FASCICOLO X - GIUGNO 1929
Notiziario

CORRIERE ARCHITETTONICO

ALCUNE VETTURE DEL TRENO REALE
decorate da GIULIO CASANOVA


Giulio Casanova, professore all’Accademia Albertina di Belle Arti in Torino, ha decorato alcune delle vetture del nuovo treno reale.
Diamo, nelle pagine seguenti, qualche fotografia di questi interni, di una ricchezza veramente straordinaria.
N. D. R.

UNA SALA DA THÈ
NELL’HOTEL MAJESTIC IN ROMA
dell’Ing. UGO GENNARI

L’ing. Ugo Gennari ha ridotto alcuni ambienti dell’Hotel Majestic in Roma ad uso sala da thè con ambienti annessi.
L’arredamento è eseguito con ricchezza non disgiunta da una sana semplicità, e con buon buon gusto di sapore moderno.
N. D. R.

NOTIZIARIO

LA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE
dell’Arch. CESARE BAZZANI

La fotografia che riproduciamo, recentemente presa dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, mostra lo stato attuale dei lavori del monumentale edificio ideato dal Bazzani. Appare in essa in particolare l’esterno della Tribuna Dantesca, che sporge dal fianco volto verso la nuova Via Magliabechi e che è nel vasto complesso una delle più nobili e significative composizioni.
Lentamente procede la fabbrica e con mezzi inadeguati. Fervido è pertanto il voto che essa sia spinta con intensità fascista e sia in tempo prossimo compiuta, e costituisca così una salda affermazione architettonica e ci dia un centro utile e degno della coltura italiana.
G. G.

UNA CAPPELLA VOTIVA
PER I CADUTI DI PONTE BUGGIANESE

dell’Arch. R. BRIZZI

L’arch. R. Brizzi, direttore della R. Scuola Superiore d’Architettura di Firenze, ha progettato e sta costruendo una Cappella votiva per i caduti di Ponte Buggianese, che presentiamo ai lettori della Rivista.
N. D. R.

RECENSIONI

JOSEPH GANTNER. - Grundformen der europäischen Stadt. (Forme fondamentali della città europea). - A. Schroll ed. Wien, 1928, con 105 illustrazioni.

È questo, meglio ancora che di storia dell’urbanesimo europeo, un libro di critica storica. Niente quindi tipologie categoriche proprie ai manuali; ma una esemplificazione ben scelta che segue passo passo lo sviluppo delle idee.
Il Gantner con questa opera ha voluto piuttosto disciplinare e chiarire tutti i concetti di studio che una produzione trentennale, dal libro di Camillo Sitte ad oggi, non ha ancora potuto ordinare e precisare.
La comoda distinzione ammessa dal Brinckmann, tra città a formazione naturale e città a piano regolatore, distinzione già criticata e messa in dubbio dal Klaiber nel suo ormai famoso studio sullo sviluppo delle città medioevali della Germania (1), è qui definitivamente limitata nella sua portata: poichè un attento esame ci offre oggi la possibilità di affermare che in realtà le città a formazione naturale sono in numero molto minore di quanto lo si supponga. Il loro studio quindi ci può sempre interessare ma non può una tale distinzione restare a base degli studi urbanistici in quanto che le formazioni edilizie spontanee naturali esulano già per definizione dall’ambito degli studi del piani regolatori. Interessa invece assumere il criterio del tipo Basato anzitutto su di una prima distinzione non formale ma sostanziale: quella cioè della città a piano regolare e a piano irregolare.
Sono queste due posizioni dello spirito urbanistico sempre concomitanti ed immanenti nello sviluppo della storia, e noi le ritroviamo contemporanee e parallele fin nell’antichità. Beninteso però che non le dobbiamo cercare nelle planimetrie complesse delle grandi città europee che si sono sviluppate sotto varie epoche e sotto variatissimi influssi; ma le possiamo invece individuare nei minori centri urbani che hanno potuto conservare meglio l’unità del loro carattere.
Difatti, per quanto le nostre ricerche storiche sulle planimetrie delle città elleniche e preelleniche siano ancora agli inizi, il poco materiale che abbiamo a nostra disposizione già ci mostra la contemporaneità dei due tipi ed il loro sviluppo continuo e separato fin nell’antichità della civiltà mediterranea orientale.
Aristotele stesso conferma l’immanenza dei due sistemi: ed il sistema irregolare, che ha preceduto lo sviluppo Ippodamico, non può essere certo prodotto dalla mancanza di un piano regolatore generale. Lo mostra ad esempio la città di Thera nella irregolarità della cui planimetria appare evidentissima la presenza di un piano regolatore. E non è da vedere in Ippodamo da Mileto il creatore di un sistema, ma piuttosto il propagatore ed il teorico di una idea già esistente e realizzata in Grecia dalle generazioni precedenti. Neppure si può dire che il diffondersi del sistema Ippodamico regolare abbia soppresso lo sviluppo storico del sistema irregolare: l’esempio di Pergamo, costruita tutta in qualche decennio secondo un piano pittoresco che sfrutta e perfeziona magnificamente le condizioni geografiche, è chiarissimo.
Così le due posizioni hanno continuato un loro sviluppo storico simultaneamente sia pure con il predominio dell’una sull’altra, ma con contemporaneità di vita.
Nell’edilizia etrusca ed in quella romana, se predomina la forma regolare, pure quella irregolare ha i suoi tipi ed i suoi esempi ed il Medioevo a sua volta, che sembra il trionfo dell’irregolare, conserva, custodito nei moltissimi esempi delle città coloniali della Germania e in quelle della Francia meridionale, lo schema regolarissimo del castro romano. Nè si può opporre la dibattuta ma ormai risolta questione Sittiana per affermare che nel Medioevo solo le città a piano regolare sono nate secondo uno schema preordinato mentre quelle irregolari si sono formate naturalmente sotto le vicende della vita e della storia. Gli studi, i confronti e le tipologie ci mostrano difatti confermate le conclusioni del Klaiber in favore della preesistenza di schemi e di tipi preordinati che hanno presieduto alla formazione delle pittoresche città del Medioevo.
Anche il Rinascimento ha portato sempre nel suo seno il dualismo del regolare e dell’irregolare: solamente le due posizioni hanno vissuto sotto l’egida di una razionalizzazione dei tipi che ha finito col geometrizzarle. Dal Rinascimento in poi è la “ratio mathematica” che predomina e che ha portato ai piani regolatori di tipo parigino al quali, a noi sembra, siano da contrapporre le forme irregolari dell’urbanesimo tedesco post-Sittiano.
Il libro del Gantner, illustrato modernamente con molte vedute dall’areoplano, rapido ed incisivo nell’esposizione, ben diviso nel suoi paragrafi, unitario e globale nei suoi concetti, apre una grande finestra sulla storia dell’urbanesimo. Leggendolo ci si affaccia una folla di questioni e di punti interrogativi relativi alla storia urbanistica delle nostre città italiane: questioni alle quali ancora non ci è dato poter rispondere per la deficienza degli studi in materia ed in particolare per la mancanza di una tipologia delle città italiane. E proprio anche perchè ci sprona e ci incita al lavoro il libro del Gantner è sommamente utile ed interessante.
L. PICCINATO.

Illuminotecnica, Rivista diretta dall’ Ing. Enrico Castaldi, - Milano. Tip. De-Vecchi.

L’Ing. Enrico Castaldi ha iniziato col corrente anno la pubblicazione di una nuova rivista tutta dedicata ai problemi scientifici, artistici, pratici, inerenti al miglior modo di usare la luce. La rivista colma una lacuna in Italia, ove siffatti problemi, già tanto diffusi e svolti all’Estero, sono ancora poco noti ai più.
È davvero superfluo accennare all’importanza della buona utilizzazione della luce nelle più recenti forme dell’attività pratica e industriale umana; fari marini e aerei; sorgenti luminose nel rapidissimi mezzi di trasporto; illuminazione delle strade, degli stabilimenti e fabbriche, ecc.
Casi tutti conoscono l’essenziale valore delle sorgenti luminose nei teatri e in genere nella scenografia, nella cinematografia, ecc.
Ma forse non si era pensato abbastanza ancora in Italia, all’interferenza dei problemi pratici con gli artistici. Non solo nel senso che l’uso della luce artificiale, negli ambienti architettonici, può dare maggior risalto al pregi artistici di essi, se sagace, può offuscarli e deturparli, se stolto. Ma ancora un ben ideato e raffinato modo di illuminazione in un ambiente notturno, opportunamente giocato coi volumi e le linee della costruzione, od in unione ad altri elementi estetici strutturali, potrebbe giungere a costituire di per sè stesso un sistema decorativo.
Forse una nuova distinta branca di attitudini architettoniche potrebbe sorgere dall’attenta considerazione dei più moderni mezzi di illuminazione.
Questi problemi sono degni di studio; speriamo che numerosi architetti confortino colla loro collaborazione l’iniziativa del direttore della nuova Rivista “Illuminotecnica’’.
P. MARCONI

COMMENTI E POLEMICHE

PER LE CHIESE DELLE ZONE SISMICHE

Pei monumenti della Sicilia, delle Calabrie, dell’Abruzzo, cioè delle regioni italiane che hanno il doloroso primato dei perturbamenti sismici, un gravissimo, veramente tragico contrasto si manifesta tra le esigenze della conservazione delle antiche strutture e quelle della rispondenza alle norme di sicurezza concretata nei regolamenti per le costruzioni asismiche. Queste contemplano schemi ad ossatura elastica completamente solidale ed escludono ogni copertura che solleciti l’edificio ad azioni laterali; i monumenti invece sono quello che sono, e quasi sempre il loro organismo costruttivo è assolutamente agli antipodi di quello voluto dalle norme suddette; il che non esclude che talvolta, aiutandosi con la resistenza delle malte a trazione (che i calcoli statici sistematicamente trascurano), ovvero con speciali disposizioni strutturali ingegnosamente in essi attuate, essi non abbiano vittoriosamente sfidato pur le scosse disastrose del 1908 e del 1915.
Naturalmente, come spesso avviene nella vita e nelle amministrazioni, il dissidio sostanziale è spesso complicato o superato da altri dissidi puramente formali: alle riparazioni od alle ricostruzioni di quei monumenti debbono provvedere le Sovraintendenze per l’Arte Medioevale e Moderna o gli Uffici del Genio Civile? I fondi, spesso cospicui, occorrenti, a quali condizioni vengono assegnati, da chi vanno amministrati?
Qui su queste colonne si è altre volta parlato, con alta e meritata lode, della ricostruzione del Duomo di Messina in cui sono unite la tecnica moderne ed il rispetto alle linee, se non all’autenticità, del monumento antico; ma occorre riconoscere che tale ricostruzione, voluta da tutto un popolo, se rappresenta quanto di meglio poteva realizzarsi rispondendo a quei dati del problema, non può dirsi che salvaguardi quel minimo di esigenze su cui è basato il restauro dei monumenti. Trattasi infatti di una fabbrica quasi completamente nuova, che imita l’antica e ne simula la struttura col nascondere i montanti ed i correnti in cemento armato entro le colonne bucate e le murature intelaiate. Non era forse più rispondente ai criteri dell’onesta designazione e della minima aggiunta il seguire la proposta del Basile e limitare la chiesa al transetto, quasi completamente conservato, lasciando le navi principali basse e scoperte, come un atrio?
Ma il problema non è isolato a questo caso speciale. Centinaia di edifici chiesastici, grandiosi od umili, si trovano in condizioni analoghe a quella del Duomo di Messina; talvolta hanno subito sorte analoga, come la chiese dei Catalani, talvolta incombe su essi la minaccia di trasformazioni radicali, come a Cosenza, a Tropea, a Magliano dei Marsi, a Pescasseroli, a Rometta, a Milazzo, senza neanche che sia sempre possibile concentrare su essi la dovizia di mezzi e di studi che si è avuto nel monumento maggiore.
La questione va dunque risolta in tesi generale con una volonterosa collaborazione tra i tecnici che rappresentano la sicurezza e i tecnici che rappresentano le conservazione. Già pel Duomo di Messina questa collaborazione si è avuta, ed i regolamenti (che necessariamente debbono ridurre gli edifici a formule) sono stati applicati non certo nella lettera ma nello spirito, risalendo alle ipotesi sulla entità delle sollecitazioni e sulla resistenza dei materiali che li hanno originati ed applicandoli a schemi inconsueti, Qualcosa di analogo può compiersi per gli altri edifici con diverso metodo e con diverso intento: interrogando dapprima il monumento nei risultati del grande collaudo costituito dai terremoti passati, immaginando schemi di rinforzo che aiutino la resistenza del suo organismo, anzichè sostituirla: portali di consolidamento che racchiudano saldamente le campate della chiesa, catene di cemento armato che colleghino le arcate in forma simile alle catene in legno così frequenti negli edifici bizantini, speroni esterni, parziali chiusure ad inferriata degli intercolumni. Uno studio agile e vivo, un senso d’arte fecondo di risorse e sopratutto il buon volere e l’affetto possono così riuscire a conservare senza falsificazioni e senza svalutazioni essenziali i monumenti architettonici nelle regioni in cui purtroppo, dopo il terremoto, ha imperversato la moderna edilizia e, nella sua impreparazione, vi ha trovato uno dei suoi più tristi fallimenti.
G. GIOVANNONI.

IL PIANO REGOLATORE DEL CAIRO.

Pochi temi possono presentarsi alle moderna urbanistica più ardui e più affascinanti della sistemazione edilizia del Cairo: città essenzialmente di carattere, nell’agglomerarsi dei vecchi quartieri arabi, in gran parte conservati, e nuovo fiorente centro di vita moderna internazionale, i monumenti dei suoi diversi periodi della grandezza antica vi si associano con le fabbriche recenti (per lo più volgarissime nella affastellata ricchezza bastarda recata dagli architetti coloniali) e moltiplicano problemi quasi insolubili di rispetto all’antico e di rispondenza alle esigenze nuove, di carattere monumentale ed ambientale e di architettura moderna, di igiene, di viabilità, di legislazione edilizia.
Sarebbe quindi quello del Piano regolatore del Cairo il più tipico caso di un grande concorso internazionale che chiamasse a contributo tutte le competenze e tutte le energie; e tale gara riuscirebbe di importanza fondamentale negli studi delle questioni complesse che si riferiscono alle sistemazioni delle città storiche.
Per le piccole ragioni, che quasi sempre prevalgono sulle grandi, non si è voluto seguire tale via maestra e si è dato incarico del progetto all’architetto francese Edmondo Pauty. E la soluzione non può essere certo gradita agli architetti italiani, che vedono sempre più diminuire la loro influenza e restringersi il loro campo dl lavoro in una regione a cui tanti interessi e tanta tradizione collega il nostro paese; e che in particolare nel concorso avrebbero certo trovato un magnifico meno di affermazione.
Gli studi urbanistici fioriscono infatti ora in Italia, quasi a contrasto con l’abbandono e con la incomprensione ufficiale, con una intensità veramente mirabile e con un progresso che solo la geniale facoltà di assimilazione italiana può spiegare; e naturalmente essi si volgono al tema della sistemazione delle città storiche. E tale tema normale tra noi, come è di eccezione altrove, e si può essere ormai certi che i nostri Architetti (od anche le maestranze di cui auguriamo la formazione costituite da un architetto, un archeologo, un ingegnere tra loro cooperanti) sapranno impadronirsene, così come, malgrado errori sporadici, si sono impadroniti di quelli della tecnica degli scavi e dei restauri dei monumenti, nei quali possiamo ben dire di essere maestri a tutte le nazioni civili.
Espresso così il nostro rammarico per questa giusta e nobile aspirazione frustrata, ed espresso il nostro desiderio che la difesa fascisticamente energica degli interessi italiani all’estero consideri come uno dei suoi mezzi essenziali, come appunto fa la Francia, la penetrazione architettonica, occorre riconoscere che gli intendimenti espressi dall’architetto Pauty sui principii a cui si informerà il suo progetto sono ottimi, poichè rispondono al concetto, da noi tante volte affermato per Roma, di dare alla parte antica ed alla moderna una netta separazione, alle loro diverse esigente un campo diverso di sviluppo.
In una recente intervista egli ha dichiarato: “Nel Cairo sono stati recentemente eseguiti ottimi restauri di monumenti, ma io ritengo che il primo monumento storico da conservare è la vecchia città. Ci sono nei vecchi quartieri edifici assai vulnerabili la cui attrattiva risulta dal legame armonioso con gli immobili vicini. Immaginate che si traccino intorno ad essi sotto pretesto di moderno urbanismo, vie nuove tracciate non secondo un piano di restauro archeologico; ed avremo allora questi edifici apparentemente rispettati, ma isolati, separati dall’atmosfera in cui vivevano, appariranno senza grazia e senza valore, avranno soltanto ritardata la loro distruzione definitiva, a cui non potranno sottrarsi perchè nessuno penserà più a difenderli.
“Conviene dunque prevedere subito nei vecchi quartieri e specialmente nella regione del Cairo posta ad Est, al di la del Khalig, zone di protezione accuratamente studiate, prima che si inizino i grandi lavori a cui aspirano legittimamente le amministrazioni come quella del Tanzim”.
“Naturalmente, non può con questo giungersi a murare una agglomerazione così considerevole in un passato da cui sarebbe bandita l’igiene e la facilità di accesso; ma bisogna stabilire un piano atto a conciliare una conservazione efficace con le necessità odierne”.
“È questo nell’interesse di tutti, sia di quella numerosa parte della popolazione che vive del turismo internazionale, sia degli intellettuali e degli artisti che vedono nell’Egitto un incomparabile museo artistico che non può essere distrutto ed alterato, sia da coloro che giustamente richieggono un ampio sviluppo della città moderna, secondando, ma rendendo razionali, le condizioni già assunte dalla fabbricazione nuova favorita dalla configurazione stessa della città”.
Tali propositi sono, lo ripeto, veramente opportuni e sani, ma per ora troppo generici e non sono seguiti da una esposizione dei mezzi con cui rendere attuale il programma. Fino a che punto si restaureranno le vecchie case? Si provvederà ad un giudizioso “diradamento” edilizio? Come si riuscirà a recare nei nuovi quartieri i centri di vita moderna, senza fare ulteriormente deperire i vecchi? Con quali mezzi finanziari e legislativi si promuoverà il miglioramento discreto del vecchio, il mutamento di fronte del nuovo? Quale sarà dei quartieri moderni già esistenti l’adattamento, più difficile forse di quello dei quartieri vecchi in quanto sono ben maggiori gli interessi che vi fanno capo? Quale il tracciato delle future agglomerazioni, ed il reparto delle zone e l’avviamento alla soluzione dei tanti formidabili problemi urbanistici che sono volti verso l’avvenire?
Tali domande concrete non hanno ancora risposta. Occorre quindi in questo studio di così grande interesse e di così alto significato, sfuggito inopportunamente ad una grande competizione di idee, attendere il sig. Pauty all’opera augurando che di buone intenzioni non sia “lastricata la via dell’inferno”.
GUSTAVO GIOVANNONI.


CRONACA DEI MONUMENTI

ORVIETO. - Il 25 novembre scorso S. M. il Re inaugurava in Orvieto i restauri dei dipinti nel presbiterio del Duomo, interessanti non tanto pel valore intrinseco dell’opera di Ugolino di Prete Ilario, del Pinturicchio e del Pastore, quanto per l’effetto decorativo che i loro colori e le loro linee ravvivate recano nel mirabile monumento; ed i lavori di ripristino e di completamento della chiesa e del campanile di S. Andrea, sulla piazza del Comune.
Insigne edificio per importanza storica la chiesa, che per vari secoli fu la maggiore di Orvieto e che sorge forse sull’antica arx; ma le successive trasformazioni ne hanno completamente mutato il tipo che ebbe nei sec. XII e XIII, e di esse le ultime, non certo liete, sono state quelle che nel Settecento avevano goffamente deturpato con una maschera di stucco la facciata ed il campanile, ed al fianco della chiesa avevano eretto una sede di piccole case.
Il completo restauro, in parte di liberazione, in parte di aggiunta necessaria, guidata dai criteri della forma semplice e della sicura distinzione (mediante il diverso materiale e mediante le epigrafi di documentazione) del nuovo dall’antico, si è svolto nei due ultimi anni per la concorde iniziativa del Sovraintendente ai monumenti dell’Umbria, prof. Bertini Calosso, del Podestà di Orvieto avv. De Benedittis, del Rettore della chiesa Mons. Fumi.
La prima fase dei lavori si è svolta nel consolidamento e nella parziale ricostruzione del campanile, di cui alcune finestre bifore ancora sopravvivevano incastrate nel muro del palazzo del Comune addossatovisi alla fine del Cinquecento, di cui alcune testimonianze date da piante prospettiche della città del sec. XVI e XVII stabilivano la conformazione caratteristica data dalla triplice corona di finestre. Nella forma in cui la forte torre dodecagona è risorta essa si rivela simile per tempo, per stile, per opera di maestranze (certamente lombarda) all’altro campanile dell’abbazia dei S.S. Severo e Martirio presso Orvieto, forse della fine del sec. XII; ed il raffronto si ricollega a quello di altri campanili a pianta poligonale prossimi, come quelli di Amelia e di Massa Martana o lontani come quelli di Asti e di Torino.
Nella seconda fase del restauro si è completata la facciata della chiesa, rialzando le linee trecentesche iniziate e forse mai terminate; si è riportato l’interno alle sue proporzioni col rielevarne il tetto e si sono demolite nel fianco le meschine botteghe per sostituirvi un portico ad arcate che libera la parete e chiude la linea dell’insieme. Nuovi elementi decorativi sono dati nel portico da un ornato traforato in terracotta, che ricorda gli ornati etruschi ricorrenti sulle gronde, e da tondi di maiolica, opera del Ciaurro, nei triangoli delle arcate; nella facciata della chiesa, da una lunetta, rappresentante la vergine tra i S.S. Andrea e Bartolomeo, posta sul portale opera squisita della scultrice signora Pogliani Paoli.
Le ricerche archeologiche che intanto si svolgevano nell’interno della chiesa, sotto al pavimento della nave maggiore, hanno dato origine a trovamenti inattesi: resti di vie, di pozzi, di tombe, di edifici del periodo etrusco e del romano; e avanzi molto ampi e ben conservati di un magnifico pavimento in mosaico, forse del V secolo, appartenente ad una chiesa più piccola dell’attuale ed avente il piano a circa un metro e mezzo più basso. Ed allora il mezzo attuato per poter vedere tutti questi elementi di Archeologia e di Arte, documenti di una lunga vita costruttiva svoltasi con continuità sullo stesso suolo, è stato quello di costruire un grande solaio in cemento armato, sì da formare una specie di cripta, in cui tortuosi camminamenti facilitano il percorso e consentono l’accesso alle singole parti. I moderni sistemi costruttivi recano così il loro contributo alla esplorazione dei vari strati di un singolare monumento, che ora riprende il suo valore nell’architettura e nell’edilizia di Orvieto.
G. GIOVANNONI.

ROMA. - Il restauro del palazzo degli Alicorni in Piazza Rusticucci.

Il Governatorato di Roma ha nello scorso anno lodevolmente condotto a termine, per opera dell’egregio architetto Adolfo Pernier, il restauro del palazzetto del Rinascimento che è l’ultimo elemento dell’ala meridionale di piazza Rusticucci, e si affaccia verso il colonnato di San Pietro, quasi a costituire, di contro alla grandiosa piazza berniniana, il ricordo del carattere edilizio ed architettonico che tutta la zona aveva prima della invadenza dell’età barocca.
Invero anche ora le conseguenze di tale invadenza si fanno sentire e si avanzano a richiedere la demolizione totale o parziale del palazzetto, che, troppo addossato al propileo sinistro del colonnato, chiude il passaggio ed impedisce le visuali. Il piano regolatore infatti lo aveva condannato: ed è questo un esempio tipico del contrasto tra le varie esigenze che ad ogni passo si presentano, più che altrove, in Roma, per la continuità unica della sua vita edilizia.
Fu costruito il palazzetto ai primi del Cinquecento dalla famiglia degli Alicorni, che, originaria dell’Albania, era passata in Italia alla metà del sec. XV e si era stabilita in Roma, ove Traiano degli Alicorni ed i suoi figli godettero di grande considerazione. Lo schema dell’edificio è quello tipico della casa del Rinascimento romana: un cortile a pianta quadrata con due braccia di portico, l’uno allineato con l’androne l’altro costituente il fondo e basso per modo da dar respiro all’interno; su di un lato del cortile la scala, intorno le stanze. Semplici le linee architettoniche: bugnato il portone e bugnati gli angoli della casa; specialmente interessanti le robuste finestre del piano terreno in cui, con motivo analogo a quello del palazzo di Angelo Massimi, le mensole sorreggenti la cimasa sono poste verticalmente sugli stipiti; di nobili linee (ma non certo architettonicamente organico) il cortile, la cui composizione principale è data dalla sovrapposizione di vari loggiati, arcuato l’inferiore, architravati i due superiori. L’opera può riportarsi ad uno dei tanti architetti minori che lavoravano intorno ai grandi maestri, ad esempio a quel Giovanni Mangone che, per la testimonianza di Aristotile da Sangallo, risulta autore appunto del testè menzionato palazzo di Angelo Massimi, il cosidetto palazzo di Pirro, addossato al maggior edificio, capolavoro del Peruzzi.
Attraverso i tempi, il palazzetto degli Alicorni ha subito mutilazioni ed aggiunte, che hanno chiuso intercolumni, creato ballatoi e corridoi, dimezzato ambienti, tagliato barbaramente mostre e cornici. La paziente cura del restauratore ha ad una ad una medicato le varie piaghe, ha scoperto i bei soffitti in legno e gli interessanti fregi nascosti sotto le tele, ha consolidato le strutture fatiscenti, ha ridato, evitando onestamente ogni falsificazione, la dignità di forma e la originaria semplice armonia alle linee architettoniche. Nell’edificio cosi felicemente recuperato all’Arte e nel prossimo palazzo, che fu dei monaci Antoniani del Monte Libano, è volo degli studiosi romani che sia collocato, almeno all’inizio, quel museo di Roma che dovrebbe contenere le memorie e le testimonianze dell’Urbe attraverso i secoli.
Orbene, proprio ora che il restauro è compiuto si rinnova sull’edificio un’oscura minaccia di distruzione. A conseguenza infatti dei grandi eventi politici che hanno condotto alla costituzione della Città del Vaticano, questa dovrebbe avere per confine verso Piazza Rusticucci una curva che, continuando la periferia esterna del porticato berniniano, passerebbe a soli due metri di distanza dall’angolo del palazzetto e la viabilità ne rimarrebbe quasi ostruita.
A queste ragioni concrete molti aggiungono le ragioni di estetica monumentale testé accennate.
Ma le questioni relative ai monumenti non si risolvono col pericolosissimo criterio della preferenza per le cose maggiori. Ogni periodo della vita d’Arte, ogni pagina di storia espressa in pietra merita rispetto ed il palazzetto degli Alicorni deve essere salvato anche se esso urta contro il nostro senso di banale regolarità edilizia!
Rimane, è vero il problema della viabilità ma esso può essere felicemente risolto, secondo una opportuna proposta dell’Ufficio d’Arte del Governatorato di Roma, con l’aprire una strada retrostante che avrebbe il suo sbocco mediante un ampio fornice sulla piazza Rusticucci, che non perderà così il suo carattere di spazio racchiuso e raccolto, adatto atrio alla grande composizione edilizia ed architettonica di S. Pietro.
G. GIOVANNONI.


SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

RIUNIONE PARLAMENTARE.

Convocati dal Segretario Nazionale del Sindacato Ingegneri, si sono riuniti nel palazzo della Confederazione professionisti ed artisti molti deputati ingegneri che hanno discusso di questioni professionali.
Espressamente invitato è intervenuto anche l’On. Calza-Bini, Segretario Generale del Sindacato Architetti, che ha portato l’adesione del Sindacato all’azione che sarà svolta a tutela della dignità e della attività professionale degli ingegneri e degli architetti.
La simpatica collaborazione e l’atto di deferente cordialità compiuto dal Segretario Generale del Sindacato Ingegneri On. Edmondo Del Bufalo, meritano di esser e particolarmente segnalati. L’Arch. Calza-Bini ha infatti espresso al camerata Del Bufalo i suoi vivi ringraziamenti.

NEL SINDACATO NAZIONALE INGEGNERI.

L’Ing. Comm. Salvini ha presentato le sue dimissioni da Segretario Nazionale del Sindacato Ingegneri per ragioni dipendenti dal suo lavoro personale.
La presidenza della Confederazione ha proceduto alla nomina dell’Ing. On. Edmondo Del Bufalo, già vicesegretario, incaricando l’On. Ing. Salvini dell’Ufficio di Ispettore Nazionale.
Ai due eminenti camerati il saluto cordiale e bene augurante del Sindacato Architetti.

NEI SINDACATI REGIONALI.

Il Segretario Nazionale del Sindacato Architetti ha affidato, con l’approvazione delle Superiori Gerarchie, l’incarico di procedere alla formazione dei Sindacati Siciliani, con sede a Palermo e Catania, rispettivamente all’Arch. Prof. Comm. Ernesto Basile e all’Arch. Raffaele Leone.
Del collegamento fra i due gruppi è incaricato l’Arch. Fichera, della R. Università di Catania, membro del Direttorio Nazionale. Con recente deliberazione è stato dato anche l’incarico all’Arch. Forcignano di Bari di preparare la costituzione del Sindacato Interprovinciale Architetti per le Puglie e la Basilicata.

BANDO DI CONCORSO
PER LO STUDIO DI UN PIANO REGOLATORE
E DI AMPLIAMENTO
PER LA CITTÀ DI CAGLIARI.

Dal Comune di Cagliari ci viene comunicato:
“Il Podestà di Cagliari rende noto che è stato bandito un concorso per lo studio e la compilazione del progetto di massima del Piano regolatore e di ampliamento per la Città di Cagliari, libero a tutti gli Ingegneri ed Architetti italiani.
“Il progetto deve considerare e risolvere determinati problemi e speciali questioni che trovansi indicate nelle norme disciplinanti il concorso. Sono stabiliti:
“Un primo premio indivisibile di L. 50.000; un secondo premio indivisibile di L. 30.000; un terzo premio di L. 20.000 ed il rimborso delle spese nella misura di L. 5000 da accordarsi agli autori dei quattro progetti classificati subito dopo i premiati, a giudizio della giuria.
“I progetti premiati e quelli per i quali viene accordato ed accettato il rimborso delle spese passano in proprietà del Comune.
“Il termine perentorio per la presentazione del progetto scade alle ore 12 del 31 Dicembre 1929.
“Delle norme disciplinanti il concorso, visibili all’albo pretorio dei principali Comuni del Regno e presso gli Ordini e i Sindacati degli Ingegneri ed Architetti si invia copia a richiesta”.

Cagliari, 22 Maggio 1929- VII.

Il Podestà ENDRICH.


BANDO DI CONCORSO
PER LA SEDE
DELLA NUOVA CASSA DI RISPARMIO
DI FOLIGNO.

La Cassa di Risparmio di Foligno indice fra Architetti ed Ingegneri italiani un concorso per un progetto di sistemazione dell’area della Città di Foligno compresa tra Via Mazzini, piazzetta Barnabò, piazza Nicolini, Via Niculini e Largo Carducci. Il bando di concorso dice:
“Il progetto di sistemazione di detta area dovrà principalmente contenere la nuova residenza della Cassa di Risparmio, il cui fabbricato dovrà coprire l’area di circa mq. 800 e la cui ubicazione ed il relativo prospetto principale avranno la posizione che il progettista crederà opportuno di scegliere, e potrà inoltre comprendere altri fabbricati da destinare a negozi e a civile abitazione come pure un luogo pubblico a loggia o sala per borsa dei mercati nelle immediate adiacenze della nuova sede della Cassa.
“La disposizione di questi, le dimensioni, l’ubicazione e la costituzione dovranno essere tali da formare con il fabbricato residenza della Cassa di Risparmio, un insieme razionale, armonico e conveniente sia dal punto di vista tecnico che da quello finanziario. In ciò si terrà conto oltre che del costo delle nuove costruzioni, comprese le espropriazioni, anche del presumibile loro reddito oltre a questo il progetto dovrà corrispondere alle esigenze sia estetiche che del traffico e dovrà attenersi a quanto prevede il piano regolatore della Città”.
In seguito il bando di concorso dettaglia alcune condizioni previste circa la larghezza delle arterie stradali, circa la demolizione di fabbricati esistenti, circa la necessità di attenersi nella redazione del progetto, ai vincoli del piano regolatore ed alle norme del regolamento edilizio e di igiene del Comune di Foligno.
Poi si danno le norme circa l’esecuzione del progetto, la qualità, il numero e la scala dei grafici richiesti, le modalità da tenersi presenti nello stendere la relazione, i limiti di preventivo previsti (un milione trecentomila per la sede propriamente detta, ivi compreso l’arredamento e gli impianti sussidiari ad esclusione di alcuni di carattere speciale, ecc., ecc.).
I progetti dovranno essere presentati completi di ogni allegato alla Direzione della Cassa di Risparmio di Foligno, Via Antonio Rutoli N. 1, non più tardi delle ore 16 del giorno 31 ottobre 1929: a detta Direzione è anche necessario rivolgersi per avere la copia completa del bando di concorso.
Il bando prosegue dando notizia della costituzione della Commissione giudicatrice (che sarà composta dal Presidente della Cassa dl Risparmio, da un rappresentante del Comune di Foligno, da due Professori di Architettura insegnanti o alla Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri di Roma o alla Regia Scuola Superiore d’Architettura di Roma, e da un dirigente di una Cassa di Risparmio o d’una Banca), annuncia i premi previsti (un primo premio di L. 22.000 e un secondo premio di L. 12.000) ed altre norme riguardanti le modalità di esecuzione del progetto vincitore per nulla affatto rispondenti alla dignità ed agli interessi del progettista, norme di cui è fatta parola nella Nota qui sotto trascritta.
Il bando è firmato dal Presidente della Cassa di Risparmio dl Foligno Cav. Giovanni Sorbi.
NOTA. - Fra le clausole poste dal bando circa l’esecuzione del progetto prescelto, ce ne sono alcune davvero singolari ed inusitate. Dice testualmente il bando: “L’Amministrazione della Cassa di Risparmio dichiara formalmente che, al confronto dei signori Progettisti che hanno preso parte al Concorso, nessun altro impegno od obbligo assume oltre la corresponsione dei due suddetti premi ai vincitori, secondo il giudizio della Commissione esaminatrice, perchè con ciò il concorso si ritiene esaurito, ed essa si riserva la più ampia facoltà di non dar seguito alla costruzione, di modificare i progetti, ed anche di eseguire la costruzione del tutto indipendentemente dal concorso”.
Di fronte a tali clausole, ledenti la dignità artistica e gli interessi degli eventuali vincitori del bando, il Segretario Nazionale del Sindacato On. Calza-Bini, a tutela dei giusti diritti artistici della classe, protestò vivamente richiedendo che tale periodo fosse sostituito con la seguente variante:
“L’Amministrazione della Cassa di Risparmio dichiara formalmente che al confronto dei signori Progettisti che hanno preso parte al concorso nessun altro impegno d’obbligo assume, oltre la corresponsione dei due suddetti premi al vincitori, secondo il giudizio insindacabile della Commissione esaminatrice.
“Si riserva inoltre di dare o no esecuzione al progetto prescelto, o anche di eseguire la costruzione del tutto indipendentemente dal concorso.
Tuttavia, ove la Cassa debba eseguire il progetto prescelto, integro o parzialmente modificato, il vincitore avrà diritto di seguire lo sviluppo della costruzione, dirigendone la parte artistica e facendo i disegni delle eventuali varianti e di tutti i particolari necessari.
“Per questa sua prestazione d’opera avrà diritto ad un compenso pari all’uno per cento dell’importo accertato dei lavori che saranno eseguiti secondo il risultato del concorso”.
Le trattative per le modificazioni proposte sono in corso. Ne terremo informati i colleghi.

CONCORSI INTERNAZIONALI
PER EDIFICI PUBBLICI
NELLA REPUBBLICA DI SAN SALVADOR

Purtroppo con grave ritardo agli effetti della possibile partecipazione di Architetti italiani, il Console Generale della Repubblica di S. Salvador comunica:
“Si porta a conoscenza degli Ingegneri ed Architetti italiani che l’ufficio dei Lavori Pubblici della Repubblica di S. Salvador (America Centrale) ha aperto un concorso per progetti per la costruzione dei seguenti edifici, da erigersi nella capitale: Progetto pel Palazzo di Giustizia, premio 1000 dollari. - Progetto per la Università Nazionale, premio 1000 dollari. - Progetto per l’Istituto Nazionale Maschile, premio 600 dollari.
Inoltre è stato aperto un concorso per la costruzione degli stessi, come pure per altri importanti lavori, secondo le condizioni ed i dettagli relativi. Il termine per la presentazione dei piani sopra indicati scade il giorno 30 luglio corr. anno, e quello per le proposte per la costruzione il giorno 31 agosto. Il costo totale, approssimativamente, dei lavori indicati, non dovrà superare un milione e seicentomila dollari ”.
Il Consolato generale della Repubblica di S. Salvador in Italia, Via Corsica 1-5, Genova, si compiacerà di dare agli interessati che li richiedano, tutti i dati e schiarimenti e copia del bando di concorso.

UNA MOSTRA DEL MARMO
ALL’ESPOSIZIONE DI BOLZANO.

L’Ente Nazionale delle Piccole Industrie, nell’intento di mettere in valore la produzione nazionale delle piccole cave di marmo e di pietra tenera, sta organizzando presso la prima Esposizione dell’Alto Adige la prima Mostra Nazionale campionaria della piccola industria del marmo.
Il programma d’intervento è il seguente: mostra dei campioni dei marmi più pregevoli, sia grezzi che lavorati; mostra del prodotti della lavorazione dei marmi decorativi; mostra dei prodotti della lavorazione dell’alabastro; mostra dei prodotti della lavorazione della pietra tenera: mostra fotografica di alcuni importanti lavori eseguiti con detti marmi.
La mostra sarà dotata di premi in denaro, medaglie e diplomi da conferirsi al piccoli industriali che esporranno lavori degni di particolare attenzione.

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