FASCICOLO III - NOVEMBRE 1930
CARLO ANTI : Un esempio di Sistemazione Urbanistica del III secolo av. Cr., con 13 illustrazioni

Quest’anno la Missione archeologica italiana d’Egitto, diretta da Carlo Anti, ha affrontato lo studio delle rovine di Tebtunis, una cittadina greco-romana del Fajum, la grande oasi occidentale dell’Egitto.
I quartieri centrali erano stati esplorati nell’inverno 1899-1900 da un famoso ricercatore di papiri, il Grenfell, ma naturalmente al solo scopo di ricuperare papiri, senza preoccupazioni archeologiche. Era stato dunque non uno scavo, ma un frugamento colossale. Le rovine, quali furono lasciate dall’inglese, aggiuntivi i guasti prodotti dai contadini che le sconvolgono e demoliscono per cavarne un certo terriccio buono per concimare i campi, si presentavano perciò come una distesa caotica di mura, di frane di mattoni, di cumuli di sabbia e detriti, di fosse grandi e piccole, fra le quali in un primo momento sembrava quasi impossibile poter ritrovare i lineamenti della città.
Un mese di intensa opera di sgombro, iniziato là dove pareva di riconoscere un allineamento stradale e resosi via via più facile con il progresso del lavoro per il continuo scoprirsi di nuove strade, traverse, crocicchi, piazze, vicoli e vicoletti, permetteva all’architetto Co. Fausto Franco di rilevare il piano che pubblichiamo alla fig. 2.
In questo non è tutta la città: il quartiere orientale è ancora in parte sotto la sabbia, lo scavo dell’occidentale è appena iniziato, edifici si intravvedono ancora a nord, e a nord-est è tutto un altro quartiere di tarda epoca, copto-arabo. C’è dunque ancora molto lavoro per l’avvenire. Ma è certo che quanto si è potuto rilevare quest’anno rappresenta il nucleo principale della città e basta per rivelarne a grandi linee la storia.
La cittadina, che, nella parte esplorata, misura circa m. 600x500, è posta al margine meridionale dell’oasi, sulle prime sabbie del grande deserto libico. Il terreno coltivabile in Egitto è sempre stato troppo prezioso perchè lo si sprecasse come area fabbricabile: case dei vivi e, a maggior ragione, case dei morti sono state sempre respinte ai margini della zona fertile, sul bordo del deserto. Si aveva il vantaggio di mettersi all’asciutto e al sicuro dalle piene del Nilo, con guadagno anche dell’igiene.
La caratteristica che colpisce per prima osservando il piano di Tebtunis è il fascio di strade nord-sud, che segue la direzione del traffico principale, proveniente dall’oasi posta a nord. Ad ovest del principale gruppo urbano è una grande spianata di circa m. 120x40, chiusa a sud e comunicante a nord con l’oasi per mezzo di un vialone largo m. 15. Era un Mercato. Più ad ovest ancora un quartiere. Il fascio delle strade nord-sud è tagliato circa a metà da una via Decumana, che raccorda tutte le cardinali e mette in diretta comunicazione il quartiere orientale con il Mercato e con il quartiere occidentale.
Questa l’ossatura generale della cittadina, chiara, rispondente alle fondamentali esigenze del traffico, quali risultavano dalla posizione dell’abitato rispetto alla sua fonte di vita: l’oasi.
Un’analisi più accurata del piano prova peraltro che non si è arrivati di un sol colpo a questo risultato.
Il fascio centrale delle vie cardinali è subordinato all’andamento della via del Bivio nei suoi due rami: il Diritto e il Tagliato. La via del Peristilio è esattamente parallela al ramo Diritto, quella del Leone al ramo Tagliato. La via del Bivio, del resto, corrisponde all’asse della città anche materialmente. È chiaro che essa è la più antica, quasi la colonna vertebrale dell’intero borgo, intorno alla quale si sono sviluppate poi le altre, poco alla volta, con il crescere graduale del villaggio.
Inoltre, in questa parte della città, fra il Mercato e la via del Leone, è curioso notare che, malgrado il lungo sviluppo delle vie cardinali, sono rarissime le comunicazioni trasversali e che le poche esistenti sono tutte ripetutamente spezzate. Ciò dipende dal regime dei venti. A Tebtunis spirano abitualmente delle piacevoli brezze dai quadranti settentrionali e le molte vie con direzione all’incirca del N. ne erano facilmente percorse. I venti dei quadranti meridionali sono invece tutti temibili, quelli di S. per la loro arsura, ma fortunatamente sono rari, quelli di SO, che sono più frequenti, per la violenza e per i turbini di sabbia che convogliano. Per questo noi vediamo che delle vie cardinale solo quella del Leone raggiunge direttamente il margine meridionale della città, mentre le altre o muoiono o si spezzano ripetutamente e che le traversali sono poche ed esse pure spezzate. Si tratta di accorgimenti dettati da lunga esperienza che si trovano applicati nelle città cresciute un po’ per volta, quasi spontaneamente.
Orientamento e sistemazione stradale cambiano alquanto nei quartieri estremi. Il parallelismo con i due rami della via del Bivio cessa ben presto. Già la via del Tempio lo corregge, spostandosi all’altezza della via Decumana di 10 m. verso il nord astronomico. Altri 10 m. di spostamento a nord guadagna la via Insabbiata così da diventare quasi esattamente orientata e le strade successive, delle quali almeno due bene individuabili, si mantengono parallele e orientate a distanze regolari di 25 m.
Sebbene si disponga ancora di pochi elementi, basta il poco scavato per dire che nel quartiere occidentale si hanno pure strade orientate a distanza di 25 m. Non basta: in questi quartieri noi troviamo che le case sono distribuite in blocchi rettangolari, i «mattoni» dei greci, le insulae dei latini. Orientamento, strade normali fra di loro, isole rettangolari, sono le caratteristiche dei piani regolatori tracciati metodicamente. Dunque a Tebtunis, ad est e ad ovest di un nucleo più antico, sorto e sviluppatosi gradualmente intorno alla originaria via del Bivio, si hanno dei quartieri periferici, tracciati e costruiti in un determinato momento, secondo un piano organico.
La storia di Tebtunis è tanto semplice che è facile stabilire quando ciò può essere avvenuto. Il nucleo più antico (fig. 12) rappresenta il villaggio egiziano originario, risalente ancora alla XII Dinastia (1800 circa av. Cr.), quando i Sesostri e gli Amenemmes rivolsero la loro attenzione al Fajum e cominciarono a curarne la sistemazione idraulica e quindi agricola. Allora cominciarono a sorgere alcuni centri abitati importanti e fra questi anche Tebtunis perchè nella sua necropoli sono state trovate tombe della XII Dinastia. I quartieri più recenti a scacchiera corrispondono all’ampliamento della bonifica idraulica e agricola compiuta dai Tolomei nel III sec. av. Cr. ed agli stanziamenti greci stabiliti allora nel Fajum, i quali dettero luogo a fondazioni del tutto nuove come quella di Filadelfia (il cui piano infatti è tutto a scacchiera regolare) o all’ampliamento di centri egiziani già esistenti, quale è il caso di Tebtunis.
È interessante vedere come per Tebtunis questo ampliamento (fig. 13) sia stato fatto seguendo criteri che sono ottimi anche oggidì, che anzi si possono dire attualissimi.
Il vecchio quartiere egiziano era troppo vasto per essere demolito e del resto continuava certo ad essere abitato dalla popolazione indigena, sì che il demolirlo sarebbe stato praticamente impossibile. D’altra parte, con le sue strade anguste (le più larghe sono di m. 3) e privo quasi di comunicazioni trasversali, sarebbe stato incapace di sopportare il traffico, aumentato in conseguenza dei radicali miglioramenti agricoli e della popolazione, che, a giudicare dalle nuove aree fabbricate, doveva essere più che raddoppiata.
I greci non lo toccarono, ma lo svuotarono di ogni funzione commerciale creandogli in fianco, lungo il lato ovest, la grande spianata del nuovo mercato. Con questo provvedimento il traffico grosso, che arrivava dall’oasi per il vialone settentrionale largo m. 15, si fermava e si esauriva nel nuovo Mercato; le vecchie piazzette del borgo egiziano rimasero dei piccoli larghi tranquilli e appartati, riservati oramai a soli scopi religiosi, se vi era un tempio, come in quella della via Tagliata, o a scopi amministrativi, come forse fu il caso della piazza sulla via del Peristilio, o alle chiacchiere di quegli indigeni che non amavano troppo il contatto dei nuovi padroni greci. Le strade, anche se strette, dovettero parer larghe, dato che in esse il traffico era di fatto diminuito.
I nuovi quartieri furono costruiti uno ad ovest, proprio sul Mercato, per chi vi aveva più diretti interessi, l’altro, più grande, ad est. Anche tutto ciò era ben studiato. Il Mercato, che, come sempre i mercati agricoli, era sopratutto di bestiame, doveva essere tenuto sotto il vento dominante, che qui è quello di NE, per non appestare l’abitato con le sue esalazioni e perciò esso e il quartiere di chi doveva vivere nelle sue immediate vicinanze fu collocato ad ovest. Il nuovo maggiore quartiere di abitazione fu invece collocato ad est per la stessa ragione, per essere cioè abitualmente sopravvento non solo rispetto al mercato, ma anche rispetto al quartiere egiziano.
Occorreva poi collegare comodamente i nuovi quartieri fra di loro e con il mercato, ciò che fu fatto con la grande via Decumana, la strada Regia, come la chiama un papiro trovato a Tebtunis stessa. È l’unico taglio fatto nel vecchio quartiere egiziano e che si tratti proprio di un taglio risulta dal fatto che quando Tebtunis morì e cioè almeno sette od otto secoli dopo, a sud del grande tempio di Suchos, presso l’angolo della Decumana con la via del Leone, una stretta striscia di terreno cintata tradiva ancora i ripieghi cui si era ricorsi nel III sec. a. C. per ottenere l’allineamento dei lati della nuova via.
La «via Regia» aveva il vantaggio di tagliare il quartiere egiziano nel punto più stretto e di stabilire almeno una comunicazione trasversale comoda per tutta la città, in quanto collegava l’intero fascio delle vie cardinali. Essa sboccava al margine settentrionale del mercato, evidentemente perchè tutti i movimenti di Tebtunis gravitavano a nord verso l’oasi, e quindi tale strada era più utile spostata a nord, ma anche perchè si potesse raggiungere il quartiere occidentale senza dover attraversare il mercato nella sua parte più larga e perchè il traffico della via Regia potesse incanalarsi nel vialone dell’oasi senza disturbare o essere intralciato dall’affollamento del Mercato. Certo vi saranno state altre comunicazioni tra quartiere occidentale e quartiere orientale a sud, ma lunghe e tortuose, buone per le donne che andavano in visita, non per il grosso traffico.
L’aver concentrato tutto il grande movimento della cittadina nel Mercato in comunicazione breve, diretta e comoda con l’oasi, permise di mantenere strette le vie del resto della città, anche nei quartieri nuovi, con notevole comodo dei cittadini. In paesi torridi quali l’Egitto una via stretta non è mai anti igienica e invece risparmia abitualmente i riverberi violenti e le penose traversate sotto il sole, diminuisce i polveroni nei giorni di vento.
Se la mia incompetenza in fatto di urbanistica non mi inganna, abbiamo in Tebtunis un umile, ma purtuttavia istruttivo esempio di sistemazione urbanistica vecchio di ventidue secoli. Vi è affrontato il problema di adeguare un vecchio borgo ad una vita due o tre volte più intensa, problema che è stato risolto felicemente non toccando il nucleo antico.
Propongo l’esempio agli architetti e sopratutto agli ingegneri che ancora si illudono di rammodernare le nostre città medioevali con tagli cesarei (quando le cose riescono alla meno peggio) o con sventramenti tanto costosi quanto inconcludenti dal punto di vista urbanistico (e cioè per quanto riguarda il problema del movimento stradale), come purtroppo è il caso più frequente.
CARLO ANTI.
(Da Padova sventrata, 13-9-1930 A. VIII).

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