FASCICOLO XI - LUGLIO 1929
FRANCESCO LURAGHI : Lavori di laurea nella Scuola Superiore d'Architettura di Roma , con 27 illustrazioni

LAVORI DI LAUREA NELLA SCUOLA SUPERIORE D’ARCHITETTURA DI ROMA

La R. Scuola d’Architettura di Roma è entrata nel nono anno della sua vita non ingloriosa, che ha segnato, dapprima in Roma e poi in altri centri d’Italia, la ripresa piena di quella preparazione adeguata degli architetti che alfine riporterà l’Architetto al suo posto ed al suo grado nella vita moderna della Nazione: non più nascosto da altre figure professionali, ed umiliato dalla stessa incompletezza della sua coltura, ma atto ad affrontare tutti i temi della costruzione civile e dell’arte applicata alla vita.
Ed infatti in questa e nelle altre istituzioni analoghe che vanno sorgendo comincia a formarsi una generazione di giovani magnificamente preparati agli ardui problemi moderni di tecnica e di arte che fanno capo all’architettura italiana; e tecnica ed arte rappresentano per essi armoniche manifestazioni d’un pensiero unico, non più elementi antitetici ed incompatibili, come sembravano ai vecchi preconcetti ed alle vedute limitate ed unilaterali. L’esperimento di questo primo periodo ha mutato in pieno accordo l’apparente dissidio tra il misurato cammino della preparazione scientifica e l’ardito volo della creazione artistica, creatrice degli spazi, delle masse, degli ornati.
Certo, come ha giustamente asserito il Direttore della Scuola., prof. Giovannoni, nel suo discorso inaugurale, molto lavoro è ancora da compiere per elevare l’insegnamento dell’Architettura alla sua vera posizione. Manca un vero coordinamento tra le varie Scuole in questi ultimi anni fondate, sicchè in parte continua l’antica confusione; ancora mal rispondono ai loro scopi i Licei artistici che erano stati creati per dare adito alla Scuola di Architettura; ancora deve svolgersi un assiduo lavoro di persuasione e di propaganda presso il pubblico e presso i pubblici enti per dar loro esatta nozione della serietà e dell’importanza di questi studi e togliere la deplorevole diffidenza che permane verso i giovani architetti, considerati ancora, secondo il vecchio pregiudizio, non come coloro che studiano l’organismo utile, saldo, armonico degli edifici pubblici e privati, ma come i disegnatori di facciate complicate e costose; sono ancora deficienti i mezzi didattici e sovratutto per la Scuola di Roma (che deve reggere al confronto delle tante istituzioni straniere che le varie nazioni mantengono nell’Urbe) è deplorevolmente angusta ed indecorosa la sede; manca infine intorno alla Scuola quel centro di coltura che la completi e la elevi e che potrà forse ottenersi sia creandovi un centro di insegnamento superiore in vari rami delle discipline artistiche o storiche, sia accostandola ai circoli di coltura dei Sindacati degli Architetti ed avvicinandola così alla vita professionale.
Tutte queste lacune si colmeranno col tempo; è ben naturale che una giovane istituzione si costituisca e si affermi con un lento lavorio di penetrazione e di assestamento. Solo è da domandare - e siamo certi di non domandarlo invano - che il Governo Nazionale segua con interessamento questo lavorio, pel quale l’Architettura italiana riprenderà il posto altissimo che ha sempre avuto non solo nella vita nazionale, ma in quella mondiale. Senza indugiarsi a pensate di ritornare ad istituzioni sorpassate, noi siamo certi che il Ministro della Istruzione vorrà imprimere un ritmo fascista a queste istituzioni nuovissime che riprendono e fanno nuovamente germogliare la più antica e gloriosa delle tradizioni italiane.
Questo ampio preambolo può sembrare sproporzionato al limitato argomento di questo articolo, che è quello di far conoscere due dei migliori progetti presentati nello scorso novembre dai laureandi della Scuola d’Architettura di Roma; ma così non è, perchè un unico concetto anima la segnalazione delle esigenze e delle condizioni di vita e di sviluppo di questi istituti, e quella dei risultati concreti che da essi si ottengono.
I due progetti di cui ora diamo pubblicazione, sono l’uno del giovane architetto Luigi Vietti, che con esso ha riportato il massimo dei voti (110 su 110) e la lode, l’altro del giovane architetto Tullio Rossi, che ha ottenuto voti 110 su 110. L’uno e l’altro sono sviluppati su tema preciso e concreto per condizioni intrinseche di programma e per condizioni d’ambiente, e rispondono così alla consuetudine didattica della Scuola d’Architettura di Roma, lontana dai temi accademici generici e vacui che in passato tanto hanno contribuito a tener distaccata dalla vita la preparazione artistica dell’Architettura.
È interessante notare come ambedue i laureandi, ora laureati, abbiano affrontato con piena consapevolezza argomenti, tra loro analoghi, di rispondenza con un carattere ambientale dato da una bellezza naturale mirabile: sul Lago di Como l’uno, sul golfo di Rapallo l’altro. E li hanno ottimamente risolti con lo studio delle masse, che sembrano quasi naturalmente sorte, con la semplicità estrema delle linee architettoniche, e, per quanto riguarda il Vietti, con una felicissima ispirazione alle forme di decorazione e di Architettura minore fiorite nella regione e che ne rappresentano la permanente espressione di etnografia artistica, talora applicata a costruzioni popolari, talora tendente ad aristocratizzarsi in ville, in chiese, in fontane.
Così mentre fervono le discussioni oziose, e spesso accademiche anch’esse, tra tradizionalisti e rivoluzionari, tra costruttivisti ed espressivisti, tra teorici e realizzatori, ecco due giovani, che con bella e spontanea freschezza aprono porte a finestre all’arte pura della campagna, al canto dell’Arte semplice: che è antica, ma sempre giovanissima poichè si rinnova come i fiori del prato, è concreta senza avere nulla di arzigogolato, di artificioso, di filosofico, ed è sopratutto vivacemente italiana. I due gruppi di edifici immaginati sulle sponde del Lario o sul promontorio ligure sembra che ci siano sempre stati ed armonizzano con la natura come vecchi amici; ma insieme rispondono alle più complete e raffinate esigenze della vita moderna.
Il progetto del Vietti è di un albergo di soggiorno e di riposo a Cernobbio: l’albergo non è pensato come edificio unitario, alla guisa degli enormi alveari umani che tanto spesso deturpano i nostri migliori paesaggi alpestri; ma invece come un piccolo paese, a case distaccate, pur collegate l’una all’altra con passaggi coperti, sicchè sia agevole da esse l’adito ai luoghi di ritrovo, alle sale da pranzo, ecc.
Il progetto del Rossi invece riguarda la sede di un Club di sports marini a S. Michele di Pagana, e svolge tutta la sistemazione delle strade e dei giardini di un piccolo promontorio, su cui sono disposte le costruzioni per il Club e cioè l’edificio principale della Sede, gli alloggi per i soci e per i marinai, i capannoni di ricovero per le imbarcazioni, le tribune per gli spettatori, i garages, campi di tennis, e via via tutti gli impianti sussidiari, come fari, scali, cantiere per riparazioni, ecc.
In tutti e due i lavori è un senso di freschezza che testimonia la sanità delle fonti a cui i due giovani hanno attinto e che fa presagire un buono sviluppo nella loro produttività.
Ma su queste belle e promettenti qualità come anche sulle analitiche caratteristiche dei progetti non è davvero il caso di indugiarsi in inutili commenti. Basta rinviare il lettore alle illustrazioni che riproducono i principali elementi dei due progetti e che meglio di ogni frase ne dicono i pregi principali; quelli cioè di essere lontani da ogni accademia pur uscendo da una scuola.

FRANCESCO LURAGHI.

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