FASCICOLO VIII - APRILE 1929
N.D.R.: Il Palazzo di Giustizia di Messina dell'arch, Marcello Piacentini, con 25 illustrazioni

E' recente l’inaugurazione del Palazzo di Giustizia di Messina dell’arch. Marcello Piacentini.
Della poderosa e multiforme produzione dell’illustre condirettore della nostra Rivista vengono offerte spesso esegesi estetiche, su giornali e rassegne, e gli elementi della sua arte sono ormai di dominio pubblico.
Faremo dunque conoscere qui la sua nuova opera senza ulteriori chiarimenti, fornendo solo le notizie più interessanti per la cognizione dei caratteri obiettivi.
Il progetto del Palazzo di Giustizia di Messina venne affidato dal Ministero dei LL. PP. all’arch. Marcello Piacentini fin dall’anno 1912. Approvato il progetto, venne iniziata l’opera di fondazione dall’Impresa Porcheddu.
Ma ben presto i lavori vennero sospesi, e così rimasero per tutto il periodo della guerra.
Nel 1923 il Piacentini, essendo passati più di dieci anni da quando concepì il primo progetto, sentì che l’architettura del Palazzo non corrispondeva più al suo spirito nè ai mutati tempi, e presentò una nuova proposta, per quanto riguardava la veste architettonica, lasciando invariata, salvo qualche lieve modifica, la parte strutturale. Il nuovo progetto venne approvato dal Ministero, ed al Piacentini, che ne fece insistente richiesta, fu affidata la direzione artistica dell’opera.
Il Piacentini chiamò a suo aiuto l’architetto Ernesto Rapisardi.
La direzione dei lavori fu assunta in un primo tempo dall’ing. Adolfo Fiorentino (Ispettore Superiore ing. Comm. Candella, ing. capo del Genio Civile Lo Cascio).
In un secondo tempo, e fino alla fine, l’ing. direttore è stato l’ing. Salvatore Ragusa (Ispettore Superiore ing. comm. Giovanni Faccenda e ing. capo Pignoni).
Il concorso per l’appalto dei lavori venne vinto dall’impresa comm. Camolo Salvato e Figli di Messina, che li ha condotti fino al termine.
Il Palazzo di Giustizia di Messina sorge lungo la Via Tommaso Cannizzaro (ottenuta con la copertura del torrente Portalegni) di fronte alla facciata della nuova Università, e poichè ambedue questi edifici sono molto in ritiro dal filo stradale, formano una specie di grande piazza, adorna di palme.
L’area totale destinata al Palazzo è di mq. 16.000, di questi sono coperti mq. 5.400. Data la grande mole l’edificio è stato diviso in tre Palazzi, il centrale più grande e più alto, fiancheggiato da due simmetrici più piccoli e più bassi.
L’edificio centrale comprende al piano terreno le due Preture e la Corte d’Assise, al primo piano le due aule della Corte d’Appello.
L’edificio di destra è destinato al Tribunale Penale, con due aule: quello di sinistra al Tribunale Civile, pure con due aule.
I tre edifici sono collegati tra di loro per mezzo di due gallerie, che mettono direttamente in comunicazione le tre sale dei passi perduti. Ogni aula ha immediata comunicazione con tutti gli uffici annessi.
Il pubblico ha quindi tre ingressi: quello principale sulla Via Cannizzaro, corrispondente al Palazzo centrale, uno su Via dell’Università, corrispondente al Tribunale Penale, e uno su Via Cesare Battisti, corrispondente al Tribunale Civile.
Altri ingressi sono stati creati per i giudici e gli impiegati vari: uno nella fronte posteriore del palazzo centrale su Via Nicola Fabrizi, e due per ognuno dei palazzetti laterali.
Gli edifici si elevano tutti e tre su di un unico piano, e, poichè le vie circostanti sono di varie pendenze, ne consegue che il palazzetto di sinistra si trova fortemente sollevato rispetto alla Via Cesare Battisti, mentre quello di destra si trova leggermente incassato.
Gli edifici laterali sono alti m. 12, salvo le maggiori altezze degli attici in corrispondenza delle testate. Quello centrale invece è alto m. 16.
Il motivo architettonico caratteristico dei tre edifici è quello di un ordine dorico-pestano, che comprende ambedue i piani: più basso nei palazzetti laterali, più alto in quello centrale. Le trabeazioni non seguono le regole classiche; dovendosi, per rigore di tecnica antisismica, attenersi ad una modestissima sporgenza, l’architetto ha abbandonato le formule scolastiche, preferendo creare cornici più adatte alle speciali proporzioni.
Nel rimanente, nei contorni delle finestre, nei rincassi, ecc., non vi sono che pochi piani, con salti robusti e lisci.
La ornamentazione è quasi del tutto omessa; solo qualche festone negli angoli degli attici, per far giocare la profilatura, e qualche intaglio nei portali.
V’è invece abbondanza di decorazione scultorea: nel palazzo centrale, sul colmo dell’attico, una quadriga in alluminio e bronzo (lega speciale studiata per ottenere il minimo peso), dello scultore Ercole Drei: nell’attico due grandi tondi in marmo, rappresentanti il Diritto e la Legge dello scultore Giovanni Prini, e quattro aquile dello scultore Nino Cloza. Sopra i sei finestroni del piano terreno le effigi dei sei grandi giuristi messinesi, tre dello scultore Cloza e tre dello scultore Eleuterio Riccardi. Le teste di Minerva, sui portali laterali, sono dello scultore Bernardo Morescalchi, e quelle delle finestre dello scultore Bonfiglio.
Tutte le parti aggettanti dell’edificio sono state costruite con la pietra giallo-oro di Solunto, presso Palermo, quella stessa che fu anticamente adoperata per i grandi templi di Girgenti e di Selinunte. Le parti ornamentali sono in pietra di Cilliemi molto simile all’altra, ma più fina, e più adatta alla lavorazione.
Il carattere generale dell’opera è dunque ispirato al dorico della Magna Grecia, ma trattato con spirito tutto personale e moderno.


* * *


Dal triplice ingresso del Palazzo centrale, si accede al vestibolo, e di qui al grande salone dei Passi Perduti, donde si accede di fronte all’aula della Corte d’Assise, nei lati alle due aule delle Preture, e, per mezzo del grande scalone, al piano superiore dove sono le due aule della Corte d’Appello, e ai saloni speciali che occupano tutta la fronte principale, e cioè il Salone d’onore delle conferenze, le sale per i consigli dell’ordine e di disciplina e le relative biblioteche.
Il vestibolo, la sala dei Passi Perduti e lo scalone sono rivestiti di marmo di Biliemi (presso Palermo) lucidato: è un marmo simile all’antico africano bellissimo e durissimo.
I soffitti sono costituiti da grandi lacunari semplicissimi, le cui grosse nervature sono quelle stesse create in cemento armato per la costruzione dei solai, si che nulla v’è di aggiunto e di superfluo. Il cemento armato è ricoperto di una cornice di calce assai grezza tinteggiata oro-tufo. Questi soffitti sembrano più scavati nella roccia tufacea, alla maniera delle tombe etrusche, che creati a getto.
Sul grande portale che dà adito all’Aula delle Assise, si trova una figura in bronzo della Giustizia, dello scultore Arturo Dazzi.
Le aule sono anch’esse rivestite nella zoccolatura e nei contorni delle porte di pietra di Biliemi. I cassettonati, in piano o centinati a sesto ribassato, sono, come quelli del vestibolo, a semplici incassi.
Ogni aula, proporzionatamente alla sua grandezza, ha nel fondo, dietro la Tribuna della Presidenza, un nicchione o abside, adorno di allegorie in terracotta su fondo nero, dello scultore Alfredo Biagini.
Nei tre saloni del primo piano sopra citati e nei gabinetti di lavoro o salotti dei Presidenti delle Corti e dei Tribunali, i pittori Romano e Schmidt hanno decorato le pareti di affreschi allegorici e ornamentali.
I Palazzi laterali hanno, nelle sale dei Passi Perduti, e nelle Aule dei Tribunali, le stesse caratteristiche del Palazzo centrale.
Vestibolo, scale, aule, sono tutte illuminati da grandi lampadari in bronzo, eseguiti dalla Ditta Redaelli di Milano.
Sia l’esterno che l’internò del Palazzo hanno un’impronta di accentuata autorità.
La stessa sobrietà della decorazione aumenta il senso di severità che deve possedere una costruzione di questo genere, In ogni parte dell’edificio, nella essenziale semplicità dei piani, nella cubicità dei volumi, nella scelta dei materiali, si nota la volontà di conferire all’edificio un senso di robustezza e quasi di rudezza, e di raggiungere l’unità fra costruzione e decorazione.
I lavori in pietra a marmi sono stati eseguiti dalla Ditta Giosuè Geraci di Palermo.
I mobili delle Aule sono stati eseguiti dalla Ditta Bega di Bologna.
Gli infissi di porte e finestre sono stati eseguiti dalla Ditta Scilipodi di Messina.
N. D. R.

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