E' recente l’inaugurazione del Palazzo di Giustizia di Messina
dell’arch. Marcello Piacentini.
Della poderosa e multiforme produzione dell’illustre condirettore
della nostra Rivista vengono offerte spesso esegesi estetiche, su giornali
e rassegne, e gli elementi della sua arte sono ormai di dominio pubblico.
Faremo dunque conoscere qui la sua nuova opera senza ulteriori chiarimenti,
fornendo solo le notizie più interessanti per la cognizione dei
caratteri obiettivi.
Il progetto del Palazzo di Giustizia di Messina venne affidato dal Ministero
dei LL. PP. all’arch. Marcello Piacentini fin dall’anno
1912. Approvato il progetto, venne iniziata l’opera di fondazione
dall’Impresa Porcheddu.
Ma ben presto i lavori vennero sospesi, e così rimasero per tutto
il periodo della guerra.
Nel 1923 il Piacentini, essendo passati più di dieci anni da
quando concepì il primo progetto, sentì che l’architettura
del Palazzo non corrispondeva più al suo spirito nè ai
mutati tempi, e presentò una nuova proposta, per quanto riguardava
la veste architettonica, lasciando invariata, salvo qualche lieve modifica,
la parte strutturale. Il nuovo progetto venne approvato dal Ministero,
ed al Piacentini, che ne fece insistente richiesta, fu affidata la direzione
artistica dell’opera.
Il Piacentini chiamò a suo aiuto l’architetto Ernesto Rapisardi.
La direzione dei lavori fu assunta in un primo tempo dall’ing.
Adolfo Fiorentino (Ispettore Superiore ing. Comm. Candella, ing. capo
del Genio Civile Lo Cascio).
In un secondo tempo, e fino alla fine, l’ing. direttore è
stato l’ing. Salvatore Ragusa (Ispettore Superiore ing. comm.
Giovanni Faccenda e ing. capo Pignoni).
Il concorso per l’appalto dei lavori venne vinto dall’impresa
comm. Camolo Salvato e Figli di Messina, che li ha condotti fino al
termine.
Il Palazzo di Giustizia di Messina sorge lungo la Via Tommaso Cannizzaro
(ottenuta con la copertura del torrente Portalegni) di fronte alla facciata
della nuova Università, e poichè ambedue questi edifici
sono molto in ritiro dal filo stradale, formano una specie di grande
piazza, adorna di palme.
L’area totale destinata al Palazzo è di mq. 16.000, di
questi sono coperti mq. 5.400. Data la grande mole l’edificio
è stato diviso in tre Palazzi, il centrale più grande
e più alto, fiancheggiato da due simmetrici più piccoli
e più bassi.
L’edificio centrale comprende al piano terreno le due Preture
e la Corte d’Assise, al primo piano le due aule della Corte d’Appello.
L’edificio di destra è destinato al Tribunale Penale, con
due aule: quello di sinistra al Tribunale Civile, pure con due aule.
I tre edifici sono collegati tra di loro per mezzo di due gallerie,
che mettono direttamente in comunicazione le tre sale dei passi perduti.
Ogni aula ha immediata comunicazione con tutti gli uffici annessi.
Il pubblico ha quindi tre ingressi: quello principale sulla Via Cannizzaro,
corrispondente al Palazzo centrale, uno su Via dell’Università,
corrispondente al Tribunale Penale, e uno su Via Cesare Battisti, corrispondente
al Tribunale Civile.
Altri ingressi sono stati creati per i giudici e gli impiegati vari:
uno nella fronte posteriore del palazzo centrale su Via Nicola Fabrizi,
e due per ognuno dei palazzetti laterali.
Gli edifici si elevano tutti e tre su di un unico piano, e, poichè
le vie circostanti sono di varie pendenze, ne consegue che il palazzetto
di sinistra si trova fortemente sollevato rispetto alla Via Cesare Battisti,
mentre quello di destra si trova leggermente incassato.
Gli edifici laterali sono alti m. 12, salvo le maggiori altezze degli
attici in corrispondenza delle testate. Quello centrale invece è
alto m. 16.
Il motivo architettonico caratteristico dei tre edifici è quello
di un ordine dorico-pestano, che comprende ambedue i piani: più
basso nei palazzetti laterali, più alto in quello centrale. Le
trabeazioni non seguono le regole classiche; dovendosi, per rigore di
tecnica antisismica, attenersi ad una modestissima sporgenza, l’architetto
ha abbandonato le formule scolastiche, preferendo creare cornici più
adatte alle speciali proporzioni.
Nel rimanente, nei contorni delle finestre, nei rincassi, ecc., non
vi sono che pochi piani, con salti robusti e lisci.
La ornamentazione è quasi del tutto omessa; solo qualche festone
negli angoli degli attici, per far giocare la profilatura, e qualche
intaglio nei portali.
V’è invece abbondanza di decorazione scultorea: nel palazzo
centrale, sul colmo dell’attico, una quadriga in alluminio e bronzo
(lega speciale studiata per ottenere il minimo peso), dello scultore
Ercole Drei: nell’attico due grandi tondi in marmo, rappresentanti
il Diritto e la Legge dello scultore Giovanni Prini, e quattro aquile
dello scultore Nino Cloza. Sopra i sei finestroni del piano terreno
le effigi dei sei grandi giuristi messinesi, tre dello scultore Cloza
e tre dello scultore Eleuterio Riccardi. Le teste di Minerva, sui portali
laterali, sono dello scultore Bernardo Morescalchi, e quelle delle finestre
dello scultore Bonfiglio.
Tutte le parti aggettanti dell’edificio sono state costruite con
la pietra giallo-oro di Solunto, presso Palermo, quella stessa che fu
anticamente adoperata per i grandi templi di Girgenti e di Selinunte.
Le parti ornamentali sono in pietra di Cilliemi molto simile all’altra,
ma più fina, e più adatta alla lavorazione.
Il carattere generale dell’opera è dunque ispirato al dorico
della Magna Grecia, ma trattato con spirito tutto personale e moderno.
* * *
Dal triplice ingresso del Palazzo centrale, si accede al vestibolo,
e di qui al grande salone dei Passi Perduti, donde si accede di fronte
all’aula della Corte d’Assise, nei lati alle due aule delle
Preture, e, per mezzo del grande scalone, al piano superiore dove sono
le due aule della Corte d’Appello, e ai saloni speciali che occupano
tutta la fronte principale, e cioè il Salone d’onore delle
conferenze, le sale per i consigli dell’ordine e di disciplina
e le relative biblioteche.
Il vestibolo, la sala dei Passi Perduti e lo scalone sono rivestiti
di marmo di Biliemi (presso Palermo) lucidato: è un marmo simile
all’antico africano bellissimo e durissimo.
I soffitti sono costituiti da grandi lacunari semplicissimi, le cui
grosse nervature sono quelle stesse create in cemento armato per la
costruzione dei solai, si che nulla v’è di aggiunto e di
superfluo. Il cemento armato è ricoperto di una cornice di calce
assai grezza tinteggiata oro-tufo. Questi soffitti sembrano più
scavati nella roccia tufacea, alla maniera delle tombe etrusche, che
creati a getto.
Sul grande portale che dà adito all’Aula delle Assise,
si trova una figura in bronzo della Giustizia, dello scultore Arturo
Dazzi.
Le aule sono anch’esse rivestite nella zoccolatura e nei contorni
delle porte di pietra di Biliemi. I cassettonati, in piano o centinati
a sesto ribassato, sono, come quelli del vestibolo, a semplici incassi.
Ogni aula, proporzionatamente alla sua grandezza, ha nel fondo, dietro
la Tribuna della Presidenza, un nicchione o abside, adorno di allegorie
in terracotta su fondo nero, dello scultore Alfredo Biagini.
Nei tre saloni del primo piano sopra citati e nei gabinetti di lavoro
o salotti dei Presidenti delle Corti e dei Tribunali, i pittori Romano
e Schmidt hanno decorato le pareti di affreschi allegorici e ornamentali.
I Palazzi laterali hanno, nelle sale dei Passi Perduti, e nelle Aule
dei Tribunali, le stesse caratteristiche del Palazzo centrale.
Vestibolo, scale, aule, sono tutte illuminati da grandi lampadari in
bronzo, eseguiti dalla Ditta Redaelli di Milano.
Sia l’esterno che l’internò del Palazzo hanno un’impronta
di accentuata autorità.
La stessa sobrietà della decorazione aumenta il senso di severità
che deve possedere una costruzione di questo genere, In ogni parte dell’edificio,
nella essenziale semplicità dei piani, nella cubicità
dei volumi, nella scelta dei materiali, si nota la volontà di
conferire all’edificio un senso di robustezza e quasi di rudezza,
e di raggiungere l’unità fra costruzione e decorazione.
I lavori in pietra a marmi sono stati eseguiti dalla Ditta Giosuè
Geraci di Palermo.
I mobili delle Aule sono stati eseguiti dalla Ditta Bega di Bologna.
Gli infissi di porte e finestre sono stati eseguiti dalla Ditta Scilipodi
di Messina.
N. D. R.