Quest’anno la Missione archeologica italiana d’Egitto,
diretta da Carlo Anti, ha affrontato lo studio delle rovine di Tebtunis,
una cittadina greco-romana del Fajum, la grande oasi occidentale dell’Egitto.
I quartieri centrali erano stati esplorati nell’inverno 1899-1900
da un famoso ricercatore di papiri, il Grenfell, ma naturalmente al
solo scopo di ricuperare papiri, senza preoccupazioni archeologiche.
Era stato dunque non uno scavo, ma un frugamento colossale. Le rovine,
quali furono lasciate dall’inglese, aggiuntivi i guasti prodotti
dai contadini che le sconvolgono e demoliscono per cavarne un certo
terriccio buono per concimare i campi, si presentavano perciò
come una distesa caotica di mura, di frane di mattoni, di cumuli di
sabbia e detriti, di fosse grandi e piccole, fra le quali in un primo
momento sembrava quasi impossibile poter ritrovare i lineamenti della
città.
Un mese di intensa opera di sgombro, iniziato là dove pareva
di riconoscere un allineamento stradale e resosi via via più
facile con il progresso del lavoro per il continuo scoprirsi di nuove
strade, traverse, crocicchi, piazze, vicoli e vicoletti, permetteva
all’architetto Co. Fausto Franco di rilevare il piano che pubblichiamo
alla fig. 2.
In questo non è tutta la città: il quartiere orientale
è ancora in parte sotto la sabbia, lo scavo dell’occidentale
è appena iniziato, edifici si intravvedono ancora a nord, e a
nord-est è tutto un altro quartiere di tarda epoca, copto-arabo.
C’è dunque ancora molto lavoro per l’avvenire. Ma
è certo che quanto si è potuto rilevare quest’anno
rappresenta il nucleo principale della città e basta per rivelarne
a grandi linee la storia.
La cittadina, che, nella parte esplorata, misura circa m. 600x500, è
posta al margine meridionale dell’oasi, sulle prime sabbie del
grande deserto libico. Il terreno coltivabile in Egitto è sempre
stato troppo prezioso perchè lo si sprecasse come area fabbricabile:
case dei vivi e, a maggior ragione, case dei morti sono state sempre
respinte ai margini della zona fertile, sul bordo del deserto. Si aveva
il vantaggio di mettersi all’asciutto e al sicuro dalle piene
del Nilo, con guadagno anche dell’igiene.
La caratteristica che colpisce per prima osservando il piano di Tebtunis
è il fascio di strade nord-sud, che segue la direzione del traffico
principale, proveniente dall’oasi posta a nord. Ad ovest del principale
gruppo urbano è una grande spianata di circa m. 120x40, chiusa
a sud e comunicante a nord con l’oasi per mezzo di un vialone
largo m. 15. Era un Mercato. Più ad ovest ancora un quartiere.
Il fascio delle strade nord-sud è tagliato circa a metà
da una via Decumana, che raccorda tutte le cardinali e mette in diretta
comunicazione il quartiere orientale con il Mercato e con il quartiere
occidentale.
Questa l’ossatura generale della cittadina, chiara, rispondente
alle fondamentali esigenze del traffico, quali risultavano dalla posizione
dell’abitato rispetto alla sua fonte di vita: l’oasi.
Un’analisi più accurata del piano prova peraltro che non
si è arrivati di un sol colpo a questo risultato.
Il fascio centrale delle vie cardinali è subordinato all’andamento
della via del Bivio nei suoi due rami: il Diritto e il Tagliato. La
via del Peristilio è esattamente parallela al ramo Diritto, quella
del Leone al ramo Tagliato. La via del Bivio, del resto, corrisponde
all’asse della città anche materialmente. È chiaro
che essa è la più antica, quasi la colonna vertebrale
dell’intero borgo, intorno alla quale si sono sviluppate poi le
altre, poco alla volta, con il crescere graduale del villaggio.
Inoltre, in questa parte della città, fra il Mercato e la via
del Leone, è curioso notare che, malgrado il lungo sviluppo delle
vie cardinali, sono rarissime le comunicazioni trasversali e che le
poche esistenti sono tutte ripetutamente spezzate. Ciò dipende
dal regime dei venti. A Tebtunis spirano abitualmente delle piacevoli
brezze dai quadranti settentrionali e le molte vie con direzione all’incirca
del N. ne erano facilmente percorse. I venti dei quadranti meridionali
sono invece tutti temibili, quelli di S. per la loro arsura, ma fortunatamente
sono rari, quelli di SO, che sono più frequenti, per la violenza
e per i turbini di sabbia che convogliano. Per questo noi vediamo che
delle vie cardinale solo quella del Leone raggiunge direttamente il
margine meridionale della città, mentre le altre o muoiono o
si spezzano ripetutamente e che le traversali sono poche ed esse pure
spezzate. Si tratta di accorgimenti dettati da lunga esperienza che
si trovano applicati nelle città cresciute un po’ per volta,
quasi spontaneamente.
Orientamento e sistemazione stradale cambiano alquanto nei quartieri
estremi. Il parallelismo con i due rami della via del Bivio cessa ben
presto. Già la via del Tempio lo corregge, spostandosi all’altezza
della via Decumana di 10 m. verso il nord astronomico. Altri 10 m. di
spostamento a nord guadagna la via Insabbiata così da diventare
quasi esattamente orientata e le strade successive, delle quali almeno
due bene individuabili, si mantengono parallele e orientate a distanze
regolari di 25 m.
Sebbene si disponga ancora di pochi elementi, basta il poco scavato
per dire che nel quartiere occidentale si hanno pure strade orientate
a distanza di 25 m. Non basta: in questi quartieri noi troviamo che
le case sono distribuite in blocchi rettangolari, i «mattoni»
dei greci, le insulae dei latini. Orientamento, strade normali fra di
loro, isole rettangolari, sono le caratteristiche dei piani regolatori
tracciati metodicamente. Dunque a Tebtunis, ad est e ad ovest di un
nucleo più antico, sorto e sviluppatosi gradualmente intorno
alla originaria via del Bivio, si hanno dei quartieri periferici, tracciati
e costruiti in un determinato momento, secondo un piano organico.
La storia di Tebtunis è tanto semplice che è facile stabilire
quando ciò può essere avvenuto. Il nucleo più antico
(fig. 12) rappresenta il villaggio egiziano originario, risalente ancora
alla XII Dinastia (1800 circa av. Cr.), quando i Sesostri e gli Amenemmes
rivolsero la loro attenzione al Fajum e cominciarono a curarne la sistemazione
idraulica e quindi agricola. Allora cominciarono a sorgere alcuni centri
abitati importanti e fra questi anche Tebtunis perchè nella sua
necropoli sono state trovate tombe della XII Dinastia. I quartieri più
recenti a scacchiera corrispondono all’ampliamento della bonifica
idraulica e agricola compiuta dai Tolomei nel III sec. av. Cr. ed agli
stanziamenti greci stabiliti allora nel Fajum, i quali dettero luogo
a fondazioni del tutto nuove come quella di Filadelfia (il cui piano
infatti è tutto a scacchiera regolare) o all’ampliamento
di centri egiziani già esistenti, quale è il caso di Tebtunis.
È interessante vedere come per Tebtunis questo ampliamento (fig.
13) sia stato fatto seguendo criteri che sono ottimi anche oggidì,
che anzi si possono dire attualissimi.
Il vecchio quartiere egiziano era troppo vasto per essere demolito e
del resto continuava certo ad essere abitato dalla popolazione indigena,
sì che il demolirlo sarebbe stato praticamente impossibile. D’altra
parte, con le sue strade anguste (le più larghe sono di m. 3)
e privo quasi di comunicazioni trasversali, sarebbe stato incapace di
sopportare il traffico, aumentato in conseguenza dei radicali miglioramenti
agricoli e della popolazione, che, a giudicare dalle nuove aree fabbricate,
doveva essere più che raddoppiata.
I greci non lo toccarono, ma lo svuotarono di ogni funzione commerciale
creandogli in fianco, lungo il lato ovest, la grande spianata del nuovo
mercato. Con questo provvedimento il traffico grosso, che arrivava dall’oasi
per il vialone settentrionale largo m. 15, si fermava e si esauriva
nel nuovo Mercato; le vecchie piazzette del borgo egiziano rimasero
dei piccoli larghi tranquilli e appartati, riservati oramai a soli scopi
religiosi, se vi era un tempio, come in quella della via Tagliata, o
a scopi amministrativi, come forse fu il caso della piazza sulla via
del Peristilio, o alle chiacchiere di quegli indigeni che non amavano
troppo il contatto dei nuovi padroni greci. Le strade, anche se strette,
dovettero parer larghe, dato che in esse il traffico era di fatto diminuito.
I nuovi quartieri furono costruiti uno ad ovest, proprio sul Mercato,
per chi vi aveva più diretti interessi, l’altro, più
grande, ad est. Anche tutto ciò era ben studiato. Il Mercato,
che, come sempre i mercati agricoli, era sopratutto di bestiame, doveva
essere tenuto sotto il vento dominante, che qui è quello di NE,
per non appestare l’abitato con le sue esalazioni e perciò
esso e il quartiere di chi doveva vivere nelle sue immediate vicinanze
fu collocato ad ovest. Il nuovo maggiore quartiere di abitazione fu
invece collocato ad est per la stessa ragione, per essere cioè
abitualmente sopravvento non solo rispetto al mercato, ma anche rispetto
al quartiere egiziano.
Occorreva poi collegare comodamente i nuovi quartieri fra di loro e
con il mercato, ciò che fu fatto con la grande via Decumana,
la strada Regia, come la chiama un papiro trovato a Tebtunis stessa.
È l’unico taglio fatto nel vecchio quartiere egiziano e
che si tratti proprio di un taglio risulta dal fatto che quando Tebtunis
morì e cioè almeno sette od otto secoli dopo, a sud del
grande tempio di Suchos, presso l’angolo della Decumana con la
via del Leone, una stretta striscia di terreno cintata tradiva ancora
i ripieghi cui si era ricorsi nel III sec. a. C. per ottenere l’allineamento
dei lati della nuova via.
La «via Regia» aveva il vantaggio di tagliare il quartiere
egiziano nel punto più stretto e di stabilire almeno una comunicazione
trasversale comoda per tutta la città, in quanto collegava l’intero
fascio delle vie cardinali. Essa sboccava al margine settentrionale
del mercato, evidentemente perchè tutti i movimenti di Tebtunis
gravitavano a nord verso l’oasi, e quindi tale strada era più
utile spostata a nord, ma anche perchè si potesse raggiungere
il quartiere occidentale senza dover attraversare il mercato nella sua
parte più larga e perchè il traffico della via Regia potesse
incanalarsi nel vialone dell’oasi senza disturbare o essere intralciato
dall’affollamento del Mercato. Certo vi saranno state altre comunicazioni
tra quartiere occidentale e quartiere orientale a sud, ma lunghe e tortuose,
buone per le donne che andavano in visita, non per il grosso traffico.
L’aver concentrato tutto il grande movimento della cittadina nel
Mercato in comunicazione breve, diretta e comoda con l’oasi, permise
di mantenere strette le vie del resto della città, anche nei
quartieri nuovi, con notevole comodo dei cittadini. In paesi torridi
quali l’Egitto una via stretta non è mai anti igienica
e invece risparmia abitualmente i riverberi violenti e le penose traversate
sotto il sole, diminuisce i polveroni nei giorni di vento.
Se la mia incompetenza in fatto di urbanistica non mi inganna, abbiamo
in Tebtunis un umile, ma purtuttavia istruttivo esempio di sistemazione
urbanistica vecchio di ventidue secoli. Vi è affrontato il problema
di adeguare un vecchio borgo ad una vita due o tre volte più
intensa, problema che è stato risolto felicemente non toccando
il nucleo antico.
Propongo l’esempio agli architetti e sopratutto agli ingegneri
che ancora si illudono di rammodernare le nostre città medioevali
con tagli cesarei (quando le cose riescono alla meno peggio) o con sventramenti
tanto costosi quanto inconcludenti dal punto di vista urbanistico (e
cioè per quanto riguarda il problema del movimento stradale),
come purtroppo è il caso più frequente.
CARLO ANTI.
(Da Padova sventrata, 13-9-1930 A. VIII).