FASCICOLO IV - DICEMBRE 1930
NOTIZIARIO

CRONACA DEI MONUMENTI


BARI. - Il 6 settembre u. s. all’Augusta presenza di S. M. il Re la basilica di S. Nicola di Bari veniva solennemente riconsegnata, ai termini del Concordato col Vaticano, alle autorità ecclesiastiche. Ma la riconsegna avveniva dopo il compimento di essenziali lavori di ripristino che hanno ridato al monumento le linee e la dignità originaria. Ai lavori ha presieduto una benemerita Commissione, di cui era presidente il dotto ed energico Mons. Nitti; e l’opera è stata condotta, con severo metodo dal chiaro Prof. Quagliati sovraintemdente all’Arte ed alle Antichità delle Puglie. Di lui ci piace qui riportare un cenno illustrativo del monumento e del restauro felicemente compiuto.
«La celebre Basilica di S. Nicola, costruita dal 1087 al 1108, fu modificata sui fianchi nel trecento, quando gli Angioini consentirono che le alte e profonde arcate esterne si trasformassero in cappelle gentilizie.
La demolizione dei muri longitudinali tolse l’appoggio ai muri divisori dati, gallerie superiori ed il terremoto del 1499 ebbe ragione dell’offesa prodotta all’organamento dell’equilibrio statico nella struttura del sacro edificio, sicchè fu dovuto immediatamente incatenare il tratto antistante delle fiancate con l’abbinamento delle colonne nell’aula basicale, sulle quali posò la costruzione dei tre arconi di rinforzo nella navata centrale.
Il fastoso gusto del barocco, con l’edificazione di grandi altari nelle cappelle, ostruì le esili finestre trecentesche ed intaccò e indebolì le stesse cortine, che, sulle facciate laterali, avevano murato gli archi. In quel tempo si rese necessario porre riparo alla spinta dello spiovente che dal sommo del matroneo declinava fino alla grondaia dell’esaforato. Così fu alleggerito il tetto sostituendo alle lastre di pietra gli embrici di laterizio e limitandolo al solo matroneo, mentre fu stabilita una terrazza con parapetto di conci di tufo sopra gli esaforati, traslocando al displuvio dei matronei le gronde originali.
Le esafore fatiscenti e strapiombati verso l’esterno furono mantenute in piedi serrandone le luci e incorporandone le colonnine nella muratura. La parete divisoria, che strapiombava verso l’interno, fu invece sostenuta con pesanti contrafforti ad archi di carparo per oltre un terzo della sua lunghezza verso il transetto sul fianco settentrionale, e con due uguali contrafforti sul lato di mezzogiorno presso la torre del Catapano.
Per potere alzare il tetto sul fianco settentrionale vennero ostruite le sei finestre della navata centrale e venne attraversata la bifora del transetto; sul lato meridionale il tetto è più ribassato e le sei finestre della navata centrale vi si aprono sopra completamente ma la bifora del transetto è stata chiusa per gravi lesioni.
Altre varianti ancora, estetiche se non strutturali, ha subito in tempi diversi la Basilica e precisamente: le tre statue in pietra raffiguranti S. Nicola, l’Immacolata e S. Antonio da Padova, che nel 1647 il Chiummarulo aveva eseguite e messa sulla iconostasi del presbiterio, furono trasportate nel 1742 sulla facciata principale, mutando in nicchie le monofore del primo ordine di finestre; mentre pure nel secolo XVIII fu aggiunta, ai piedi dal prospetto della Basilica, l’ampia scalinata a modanatura.
L’esame e lo studio del monumento, per provvedere al restauro ad alla restituzione delle sua artistiche forme architettoniche nella Chiesa superiore, ha profondamente rivelato le gravissime e pericolanti condizioni di statica in cui è venuta a trovarsi l’opera magnifica a geniale del benedettino Elia in causa delle naturali vulnerazioni del tempo e più specialmente delle inconsulte trasformazioni perpetratesi nei secoli XVI, XVII e XVIII, nonchè altresì incolpevole causa della perseverata incuria di ogni elementare provvidenza di manutenzione.
E pertanto le opere di sondaggio e constatazione e quelle di demolizione a di ricostruzione hanno dovuto essere condotte con particolare cura e con gradualità. Si è dovuto eseguire lo smantellamento della copertura dal lato meridionale sopra l’ultima parte del matroneo e di quella sulla galleria. La tettoia del matroneo era stata in addietro impostata ad 80 cm. al di sotto della linea primitiva e perciò erano state tolte dal muro del matroneo stesso tutta le mensole d’appoggio della travatura ed era stata tagliata la parte superiore delle lunette nelle bifore tra matroneo e galleria.
Nella fig. 6 è ritratta la bifora che si apriva nel muro divisorio anzidetto, e che, prendendo luce dalla galleria, la diffondeva nel matroneo: se è smontata la costruzione superiore e ricollocata a posto la colonna col capitello, uniti per mezzo di grappe di rame e al disopra sono stati fissati l’abaco e la mensola a vaga testa muliebre per reggere il pieduccio degli archetti.
Su ambo le fiancate del tempio si ebbe ad osservare come, tranne che nelle sole esafore addossate al transetto, in tutte le altre i perni di ferro, usati a collegare i fusti con le basi e coi capitelli, essendosi ossidati, avevano lesionato o spaccato in tre o quattro pezzi gli artistici capitelli trapezoidali ed anche qua e là mostravansi crinate o rotte le colonnine. Non era il caso di sostituire le opere d’arte inimitabili nè i leggiadri fusti. Allora mi si è affacciato imperioso il quesito di ridurre a semplici elementi decorativi quelli che per loro natura erano elementi statici. Ed il problema si è risolto con l’impiego di travi orizzontali monolitiche in cemento armato. La trave si è colata su tutta la linea dalla quattro restanti esafore in ambo le fiancate della Basilica, facendola rientrare nella muratura delle torri antistanti per la profondità di 55 cm. e posare sul pilastri di ciascuna esafora. La cassa è stata formata cogli stessi ordini dei conci in pietra, che dovevano essere il paramento interno ed esterno del muro soprastante agli archetti, del quale la trova medesima sostituì il nucleo. Le due travi monolitiche portano ancoraggi di rame per scaricare capitelli e fusti dall’appoggio degli archetti, i quali restano così aggrappati e sospesi. Gli ancoraggi tengono imposte ed archetti e tutta la muratura soprastante, alzata per 88-95 cm. con 69 cm. di spessore. Così si è ottenuto che fra le mensole, le quali sono incassate nei pezzi d’imposta degli archetti, ed i capitelli passa un soffio d’aria di poco più d’un millimetro. E le colonnine ed i capitelli, rinsaldati con innesti e con mastice, rimangono indipendenti nella originalità della loro arte multipla e ingegnosa.
Anche sul fianco settentrionale dalla Basilica i lavori di demolizione e ricostruzione sono stati condotti con gli stessi criteri, e così, la fig. 5 presenta la prima esafora (da sinistra) che quì è quella prossima al transetto, ricostituita e completata con la cornice.
Nella stessa figura si vedono riaperte le prime due delle sei finestre monofore centinate dalla navata principale dopo la demolizione della copertura del matroneo, la quale copertura, come si è detto sopra, era stata su questo lato rialzata andando ad innestarsi in sommità a circa un terzo di altezza sopra il davanzale in seguito a che le sei finestre erano state murate.
Nella fig. 4 si vedono le esafore del lato settentrionale ricostruite e completate senza che appaia per nulla all’esterno la struttura travata in cemento armato che si eleva, sopra gli estradossi degli archetti, di 72 centimetri a raggiunge la dentellatura a sega con la soprastante fascia, facendo da base alla grondaia-cornice, composta di dentelli, ovolo (che costituisce il canale di gronda), listello e controlistello.
Compiuto così felicemente il consolidamento ed il ripristino dalle brillanti gallerie a esafore e dei matronei a vaghezza di porte e di bifore nel muro divisorio, rifatte le corrispondenti tettoie di copertura per ricollocarle necessariamente nella loro originaria impostazione, si sono riaperte le finestre centinate della navata maggiore a settentrione e le bifore del transetto restituendo, le cornici di coronamento sulle facciate occidentali del transetto stesso ed il fregio e le grondaie degli esaforati.
I lavori quindi hanno proceduto decisamente con ritmo accelerato, simultaneo e multiplo, ma pur sempre metodico e tecnicamente rigoroso, sui fianchi del tempio, per la demolizione delle cappelle e la ricostruzione dei muri longitudinali maestri, onde rimettere in organiche condizioni di stabilità l’edificio e liberare all’esterno le grandi arcate romaniche, le quali rendono leggero l’esaforato soprastante e mirabilmente intonano e diffondono di luci e d’ombre le movimentate ali settentrionale e meridionale del prezioso e caratteristico monumento.
Il collocamento dei muri longitudinali al posto primitivo nella loro robusta struttura della grossezza di m. 1,25- sicchè tornino ad essere di sostegno del muro superiore divisorio tra l’esaforato ed il matroneo - risolve un importante problema di statica.
Del resto, le cappelle gentilizie trecentesche, ottenute con la delittuosa demolizione del muro perimetrale e con la chiusura degli arconi esterni per mezzo di pareti slegate, di m. 0,80 di spessore, che hanno impallidito e spento troppo a lungo le fiancate luminose e aleggianti del tempio, erano state disfatte nell’interno dalla trasformazione degli altari di nessuno o di scarso interesse nei secoli XVII e XVIII. Nè le meschine e devastate sagome a semplice arco acuto delle finestre trecentesche avevano menomo valore da impedire di potere oggi contemplare con gaudio spirituale l’architettura gentile e ascetica del prototipo delle cattedrali pugliesi.
Così la divina Basilica è tornata sui fianchi a rigodere festosamente la pristina saldezza e le pure e ispirate forme di bellezza della sua origine.
Semplici sono i lavori di restauro nel prospetto. Abbiamo per ora ricostruito in pietra di Bisceglie i tre rituali gradoni di accesso alle navate, dalla severa linea dei quali più armonica emerge nei profili e nei motivi ascendenti la facciata. Si sono anche ripristinate le tre monofore del primo ordine. La torre di sinistra, già sciolta dal deturpamento della cella posticcia campanaria, riprende il sorriso del suo coronamento con cornice, fascia e fregio: avrà riaperte le eleganti bifore sui lati a ponente e a levante e la monofora a tutto sesto su la parte di settentrione: sarà restaurata nella linea della cornice del primo ordine sopra l’arcone di basamento.
Così sarà demolita la cella campanaria sulla torre di destra e la torre sarà ristabilita colla muratura della parte superiore e restaurata nelle antiche finestre centinate.
È, inoltre, avvenuto quasi per intero l’isolamento della chiesetta di S. Gregorio, gaio gioiello di nostra arte, e si è ripristinata la cortina che ne congiunge la ridente facciata con la porta angioina.
L’aula delle tre navate oggi è soffusa di luce attraverso le invetriate a rulli piombati e le sue nude mura austere nel silenzio e nella vastità del tempio raccolgono il trionfo del Grande Spirito del Taumaturgo di Mira. I fedeli, tra la purità del luogo sacro alla tomba del Santo Patrono, ritrovano più devota la loro anima nella preghiera e nella speranza. La fede per elevarsi alla meditazione divina e al conforto d’ogni dolore s’accende più fervida e più intima tra la gloria di quella semplicità che suscita nello spirito il senso dell’infinito.»
Q. QUAGLIATI.


RIVISTA DELLE RIVISTE


ITALIA

Domus (Luglio 1930). Milano, Via S. Vittore 40.

Fascicolo quasi esclusivamente dedicato all’arredamento, mobili, stoffe, vetri, ceramiche, giardinaggio, alla Triennale di Monza.

Domus (Agosto 1930).

Uno dei 36 progetti di Ville Italiane (arch. G. Pulitzer) presentato alla Triennale di Monza.
Sala del Brasile. Arredamenti navali alla Triennale di Monza (testo arch. E. Lancia).
La casa elettrica alla Triennale di Monza (testo di G. Ponti).
Arch. A. Sartoris: Ragioni dell’architettura razionale.

Domus (Settembre 1930).

Uno dei 36 progetti di Ville italiane (arch. T. Buzzi) alla Triennale di Monza.
La Casa delle vacanze e arredamento in Monza.

La casa bella (Luglio 1930). Via Boccaccio, 16. Milano.

La Villa von Auspitz dell’arch. Wagner Freynsbeym.
La villa di Jane Renaiardt.

La casa bella (Agosto 1930).

La Casa degli Uffici del Gruppo Gualino a Torino (testo dell’arch. Griffini).
Arti decorative all’esposizione di Stoccolma.

Rassegna d’Architettura (Luglio 1930). Milano, Via Podgora, 9.

Jean Valeanu. L’architettura moderna in Romania. S. Larco e C. E. Rava. Appartamenti per signora.

Rassegna d’Architettura (Agosto 1930).

Il Planetario di Milano dell’arch. Piero Portaluppi. Palestra e Teatro dell’O. N. B. in Gorizia dell’architetto U. Cuzzi.

Rassegna d’Architettura (Settembre 1930).

Oliver P. Bernard; Considerazioni artistiche su New York. - Il nuovo quartiere operaio al Bessamello di Rozzano degli arch. E. A. Griffini e G. Manfredi. - Alberto Sartoris: Note di architettura operaia.


GRAN BRETAGNA

The Architectural Rewiew (Luglio f930). 9, Quenn Anné’s Gate Westminster S. W. 1.

L’architettura contemporanea nella Colonia del Capo. H. H. Mc. Williams ci intrattiene piacevolmente in questa studio storico sull’architettura coloniale nell’Africa del Sud e ce ne mostra alcuni ottimi esempi.
Il Seminario di Bamberg, opera dell’arch. Ludvig Ruff che noi già conosciamo attraverso le pubblicazioni delle riviste germaniche, occupa buona parte di questo fascicolo della rivista inglese.
Nathaniel Lloyd continua la sua storia dell’arte decorativa e dell’arredamento nell’abitazione inglese sotto i regni di Giorgio I e Giorgio II.
La camera da pranzo nella residenza di S. E. Henry Mond a Mulberry House Smith Square in Londra è dovuta agli architetti Darcy Braddell e Hamphry Deane. Il contrasto tra arredamento e decorazione è stridente e non oserei dire di effetto riuscito. Domina ancora l’eclettismo, ulteriormente complicato con l’ingestione di elementi moderni, per nulla assimilati.

The Architectural Rewiew (Agosto 1930). 9, Quenn Anné’s Gate, Westminster S. W. 1.

L’Esposizione di Stoccolma.
Trascende i limiti di queste brevi note il voler esprimere un giudizio anche breve e sintetico sui valori assoluti e relativi delle forme d’arte in questa esposizione.
Senza dubbio però l’architettura attuale in Svezia è di grande interesse forse più di quello che non si sia portati a credere. La rassegna ha suscitato dovunque, tra i cultori, discussioni appassionate dovute ai nuovi orientamenti ed agli sviluppi estetici che in essa si sono decisamente mostrati padroni del campo, con la netta rottura di ogni legame con i principi architettonici fino ad oggi in vigore. Senza dubbio queste nuove tendenze sono troppo ardite per essere accettate senz’altro, ma come cornice ad una esposizione nella quale l’importanza maggiore è dovuta agli oggetti esposti i criteri seguiti dagli ordinatori nell’allestimento dei padiglioni, si possono senz’altro accettare.

The Architectural Review (Settembre 1930). 9, Quenn Anné’s Gate, Westminster S. W. 1.

H. H. Mc. Williams continua la sua rassegna dell’architettura coloniale dell’Africa del Sud.
Notevole più come soluzione planimetrica che non come valori estetici, l’edificio che gli architetti Sir Herbert Baker e A. T. Scott hanno costruito in Aldwych, Londra, per la India House, organo ufficiale per l’incremento dei traffici tra le Isole Britanniche e l’Impero Indiano.

The Studio (Lugtto 1930). 44, Leicester Square, London W. C. 2.

Il numero è dedicato alle Arti Decorative ed alla Sezione Inglese alla Fiera di Monza. Quanto gli inglesi hanno esposto nella Villa Reale di Monza, non ci dice nulla di nuovo, ma è un passo che ha la sua importanza ed il suo valore e diventa notevolissimo se vogliamo paragonare questi effetti e risultati ai valori plastici ad estetici dell’ultima esposizione delle Arti Decorative in Parigi. Le nuove tendenze che ci riconducono ad una francescana umiltà, perchè da essa poi, possano germogliare e svilupparsi i nuovi aspetti artistici, rispondenti ai tempi nuovi, non sono ancora entrati nel sangue inglese. Il tradizionalismo resiste e la battaglia è dura. Illustrazioni magnifiche, commenti che fanno insuperbire, sono dedicati alla produzione italiana, ed i nomi di artisti come Ponti, Muzio, Cabiati, Alpago-Novello e Guido Balsamo Stella sono oggetto delle critiche le più lusinghiere.

The Studio (Agosto 1930). 44, Leicester Square, London, W. C. 2.

Guillaume Jeanneau ci mostra alcuni aspetti, a noi già noti, del Salon des Artistes Décorateurs, Parigi 1930 e Raffaele Calzini illustra con perizia la XVII Biennale di Venezia contribuendo alla diffusione del nome d’Italia nel mondo.

The Studio (Settembre 1930). 44, Leicester Square, London, W. C. 2.

Stoccolma 1930 è il simbolo del progresso per Paul Valery, che ne approfondisce lo studio delle cause e cerca prevedere gli ulteriori sviluppi. Il Prof. Martin Wagner ci illustra il concorso bandito dalla Berliner Verkehrs A. G. per un palazzo in Berlino e del concorso, (a noi già noto per aver avuto occasione di notarlo nel Wasmuth’s monatshefte di Marzo) illustra più particolarmente i progetti Mendelsohn, Mebel ed Emmerich.

Apollo (Settembre 1930). 6, Robert Str. Adelphi, London.

La Rivista, nobilissima come veste tipografica e ricca di preziose riproduzioni, sì da oltrepassare, quasi, i limiti della rassegna per diventare monografia, tratta più generalmente di pittura e scultura; questo numero fa eccezione ed illustra l’opera dell’Arch. svedese Ivar Tengbom mostrandoci alcune sue opere, le più recenti, sotto ogni aspetto degne di nota.


FRANCIA

L’Architecture (Settembre 1930). 39, Rue du Général Foy, Paris, 8.

Il LIV Congresso degli Architetti Francesi che ha avuto luogo in Parigi dal 26 al 28 Giugno dell’anno corrente è in questa Rivista ampiamente illustrato, e particolarmente interessante, dal punto di vista tecnico piuttosto che da quello artistico, le conferenze tenute in quella Riunione, che, pubblicate nell’Architecture formeranno il primo nucleo dal quale si svilupperanno studi più ampi. Scopo principale degli autori, è l’illustrare i caratteri degli edifici di cui parlano, quasi sempre edifici nati dai progressi della vita moderna: aeroporti, speciali istituzioni ospitaliere, stabilimenti termali; la loro organizzazione dal punto di vista urbanistico e da quello dei servizi generali.
Architettura non ne vediamo: solo qualche studio planimetrico che può essere interessante ed utile come prima guida nell’affrontare problemi di questo genere.

L’Architecte (Agosto 1930). 2, Rue de l’Echelle. Paris.

Albert Lafrade ha costruito in Parigi una casa di cura, e l’estetica del razionalismo bene si adatta a soddisfare le necessità costruttive imposte dalla moderna tecnica ospitalitaliera. La Rivista ci mostra poi una villetta costruita a Newbery nel Berkschire dagli Architetti T. S. Tait e Sir John Burnet, e ci mostra come il razionalismo imposto e voluto e sviluppatosi da necessità costruttive od edilizie on sia che forma e moda destinate a scomparire ben presto. Ciò che già alcuni anni or sono si produceva in Germania, sembra qui voler essere novità. Di fatto ha già avuto il suo tempo.

La Construction Moderne (Luglio 1930). 13, Rue de l’Odéon, Paris.

Già a noi noto o perchè pubblicato in altri periodici o perchè ispirantesi alle forme d’arte decorativa più in voga oggi, ma sempre di nostro interesse, lo sviluppo estetico in Francia: per la sua conoscenza fonte utilissima il Salon des Artistes Décorateurs 1930.

La Construction Moderne (Agosto I930). 13, Rue de l’Odéon, Paris.

Negli architetti Francesi è visibile lo sforzo nella ricerca del nuovo, ma si ha l’impressione che essi siano trascinati dalla corrente predominante e che molti ostacoli si appongano alla loro marcia in avanti. Probabilmente anche essi devono lottare contro pregiudizi e vincere anzi, convincere, l’opinione del grande pubblico.


STATI DELL’AMERICA DEL NORD

The American Architect (Agosto 1930). Fifty-seventh Str. at Eighth Av. New York.

Sono notevoli dal solo punto di vista estetico, le fotografie che John Kabel ha raccolto e che ci presentano sotto veste magnifica alcuni aspetti a noi poco noti delle regioni dell’America del Nord. Paesaggi di bellezza davvero suggestiva.
Rassegna delle maggiori attività edilizie europee. Possiamo rivedere quanto già conosciamo prodotto dagli architetti francesi e tedeschi, in contrapposto ad alcuni studi storico-archeologici sui migliori resti dell’architettura classica in Roma ed in Europa.

The American Architect (Settembre 1930). Fifty-seventh Str. at Eighth Av. New York.

Quello che è più notevole nella Rivista d’oltre oceano, è il problema professionale, che qui, come in altri organi anche ufficiali delle Federazioni di Architetti, in America come in Europa, vediamo affrontare in pieno. L’Architetto e la sua attività nel rapporti col proprietario o committente. I periodici americani, a differenza di quelli europei, si preoccupano sopratutto del fattore economico, in quanto, essendo necessaria negli Stati Uniti la firma di un Architetto per porre in esecuzione un progetto, sorgono moltissime costruzioni che, per essere ideate e sorvegliate da incompetenti, non rappresentano certo un’economia sul preventivo di cui tenne conto il cliente. Inoltre l’industrializzazione che ha fatto sorgere in quantità enorme società che costruiscono piccole case in campagna, cottages o “work ends houses„ , in serie, toglie molto del loro campo di lavoro agli Architetti Americani che, a giudicare dalle Riviste, cominciano a risentire i primi effetti della crisi economica in atto. Le riviste Europee invece, e lo abbiamo già visto in Germania, si preoccupano meno del fattore economico che non di quello artistico.

The Architect (Luglio 1930). 485, Madison Avenue. New York.

La Bank of Manhattan N. Y. ha chiamato E. Winter a decorare le pareti della sala del suo Consiglio di Amministrazione, e le scene, riprodotte con realismo, rappresentano alcuni episodi svoltisi fn Wall Street intorno all’anno 1799, in cui fu fondata la Banca. Decorazione simpatica e di piacevole effetto; è soltanto da dolersi che non sia riprodotta la visione generale della Sala del Consiglio, onde rendersi conto del come le decorazioni parietali si fondano con l’arredamento dell’ambiente.
Classica nelle sue linee generali, che ci richiamano alla mente le ville del Lario, la residenza estiva, che Elmer Clark ha costruito in S. Barbara, Cal. per opera di J. W. Thorne.

The Architect (Agosto 1930). 485, Madison Avenue. New York.

Strane idee vediamo esposte in questo fascicolo, che urtano non poco la nostra sensibilità di italiani e di architetti. Le possibilità finanziarie di molte persone in America sono assai spesso in rapporto inverso colle loro facoltà intellettuali e colla loro cultura e questo fa loro compiere spesso opere architettoniche provinciali e di cattivo gusto.
Bella sotto alcuni aspetti, per il restauratore e lo storico, la casa che in Plintridge, Cal. è stata costruita per Freeman Ford. È la classica casa basca, riprodotta con tutti i suoi dettagli. Alcuni archi diroccati, le soglie sconnesse nelle quali cresce la gramigna, le pareti lesionate e coperte dall’edera; siamo forse ad Hollywood e per un film storico per giunta? L'editore non ci mostra gli interni; chissà come li ha risolti Edward M. Fowler, architetto di Pasadena.

The Architect (Settembre 1930). 485, Madison Avenue. New York.

Due grattacieli. Il New, Building in New York, opera degli architetti J. Howells e R. M. Hood, e la O. T. Bassett Tower in El Paso, Texas, dell’architetto Trost. Notevole il primo nel suo aspetto esterno; la scheletrica ossatura metallica appare nella forma senza infingimenti. Frutto di compromessi il secondo, perchè quella medesima ossatura vuol essere decorata o mascherata con motivi floreali, ricordi lontani di periodi già vecchi per essere moderni, troppo recenti per essere antichi.

The Architectural Record (Luglio 1930). 115-l19, W. 40th Street. New York.

Quello che Mendelsohn e Fahrenkamp hanno fatto in Germania, in tentativi intesi a creare nuove forme d’arte sintesi delle loro funzioni, per i grandi magazzini di vendita europei, è stato ripetuto in quasi analoga misura da Sommer e Kaufmann, architetti tedeschi, se pure Americani di nazionalità, in un grande negozio di calzature a S. Francisco di California. Gli influssi sono evidenti.

The Architectural Record (Agosto 1930). 115-119, W. 40th Street. New York.

Questo numero di Agosto ci mostra l’aeroporto di Amburgo dovuto agli architetti Dryssen e Averhoff, e poi un articolo sull’ultima opera edita dall’Hoffmann “Wie Baut America” dovuta alla penna di Richard Neutra. Il resto è una miscellanea, nè organica nè interessante; passiamo dall’esposizione di Stoccolma al Ponte mobile della Università di Filadelfia, traversiamo un continente e un Oceano e vediamo alcuni rilievi di monumenti del Rinascimento Italiano, e finiamo con le “week ends house” le casette di campagna costruite in serie, ma con garbo, da Frank Lloyd Wright, ove trascorrere in pace le ferie settimanali.

The Architectural Record (Settembre 1930). 115-119, W. 40th Street. New York.

Ci piacciono i mobili e le suppellettili con le quali Howard T. Fischer ha arredato gli uffici dei Wrigley Building in Chicago, e come F. Riesler e Walter March hanno risolto, in maniera non nuova del resto, il problema dei grandi magazzini di vendita in New York. Le vetrine, necessarie per il commercio di cui aumentano lo sviluppo, devono, per l’Amministratore, rispondere a determinati requisiti cui, finora, hanno sempre contrastato le idee artistiche che dominavano l’arredamento. Gli architetti di cui abbiamo sott’occhio le opere, le hanno invece eseguite così come le desideravano gli uomini d'affari.

Architecture. Fifth Avenue at 48th Street. New York.

Ci illustra nei suoi numeri di Luglio, Agosto e Settembre, l’attività degli architetti negli Stati Uniti; non troviamo però, nulla di importante da segnalare, perchè tutte le opere presentateci sono soltanto o fedeli riproduzioni di motivi classici, o compromessi nei quali il motivo classico si unisce senza nuove fecondità ad elementi già sorpassati. L’architettura del grattacielo, la costruzione metallica che consente qualsiasi ardimento, non hanno ancora portato in America, almeno per quello che a noi è dato di osservare, ad alcunchè di sostanzialmente notevole.


GERMANIA

Moderne Bauformen (Luglio 1930). Stuttgart.

Nelle case a schiera costrutte in Bad Dürrenberg dall’architetto berlinese Alex Klein, osserviamo con ammirazione (amore e la cura posti anche nell’ordinamento della abitazione per le classi meno abbienti. E se l’effetto estetico può essere sgradevole per monotonia od eccessiva semplicità costruttiva, esso è di gran lunga compensato dalla maggior perfezione degli impianti e delle opere di finimento. La casa per chi vi abita e non per chi la osserva e può criticarla od ammirarla dalla via. Questo è oramai il concetto dominante, che ci viene confermato dall’importanza sempre maggiore che tutti i periodici danno alle forme d’arte decorativa, all’arredamento, allo studio del mobile nella pratica delle sue funzioni.
Il transatlantico “Europa”. Il bavarese P. L. Troost e gli arechitetti Klaus Hoffman. e Fridolin Mezger di Amburgo hanno legato il loro nome ad uno dei più grandi piroscafi che il Norddeutscher Lloyd abbia in esercizio e che rappresenta un esempio notevolissimo nella tecnica delle costruzioni navali. Non così largo nell’accettare lo spirito nuovo, come F. A. Breuhanus l’anno scorso sul “Bremen”, anzi per i più impetuosi novatori ancora troppo legato alle vecchie forme tradizionali, l’arredamento è tale che, pur consentendo il massimo delle comodità cui sono abituati i passeggeri di classe, fa chiaramente rilevare come in un piroscafo la massima utilizzazione dello spazio sia il fine primo da raggiungere. Sacrificare in parte il “confort” anche di una sola cabina di III cl. per arricchire con una cornice in noce simile a quelle che formano la ricchezza dei mobili fiorentini della Rinascenza, i cristalli del “bar” e gli “shaker” non mi sembra far cosa di buon gusto, è praticamente recar vantaggio all’economia della Marina Mercantile.

Moderne Bauformen (Agosto 1930). Stuttgart.

Le costruzioni dell’Arch. berlinese O. R. Salvisberg; i nomi di Josef Hoffmam, Ernst Lichtblau, Walter Sobotka, Alfred Soulek e Clemens Holzmeister, bastano senza commenti a renderci chiara l’idea di quello che si poteva vedere alla Fiera di Vienna. L’ornamento e la decorazione sono affidati quasi esclusivamente al gioco delle luci e dei colori delle masse; le superfici piane e gli angoli retti attenuati da note cromatiche, predominano nell’arredamento; il mobile è abolito come oggetto artistico, è esclusivamente oggetto di prima necessità; su di esso si adatta e si plasma l’ossatura murale. Ancor dodici anni or sono era il mobile ornato ed arricchito da decorazioni plastiche il centro dell’ambiente, che doveva adattarsi a tutte le possibili forme cui voleva piegarlo la fantasia dell’artista; perchè unico campo su cui questa fantasia avesse modo di esercitarsi.
L’ambiente esisteva già; e spesso il mobile che dettava legge sovrana dell’arredamento e della decorazione si piegava e si umiliava all’ossatura che doveva contenerlo. Adesso il mobile come unità in sè è passato in secondo piano; massima utilizzazione dello spazio, armadi a muro, suppellettili leggere, cuoio liscio, decorazioni pittoriche o plastiche ma con lievissimi aggetti, metalli cromati, specchi, luci indirette, ciò indica la completa sottomissione del mobile all’ambiente. Questo ci risulta ancor più evidente se osserviamo gli interni che, sempre in Vienna, sono stati eseguiti, per conto di privati, dagli architetti Otto e M. Niedermoser, Fritz Reichl, Leopold Herrlosh, Henrich Hemme, Hubert Matuschek ed infine Otto Prutscher.
La pagina più notevole di questo numero è però la casa di cura che E. Fahrenkamp, il ben noto architetto di Düsseldorf, ha costruito sul Monte Verità in Asceta. Ogni commento è inutile, basta dire che essa è molto simile alle costruzioni ticinesi dell’Arch. Wiedemeyer.

Moderne Bauformen (Settembre 1930). Stuttgart.

Fra le nuove costruzioni ospitaliere occupa un posto dei più notevoli l’ospedale Lory costruito in Berna dall’Arch. O. Salvisberg.
Con il Bar “Presto” di O. Bauer e cm, il Teatro “Pialle” di Ch. Siclis, Parigi ha i migliori esempi delle nuove forme d’architettura; applicate agli scopi pratici cui i locali sono destinati, esse proseguono le tendenze che finora abbiamo illustrato, forse con qualche anticipo sull’immediato domani.

Wasmuth’s Monatshefte (Agosto 1930). Baukunst & Städtebau. 31, Markgrafenstr. Berlin. W. 8.

E. Mendelsohn ha realizzato nei Magazzini Schocken in Chemnitz il sogno dei commercianti. Abolite le strutture motorie in facciata egli ha attenuta una unica vetrina di esposizione che occupa tutta la fronte dell’edificio. Il valore estetico e formale è dato dall’alternarsi di pieni e di vuoti che si sovrappongono in fasci, orizzontali, producendo così, specialmente nella notte, quando l’interno, che ospita i magazzini di vendita ed i laboratori, diventa sorgente luminosa, un effetto fantastico, quasi irreale. Le fascie di muratura che costituiscono i parapetti sono ancorate a mensola su una serie di pilastri distribuiti con andamento parallelo all’allineamento ma spostato di 3 ml. verso l’interno e così ci sembrano poggiare sulla fascia di vetro continua, sottostante, interrotta solo dalle esilissime strutture montanti degli infissi in ferro.

Wasmuth’s Monatshefte (Settembre 1930). Baukunst & Städtebau. 31, Markgrafenstr. Berlin. W.
8.

H. Herkommer ha costruito in Francoforte s. M. la Chiesa della Pace. In essa noi ritroviamo tutti gli elementi a noi già noti della edilzia sacra nella Germania d’oggi. Vediamo ancora le costruzioni di Fritz Schrupp e Martin Kremmer in Essen ed infine Stoccolma e la sua esposizione.

Baukunst (Agosto-Settembre 1930). 15, Barer Strasse. Munchen.

Il Lloyd Dampfer “Europa”, occupa la maggior parte del fascicolo di Agosto mentre quello di Settembre è dedicato, in maggior parte, alla chiesa di S. Giovami in Augsburg, interessante specialmente per i suoi interni.

Innen Dekoration (Agosto 1930). Darmstadt.

Eccessive le crudezze metalliche largamente adoperate da J. C. d’Ahetze nell’arredamento della sua abitazione parigina, mentre invece ci sembrano piacevoli gli effetti ottenuti con mezzi minimi se pure necessariamente con ricchezza di materiali, da Michael Rachlis per le sale di rappresentanza dell’Eden Hôtel e per i magazzini di esposizione della “Adler Werke” in Berlino.

Innen Dekoration (Settembre 1930). Darmstadt.

E. Schwadroni di Vienna, B. Pfau di Düsseldorf e J. Frank in Parigi continuano con i loro lavori le tendenze in vigore in cui tutte domina il razionalismo; la decorazione ricorre alla nobiltà del materiale per smussare gli angoli ed attenuare le crudezze date dalla logica.

LUIGI LENZI.

SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE


L’APERTURA DEI CORSI NELLA SCUOLA D’ARCHITETTURA DI ROMA E DI NAPOLI

Nello scorre mese del novembre ebbe luogol’apertura dei corsi nelle Scuole d’Architettura di Roma e di Napoli, con sedute inaugurali nelle quali tennero due discorsi, ad illustrazione dei programmi didattici, i Direttori delle suole stesse, Prof. Arch. Guatavo Giuvannoni a Roma, Arch. Alberto Calza-Bini a Napoli.
Daremo nel prossimo fascicolo, un ampio sunto dei discorsi stessi.


CONCORSO PER UN PROGETTO DI RISANAMENTO EDILIZIO DI ZONA URBANA AL PONTE DI CASANOVA IN NAPOLI

L’Istituto per le Case Popolari di Napoli indice un concorso fra gl’Ingegneri ed Architetti iscritti nei rispettivi Sindacati, per la compilazione di un progetto di sistemazione edilizia al Ponte di Casanova (ingresso in Napoli dalla strada delle Puglia), sulle aree risultanti dalle demolizione di fabbricati ivi esistenti e sopra suoli contigui. (Dette aree risulteranno in apposita planimetria che l’Ufficio dell’Istituto darà agli interessati che ne faranno richiesta).
Il progetto dovrà:

a) realizzare il miglior risamento igienico-edilizio in armonia col piano regolatore della località;

b) costituire un gruppo di nuovi fabbricati per abitazioni popolari che dovranno avere le caratteristiche richieste dal Decreto Legge 10 marzo 1926 n. 386; mentre l’insieme delle costruzioni sarà intonato ad un tipo di sobria architettura, che risponda altresì alle esigenze della importante arteria di accesso alla Città;

c) contenere la spesa della costruzione intorno alle lire 350 per metro quadrato di area coperta per piano (costo del suolo escluso) in base ai prezzi unitari in vigore presso l’Ufficio Tecnico dell’Istituto.

Il progetto sarà rappresentato ed illustrato da:

a) una planimetria generale della zone da risanare, nella scala da 1 a 200, dimostrativa delle aree edificatorie utilizzate e degli edifici che su esse verremo progettati;

b) due prospetti principali nella scala da 1:50;

c) due planimetrie sella scala da 1 a 100 di uno dei fabbricati, una in pianterreno e l’altra per un piano superiore;

d) due sezioni. una trasversale e l’altra longitudinale (scala da 1 a 100) nelle quali l’attezza tra un piano e l’altro dovrà essere di m. 3.80 oltre alla camera d’aria per l’ultimo piano, qualora non sia preveduto il tetto;

e) una veduta prospettica d’insieme, presa da un punto di vista reale che sarà indicato nella planimetria;

f) una relazione esplicativa dei criteri adottati, corredata dal computo metrico del fabbricato prescelto e dall’estimativo della spesa, considerando la fondazione con basi d’impianto in acqua a m. 6 dal piano stradale.

Tutti gli atti dei progetti presentati al concorso dovranno pervenire alla Sede dell’Istituto in via S. Brigida 24, non più tardi del giorno 31 marzo 1931 (IX); e ciascun progetto dovrà essere contrassegnato da un motto che sarà ripetuto entro una busta da unirsi chiusa e suggellata, agli atti stessi, e contenente la indicazione del nome cognome ed indirizzo del concorrente.
Il giudizio dei progetti presentati e l’assegnazione del relativo premio in modo inappellabile ed insindacabile deferiti ad una Commissione regolatrice e giudicatrice del concorso nominata dal R. Commissario Aperlo nelle seguenti persone:

1) On. Prof. Alberto Calza-Bini - Direttore della R. Scuola di Architettura di Napoli - Segretario Generale del Sindacato Nazionale Architetti.

2) Prof. Gustavo Giovannoni - Direttore della R. Scuola di Architettura di Roma - Presidente della Commissione pel piano regolatore di Napoli.

3) Ing. Domenico Primicerio - Capo dell’Ufficio Tecnico dell’Istituto.

I progetti presentati al concorso saranno esposti al pubblico nella Sede dell’Istituto o in altro luogo adatto, dopo che su di essi avrà emesso il suo giudizio la Commissione giudicatrice.
È assegnato pel concorso il premio unico ed indivisibile di lire 15.000.
La Commissione dispone inoltre della somma di L. 5.000.
Nel caso che l’esito del concorso dovesse considerarsi non riuscito in quanto nessuno dei progetti presentati corrispondesse allo scopo ed alle condizioni cui sopra indicate, potrà essere indetto un secondo concorso fra i concorrenti giudicati meritevoli di prendervi parte. In tal caso il premio sarà assegnato al vincitore del concorso di secondo grado.
Il progetto premiato diverrà di assoluta proprietà dell’istituto che potrà realizzarlo in tutto o in parte a suo insindacabile criterio e senza alcun obbligo verso il progettista oltre il premio stabilito.
Il concorrente vincitore sarà obbligato a presentare il progetto, completo in ogni sua parte, entro il termine che l’Istituto gli assegnerà, sentita la Commissione.
Il progettista dovrà inoltre seguire lo sviluppo e la realizzazione del progetto fornendo all’uopo tutti i dettagli e le indicazioni che saranno richiesti dall’Istituto. Per questo avrà diritto ad un ulteriore compenso in ragione del 0,50% sul consuntivo di ciascuna parte dei lotti che sarano eseguiti.
I progetti non premiati verranno restituiti ai concorrenti.


CONCORSO PER IL PIANO REGOLATORE DELLA CITTÀ DI CATANIA

Stá per essere bandito dal Podestà della Città di Catania, Generale Grimaldi, un concorso tra architetti ed ingegneri italiani per il nuovo Piano Regolatore della Città stessa.
Il Bando fra pochissimi giorni sarà di pubblica ragione: intanto possiamo anticipare che il concorso sarà molto importante, per l’interesse del problema intrinseco e per i forti premi (150.000 lire in tutto).
Ci riserviamo di dare un resoconto esteso del bando nel prossimo fascicolo: gli interessati si potranno intanto rivolgere allo stesso Podestà per completi schiarimenti.

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