FASCICOLO VII - MARZO 1929
NOTIZIARIO
CORRIERE ARCHITETTONICO

DUE COSTRUZIONI DI CAMPAGNA
dell’Arch. ENRICO DEL DEBBIO

Enrico Del Debbio è un artista vivo, che sa camminare velocemente ma solidamente: progredisce senza spirito di avventura: l’agilità giovanile è ben contenuta da un riflessivo ritegno e da un severo senso di responsabilità.
Già abbiamo mostrato qualcuno dei suoi progetti per le case, palestre, stadi, destinati all’Opera Nazionale Balilla. In seguito torneremo sull’argomento, specialmente per illustrare, fra le costruzioni sportive da lui ideate, il gruppo di edifici costituenti il grande Stadio Nazionale della Farnesina, una delle caratteristiche e imponenti realizzazioni architettoniche dell’attuale periodo.
I nuovi temi, i nuovi materiali costruttivi che egli ha dovuto usare, gli hanno suggerito originalissime concezioni improntate di modernità, ed in cui si nota un felice tentativo di innesto e sintesi fra le strutture attuali ed il ceppo classico della nostra sensibilità architettonica.
Antecedentemente a questa sua ultima forma che probabilmente schiude il periodo della sua maturità d’architetto, Del Debbio ci fece conoscere le sue qualità di compositore e decoratore nei numerosi concorsi sempre illustrati dalla nostra rivista, ai quali partecipò, ed in varie costruzioni, di cui siamo lieti offrire qualche esempio.
In questo fascicolo mostreremo due piccole fabbriche di campagna, non più recenti, ma sempre interessanti.
La prima è un simpatico, giustamente misurato, restauro di un antico casaletto del Principe Torlonia sulla Via Appia, presso Roma.
Il lavoro è del 1920.
La Villa Berring Nicoli in Carrara è del 1922. Del Debbio ha mostrato in essa come si possa, pur rimanendo vivi, adeguarsi completamente all’ambiente, infatti egli ha usato elementi assai famigliari alla campagna toscana, composti con fine senso armonico. L’uso dei fuori squadro nei vani, delle totali dissimetrie volumetriche, il pittoresco integrale stanno a dimostrare che egli ha voluto quì rusticizzarsi compiutamente. Viceversa quel suo modo liscio e largo di trattare i piani nelle masse pure complesse, quel suo semplificare e ridurre al minimo la sagomatura delle fascie e delle cornici, conferiscono alla casetta un’aria fresca e attuale.
Gustosi i particolari interni, come per esempio, il cortile, le scale ed i caminetti,
P. M.


IL PALAZZETTO DELLA DELEGAZIONE MUNICIPALE A OSTIA
dell’Arch. VINCENZO FASOLO

L’architetto Vincenzo Fasolo ha costruito il Palazzetto della Delegazione Comunale ad Ostia a Mare.
Il tema gli era singolarmente vicino, giacchè l’ambiente rustico gli permetteva d’intonare l’opera alla sua sensibilità ancora romantica, giocando con gli equilibri delle frastagliate disimmetrie, coi gustosi particolari, coi brevi episodi cantati, colle note di colore: elementi in cui meglio appunto si appaga il suo temperamento pittoresco: un comignolo, il pozzo, un tettarello, l’ombra pastosa di un portico, un fronzuto capitello, lo stemma, l’ornato chiuso nel riquadro.
Il materiale usato (buon travertino di Tivoli ed il tufo dorato della nostra campagna romana, squadrato in vista) gli ha concesso di far sentire meglio l’ambiente, ed il modo liscio di svolgere nella maggior parte della fabbrica gli abituali elementi decorativi, ha conferito alla costruzione anche una nota fresca e attuale di sana costruttività.
Le parti dell’edificio ove tale tranquilità decorativa è maggiore, ci piacciono di più. Molto intimo e gustoso il cortiletto. La pianta è composta ed articolata con accorta e matura sapienza.
P. M.


LA CAPPELLA ROMAGNONI AL CIMITERO MONUMENTALE DI MILANO

dell’arch. GIUSEPPE BOATTINI

Codesta recente opera dell’arch. Giuseppe Boattini si riattacca all’antica tradizione cristiana, non solo nello spirito, ma pur nelle tipiche forme architettoniche. È la solita cella memoriae che i primi fedeli innalzavano per il culto dei morti più gloriosi: un’edicoletta per le cerimonie liturgiche sopra un sacello sotterraneo che custodisce le spoglie mortali.
Dicevo che qui anche la tradizione formale architettonica risulta assai evidente: la cappelletta Romagnoni ha, infatti, tutto il sapore delle costruzioni ravennati-bizantine, d’altronde giustamente interpretate con sentimento moderno. Essa è di modestissime dimensioni, chè neppure occupa intera l’area assegnatale: e, quasi, potrebbe chiamarsi un tabernacolo. Quattro archi robusti nelle membrature dalla profonda strombatura e sorretti da pilastrini tondi a lor volta decorati di triplice giro di nicchiette; due degli archi sono ciechi, il frontale incornicia la porta, al posteriore s’innesta l’absidiola. Per questa costruzione vennero apposta modellati i mattoni e le modanature e le cornici ed i bassorilievi con i simboli della fede; e tutto formato in terracotta d’un bel tono caldo. Appena qualche fasciatura in pietra lucida per meglio sottolineare i vari elementi costruttivi; ed il basamento a gradini è in serizzo.
L’interno dell’edicola ha tutt’altro sapore. Le pareti sono intonacate e liscie; e la struttura essenziale e semplicissima è marcata da sagomature in marmo scuro che ne profila gli angoli, gli archi e l’imposta del cupolino, e riveste gli squarci delle finestre tonde, L’effetto riposante e sereno è un poco turbato dalle dorature di conchiglie e di teste d’angioli che decorano le vele; così come non del tutto appropriata è la decorazione che sta sul palio dell’altarino. L’absidiola, invece, ha una giusta decorazione a mosaico che scende fino a rivestir gli squarci delle finestre.
Il sacello sotterraneo, cui si accede dall’esterno, e interamente rivestito di marmi dai forti colori e contrasti, preziosità ricercata e voluta così per ben marcare il contrasto con l’uniforme veste esteriore.
R. P.


CONCORSO PER IL TEATRO DELLA CITTÀ DI MOLFETTA

Qualche tempo addietro la città di Molfetta bandì un concorso per un nuovo teatro corrispondente alle nuove esigenze della tecnica teatrale, specialmente in rapporto ai moderni progressi della scenografia. Più che uno sfoggio di decorazione si domandava sopratutto uno studio della disposizione interna e dei vari servizi che risultasse conveniente alla migliore esecuzione degli spettacoli e che tenesse conto della possibilità di allogare nella struttura muraria dell’edificio tutti quegli impianti che richiede un moderno teatro, talchè fosse possibile sempre attuarli anche se oggi, per qualche ragione, si fosse costretti a rinunciarvi. L’errore del bando fu di assegnare un’area infelicissima e cioè troppo stretta in rapporto alla lunghezza, con il prospetto sopra una via strettissima ed insignificante, con la fronte obliqua rispetto al proprio asse, col muro di fondo chiuso, con una delle vie laterali estremamente stretta, infine con altimetria disastrosa, Infine fra le prescrizioni, erano nel bando alcune deficienze come questa:
“Dovrà inoltre progettarsi intorno alla sala un muro continuo con pochissime aperture, dello spessore di almeno 60 cm. per isolarla in caso d’incendio”. Dove aprire gl’ingressi? E le porte dei palchi? Crediamo che nessun progettista e costruttore di teatri si sia sognato o si sognerà mai di isolare dagli incendi la sala chiudendovi dentro gli spettatori come in una gabbia, con la impossibilità di salvarsi. Infelice era poi l’idea di prevedere nei piani superiori, verso il prospetto, un albergo, difficoltà che disorganizza le piante per necessità di scale separate e di impianti speciali. Tutto questo poi doveva essere contenuto in una spesa irrisoria come 3.500.000 lire, cifra in cui dovevano comprendersi tutti gli impianti.
Data la meschinità del bando c’era da aspettarsi un esito non del tutto soddisfacente. Eppure tra i prescelti noi dobbiamo constatare le migliori disposizioni a superare le molteplici difficoltà.
Il primo premio fu attribuito ex aequo a due progetti, l’uno elaborato dagli architetti Giorgio e Francesco Guidi, l’altro dall’arch. Domenico Sandri; il secondo premio fu concesso ex aequo all’ing. Giuseppe Picca e agli architetti Enrico Barboni e Paolo Sardella; il terzo pure ex aequo all’ing. Raffaele Battista e all’ing. Arnaldo Trebeschi. Del progetto Guidi si dice nella relazione che esso “è molto coscienziosamente studiato nei riguardi della distribuzione generale degli impianti”.
Il progetto Sandri è stato giudicato “pure attraverso le sue deficienze e le sue incertezze, uno dei migliori fra quali vennero presentati al concorso”. Non ci dilunghiamo sui giudizi emessi a proposito degli altri progetti e notiamo soltanto come la Commissione abbia in genere creduto di non dover proporre alcun progetto per l’esecuzione.
A nostro parere i progetti Sandri e Guidi si presentano veramente notevoli sotto l’aspetto architettonico. Il primo ha concepito una facciata di respiro veramente grandioso (forse troppo grandioso per la località) con un bell’avancorpo a colonne ed un loggiato basso sotto cui si aprono i formici d’accesso al teatro. Tutto è composto con severità e con un magnifico equilibrio delle masse. Il progetto Guidi, più aggraziato, d’ispirazione settecentesca, ha una facciata avanzantesi in curva tutta scompartita da paraste che vanno ad incontrate il cornicione nei punti dove vi poggiano le statue. In ambedue i progetti la pianta non è immune da qualche manchevolezza, ma la colpa deve farsi risalire, come già dicemmo, alle lacune del bando.
Fra i secondi premi riproduciamo il progetto dell’arch. Sardella.
C. CECCHELLI



BIBLIOGRAFIA E SPUNTI CRITICI

CONSAPEVOLEZZA ARTISTICA

ARDENGO SOFFICI. - Periplo dell’arte. - Firenze, Vallecchi, 1928.

In questo libretto Ardengo Soffici, giunto alla sua maturità di uomo critico, raccoglie una serie di scritti agili e acuti intorno all’arte contemporanea, ponendo la tesi della sua decadenza ed offrendo qualche indirizzo di ricostituzione: la materia non è organicamente coordinata, ma è pôrta con spunti brevi, concentrici al fine.
Dò volentieri relazione dell’operetta giacchè i problemi da essa considerati, mentre riguardano in particolare le arti figurative, e specialmente la pittura, hanno radici profonde in attitudini più generali dello spirito moderno, ed esistono in forme parallele in tutte le attività artistiche, compresa l’architettura: di questo mi occuperò in altra occasione sulla nostra Rivista.
Soffici comincia col rilevare che appunto l’acuta fobia delle forme superate, lo stato d’animo messianico degli innumerevoli porgitori della nuova parola, il carattere teorico ed artificioso del loro atteggiamento spasmodicamente teso al futuro, testimoniano dell’effettiva deficienza di una attuale concreta sensibilità creatrice. Lo sforzo volontario e cerebrale di voler essere moderni, quasichè fosse possibile, sol che si viva con sincerità e pienezza, non esserlo, esprime il desiderio impotente dell’inadeguato di raggiungere ciò che dovrebbe inconsapevolmente. Se essere moderni significa solo aderire al contingente, a ciò che caratterizza la nostra temperie, modernità è per Soffici sinonimo di superficialità: e se una tale modernità è l’unico oggetto del nostri sforzi attuali, vuoi dire che oggi, come in altre epoche artistiche di scarso valore, non è più possibile cogliere in noi l’essenziale, giacchè l’essenziale presenta invece gli attributi della stabilità e della costanza, e tende all’eternità. Gli spiriti più alti in ogni luogo e tempo ebbero fra loro profonde similitudini, le cose superiori trascendono la loro temperie: il nuovo, il moderno, sono solo degli accidenti attraverso cui e possibile alle più interiori identità di rivelarsi; mezzo dunque e non fine. Cosicchè l’attuale intemperante bramosia del diverso dall’esistente, non potendo applicarsi se non alle nostre qualità più epidermiche, è indice di povertà e vacuità spirituale.

In seguito, Soffici, rifacendosi un pò indietro nella storia delle arti figurative, specie la pittura, valuta, contro recenti non imparziali detrattori, attribuendogli il titolo di estremo erede e continuatore della pittura classica italiana dopo Tiepolo, l’ottocento francese, solo fiancheggiato ma non superato dall’ottocento italiano. Fino a venticinque anni fa, la Francia, con gli ultimi postimpressionisti, dopo la luminosa serie di astri quali Monet, Manet, Renoir, Çezanne, ecc. ecc., rappresentava ancora validamente la tradizione pittorica latina, evolventesi via via dal chiaro e potente equilibrio classico, verso un trionfo di forma sempre più romantico, ma ancora robusto se pur volto, pel suo eccessivo trabordare verso un assoluto idealismo plastico, alla decadenza. Poco prima, e più, subito dopo la guerra, anche quest’ultimo baluardo cadde, ed ogni contrada di Europa fu sommersa da un caos informe di nuove tendenze oblique ed astruse.
Soffici si assume la responsabilità di ritenere l’attuale torbido periodo artistico, dovuto esclusivamente ad influssi nordici e teutonici, ai quali il mondo latino non ebbe la forza di opporre argini sufficienti, vinto nello spirito da coloro ch’esso aveva col prevalere delle armi fisicamente contenuti: egli ancora, procedendo in buona parte con qualche eccessiva e sorprendente accentuazione polemica, contro il proprio passato, si perita dichiarare la presente fase dell’arte assolutamente priva di valore, esclusion fatta per certi aspetti del futurismo a cui attribuisce uno scopo puramente erosivo, chiarificatore di taluni fondamentali valori plastici; e la considera emergente da una sorta di cieco barbarismo cerebrale, in cui, al più assurdo e sfrenato astrattismo idealistico, inteso come estrema degenerazione dal romanticismo plastico (espressionismo, geometrismo, cubismo, decorativismo, futurismo) si mescolano, del tutto scisse, forme inverse derivanti come naturale reazione, da un materialismo risorgente con le espressioni più brutali, primitive e oggettive (dadaismo, negrismo, macchinismo, fantoccismo). La rottura dell’equilibrio, la bipartizione assoluta tra la forma soggettiva e la sostanza oggettiva in essa contenuta, provoca in ogni luogo la caduta dell’arte, ed il permanere in sua vece di piccoli residui di fattività, in cui i due opposti ed astratti aspetti di un’integrale sana sensibilità, si manifestano isolatamente e rudimentalmente.

A conferma della propria valutazione negativa, Soffici adduce l’assurdo derivante dal constatare che, attraverso tutti i millenni del passato, l’arte si evolvette gradualmente, mantenendo costanti certi cardini basilari, i quali sono appunto da ritenere le condizioni stesse della sua esistenza, rispondenti a realtà eterne dello spirito umano; mentre ora si vorrebbe che in dieci o venti anni tale spirito fosse così radicalmente mutato e rovesciato da giustificare la distruzione di quei cardini e l’introduzione di principii artistici inventati ex novo.
In realtà, secondo Soffici, l’arte, che ora più non s’intende, è rimasta la stessa, mentre la nevrosi attuale tende alla non arte.
Analizzando poi gli elementi base del riconosciuto traviamento, egli ne trova alcuni più generalmente etici e sociali, altri particolarmente estetici.

Tra i primi pone l’eccessiva valutazione, ai fini dell’arte, dello sviluppo meccanico-industriale del secolo scorso, il quale è secondo lui inadeguato, con le innumerevoli forme dei recenti utensili introdotti nella vita pratica, ad indurre nello spirito valori estetici radicalmente nuovi, Solo la natura con la figura dall’uomo qual centro, è sempre stata e sempre sarà, attraverso li mistero in essa contenuto ed in eterno indistruttibile, capace dl suscitare, insieme con te emozioni d’ordine religioso, anche quelle sostanziali valevoli per l’arte. La macchina non potrà avere mai che una portata del tutto secondaria, analoga a quella assunta in ogni tempo dai più elementari oggetti dell’industria. La visione meccanica della vita, anzichè portare un allargamento nei campo della sensibilità, ha indotto ad inversioni mostruose, insediando il proprio contenuto nella figura fisica e morale dell’uomo ed originando quel fantoccismo meccanistico, sorto cerebralmente in Germania come pretesa continuazione del goticismo e dell’orientalismo, diffusosi quindi in Europa, attribuendo valori positivi a manifestazioni prima sempre ritenute stolte e ridevoli.
Passando agli elementi di degenerazione artistica d’ordine più particolarmente estetico, Soffici combatte alcuni principii molto diffusi in questo ultimo periodo, da lui stesso sostenuti un tempo, e contro di essi riconosce canoni appartenenti alla grande arte del passato e che debbono essere ritenuti insostituibili.
Rivaluta la necessità di possedere il disegno come mezzo: contro le tesi estreme delle più recenti teorie estetiche (futurismo, cubismo, orfismo) pone l’importanza del soggetto nella gerarchia dei valori, soggetto che distingue e stacca un’arte maggiore da una minore, l’arte vera e completa della semplice decorazione: contro gli smaglianti ma già tendenzialmente decadenti attributi della pittura del 700 e dell’800, combatte la sopravalutazione della materia pittorica, cioè del piacere insito esclusivamente nella bellezza del mezzo plastico, e sostiene la necessità di tornare ad un maggiore apprezzamento delle qualità sostanziali, il contenuto e la composizione, in confronto alle formali riconosce che ogni forma d’arte in generale e la pittura in particolare hanno bisogno dl un fondamento nella realtà oggettiva e che necessario innestare il principio estetico puro alle forme espressive della realtà.

Ecco dunque il problema dell’equilibrio unitario: fra i due opposti estremi di un obbiettivismo fotografico-meccanico e di uno sfrenato soggettivismo astratto-idealistico, esiste tutta una gamma di posizioni sintetiche intermedie, ove le due inverse realtà duali si integrano, ed esiste un punto in cui l’equilibrio è raggiunto con la maggior perfezione ed efficacia, ove la verità e la fantasia si completano nel miglior modo. L’arte classica possiede appunto la caratteristica d’un tale equilibrio totalitario, che è prerogativa degli spiriti superiori in genere e dei grandi italiani della rinascenza in ispecie; ad un simile equilibrio bisogna rifarsi onde l’arte possa di nuovo godere gli elementi di una vita gagliarda e sana.
Potrebbe sembrare allora che Soffici dovesse condividere le attitudini del recente neoclassicismo novecentista, che appunto vorrebbe anche formalmente ritornare a tali requisiti superiori riconosciuti all’arte del passato. Ma no, egli deprime quella scuola, la accusa di voler fare la grande arte senza averne i mezzi, le dà un valore di moda imitativa, sorta di preraffaellitismo in ritardo, ma assai più inadeguato.
Per lui è assolutamente ozioso e sconveniente imitare da un punto di vista formale, ossia secondo la similitudine del prodotto, il passato, nel suoi elementi vissuti ed esauriti, ma soltanto è necessario comprenderne ed assorbirne lo spirito ed i principii per farne cosa tutta nuova e nostra.

E secondo qual modo e norma? Poichè l’arte non si definisce col cervello, ma semplicemente, se è possibile, si fa, ben a ragione Soffici si limita ad indicare assai vagamente le prerogative di una nuova sana produttività: bisogna tendere a ciò che egli chiama il realismo sintetico, che significa sintesi spontanea ed istintiva tra reale ed ideale, tra oggetto ed attività soggettiva. Il realismo sintetico è quindi il risultato dell’atto creativo completo, per cui l’artista intendendo andare al vero con la massima umiltà oggettiva, e cioè riprodurlo o comporlo secondo come egli realmente lo vede, invece appunto per questo lo trasforma in dato immediato della propria sensibilità.

Osservo che si potrebbe dire sapevamcelo: Soffici ha tutte le ragioni su questo punto: cadute le effimere tendenze artistiche fondate su teorie eccessive ed artificiose, è giocoforza riconoscere che codesto realismo sintetico, anche senza il suono ostile della parola, è stato sempre e sempre sarà l’attitudine del vero artista, il quale, non occupandosi in quanto tale, o almeno mentre lo è, di analisi filosofiche, ha per unica condizione della propria fecondità un amore illimitato ed illuminato del vero naturale o spirituale, che è sempre la base del suo lavoro. Tale sentimento, semplice e istintivo ha la propria ricompensa nell’opera d’arte come superamento inconsapevole della realtà e continuazione di essa.
Il campo è adunque sgombro di scorie: manca una cosa; ricominciare a fare arte, ridiventare fecondi, nutrire ancora quel puro ed inconscio stato di grazia per cui l'amore diventa possibile.
Siamo in tempo di rinascita: conviene sperare e credere più che analizzare e teorizzare.
PLINIO MARCONI.

ERRATA-CORRIGE. - Nell’articolo sull’Esposizione di Torino 1928, pubblicato nel fascicolo di Dicembre N. 5, per un errore tipografico fu omessa l’indicazione dell’autore dell’ingresso del Corso Valentino: il progetto di detto ingresso si deve agli Architetti Mario Passanti e Alessandro Protto.


SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

LA SETTIMANA DEL PLEBISCITO E I SINDACATI

Attiva e intensa è stata dovunque, nella settimana precedente al Plebiscito, l’opera di propaganda e di vigile preparazione; tutti gli architetti italiani con sincero e spontaneo spirito di devozione alla Patria e di riconoscenza per il Regime, hanno dato il loro contributo efficace e fattivo.
il Segretario Nazionale del Sindacato ha inviato a tutti i segretari interprovinciali ed ai fiduciari la circolare che appresso è riportata, e ovunque, nelle numerose assemblee tenutesi con molto concorso di soci, sono stati formulati voti di plauso e di augurio per il Duce, per i dirigenti del movimento Sindacale, particolarmente per l’Avv. Di Giacomo Presidente della Confederazione, e per l’Arch. Calza Bini Segretario Nazionale.


A TUTTI I SEGRETARI REGIONALI

Camerata,

Nella settimana che precede le elezioni plebiscitarie è dovere di ogni fascista, di ogni inscritto ai Sindacati e di ogni cittadino italiano pensoso del destini della Patria, dare opera assidua, tenace e fervida per la buona propaganda.
Scomparso il vecchio sistema delle designazioni e delle lotte personalistiche, capovolto quindi il mezzo di propaganda e di persuasione, solo a tutti coloro che abbiano senso di responsabilità per l’ufficio che occupano, per le cariche che rivestono, e per la coltura che posseggono, spetta l’obbligo di preparare il popolo alla nuovissima forma di plebiscito.
Non gli uomini con i loro errori e le loro virtù, non i nomi anche se cari ed apprezzati contano oggi avanti al nuovo esperimento elettorale, ma il trionfo di una idea, l’affermazione di una sola volontà, di una sola disciplina.
Io non dubito che tutti voi, che dal nuovo ordine corporativo instaurato dal Fascismo, avete visto affermarsi e ingrandirsi la dignità della vostra missione nella vita nazionale, vogliate e possiate dedicarvi in questa ultima settimana a quella opera di preparazione e vigilanza a che nella cerchia dei vostri amici, dei vostri dipendenti, degli operai a voi sottoposti, giunga l’incitamento e la parola persuasiva perchè nessuno diserti, perchè tutto il Paese risponda come deve, col suo sì; sì per l’approvazione dell’opera titanica svolta dal Regime, sì per la grandezza futura d’Italia, sì per Benito Mussolini.
Questo compito che io affido a voi, trasmettetelo in apposita assemblea a tutti gli inscritti al Sindacato.
L’assemblea dovrà essere convocata immediatamente.
Con fascistica cordialità.

Il Segretario Nazionale

ALBERTO CALZA BINI.



Venerdì 22, antivigilia del Plebiscito, una imponente riunione degli inscritti ai Sindacati Intellettuali è stata tenuta nella sede del Sindacato Ingegneri di Roma.
Al folto pubblico di ingegneri, Architetti, Avvocati, Artisti, Periti, Geometri, e a numerose personalità del mondo romano intervenute, hanno parlato l’Avv. De Bernardis anche a nome dell’On. Di Giacomo, l’Ing. Beretta, Segretario Regionale del Sindacato Ingegneri, e il nostro Segretario Nazionale On. Calza Bini, di ritorno dal giro do propaganda compiuto nell’Umbria.
L’On. Calza Bini non fece un discorso elettorale, chè non ve ne era bisogno dato l’ambiente; non fu la sua fredda rettorica parola di incitamento. Egli fece una schematica rassegna delle opere compiute dal Regime: l’ordinamento corporativo, la campagna rurale, la riforma degli istituti di Credito, i provvedimenti per l’edilizia, la bonifica integrale, ed infine la conciliazione dello Stato con la Chiesa. Queste tappe gloriose nel cammino della nuova vita nazionale trovarono nella parola dell’oratore, artista oltrechè uomo politico, l’esaltazione della bellezza lirica che le opere solo possono avere se compiute attraverso dure lotte e sacrifici, se frutto della volontà di tutto un popolo che con cosciente fierezza obbedisce al Capo che si e scelto.
Tra calorosi applausi e vive manifestazioni di simpatia l’On. Calza Bini ha chiuso il suo discorso con un saluto al Re, al Duce e al Regime.

TRA GLI ACCADEMICI D’ITALIA

La nomina degli Architetti Piacentini e Brasini è stata salutata non soltanto come un meritato riconoscimento del valore dei due colleghi, l’uno tanto diverso dall’altro e tuttavia chiari esponenti del carattere individualistico dell’arte italiana, ma anche come una affermazione piena e completa della nostra classe e del nostro Sindacato.
Avere nell’Accademia d’Italia due insigni cultori della nostra arte e tutti e due inscritti disciplinatamente nelle nostre fite, dà la certezza che anche nel completamento dell’Accademia la rappresentanza degli Architetti sarà mantenuta numerosa, e, per numero e per valore, all’altezza che compete alla madre di tutte le arti. E poichè il compito dell’Accademia sarà anche quello di promuovere e tutelare le affermazioni dell’Architettura Italiana, la presenza di amici e di artisti insigni sarà garanzia certa che le aspirazioni degli studiosi e cultori di architettura in Italia troveranno la loro realizzazione.
Ad Armando Brasini, e a Marcello Piacentini in particolar modo, che del movimento di classe fu sino dai primi anni autorevole ed efficace dirigente, il plauso e l’augurio del Sindacato Nazionale.

CARICHE SINDACALI

Il Segretario Nazionale del Sindacato Architetti ha chiesto al Presidente della Confederazione Professionisti e Artisti, che ha aderito ratificando, le nomine a Vice-Segretario Nazionale del Sindacato, dei camerati Prof. Arch. Giuseppe Boni di Roma e del Prof. Arch. Diego Brioschi di Milano.
La nomina di un Vice-Segretario con sede a Milano non soltanto vuol significare una più stretta ed attiva collaborazione con la gerarchia centrale da parte dei Sindacati dell’Italia Settentrionale, ma anche un riconoscimento dell’opera veramente ammirabile che il Sindacato Milanese va svolgendo per la organizzazione di classe; cosicchè, attraverso un più stretto contatto con la Segreteria Nazionale, le opportune iniziative del Direttorio e del Sindacato Lombardo potranno essere con efficacia diffuse agli altri Sindacati. Ai due egregi camerati Boni e Brioschi, l’espressione del più affettuoso compiacimento di tutto il Sindacato Nazionale.

ATTIVITÀ DEL SINDACATO LOMBARDO

Il Direttorio del Sindacato Lombardo ha fatto pervenire alla Segreteria Nazionale copia del primo numero del Bollettino di cui ha iniziato la pubblicazione.
È un piccolo ed elegante fascicolo denso dl notizie e di interessantissimi dati: tariffe di prezzi, bandi di concorso, studi critici e tecnici, ecc., ecc. Il Bollettino, che per il suo tenue prezzo può essere largamente diffuso, costituisce una utilissima iniziativa che dimostra la compiutezza dell’organizzazione del Sindacato Lombardo, il quale ha anche stampata e messa in vendita la tariffa professionale e il regolamento del Collegio dei Probiviri, in attesa che la commissione centrale del Ministero del LL. PP. compili e ratifichi la Tariffa Nazionale.

CONFERENZE

Nel pomeriggio del 22 l’eminente collega Arch. Gustavo Giovannoni ha tenuto nell’affollatissima aula Magna della R. Accademia di S. Luca in Roma, una brillante ed applaudita conferenza, accompagnata da proiezioni luminose, sul tema: “La figura dell’Architetto nella Storia”.


INTERESSAMENTO ESTERO ALL’ORGANIZZAZIONE SINDACALE ITALIANA

La Legazione di Cuba, dietro richiesta di apposita commissione incaricata di studiare le basi dei Concorsi Internazionali per i progetti del Palazzo di Giustizia, del Teatro Nazionale, della Biblioteca Nazionale e di altri edifici pubblici in Avana, ha interessato il Ministero degli Affari Esteri per conoscere l’organizzazione Sindacale e Professionale degli Architetti in Italia. Esaurienti dati furono offerti dal nostro Segretario Nazionale.



CONCORSI INTERNAZIONALI E NAZIONALI


CONCORSO PER IL PIANO REGOLATORE DI AREZZO

Il Podestà di Arezzo pubblica un manifesto annunciando la proroga del Concorso per il piano Regolatore di questa Città (di cui demmo ampie notizie nel fascicolo di febbraio) al 12 agosto 1929 e confermando che i premi furono aumentati nelle seguenti proporzioni: Primo Premio
L. 20.000 - Secondo Premio L. 15.000 - Terzo Premio L. 8.000.

CONCORSO PER UN PROGETTO DI EDIFICIO IN NUORO (SARDEGNA) DESTINATO A PALAZZO DELLA PROVINCIA E SEDE DEL PALAZZO DEL GOVERNO

Purtroppo con grande ritardo ci venne comunicato il bando di Concorso di cui sopra, con scadenza 29 aprile 1929. Il Concorso è a due gradi dotato di ricchi premi accessibile a tutti gli architetti e ingegneri inscritti nei Sindacati. Riuscendo, data l’imminenza della data di presentazione, inutile la pubblicazione integrale del bando, che, d’altra parte, sappiamo essere già stato, pur con ritardo, diffuso in tutta Italia, consigliamo i colleghi romani di prendere visione integrale di esso e dell’annessa planimetria, alla Sede del nostro Sindacato. È anche possibile far pervenire direttamente il bando dal Consiglio di Amministrazione della Provincia di Nuoro.

BANDO DI CONCORSO PEL PROGETTO Dl MASSIMA DELLA SEDE DEL MUSEO GRECO-ROMANO AD ALESSANDRIA D’EGITTO

Il Municipio di Alessandria d’Egitto ha bandito un concorso per detto edificio, accessibile ad architetti di qualsiasi nazionalità.
Il Municipio di Alessandria d’Egitto rimetterà o manderà a chiunque ne farà domanda, i documenti ed i capitolati relativi al concorso in parola.
Le domande, con l’indirizzo e qualifica precisa del concorrente dovranno essere inviate al Sig. Direttore Generale di detto Municipio (Cablogramma “Municipalité - Alessandrie”) d’urgenza, essendo prossima la scadenza per il termine di presentazione delle domande.

CONCORSI REGIONALI

CONCORSO REGIONALE A PREMI PER IL PROGETTO DELL’ ABITAZIONE RURALE MODELLO DELLA PROVINCIA Dl MILANO

Il Comune, la Provincia ed il Consiglio dell’Economia di Milano hanno bandito un concorso limitato ai tecnici inscritti nei Sindacati Lombardi. Il concorso prevede l’assegnazione dl N. 9 premi per L. 87.000. - Scadenza 15 Maggio 1929.
Il programma può esser chiesto alla Sede dei singoli Sindacati ed in più nella provincia, ai Membri del Direttorio Ingegneri Sigg. Ceriani per Gallarate, Fontana per Busto, Margaritella per Luino, Zerbi per Saronno.

CONCORSI INDETTI PRESSO L’ASSOCIAZIONE DEI CULTORI D’ARCHITETTURA DI MILANO PER LA COPERTURA DEL NAVIGLIO E LA SISTEMAZIONE DELLA PIAZZA DEL DUOMO

In seguito all’interessamento dell’Associazione fra i cultori dl Architettura e del Sindacato Architetti di Milano, relativamente alla prossima copertura del Naviglio, il Comune ha deciso di far studiare una soluzione che permetta di conservare, nel tratto che fronteggia i Boschetti sino al ponte di corso Venezia, l’attuale aspetto della Fossa interna. Senza necessità di sostanziali modificazioni lo studio deve portare alla creazione di uno specchio d’acqua adiacente ai giardini e alle costruzioni che si trovano luogo quel tratto di Naviglio senza che il carattere della località, prediletta dal Parini, venga trasformato. Sarà anche attuato un miglioramento della zona di verde dei Boschetti, un po’ trascurata in questi ultimi tempi, in modo che armonizzi con l’insieme della località allorchè sarà stato creato lo specchio d’acqua.
Alla stessa Associazione è stato dato incarico dal vice-podestà Ing. Gorla di indire fra i propri aderenti un concorso per proporre soluzioni del problema del completamento della piazza del Duomo nel lato della cosidetta “manica lunga”, di quell’ala cioè del Palazzo Reale che sporge dalla via Rastrelli verso la piazza stessa.
Il Comune ha assegnato due medaglie d’oro per i migliori progetti: questi, che saranno esposti al pubblico nella sede dell’Associazione, devono essere presentati entro il 31 del mese corrente.

CONCORSO PER IL PROGETTO DELLE FACCIATE ESTERNE DI UN FABBRICATO DA COSTRUIRSI A BOLZANO, LIMITATO A PROFESSIONISTI RESIDENTI NELLE TRE VENEZIE

L’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Venezia ha aperto un concorso per il progetto delle facciate esterne di un fabbricato da costruirsi in Bolzano.
Possono partecipare al concorso gli ingegneri ed architetti abilitati all’esercizio della professione in Italia, aventi cittadinanza italiana, e residenti nelle Venezie.
Per conoscere le condizioni del concorso e per ogni informazioni, rivolgersi all’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Venezia, Colle della Fava 5899.

ESITO DEL CONCORSO PER LA CITTÀ - GIARDINO IN LOCALITÀ MARASSI A GENOVA

Non fu assegnato il primo premio.
Il secondo premio fu assegnato al progetto contrassegnato dal motto “Non sibi sed Patriae” (Ing. Carlo Mondano ed Emanuele Dellavalle); il terzo premio, al progetto “San Giorgio” eseguito dall’Ing. Enrico Zanolli.
Inoltre la Commissione giudicatrice assegnò la somma di L. 10.000 (corrispondenti all’importo del primo premio) da dividersi in quattro parti e da attribuirsi ai due progetti di cui sopra e ad altri due ritenuti maggiormente meritevoli (progetto “Non domo Dominus, Sed Domino domus” dell’Arch. Francesco Sappia e progetto “Nostra Dea” degli Architetti Dott. Carlo Crespi e Ing. Attilio Bartolini).

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