La R. Scuola Superiore di Architettura di Roma, sotto la guida del
suo esimio direttore arch. prof. Gustavo Giovannoni, che della cultura
giovanile ha fatto un vero apostolato, continua a dare ottimi frutti.
Sempre più si constata che la creazione e l’esistenza di
questa Scuola primigenia, modello alle altre sorte poi sulle sue orme,
corrispose e corrisponde ad una indispensabile necessità, correlativa
al rifiorire dell’arte architettonica, di cui si avvertono segni
non dubbi, forieri di quel più vasto e fecondo sviluppo che non
mancherà di caratterizzare anche in Italia il secolo XX e sarà
di luce al risorgere ed all’adeguarsi alla vita delle altre arti
plastiche figurative ed applicate.
Non sarà inutile che il lettore assuma la conoscenza completa
della costituzione della Scuola Romana e degli intendimenti che la reggono:
per questo ci richiamiamo a quanto fu detto in proposito in articoli
precedenti e ad una esauriente comunicazione sul tema fatta dal prof.
Giovannoni al XII Congresso Internazionale degli Architetti a Budapest,
relazione che riassumeremo ampiamente in un articolo su detto congresso,
di prossima pubblicazione.
Qui, analogamente a quanto fu talvolta fatto nel passato, rendiamo noti
i migliori lavori di laurea presentati dagli studenti nell’anno
scolastico 1928-29.
L’arch. Robaldo Morozzo della Rocca, si è proposto, dopo
esaurienti studi sul tema, il progetto di una biblioteca per la città
di Roma, imaginandola in concreto sorgente in vicinanza del Colle Oppio,
sull’asse dell’attuale via Milano, di cui si pensa prolungare
il tracciato rettilineo fino oltre via Depretis e via Cavour, come si
può rilevare dalla planimetria d’insieme qui riprodotta.
L’edificio ha pianta di concezione fondamentalmente classica:
l’insieme volumetrico, particolarmente complesso ed articolato,
è stato tuttavia chiuso in uno schema robustamente unitario:
l’architettura, basata pure su sensibilità classiche, è
tuttavia sentita con originale sintetismo moderno.
Il Morozzo della Rocca così esprime nella sua relazione i criteri
tecnici informatori del progetto:
“Tenendo presente la moderna tendenza nell’organizzazione
delle biblioteche, e cioè il decentramento, la specializzazione,
ed il libero accesso agli scaffali, insieme con la tradizione italiana,
per cui la biblioteca nazionale deve essere aperta oltrechè allo
studioso anche al pubblico superficiale, ho progettato quest’edificio,
tale che possa servire contemporaneamente all’uno ed all’altro
scopo. Gli stessi libri e di conseguenza i loro magazzeni servono insieme
la biblioteca di carattere generale situata al piano terreno e quella
di carattere specializzato situata al primo piano.
All’ingresso si presenta un sistema di vestiboli con gli uffici
di informazione, prestito e scambio, il quale accede a tre anditi contenenti
le cassette dei mantelli ed oggetti di vestiario. Tali anditi sono riservati
rispettivamente, da sinistra a destra, il primo ai bibliotecari ed impiegati,
il secondo al pubblico in genere, il terzo agli studiosi riconosciuti.
Il primo immette sia al piano terreno che al piano superiore, il secondo
al terreno soltanto, il terzo al solo piano superiore, passando tutti
e tre per un vestibolo monumentale ove è effettuato il controllo.
Al centro della biblioteca generale è posto il banco per la distribuzione
dei libri; in tal modo che da esso si possano sorvegliare direttamente
tutte le sale di lettura e si possa direttamente e senza attraversare
queste, comunicare coi magazzeni.
Le tre sale di lettura a forma di emiciclo ed illuminate con un sistema
di aperture inteso a far penetrare la luce indirettamente abbondante,
ma moderata ed uniforme, sono dedicate rispettivamente agli uomini,
alle signore ed alla sala di studio, ambienti più degli altri
ricchi d’opere di consultazione.
Dal lato della sala degli uomini, ed isolata in un cortile, con possibilità
di accesso separato, è posta l’emeroteca, con una sezione
per i quotidiani ed una per le riviste.
Dal lato delle signore invece ed in condizioni analoghe al padiglione
ora citato, è posta la biblioteca dei ragazzi, divisa in due
sezioni secondo le età.
Al di là della sala di studio, in un giardino, v’è
una sala adatta a conferenze, collegata per mezzo di gallerie a due
grandi locali cruciformi, contenenti il museo delle stampe e dei manoscritti,
destinati a tramutarsi col crescere della biblioteca, in altrettanti
magazzeni.
I magazzeni, per essere più facilmente isolabili in caso d’incendio
e per poter essere situati tutti intorno al centro di distribuzione,
sono in numero di quattro; essi hanno la pianta a forma di croce e sono
divisi in tanti piani di metri 2,20; per il centro della croce passa
un montacarico a pater-noster, che congiunge verticalmente i piani e
riversa direttamente i volumi sul banco di distribuzione. In tal modo
l’impiegato addetto alla ricerca dei libri risiede nei magazzeni,
ed appena abbia per telefono o per posta pneumatica la richiesta, non
ha da percorrere, per trovare il libro, lunghezza maggiore di quella
d’uno dei bracci della croce.
Nei magazzeni, per l’altezza corrispondente al piano terreno,
sono poste le collezioni dei giornali e le opere poco richieste, ai
piani superiori i volumi sono ordinati per materia.
La biblioteca superiore, cui si accede per il grande scalone, è
costituita da una sala centrale circolare illuminata con finestre dall’alto,
che contiene il catalogo generale. Da essa si dipartono quattro salette
contenenti le opere di nozioni generali ed informazioni secondo quattro
principali divisioni: 1° Storia e Sociologia; 2° Filosofia e
Filologia; 3° Letteratura ed Arti; 4° Scienze. Ciascuna di queste
immette alla rispettiva branca di biblioteca specializzata.
Queste branche sono costruite su pianta cruciforme e suddivise in quattro
parti: (contengono la 1ª: Storia, scienze ausiliarie della storia,
scienze sociali, scienze giuridiche e politiche; la 2ª: Filosofia,
teologia, pedagogia, linguistica, filologia; la 3ª: Letteratura,
storia letteraria, belle arti, architettura, archeologia; la 4ª:
Scienze matematiche e fisiche, scienze mediche, scienze naturali ed
agricoltura, tecnologia, commercio; arte militare).
Ogni braccio delle croci contiene il magazzeno stratificato in piani
di metri 1,20 ed affacciati ad una galleria perimetrale che ad un estremo
mette capo ad una saletta di lettura: dunque complessivamente sedici
salette, cosicchè il lettore rimane in immediato contatto coi
libri che gli possono occorrere e può consultarli con la stessa
comodità che avrebbe a casa sua. Le quattro branche di biblioteca
comunicano fra loro, oltrechè attraverso la sala dei cataloghi,
anche per mezzo di gallerie che servono inoltre per sorvegliare dall’alto
la biblioteca inferiore.
Mentre le corsie centrali sono addette al servizio della biblioteca
accentrata le corsie perimetrali servono alla biblioteca specializzata.
L’illuminazione proviene sia dall’alto che lateralmente
e le aperture sono disposte ed orientate in modo che essa sia quanto
più possibile diffusa non accecante.
La biblioteca comprende inoltre alcune salette per il bibliotecario
capo, dalle quali la biblioteca inferiore si può sorvegliare
direttamente ad occhio, ed una piccola biblioteca musicale completamente
indipendente e costituita da boxes acusticamente isolati per le prove
dei solisti.
L’ingrandimento della biblioteca, oltre che coll’occupazione
dei locali ora assegnati ai musei, può effettuarsi in misura
notevole per innalzamento ed ulteriormente per estensione.
La capacità della biblioteca corrisponde alle più ampie
previsioni che si possano fare per un prossimo stato della biblioteca
Vittorio Emanuele di Roma e le possibilità di ampliamento corrispondono
alle previsioni future più lontane”.
Tutte queste condizioni tecniche, emergenti da un lodevole approfondimento
del tema, sono state senza sforzo dal Morozzo superate nel complesso
architettonico, con singolare organicità e volontarietà
che non tolgono freschezza alla forma.
L’arch. Mario Ridolfi, dotato di tendenze stilistiche radicalmente
moderne, ma non per questo aride o fredde, anzi vive di limpida sensitività,
ha scelto un tema attuale, libero di reminiscenze. Una Colonia Marina
a Castel Fusano, che, a quanto si può rilevare dall’unita
planimetria d’insieme, egli ha ubicato precisamente a circa 2
km, a sud di Ostia Mare. La Colonia ospita 300 bambini, metà
maschi e metà femmine ed è formata complessivamente di
6 fabbricati interamente di cemento armato. L’edificio maggiore
dalla forma a doppio U, ha i corpi di fabbrica principali orientati
normalmente al mare e distanziati reciprocamente in modo che il sole
nell’ore della sveglia (ore 7) invada i letti dei dormitori più
bassi.
Al piano terreno di questo edificio trovano posto: il refettorio in
comune, con gli annessi servizi ed i lavabi.
Questo ambiente, ha la forma di una enorme tettoia, ed ha i lati completamente
aperti e dotati di tendoni in tela olona di colore, per la difesa dal
sole: le doccie, divise per sesso: la lavanderia: la stireria: un locale
di riunione per conferenze e proiezioni: locali per il giuoco al coperto.
Invece la ricreazione allo scoperto si svolge nei cortili aperti verso
il mare e sistemati in modo che vi si possa praticare il giuoco della
palla al cesto, i salti in lungo ed in alto, la ginnastica delle braccia,
ecc.
Nel primo e secondo piano trovano sede tutti i dormitori (contenenti
al massimo 27 letti) naturalmente divisi nettamente per sessi; i servizi
igienici, e le stanze per le inservienti (due ogni camerata).
I dormitori sono dimensionati in base al vigente regolamento sugli Ospedali
e case di cura.
Annesso all’edificio principale è la casa delle insegnanti,
che ha il carattere di un piccolo albergo sul mare per 14 letti, corredato
di tutti i servizi. Vi possono trovare alloggio 12 insegnanti (una ogni
25 bambini) effettive, una di riserva e la Dottoressa addetta alla cura
dei bambini malati.
Le stanze divise nei due piani sono corredate ciascuna da un sufficiente
bagno completo e di un piccolo andito per l’armadio.
Lo stabilimento balneare è collegato all’edificio principale
con una passerella passante sopra il Viale della Marina di Roma; è
corredato di grandi spogliatoi separati, delle cabine per le insegnanti
e le inservienti, e completato da grandi chioschi per l’ombra.
La chiesa, di forma cilindrica, è strutturalmente composta da
un principale tamburo in muratura e da una serie concentrica di colonne
in cemento, interna ad esso.
La copertura, appoggiata sugli accennati sostegni, è costituita
da una soletta nella sola parte interna alle colonne e quivi decorata,
mentre nel restante anello circolare esterno, la soletta è sostituita
da un lucernario che permette alla luce di piovere dall’alto e
lungo la parete cilindrica.
Un altare un pietra tutta bianca ed un pulpito ligneo arredano l’interno.
La chiesa è completata da una piccola cappella per la conservazione
del SS. Sacramento e da una sacrestia con ambiente per la custodia dei
paramenti sacri.
Il campanile annesso alla chiesa è in evidente contrasto di forma
e di colore con questa.
Nel piccolo convento con annesso chiostro trovano posto cinque suore
addette alla cura dei bambini giacenti nell’infermeria.
La casa della Direttrice, isolata dalla Colonia, può costituire
il tipo di una villetta al mare di esclusivo soggiorno estivo per piccola
famiglia.
L’arch. Carlo Vannoni ha, come Ridolfi, temperamento dotato di
moderna e fresca sensibilità benchè fondamentalmente classico,
non tanto nelle formali attitudini decorative, quanto in quelle sostanziali
di composizione e di organismo.
Tale sensibilità classica, rifuggendo, onde adeguarsi alle attitudini
costruttive moderne, dalle estrinsecazioni più epidermiche, si
applica incidendo invece più profondamente nella massa muraria
con aggetti e incassi d’ossatura. - Vediamo così l’architettura
del suo “Grande Albergo in una stazione balneare”, oggetto
del tema di laurea, ottenere un fondamentale spunto, in primo luogo
dal movimento dei corpi di fabbrica secondo l’altezza ed i piani
di fronte; ed un secondo dal comporsi di due ritmi, uno verticale di
partizioni piane sporgenti e grandi nicchioni rientranti, alti quanto
tre piani; l’altro orizzontale, formato dalle sud divisioni fondamentali
di zoccolatura e di cornice di coronamento, e, nella zona unitaria dei
piani intermedi, dalle suddivisioni più tenui ed intermittenti
delle balconate secanti a ciascun piano i nicchioni.
Le piante dell’edificio sono studiate con ordine e larghezza.
L’arch. Mario Paniconi si è proposto un tema piacevole
e concreto: “Un progetto di sistemazione della Nuova Fonte già
Anticolana in Fiuggi"; il tema è stato studiato realisticamente,
sulla base di esatti rilievi delle località ed in relazione alle
speciali necessità inerenti ad uno stabilimento di acque minerali
aventi specifiche qualità terapeutiche.
Attorno alle sorgenti vediamo quindi un insieme di locali atti a consentire
un piacevole soggiorno ed a soddisfare alle necessità della cura;
ambienti di riposo, di lettura, di passeggio; la posta, un gruppo di
negozi, sviluppatissimi impianti igienici e sanitari; oltre a ciò
un caffè con sala per spettacoli.
Essendo la zona delle sorgenti un’amena valletta racchiusa da
colline boscose, il progettista non ha voluto alterare la fisionomia
del luogo, ed ha disposto gli edifici, anzichè nel centro, intorno
alla piccola valle, in modo da formare a questa da quinte, collegandoli
con portici in modo da ottenere un insieme vario di passeggiate al coperto.
La valle e le colline sono state arricchite da opere di giardinaggio
all’italiana che completano ed integrano la sistemazione architettonica
del luogo.
L’arch. Paniconi ha offerto al suo progetto una struttura architettonica
molto da vicino ispirata al cinquecento italiano, più fastosa
negli interni, più semplice negli esterni. Nei negozi possiamo
anche notare decorazioni a tipo pompeiano ed in alcune sale accenti
barocchi. Tuttavia le forme risentono di interpretazione personale.
Notevolissima la bravura grafica di questo giovane artista, che, anche
nella espressione formale, si ispira alle stampe ed alle pergamene del
buon tempo antico: ottimo compositore ed assimilatore, che partendo
da eccellenti basi, dovrà conquistarsi, con la maturità,
l’indipendenza indispensabile a giungere oltre.
L’arch. Simeon Petroff, bulgaro, si è invece portato del
tutto fuori delle classiche valli romane, nella vergine montagna nevosa
ed ha progettato il suo “Albergo per Sciatori”, da costruirsi
nella sua patria a Cuain-Caria, presso Rila, ad un’altezza di
m. 1300 sul mare.
Sana, libera, l’architettura dell’edificio, pittoresca ma
non disorganica, risente l’uso del materiali naturali del luogo:
la pietra squadrata grezza, il liscio intonaco, il legno pianamente
intagliato. Le piante sono state studiate con cura e vicino all’albergo
il progettista ha anche ubicato un trampolino per il salto cogli skys,
il tennis per l’estate, ecc.
Infine l’arch. Andrea Busiri Vici ha scelto un tema veramente
accademico: “La Sede della R. Accademia di S. Luca a Valle Giulia”
e lo ha svolto con un’aderenza presso che completa all’ambiente
romano del ’700: anche nel graficismo e perfino nei personaggi
animanti la scena. È insomma soltanto un tema di rievocazione
storica pur risolto con bravura e nobiltà. L’edificio si
compone di due piani, oltre il seminterrato in cui ha luogo la cripta
di S. Luca con la sacrestia e armadi, archivi di libri e quadri, servizi,
ecc.
Nel pianterreno han luogo le collezioni di quadri antichi e moderni,
la biblioteca Sarti, le sale per il nudo ed i concorsi.
Al primo piano trovan posto, la sala del Consiglio, la sala delle Assemblee,
il gabinetto del Conte presidente e del segretario, la sala di riunione
degli accademici e gli uffici.
E dato a tutti constatare come i lavori di laurea qui sopra pubblicati
costituiscano ottima messe per una Scuola d’Architettura; è
evidente da essi come la produzione della scuola non sia pedissequamente
prona ad una determinata tendenza artistica, ma invece, pur sostenuta
da una base di comune consistenza culturale, liberamente orientata nel
senso spontaneamente proprio dell’allievo: ottimo criterio didattico.
La diversità degli indirizzi che possiamo notare in questi progetti,
è specchio fedele delle inquiete condizioni dell’ambiente,
nel quale molti germi sorgenti o risorgenti, stanno, anche col lottare,
mutuamente concorrendo all’inevitabile formazione di un unitario
stile architettonico italiano moderno.
N. D. R.