essenziali l’oratore prese in considerazione lamentando il senile ed inadeguato sistema dia alcune e lodando gli ottimi procedimenti che invece si sono andati instaurando in parecchi fra i maggiori istituti. Ma per il continuo incremento di essi, destinato ad essere origine di benessere economico per gli operai e di sviluppo artistico pel Paese, l’oratore invocò vengano subito attuati provvedimenti tecnici ed economici.
In seguito il Calza-Bini mise in chiaro l’esiguità degli stanziamenti del bilancio per le Scuole ed Istituti d’Arte e dichiarò di confidare nelle cure dell’Onorevole Ministro dell’Educazione Nazionale per gl’indispensabili aumenti.
Tornando alla riforma dell’insegnamento artistico. Lamentò che l’Istituto superiore per l’industria artistica che fin dal 1923 doveva essere il fulcro di tutto l’insegnamento artistico industriale. sia invece ancora soltanto un’espressione letterale e illustrò l’indispensabilità di tale strumento di cultura nella vita della Nazione. L’istituto potrà essere finanziato, oltre che col contributo dello Stato, e degli enti locali, anche col concorso delle grandi confederazioni sindacali: d’altronde si potrebbe anche provvedere con la soppressione di alcune fra le troppe Accademie di Belle Arti, le quali aumentate invece di valore, serviranno soltanto per gli eletti che dagl’Istituti d’Arte potranno pervenirvi se dotati dei grandi mezzi indispensabili.
Proseguendo, l’oratore parlò degli altri elementi facenti parte della progettata Riforma come la scuola di Magistero per gl’insegnanti di disegno, e Licei Artistici che dovrebbero adeguatamente preparare i giovani sia a dette scuole di Magistero sia alle Scuole Superiori di Architettura che nulla avranno a che fare con le scuole preparatorie degli Studi Artistici di Accademia.
A proposto delle Scuole Superiori d’Architettura l’On.le Calza-Bini citò le felici parole del Relatore On. De Francisci, volte a chiarire come 1’"equilibrato contemperamento della preparazione tecnica con quella artistica assicuri che da esse potranno uscire architetti colti, educati nel gusto e padroni della tecnica moderna, particolarmente adatti a rinnovare le tendenze della nostra edilizia troppo attaccata a eri anche nel campo ufficiale, alle consuetudini ed alle tradizioni del vecchio regime".

L’On. Calza-Bini dichiarò di ringraziare il relatore di tali parole a nome degli architetti italiani e particolarmente come dirigente del Sindacato Nazionale; poiché il Sindacato, fin dal suo sorgere, ha fatto della costituzione delle scuole d’Architettura cardine e fondamento della sua attività. Quattro di esse oltre quella di Roma e la Sezione del Politecnico di Milano che dovrà alle altre adeguarsi già funzionano in pieno e con ciò il Sindacato è giunto al termine delle proprie realizzazioni in materia, mentre d’ora in poi si propone di rinvigorire sempre più di esse il contenuto e l’organizzazione, tanto più se lo Stato vorrà concedere, pel loro funzionamento ulteriori contributi oltre le 200 mila lire che attualmente sono a disposizione del mantenimento di tutte nel loro complesso.
L’oratore terminò il suo dire chiarendo come la sua opera in favore della realizzazione integrale della Riforma dell’insegnamento artistico si traduce effettivamente in un fervido lavoro in pro della sempre più completa realizzazione delle mete propostesi dalla nuova Italia Fascista. Applausi vivissimi e calorose congratulazioni della Camera lo salutarono alla fine.

ELEZIONI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO
DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI URBANISTICA

Demmo nei fascicoli scorsi notizia della fondazione di un Istituto Nazionale d’Urbanistica in Roma, di cui fu eletto presidente l’On. Arch. Alberto Calza-Bini, da tante tempo propugnatore della sua utilità e indispensabilità. Nelle elezioni per la costituzionne del Consiglio Direttivo, riuscirono i seguenti membri: il Sen. Broccardi, podestà di Genova; S. E. l’Architetto Marcello Piacentini, Accademico d’Italia: l’On. Tumedei, presidente della Giunta del Bilancio della Camera dei Deputati; il Prof. Arch. Guatavo Giovannoni, Direttore della R. Scuola Superiore d’Architettura di Roma. l’Ing. Guido Vitali, presidente della Federazione dei Costruttori; il Gr. Uff. Parisi, commissario dell’Associazione fra i Proprietari di Case; il Comm. Paragallo, presidente dell’Istituto di Credito Edilizio.
Il Consiglio s’insedierà il 23 di aprile in Roma e l’Istituto inizierà così la sua vita di lavoro con lo scopo precipuo di diffondere l’esigenza della cultura urbanistica. È evidente, dati gli eminenti e ben noti membri componenti il consiglio, che l’Istituto ha in sè tutti gli elementi, artistici e tecnici per potere svolgere opera sostanziosa e realizzatrice.

LA REVISIONE DEL PIANO REGOLATORE DELL’URBE

È noto che negli anni 1925-26 fu deliberata la Variante generale al Piano Regolatore 1909. Tale Variante, tuttora in corso di esame da parte degli organi consultivi dello Stato, avendo dato luogo ad importanti rilievi in detta sede, non ha potuto finora conseguire la necessaria approvazione a termini di legge.
Com’é facile intendere, si è venuta creando, in questa attesa, una situazione di incertezza, la quale costituisce non lieve disagio nello svolgimento dei rapporti e delle iniziative sia di pubblico sia di privato interesse attinenti all’assetto edilizio della città.
Oltre a ciò, un riesame della predetta Variante generale è sembrato oggi indispensabile, anche per addivenire ad un più razionale piano di sistemazione della città, segnatamente per il centro, nell’intento di adeguarne l’assetto alle esigenze urbanistiche moderne, da conciliarvi col più avveduto rispetto del suo carattere storico e monumentale.
Il Governatore, pertanto, tenuto conto di tali necessità, ha deliberato di istituire una Commissione per la revisione del Piano Regolatore di Roma.
Detta Commissione, che sarà presieduta dallo stesso Governatore, si compone dei seguenti membri: Bazzani Arch. Cesare, Accademico d’Italia; Calza-Bini Arch. Alberto, Deputato al Parlamento; Del Bufalo Ing. Edmondo, Deputato al Parlamento; Giovannoni Ing. Arch. Gustavo, Direttore della Regia Scuole Superiore d’Architettura di Roma; Munoz Prof. Antonio, Direttore delle Antichità e Belle Arti del Governatorato: Palazzo Ing. Cesare, ingegnere capo del Genio Civile pel Servizio di Roma; Paribeni Prof. Roberto, Accademico d’Italia; Piacentini Arch. Marcello, Accademia. D’Italia; Salatino Ing. Paolo, Ispettore Superiore del Genio Civile.
La Commissione verrà assistita da un ufficio di segreteria diretto dall’ing. Arnaldo Maccari, capo della Divisione edilizia del Governatorato.
La Commissione stessa, nel termine di sei mesi, dovrà compilare il progetto di massima per l’assetto dell’Urbe.


LA VITA DEI SINDACATI REGIONALI


LA RIFORMA DELLO STATUTO DELL’ASSOCIAZIONE CULTORI DI ARCHITETTURA IN ROMA

È avvenuta la completa fusione della vecchia e gloriosa associazione tra Amatori e Cultori d’Architettura di Roma col Circolo di Cultura del Sindacato Architetti.

I due enti si sono identificati nel nuovo, il quale è presieduto così dal Segretario Regionale Arch.Vincenzo Fasolo, ed ha assunto norme di vita che meglio si confanno col nuovo spirito sindacale fascista, raccolte in uno statuto, trasformazione del precedente, testè approvato ed edito.

LA PRIMA MOSTRA DEL SINDACATO ARCHITETTI DELLA CAMPANIA A NAPOLI

Domenica 6 aprile, nella sala della Rivista "Italiani nel mondo" ha avuto luogo l’inaugurazione della Iª Mostra d’Architettura del Sindacato della Campania.
Il podestà di Napoli Duca Bovino, il vice-podestà On. Maresca il vice-prefetto Montuori e moltissime autorità fra cui gli On. Simoncelli, presidente dell’Accademia di Belle Arti, e l’On. Sansanelli, sono stati ricevuti dal comitato ordinatore col suo presidente On. Calza-Bini, Segretario nazionale del Sindacato e Direttore della R. Scuola Superiore d’Architettura di Napoli.
Questa mostra, che raccoglie alcune delle opere dei migliori fra gli architetti del Sindacato Napoletano, non vuol essere se non un punto di partenza per un’azione di rinascita e di affermazione degli Architetti Napoletani, che vogliono ritrovare nella tradizione, oggi smarrita, dell’arte napoletana, le basi di una espressione nuova, aderente ai bisogni dell’età nostra.
Tra i lavori più significanti vanno ricordati quelli di Marcello Canino, specialmente il concorso per il Palazzo della Provincia di Napoli, di Roberto Pane che presentò interessanti studi di architettura minore napoletana e il suo progetto per l’Arco della Vittoria; di Fortunato Gerace, di Alberto Sanarica, di Ferdinando Chiaromonti, di Vittorio Pantaleo, Segretario del Sindacato per la Campania.
Vanno ricordati ancora gli Architetti Guerra, Gargiulo, Arena, Milone, Caraman, Feld, e, tra gli anziani, Pietro Paolo Farinelli.
La mostra ha destato grande interesse nel pubblico napoletano, che accorse in folla durante il periodo di apertura.


CONCORSO

BANDO DI CONCORSO PER IL PROGETTO DELLO STADIO DELLA VITTORIA NELLA CITTÀ DI BARI

Il comitato per lo Stadio della Vittoria bandisce un concorso fra ingegneri ed architetti italiani, iscritti ai sindacati, per il progetto dello Stadio della Vittoria. Riportiamo succintamente le norme di detto bando.
Art. - 1. - Il progetto dovrà corrispondere a tutte le esigenze della tecnica, dovrà uniformarsi alle norme contenute nell’allegato A, dovrà tener conto del regolamento della C.O.N.I. e lo Stadio dovrà essere capace di 20.000 spettatori. La somma a disposizione di L. 6.000.000 esclusa la piscina e gli impianti di cui al N. 6 dell’allegato A.
Art. 2. - Il Concorso sarà di I e di II grado.
Art. 3. - I concorrenti al concorso di primo grado dovranno presentare i seguenti documenti:
1) Certificato di nascita, iscrizione ai Sindacati;
2) Relazione illustrata e particolareggiata del progetto;
3) Computo metrico estimativo di massima coi prezzi dell’ultimo bollettino del Sindacato ingegneri di Bari;
4) Planimetria generale scala 1:500.
5) Planimetria quotata delle singole costruzioni e degli impianti sportivi, scala 1:100;
6) 2 prospetti in scala 1:100;
7) Sezioni longitudinali e trasversali quotate;
8) Una o più prospettive.
Art. 4. - I progetti dovranno pervenire improrogabilmente al Comitato "Pro Stadio della Vittoria" presso il Comune di Bari entro le ore 12 del 5 agosto 1930.
Ogni progetto sarà contrassegnato da un motto che sarà riprodotto su una busta chiusa contenente il nome, l’indirizzo del concorrente e i documenti prescritti.
Art. 5. - La Commissione giudicatrice sarà costituita di 9 membri non ancora prescelti.
Art. 6. - Fra i progetti accettati ne saranno scelti 3 o 5 pel concorso di II grado.
Art. 7. - Ai progetti prescelti per il concorso di II grado sarà assegnato un premio di L. 5000.
Art. 8. - I progetti saranno esposti ai pubblico per 15 giorni prima del verdetto della Commissione e per altri 15 giorni dopo detto verdetto.

Art. 9. - Le buste sigillate saranno aperte dopo che la Commissione avrà dato il suo giudizio.
Art. 10.- Fra -i concorrenti prescelti sarà bandito con ulteriori norme un concorso di II grado. Al vincitore sarà assegnato un premio di L. 50.000 e verrà corrisposto un compenso percentuale dei 1% per la direzione artistica dei lavori.
Art. 11. - Il giudizio della Commissione Giudicatrice è insindacabile e il concorrente dichiara di accettarlo prendendo parte al Concorso.


ALLEGATO A

Elenco degli impianti tecnico-sportivi do progettarsi:
1) Campo di gioco per calcio e rugby, m. 100X60.
2) Pista podistica comprendente 6 corsie.
3) Fossa per salti.
4) Campo accessorio attiguo e comunicante collo Stadio comprendente: pista podistica cingente un campo di m. 100X50, giochi di bocce, campi di tennis, servizî accessorî.
5) Stadio nautico, comprendente una piscina scoperta di m. 50X25 e una coperta di dimensioni ridotte.
6) Impianti sotto le gradinate, comprendenti uffici per Direzione e Segreterie; alloggi per atleti; 2 palestre ginnastiche; saloni per scherma, lotte, pattinaggio, boxe; pista podistica in carbone per allenamenti invernali; relative dipendenze.
Per ulteriori informazioni rivolgersi al Comitato "Pro Stadio della Vittoria", Comune di Bari.

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