FASCICOLO VI - FEBBRAIO 1929
NOTIZIARIO
BIBLIOGRAFIA

OPERA NAZIONALE BALILLA.

PROGETTI DI COSTRUZIONE CASE BALILLA - PALESTRE - CAMPI SPORTIVI - PISCINE, ecc.

ROMA - PALAZZO VIMINALE - 1928 - ANNO VII.

L’on. Renato Ricci, l’alacre ed illuminato Presidente dell’Opera Nazionale Balilla, persegue la sua opera tenace volta allo sviluppo fisico e morale della gioventù italiana. Recente manifestazione della sua attività è la pubblicazione di un importante volume recante prezioso contributo alla conoscenza della tecnica delle costruzioni indispensabili a coltivare l’educazione fisica del giovani.
I criteri generali del libro si debbono allo stesso onorevole Renato Ricci; la realizzazione pratica ed architettonica all’Architetto Enrico Del Debbio, il geniale artista che tra l’altro, insegna la tecnica delle costruzioni sportive nella Scuola Superiore Fascista di Educazione Fisica in Roma.
Il volume si divide in varie parti. Nella prima sono contenuti molti progetti di padiglioni tipo per Palestre semplici e di Case Balilla con Palestra, Piscina, Sala di scherma, ecc. Di tali progetti, esaurienti didascalie chiariscono le caratteristiche strutturali e dispositive dell’insieme e dei dettagli, ed indicano l’uso dei singoli ambienti e delle attrezzature ginniche necessarie.
Nella seconda parte si svolgono con descrizioni e grafici numerose soluzioni planimetriche indicanti il miglior uso dei campi sportivi di svariata forma e dimensione, con l’ubicazione e la misura in essi delle Case Balilla, delle Palestre, delle piste e dei campi per i singoli esercizi e giochi.
In seguito vari capitoli trattano minutamente della costruzione delle singole sedi dei giuochi ed esercizi: piste per corse, salti, lanci, ecc.; campi per tennis, calcio, pallacanestro, ecc. Altri capitoli dimostrano i migliori sistemi tecnici per ottenere i drenaggio dei terreni sportivi e per costituirne il fondo più adatto; per costruire le piscine, le gradinate per gli spettatori, ecc. In seguito vengono consigliati i più moderni metodi per l’arredamento ginnastico degli ambienti e pel loro ammobigliamento.
Insomma il volume è un esauriente vade-mecum col quale le singole sezioni dell’opera Nazionale Balilla potranno costituire le loro sedi in modo adeguato.
A noi interessa sopratutto l’aspetto architettonico delle costruzioni ideate da Enrico Del Debbio. Si tratta di composizioni robuste, semplici e fini, in cui la moderna linearità del profili e la levigatezza delle superfici ben s’innestano a spunti classici sentiti in modo vivo e originale.
Il modo onde tale innesto è ottenuto e la sapienza con cui le moderne strutture usate (per lo più ossature in cemento armato) si sposano con assoluta sanità a forme decorative tradizionali, determinano anzi una fase notevole e nuova nella produttività di Enrico Del Debbio, produttività su cui torneremo in breve con più largo respiro, quando, in sede adatta, potremo riprodurre un maggior numero di Case Balilla e Palestre di quanto non possiamo far qui, e sopratutto quando illustreremo esaurientemente l’imponente gruppo degli edifici sportivi che egli, sta ora erigendo alla Farnesina in Roma di cui ci limitiamo ad offrire una planimetria generale ed uno schizzo prospettico d’insieme.
P. M.


A. TELLUCCINI. - Il Palazzo Madama di Torino. - Torino 1928. - S. Lattes & C. Editori.

È uscito pei tipi di Lattes, a cura e per iniziativa del Municipio dl Torino, una interessantissima e motto documentata monografia sul bel monumento, in ricca veste tipografica e con magnifiche incisioni.
Palazzo Madama, restaurato di recente da quell’autorità comunale, racchiude in sintesi architettonica la storia di Torino, testimoniando quasi le alterne vicende della città sabauda, dall’età romana fino ai nostri giorni.
Il Telluccini, con acuta analisi, considera le vicende dell’edificio fino dalle più remote epoche dl cui resta traccie nei resti visibili e nei documenti. All’epoca Romana la porta Decumana, (di cui è offerta una ricostruzione) costituente uno degli accessi alla “Augusta Taurinorum Civitas” sembra accertato sorgesse nell’area dell’attuale palazzo Madama, poco dietro allo scalone Juvariano, colla fronte sull’asse dello scalone, volta verso Via Po; dietro alla porta doveva estendersi un’edificio i cui resti sono inglobati nelle sostruzioni del Palazzo.
Successivamente il Telluccini considera il monumento nel suo aspetto medioevale dl Rocca Forte dl Guglielmo VII di Monferrato, conglobante le torri e le mura della Porta Decumana; quindi nel Rinascimento, quando Ludovico d’Acaia, ampliando l’edificio preesistente ne fece il proprio castello: ed ancora nel successivi rimaneggiamenti attuati nel 500 e nel 600, quando Torino era divenuta capitale del Ducato di Savoia. Allora appunto l’edificio cominciò a chiamarsi Palazzo di Madama pel fatto che Madama Reale, Cristina di Francia, dopo la morte del marito Amedeo I. (1637) dovendo tenere la reggenza del ducato fintantochè il figlio treenne Carlo Emanuele II. non avesse compiuto il quattordicesimo anno d’età (1648), prescelse appunto l’antico castello a sua dimora.
Infine il Telluccini parla della radicale trasformazione subita da Palazzo Madama per opera del Juvara nel primi anni del Settecento, con l’aggiunta dl un corpo frontale a ponente comprendente l’attuale scalone.
Di ogni fase storica del monumento il bel libro offre documentazione grafica adeguata, riproduzione di stampe delle varie epoche, rilievi, ricostruzioni, ecc. Dello stato attuale dà molte fotografie dell’insieme, del dettaglio decorativo e degli arredi e accurati rilievi eseguiti dall’ingegner Pagano.
P. MARCONI.


G. LOUKOMSKI. - Mobilier et decoration des anciens palais impériaux russes. Ed. Van Oest, Paris.

Il fecondo scrittore russo, ben noto agli studiosi italiani d’arte ha raccolto in quest’opera una serie d’interessanti elementi di mobilio e di decorazione tratti da uno dei più sontuosi palazzi imperiali, quello di Tsarskoie-Selo, e nel breve testo che accompagna le tavole ne fornisce una sicura documentazione storica, una chiara illustrazione artistica.
Il tema è veramente notevole. Il palazzo di Tsarskoie-Selo, costruito nel 3720 da Pietro il Grande e ricostruito e completato negli anni successivi del sec. XVIII, è stato ora trasformato, come le altre residenze imperiali russe, in Museo del Popolo, sicchè le innumerevoli ricchezze d’arte ivi accumulate nel corso del secoli XVIII e XIX sono divenute patrimonio del pubblico, oggetti di utile studio, senza per questo essere allontanate dal loro ambiente. L’importanza architettonica del monumento rimane quindi direttamente collegata al valore dell’ammobigliamento e della decorazione fatti per esso, quasi sempre con una grande ricchezza, spesso con eleganza e finezza di gusto.
È interessante seguire attraverso così ampio materiale le influenze ed i riflessi diretti od indiretti delle varie scuole occidentali, a specialmente francesi, inglesi, tedesche, a cui talvolta il sentimento artistico nazionale reagisce con adattamenti di forme e di ornati, con trasformazioni di vari elementi, con momentanee invasioni dl prodotti di industrie artistiche locali. Mobili che sembrano tratti da Versailles, si trovano accanto ai vetri dipinti, ai ferri battuti, alle porcellane vivaci di rivestimento delle stufe gigantesche, che affermano indiscutibilmente il loro carattere nazionale; ovvero accanto ad oggetti ibridi e compositi, troppo sovraccarichi di ornamenti, ma non privi di forza e di originalità.
Il volume è preceduto da una prefazione di Louis Réau, che naturalmente esagera nel francesismo. Basti rilevare che in breve cenno sull’Architettura di Pietroburgo non si parla neppure del tanti architetti italiani che hanno dato alla città ed al suoi monumenti il vero carattere stabile. Tutti sono francesi, perfino Bartolomeo Rastelli, il grande architetto della czarina Elisabetta!
G. GIOVANNONI.


H. CLOUZOT. - Histoire de la Manufacutere de Jony et de la toile imprimée en France. Ed. Van Oest, Paris.

Ora che la moda delle stoffe impresse ritorna nella decorazione e nell’arredamento moderno, acquista notevole interesse questo volume, dovuto all’eminente conservatore del Museo Galliera, che dà agli artisti, ai collezionisti, agli eruditi una amplissima documentazione storica e grafica sui prodotti di questa singolare industria artistica in Francia.
Essa ha fatto capo nel secolo XVIII e nel principio del secolo XIX ad una grande fabbrica, quella di Jony, i cui prodotti hanno avuto tale notorietà da conferire il nome di tele di Jony a tutti i prodotti analoghi, nei quali eccelse specialmente un artista geniale, l’Oberkampf, che seppe inserire le sue composizioni nella moda delle tele indiane dipinte. Questa aveva tanto tenuto il campo alla fine del secolo XVII, da suscitare perfino severi editti proibizionisti.
Più, forse che le ricerche storiche pazienti sullo sviluppo e sulla decadenza di tale industria francese e sul contributo ad essa portato dalle varie regioni, a noi ora interessa scorrere i disegni applicati, nel quali si riflette il gusto di un tempo in cui arte e decorazione erano strettamente unite ed in cui dalle manifestazioni più alte si passava senza distacchi alle espressioni minori, fatte pel gran pubblico, adatte per gli oggetti della vita ordinaria. E questo appunto ci è fornito dal magnifico atlante che accompagna l’opera, nel quale l’autore ha raccolto numerosissimi disegni, in gran parte tratti da stoffe conservate nel suo museo. Fiori, frutta, scenette di genere in cui appare l’influenza diretta od indiretta delle arti dell’estremo oriente, decorazioni classicheggianti che ci mostrano l’inizio delle tendenze neoclassiche, con l’imitazione da pavimenti, da musaici, da pitture antiche, fregi in cui timidamente e raramente si affacciano gli stili che ancora tenevano il campo in Francia nell’arredamento e nel mobilio, tutto questo appare in tali disegni ingegnosamente unito, spesso con fine gusto che sa nascondere i danni dell’eclettismo. Ed i risultati non mancano dl essere per noi altamente istruttivi.
G. GIOVANNONI


Wohnbauten und Siedlungen aus deutscher Gegenwart. - K. R. Langewiesche editore, Königstein - Taunus. 1928.

Fa parte della collezione del “Blauen Bücher„ con la quale l’infaticabile editore fa propaganda per la coltura moderna.
Le centoventi tavole nitidissime che compongono questo volume non ci sono del tutto sconosciute: molte di quelle case le abbiamo incontrate sparse nelle riviste di questo decennio. Ma è ben vero che il ritrovarle raccolte scelte ed ordinate secondo il criterio del loro sviluppo architettonico desta tutto un nuovo interesse.
Non è di fatti più la singola casa che la rivista ci mostrava come un campione originale della architettura o come un tentativo di un architetto o di una scuola o come una interessante novità gustosa: ma è invece l’intera architettura della casa che ci si manifesta nel suo sviluppo con tutto il carattere della compiutezza e della continuità. Non più campioni o studi eccezionali, ma le borgate, i quartieri, le intere città giardino costruiti in dieci anni di attività edilizia fervidissima.
Scorrendo quelle pagine si ha la sensazione completa e riposante di una architettura unitaria e continua in luogo dell’affanno che dà allo spirito l’ecclettismo delle riviste.
L’architettura d’oggi è nata, si sviluppa e procede sicuramente: molte di quelle case hanno più di otto o dieci anni di vita e sono ancora vivissime e nuove: non ci stancano.
Guardandole così tutte insieme, queste case, non si può non restare perplessi e pensosi: vi è difatti in molte di esse un’anima così poco nordica, le pareti sono così chiare, le ombre delle loggie e dei portici così profonde, i tetti così piatti.... che viene fatto istintivamente di pensare alle case meridionali dell’Italia e delle riviere mediterranee.
Il meccanicismo rigido di un primo razionalismo è molto alleviato e sono di nuovo la forma ed il colore che trionfano. Molte di quelle case (come ad esempio quelle di Breslavia, di Essen, di Francoforte), sembrano rivelare chiarissima una loro ispirazione toscana; altre (come quelle di Dessau e di Vienna) si possono riavvicinare a quelle della Campania; tanto che ci dobbiamo per forza chiedere perchè non ancora ci accorgiamo, noi Italiani, che la fonte dell’architettura della casa (con la c minuscola) è qui vicina a noi, dietro le nostre spalle e non c’è che da guardare saper guardare, diceva Ruskin. Altro che i nuovi casoni dell’Italia Meridionale !
L. PICCINATO


CRONACA DEI MONUMENTI

ROMA. - Un interessante ripristino è stato recentemente compiuto della facciata quattrocentesca dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia, per benemerita iniziativa del Presidente degli Ospedali di Roma, Comm. Cotta e per opera dell’Arch. Luigi Lepri, che lunghi e pazienti studi ha dedicato alle ricerche di tutto il complesso del grande monumento, il cui carattere è dato essenzialmente, come in gran parte dei monumenti romani, dalla sovrapposizione d’opere architettoniche e costruttive di vario tempo.
Il principale nucleo dell’Ospedale è costituito dalle fabbriche erette da Sisto IV verso il 1480, su disegno forse di Baccio Pontelli. Esso consiste nella grande sala fiancheggiata da portici in Borgo S. Spirito, la quale nella parte centrale (dove sorge l’altare attribuito al Palladio) si eleva a torrino ottagonale, ed in altri edifici racchiudenti due bei cortili porticati.
Alessandro VII modificò la costruzione sistina, costruendo un ammezzato sopra i portici e due nuovi portali, tanto sul fronte quanto sul fianco, come può vedersi nella prospettiva del Falda (1665) riprodotta anche nell’ “Have Roma” dello Gnoli.
Benedetto XIV, su disegno del Fuga, prolungò la Corsia sistina dal lato verso Castel S. Angelo, distruggendo quindi il portico frontale. Pio IX da ultimo, su progetto dell’Azzurri, modificò la testata della sala Benedettina.
Queste ultime costruzioni furono demolite per la ricostruzione del Lungotevere, e così tornò in luce l’antica fronte sistina mutilata nella parte inferiore e modificata nella superiore. Di essa infatti erano rimasti intatti i due riquadri estremi, mentre nella parte centrale si riscontrava una più recente finestra con fascia a cortina fiancheggiata da ugualmente più recenti pilastri e contropilastri. Inoltre il frontone era stato ridotto a semplice timpano di tetto, ed erano stati demoliti i pilastrini e gli archetti delle bifore marmoree.
La restituzione di tale facciata terminale è stata relativamente facile e sicura, sia per le numerose testimonianze grafiche che hanno servito di guida, sia pei trovamenti che son venuti a confermarle nel modo più sicuro autentiche. Tra le prime, le più notevoli sono date dalla rappresentazione dell’edificio contenuta nello sfondo del quadro del Botticelli nella Cappella Sistina rappresentante la lustrazione del lebbroso; e dalle incisioni di una rara opera del Saulnier, e da quella dal Falda e da un disegno dell’Anonimo Fabriczy.
I principali elementi rinvenuti in sito, hanno consistito nelle traccie del timpano, di ripida inclinazione; in quella di un peduccio in marmo che dimostra la forma ed il tipo dl copertura del portico anteriore (il quale, del resto, continua in risvolto il lungo porticato su Borgo S. Spirito); ed infine negli inizi delle arcatelle e dello stemma nelle finestre, da cui è stato possibile completare il tipo delle bifore.
Così la bella facciata è risorta coi suoi quattro riquadri racchiudenti le bifore nella zona superiore (qualche dubbio rimane circa le due bifore prossime al mezzo), col suo porticato nella inferiore, dal quale risalta quasi arco trionfale, l’arcone d’ingresso, col suo timpano contenente la rosa, modellata sugli esempi pontelliani di S. Pietro in Montorio e di S. Aurea di Ostia.
È ora da augurarsi che il bel lavoro rappresenti l’inizio d’una più vasta opera di sistemazione e di valorizzazione, sia nel dare degno assetto all’ingresso al Borgo S. Spirito dal ponte Vittorio Emanuele (ricordiamo il concorso di alcuni anni fa ed i bei progetti vincitori del Morpurgo e dell’Aschieri), sia nel riaprire le arcate del lungo porticale, nel togliere l’attico che vi incombe e che in parte toglie luce ed aria alle grandi sale, nel riportare in vista il meraviglioso portale e nel procedere al restauro della grande sala ottagona, che è una delle opere più mirabili e meno note del Quattrocento romano.

G. GIOVANNONI


SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

IL CONGRESSO INTERNAZIONALE DELLE ABITAZIONI
E DEI PIANI REGOLATORI, - Roma, Settembre 1929.

In occasione del Congresso internazionale promosso dalla Federazione delle Abitazioni e dei Piani Regolatori, che si terrà in Roma nel settembre 1929, la Commissione esecutiva presieduta dall’Architetto Alberto Calza-Bini sta organizzando una grande Mostra Nazionale che comprenderà studi e progetti realizzati o realizzabili relativi alle abitazioni e ai piani regolatori.
La mostra dei piani regolatori sarà divisa in tre sezioni: una prima, retrospettiva, riguarderà la città di Roma con speciale riferimento alle zone monumentali la seconda avrà un carattere ufficiale e considererà i piani regolatori studiati direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni, anche attraverso a concorsi nazionali; la terza comprenderà gli studi di soluzioni anche parziali che abbiano speciale interesse e che siano presentate da architetti singoli e da gruppi di urbanisti.
È fatto pertanto formale invito a tutti gli inscritti al Sindacato che abbiano opere o studi da esporre, di darne tempestivo avviso alta Presidenza del Comitato esecutivo in Campidoglio.

UNA NUOVA RIVISTA D’ARCHITETTURA.

A Milano un gruppo di architetti e di studiosi ha dato vita ad una nuova Rivista di Architettura intitolata “Rassegna d’Architettura”, diretta dall’egregio collega Giovanni Rocco. Il primo numero, del Gennaio 1929, reca articoli riproduzioni d’opere di Mezzanotte, Rovelli, Albertini, Bianchi, Capponi, Marelli, Crescini, Cuzzi, Sartorio, Chiesa, ecc.
I componenti la Redazione hanno voluto cortesemente rivolgere speciale saluto di Camerati e Collaboratori al Segretario del Sindacato riaffermando i propositi di disciplinata collaborazione, e il Segretario Nazionale ricambia con sentimento cordiale l’augurio di vita serena e fattiva alla nuova Rivista, per la sempre migliore affermazione della classe degli architetti e dell’architettura italiana.


CONCORSI

BANDO DI CONCORSO NAZIONALE
PER IL PROGETTO DI PIANO REGOLATORE E DI AMPLIAMENTO
DELLA CITTÀ DI AREZZO.

Pubblichiamo il presente e importante bando di concorso, con scadenza 12 luglio 1929; facciamo rilevare che per interessamento del Segretario Generale del Sindacato Arch. Calza-Bini, il secondo e terso premio, inizialmente fissati io L. 5000 e 2000, sono stati notevolmente aumentati com’è detto in appresso: ecco il testo integrale del Bando:

È bandito un concorso nazionale per il progetto di un piano regolatore e di ampliamento della Città di Arezzo, libero a tutti gli ingegneri e gli architetti italiani.
Il progetto non dovrà tener conto soltanto dell’immediato avvenire, ma del presumibile sviluppo della Città in un trentennio in rapporto all’aumento demografico, commerciale, industriale ed agricolo.
I concorrenti dovranno rivolgere la loro speciale attenzione sui seguenti punti:

1. - Conservazione delle caratteristiche storiche, artistiche ed ambientali della Città, mettendo in risalto maggiore, ove occorra, i nuclei o gli edifici monumentali e gli aspetti tipici per la espressione della vita e della storia cittadina, Qualora necessità igieniche lo richiedano, sventramento delle zone più misere ed abbattimento delle mura nei tratti non dl interesse artistico e sistemazione delle zone adiacenti;

2. - Conservazione e sviluppo delle zone verdi;

3. - Sistemazione dell’attuale Campo di Marte;

4. - Indicazioni di aree da riservarsi a speciali istituzioni (ippodromo, campi sportivi, scuole all’aperto e rionali, ecc.), a servizi igienici (lazzaretto, casa contumaciale, stabilimenti dl smaltimento e distribuzione dei rifiuti, ecc.), o necessarie per spostamento del mercato del bestiame, per un nuovo mattatoio, ecc., tenendo conto della decisa apertura delle mura sulla linea della Via Petrarca e della Via Crispi, della necessità dl capire il torrente Castro nell’interno della Città e infine del fatto che il movimento attuale del traffico ferroviario andrà spostandosi verso la Via detta di Pescaiola.

Per norma tutti i concorrenti dovranno richiedere e tenere presenti gli studi fatti per alcune sistemazioni od ubicazioni in linea di applicazione.
Il progetto dovrà essere studiato in modo da permettere una esecuzione graduale ed ordinata.
Il Comune di Mezzo su richiesta fornirà:

a) una planimetria dl scala 1/25.000 dell’Istituto Geografico Militare comprendente la città e la regione circostante, ed un’altra planimetria della Città 1/500 con i progetti edilizi vigenti, con l’indicazione delle aree e stabili di proprietà comunale, delle aree demaniali e delle aree occupate da stabilimenti industriali esistenti;

b) un elenco di monumenti o case sottoposte alla sorveglianza della R. Sovrintendenza per l’Arte.

Per accordi intervenuti fra il Municipio e questo Ente, la Spett.le “Brigata Aretina degli Amici del Monumenti” fornirà, per mezzo dei suoi membri tecnici, ai concorrenti che ne faranno richiesta, tutte quelle notizie di carattere archeologico, storico ed artistico che loro potessero occorrere.
I documenti a) e b) sopra indicati verranno consegnati previo deposito di L. 100, deposito che verrà restituito all’atto della presentazione del progetto contro restituzione della ricevuta.
I concorrenti dovranno presentare in tavole distinte la risoluzione dei vari problemi, illustrando, ove occorra, con prospettive, gli aspetti, dei nuovi quartieri proposti.
Il progetto deve essere accompagnato da relazione scritta.
La presentazione dei progetti deve avvenire entro sei mesi dalla data di pubblicazione del bando alla Segreteria del Comune che ne rilascerà ricevuta.
Gli involucri contenenti i progetti ed i progetti stessi non dovranno portare nè sottoscrizioni nè segni che possano far conoscere il concorrente. Saranno accompagnati da busta opaca e chiusa (che verrà sigillata dal Segretario) e contenente nell’interno il nome, cognome e l’indirizzo dell’autore o autori del progetto.
L’Ufficio Comunale contrassegnerà con uno stesso segno la busta suddetta ed il lavoro presentato.
La giuria esaminatrice sarà nominata dal Podestà e da lui presieduta; giudicherà a maggioranza di voti e in caso di parità deciderà il Presidente. Il giudizio è inappellabile. La giuria dovrà dare in ogni caso la classifica dei concorrenti prescelti in ordine di valore con la motivazione del giudizio.
Essa dovrà dare il suo giudizio entro due mesi dalla chiusura del concorso.
Verranno aggiudicati i seguenti premi:

1.° - L. 20.000;
2.° - L. 15.000;
3.° - L. 8.000.

I progetti premiati diventeranno dl assoluta proprietà del Comune. Il Comune si riserva l’assoluta libertà dell’esecuzione o meno, dell’applicazione totale o parziale del progetto vincitore e la libertà di apportarvi in sede di esecuzione quelle varianti o modifiche che gli fossero suggerite da apprezzamenti insindacabili di carattere tecnico o finanziario o da speciali considerazioni, senza che l’autore del progetto possa sollevare eccezioni di sorta.
Come conseguenza dl quanto sopra, il Comune di Arezzo si riserva anche la facoltà di integrare eventualmente il progetto vincitore con soluzioni particolari prospettate negli altri e di utilizzare comunque parte o parti degli altri progetti, senza che gli autori possano avanzare diritto alcuno.
I progetti prima del giudizio della Giuria saranno esposti al pubblico per la durata di un mese.

Arezzo dal Palazzo del Comune li 12 Gennaio 1929 - Anno VII.
Il Podestà

G. GUIDOTTI-MORI.


NOTIZIE CIRCA IL BANDO DI CONCORSO PER UN FARO IN MEMORIA DI CRISTOFORO COLOMBO.

Riceviamo dalla R. Accademia di Rette Arti e Liceo Artistico di Roma i seguenti chiarimenti che pubblichiamo integralmente e nella forma con cui ci vennero comunicati:

Bollettino N. 1.

Il Consigliere tecnico ha ricevuto varie domande dai concorrenti iscritti, relative alle condizioni specificate nel programma del Faro commemorativo di Colombo. In conformità al Capo 25 della terza parte del programma in quistione si scrivono qui appresso, per conoscenza degli architetti, sia le domande che le rispettive risposte.

Domanda prima. - Perchè devono riprodursi nel programma del secondo concorso i dieci disegni ed altri ancora?

Risposta. - Vi sono varie ragioni per ciò, come è specificato nei capi sei, otto e venti della parte terza. Inoltre il preambolo stabilisce l’importante fatto che necessita un simbolo, simbolo che possa essere ben inteso facilmente da chiunque sia dotato di poca o anche di nessuna conoscenza architettonica. Perciò, nel caso che uno o vani simboli di questa specie siano presentati, da una o più di queste persone, o da alcuno degli architetti premiati, la Commissione Permanente si riserva il diritto di incorporare tale idea o tali idee, nei requisiti del secondo programma, lasciando tuttavia all’autore o agli autori, il merito per quello che egli o essi abbiano ideato.
Il primo concorso ha luogo anzitutto per determinare ciò che deve meglio simboleggiare l’avvenimento che al commemora, e francamente si confessa, che alcuni elementi del problema sono ancora sconosciuti. Non si sa se il secondo programma richiederà che il monumento sia formato da una o più unità. A questo riguardo si ricorda che nel 1852 fu suggerito che una statua simile a quella di Rodi dovesse formare questo simbolo, tantochè negli ultimi dieci anni i disegni ricevuti dal luoghi molto lontani sono interamente diversi gli uni dagli altri, essendo uno di questi disegni composto di un gruppo di Fari, idea che potrebbe prendersi seriamente in considerazione giacchè nel “Lizzard”, parte meridionale della Grande Brettagna, i naviganti che vengono dall’Ovest scorgono da principio una luce sulla costa e osservandola più da vicino restano molto sorpresi di vedere che tale luce si diffonde da due torri gemelle; queste luci sono generalmente conosciute col nome di Lizzard.
In vista di ciò, ed anche per il rapido sviluppo attuale dell’aviazione e della radio telegrafia si è considerato più conveniente dare al competitori del primo concorso la più ampia libertà di disegnare il monumento in una o più unità, come sembrerà loro più opportuno. Esternando la speranza che tali progetti premiati, come molti altri, siano di grande aiuto, non solo per formulare il secondo programma, ma che potranno servire anche a quelle persone che avranno la fortuna di partecipare al concorso finale.

Domanda seconda. - Siano definiti più chiaramente i confini delle località dei 2.500 acri.

Risposta. - Confina al Nord e in due punti all’Ovest, con la grande strada nazionale, abbracciando tutto quanto sta dentro al confini di questa strada indiretta e delle rive del fiume e del mare, stendendosi senza limite verso oriente; da questo si vede che il Faro dovrà essere situato più lontano dall’antica città di quanto fu indicato in origine nel progetto.

Domanda terza. - Sarà possibile di fare un altro ponte distinto?

Risposta. - Sì, però deve essere disegnato in modo che possa aprirsi per dare passaggio alle navi.

Domanda quarta. - Dove resta Bocachita?

Risposta. - Bocachita è una piccola spiaggia di mare situata a 3 o 4 miglia all’Ovest della città di S. Domingo. Deve collegarsi colla città per mezzo di una strada sulla riva del mare, come è indicato nel progetto con le parole “Progetto di strada Caraiba”.

Domanda quinta. - Il piano non mostra ove si trova la chiesa Domenicana del Rosario. È importante saperlo dato che detta chiesa deve restare al suo posto.

Risposta. - L’autore di questa domanda è in errore. La chiesa è indicata nel piano con il n. 6.

Domanda sesta. - Che cosa si intende per architettura domenicana?

Risposta. - La Repubblica Domenicana non ha mai avuto una architettura propria, però come molti altri dei Paesi del nuovo mondo, sulla sua prima storia influirono grandemente i frati domenicani; tutto questo sta scritto nel libro secondo, cioè che la Chiesa del Rosario fu la prima Chiesa cristiana che si costruì nel nuovo mondo, Chiesa Domenicana; che l’unica Santa canonizzata fino ad ora in tutta l’America è Rosa Da Lima che fu domenicana; che la città di S. Domingo fu fondata nel giorno di San Domingo nell’anno 1496; e che questo nome che da prima si applicò unicamente alla città si estese grandemente finchè si sostituì a quello di Hispanola, che fu il primo nome che lo Scopritore dette all’Isola. È pertanto proprio ed adeguato associare l’architettura dell’Ordine Domenicano con questo Problema lasciando agli architetti completa libertà di sviluppare uno stile proprio.


CONCORSO PER LA FACCIATA
DELLA VENERABILE ARCICONFRATERNITA DELLA MISERICORDIA
DI FIRENZE.

Demmo già notizia dell' interessante Concorso che ora pubblichiamo nel suo testo integrale.

Agli Architetti italiani il Comitato Cittadino, all’uopo costituitosi, si rivolge con questo bando, invitandoli a presentare un progetto per la ricostruzione artistica della facciata della Sede della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia prospicente sulla Piazza del Duomo: ricostruzione resa necessaria da recenti restauri, che hanno dato nuovo ordine all’interno dell’edificio.
La solennità del lungo, dove la Sede della Misericordia fiancheggia la torre di Giotto e la fabbrica del Duomo, ed è prossima al Battistero del Bel San Giovanni e alla Loggia del Bigallo, offre al concorrenti argomento di alte e nobili ispirazioni.
Senza menomare quella libertà che è condizione vitale di ogni opera, è manifesto che tale opera dovrà accordarsi convenientemente ai monumentali edifici circostanti.
Modesto nell’esercizio del Suo ministero di carità soccorrevole l’Istituto della Misericordia vuole sia serbata semplice sobrietà di linea e di forma anche all’esterno della Sua residenza; ma insieme richiede quel conveniente decoro nell’aspetto che risponda alla dignità del Suo ufficio di fraternità religiosa e civile, L’aspetto esteriore dell’Edificio dovrà manifestare questo duplice carattere religioso e civile con la distinzione fra l’Oratorio e la parte che è sede della amministrazione e comprende altresì private abitazioni.
A questo vivo appello, a cui non dubitiamo che molti e valenti risponderanno consapevoli della singolare importanza dell’artistico cimento, fanno seguito pertanto qui le norme per le modalità del concorso.

Art. 1. - Il Comitato Cittadino per la facciata della Sede della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia dl Firenze indice un concorso fra gli Architetti Italiani, iscritti regolarmente ai Sindacati fascisti, per la ricostruzione artistica della facciata della Sede medesima, situata in Piazza del Duomo N. 23, Firenze.

Art. 2. - Nella formazione del Progetto dovrà essere tenuto conto che la distribuzione dei locali di tutti i piani del fabbricato non può essere cambiata; è però concesso di modificare la posizione e le dimensioni delle porte e delle finestre, purchè ogni locale riceva come ora luce adeguata.

Art. 3. - Il Comitato intende che il ripiano o resede rialzato davanti all’Oratorio e alla Compagnia, la cui area è di sua proprietà, venga coperto con una loggia. Ma nelle parti rimanenti dell’edificio, e cioè dal resede all’angolo di Via Calzaloli e sulla fronte di Via Calzaioli per disposizione Municipale è proibita qualunque sporgenza oltre la linea attuale del fabbricato.

Art. 4. - I concorrenti dovranno tenere ben distinta nel loro progetto la parte adibita alla Pia Istituzione da quella ad uso di abitazione civile (vedere i grafici e i rilievi allegati).

Art. 5. - I materiali da adoperare saranno quelli usati tradizionalmente nelle vecchie fabbriche fiorentine.

Art. 6. - Data la località su cui prospetta la facciata, i concorrenti cureranno dl non turbare l’armonia dei Monumenti circostanti.

Art. 7. - I concorrenti dovranno presentare:
a) i disegni geometrici della Piazza del Duomo e di quella sulla Via Calzaiuoli, in scala da 1 : 50;
b) una pianta del piano terreno, limitata ai piani perimetrali coll’indicazione della loggia, di che all’art. 3, in scala da 1 a 50;
c) le piante in scala da 1 a 100 per ciascuno degli altri piani limitate ai locali perimetrali, per dimostrare, anche con le colorazioni convenzionali, i cambiamenti arrecati alla misura e alla posizione delle porte e delle finestre;
d) alcuni particolari in scala da 1 a 20 della facciata con speciale riferimento alla foggia di che all’art. 3;
e) un disegno prospettico dell’intero fabbricato messo in rapporto col campanile del Duomo da un lato, e colla Loggia del Bigallo dall’altro, da un punto di veduta quale resulta dalla pianta allegata al Bando di concorso. Tale disegno dovrà avere una superfice totale di un metro quadrato e potrà essere eseguito con qualsiasi tecnica.

Art. 8. - Tutti i suddetti disegni sono obbligatori e debbono essere presentati su telai di legno, con o senza listello di incorniciatura, ma senza cristallo.

Art. 9. - Nessun disegno, oltre quelli specificati all’art. 7, verrà ammesso al concorso; nè vi saranno ammessi quelli non conformi alle prescrizioni sopra indicate.

Art. 10. - Ai disegni ogni concorrente allegherà una relazione per esporre i criteri informatori della concezione dell’opera, nonchè un preventivo sommario della spesa totale, che dovrà aggirarsi sulla somma di L. 600.000 (seicentomila).

Art. 11. - I concorrenti dovranno presentare i loro progetti non più tardi delle ore 18 del giorno 10 aprile 1929 nella Sede del Comitato presso la Venerabile Arciconfraternita della Misericordia franchi di ogni spesa.

Art. 12. - I Progetti saranno contrassegnati da un motto e accompagnati da una busta suggellata e segnata collo stesso motto, la quale dovrà contenere:
a) nome, cognome, paternità e indirizzo del concorrente;
b) indicazione del numero della tessera dl iscrizione al Sindacato degli Architetti.

Art. 13. - Il concorso sarà giudicato da una Giuria costituita dal Presidente del Comitato per la facciata e da quattro membri, nominati dal Comitato in accordo coi Sindacati competenti. Il giudizio della Giuria sarà inappellabile.

Art. 14. - I premi da assegnare sono i seguenti:
l.° Premio L. 20.000;
2.° Premio L. 10.000;
3.° Premio L. 5.000;
4.° Premio L. 3.000;
5.° Premio L. 2.000.

Tali premi sono indivisibili; ma la Giuria avrà la facoltà di assegnarli o no, o di assegnarne solo qualcuno.

Art. 15. - Il Progetto vincitore del Primo Premio diverrà proprietà del Comitato, il quale si riserva il pieno diritto di non dargli attuazione, senza che il progettista possa muover reclamo o pretendere alcun indennizzo.
L’attuazione del Progetto è anche subordinata per legge all’approvazione della competente autorità.

Art. 16. - Quando poi il Comitato intenda di attuare quel Progetto la Direzione e sorveglianza dell’opera sarà affidata all’autore, il quale però dovrà accogliere ed eseguire le modificazioni che gli saranno indicate e richieste, anche nel corso dell’esecuzione dei lavori, da un’apposita Commissione Artistica di vigilanza.
Il compenso all’autore per il progetto di esecuzione, con tutti i relativi sviluppi e per la direzione e sorveglianza dei lavori viene stabilito in ragione del 7 % in base alla definitiva liquidazione dei lavori e senza diritto ad alcun compenso o indennità.

Art. 17. - Il Comitato non assume alcuna responsabilità per ritardi di spedizione e consegna nè per avarie, dispersioni, ecc.

Art. 18. - I progetti verranno esposti al pubblico.
I concorrenti, eccetto il vincitore, dovranno provvedere entro un mese dalla chiusura della pubblica mostra a ritirare i lavori dietro presentazione della relativa ricevuta.

Art. 19. - Il resultato del concorso sarà reso noto a mezzo della stampa.

N. B. - Una serie completa dei grafici quotati e dei rilievi necessari alla formazione del Progetto sarà depositata presso tutti i Sindacati Nazionali degli Architetti e le Regie Accademie (già Istituti) di Belle Arti e le R. Scuole di Architettura.
Il Comitato terrà la serie completa a disposizione di chi ne farà richiesta presso la Venerabile Arciconfraternita della Misericordia, Piazza del Duomo 23, Firenze, dietro pagamento di L. 25 per ogni serie.


LA IV ESPOSIZIONE DELLE ARTI DECORATIVE
E INDUSTRIALI MODERNE ALLA VILLA REALE DI MONZA
(Aprile-Ottobre 1930).

La IV Esposizione Internazionale delle Arti decorative e industriali moderne, che avrà luogo, com’è noto, dall’Aprile all’Ottobre del 1930 alla Villa Reale di Monza, avrà caratteri di eccezionale importanza, organicità e completezza, in quanto che, essendo stato prolungato di un anno il periodo preparatorio della manifestazione, assai più vaste possibilità si svilupperanno dalle linee del proprio programma.
Le precedenti prove del 1923, del 1925 e del 1927 hanno pienamente dimostrato l’efficacia dell’Esposizione alla Villa Reale di Monza nell’elevare il concetto e nel migliorare la tecnica delle nostre arti decorative e industriali. Esse infatti hanno consacrato il valore di artisti e affermato il buon successo di intraprese industriali, che altrimenti non avrebbero trovato così largo e pronto consenso di fama nè tanta cordiale adesione di clienti in Italia e all’Estero; e, quel che più conta, per noi italiani, hanno dato ai nuovi prodotti l’occasione e il modo di affermare in sè e far riconoscere agli altri, nel diretto confronto col prodotti stranieri, un loro schietto ed originale carattere moderno.
Quanti si interessano per ragioni pratiche o ideali alle arti decorative e le augurano strettamente aderenti alle esigenze pratiche ed ideali della vita moderna, riconoscono ormai l’autorità di questa Esposizione, l’importanza di questi risultati, la necessità di questi grandi convegni dove s’affina il gusto e si compie con grande sicurezza e rapidità l’esame critico e commerciale della produzione italiana e straniera.
La prossima IV Esposizione Internazionale delle Arti decorative ed industriali moderne, si propone di presentare in una rassegna più vasta delle precedenti, non solo i pezzi unici o d’eccezione, i modelli isolati e le esperienze caratteristiche del gusto e della tecnica, ma anche e sopra tutto i risultati di una produzione esemplare, sicura e continua, raccolti con attenta cura e distribuiti con pratica e concorde eleganza in stanze e sale adatte.
Modernità di interpretazione, originalità di invenzione, perfezione di tecnica: ecco le tre qualità che dovranno distinguere le opere destinate all’Esposizione.
Modernità in quanto esse rispondano schiettamente ai bisogni e agli usi del nostro tempo originalità in quanto, pur senza inutili ed effimere stravaganze, esse rivelino i caratteri singolari propri all’artista che le inventò, all’artigiano o alla manifattura che le eseguì, al luogo dove furono inventate ed eseguite perfezione tecnica in quanto la materia vi sia trattata con rispetto, a regola d’arte, così da offrire sicurezza di qualità, di impiego e di durata.
Ma per quanto riguarda strettamente il campo dell’arte industriale e della produzione a tipo fisso, sarà dagli organizzatori tenuta in gran conto anche una quarta dote: l'efficienza della produzione, la capacità, cioè, del produttore di rispondere con prontezza e certezza e lealtà alle richieste che gli vengono dal cliente. In questo campo a nulla giova un bel modello che non venga correntemente ed egregiamente riprodotto, Nello stesso ordine estetico, tali modelli di produzione normale, diffusi in gran numero di esemplari, sono insieme la testimonianza e la propaganda più efficace del nostro stile, del nostro lavoro, del nostro gusto del nostri costumi.
L’Esposizione vuol poi abbandonare le divisioni regionali. Un’opera d’arte decorativa veramente moderna, originale e ben eseguita ha in sè una ragione d’essere per cui supera le anguste cornici del pittoresco rusticano e si innesta nella vita nazionale.

* * *

Secondo tale programma, la IV Esposizione alla Villa Reale di Monza comprenderà:

1) la mostra della produzione moderna delle nostre industrie d’arte distribuita in sezioni (i vetri, le ceramiche, i metalli, i tessuti, ecc,);

2) una serie di stanze e sale arredate in modo adatto ai bisogni ed ai costumi d’oggi;

3) le mostre delle Nazioni straniere;

4) le mostre dei pezzi unici ed eccezionali, dei progetti e modelli d’arte non ancora riprodotti industrialmente, delle esperienze tecniche ed artistiche più recenti, dei migliori lavori eseguiti nei nostri Istituti e nelle nostre Scuole d’arte;

5) qualche sceltissima mostra retrospettiva, che presenti i risultati tecnici ed artistici più cospicui raggiunti nel passato dalle arti decorative italiane.

Vetri, ceramiche, marmi, bronzi, oreficerie, tessuti, ricami, ecc., tutte le nostre industrie d’arte davvero efficienti o capaci di rinnovarsi saranno dunque rappresentate secondo criteri di qualità e non di quantità. Il Direttorio ordinatore della Mostra andrà cordialmente a visitare gli artisti, gli artigiani e gli industriali per raccoglierne e coordinarne le opere, e nella Villa di Monza si occuperà di distribuirle nel miglior modo, così da evitare al produttori rischi, spese e delusioni, ed assicurarsi in tempo debito che i committenti e i compratori possano venire, nella qualità e nella quantità, prontamente e degnamente soddisfatti.

* * *

È con le arti industriali e decorative, tanto vicine alla vita e ai bisogni quotidiani, che efficacemente si raffina e orienta secondo unanimi criteri il gusto dei pubblico; e gli artisti e i produttori italiani possono anche in questo campo conquistare in prima linea il loro antico posto d’onore purchè vogliano operare con metodo, coraggio e lealtà. Queste virtù sono tanto più necessarie oggi che la Nazione, per opera del Fascismo, tende ad affermare la propria unità spirituale in ogni modo ed in ogni espressione della sua vita genuina e profonda.

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