LE VICENDE EDILIZIE DI ROMA
La mostra tenutasi in Roma lo scorso settembre in occasione del XII
Congresso internazionale delle abitazioni e dei piani regolatori, avvenimento
di prim’ordine per gli studi urbanistici in Italia, ha avuto per
elemento non privo d’interesse la speciale Mostra retrospettiva
di topografia e di edilizia romana che occupava tre grandi sale del
Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale; e non sarà forse
discaro che se ne dia qui un breve cenno e se ne riportino alcuni dati,
precedendo le relazioni sulle rimanenti parti della interessante manifestazione.
Accoglieva essa le testimonianze molteplici e gli studi vari di ricostruzioni
dell’aspetto della città nel suo trimillenario sviluppo
e della forma assunta dai suoi monumenti più significativi e
dal loro ambiente edilizio: dalle riproduzioni della severiana Forma
Urbis Romae alle rappresentazioni simboliche dell’Urbe nel Medio
Evo, alle piante prospettiche o geometriche dei sec XVI o XVII, alla
recentissima proiezione presa dall’areoplano; dalle restituzioni
archeologiche dell’antico complesso monumentale e dalle ipotesi
architettoniche sulla forma degli antichi edifici, alle riproduzioni
nei disegni e nelle stampe dal sec. XV al XIX, (da Francesco d’Olanda,
all’Heemskerk, al Vasi, al Piranesi) delle piazze, delle vie,
dei palazzi, dei ponti, dei ruderi, del paesaggio di Roma. E poteva
dirsi tale raccolta, pazientemente curata dal benemerito Istituto di
studi romani, l’inizio di quello che dovrà alfine essere
il grande Museo Civico di Roma, Aveva tale materiale notevole valore
in sè, per il fascino che assume ogni testimonianza della vita
di Roma, ma era insieme di grande utilità nello studio del ben
più vasto tema delle sistemazioni edilizie delle città
storiche; poichè, come il sottoscritto ha cercato di porre in
luce nella conferenza iniziale del congresso, nella grandiosa esperienza
che Roma ci fornisce, appaiono affrontati tutti i grandi problemi dello
sviluppo cittadino nel coordinamento del nuovo col vecchio, e gli stessi
errori recenti o remoti sono di insegnamento fecondo per l’avvenire;
e considerazioni ed esempi preziosi ci risultano anche nei riguardi
delle condizioni ambientali richieste pei monumenti, nelle diverse espressioni
di stile edilizio che accompagnano quelle di stile architettonico, nelle,
soluzioni modeste o grandiose che tanto hanno servito di modello, specialmente
a partire dalla fine del sec. XVI, alla sistemazione di vie e di piazze
delle città europee.
Riassumere tutto questo nel breve corso di un articolo non è
certo possibile, e solo lo è il segnalare alcuni dati significativi,
riannodati alla storia delle vicende edilizie romane nei vari periodi.
Roma nell’antichità acquistò il carattere di grande
metropoli sotto Augusto quando i suoi abitanti giunsero al numero di
oltre un milione; ma certo l’inizio dovette essere quanto mai
irregolare e malsano specialmente nei quartieri popolari della Suburra
e nel Trastevere, incredibilmente densi nelle insulae altissime (che
Augusto volle limitare ad un’altezza di 70 piedi) nelle vie ristrette,
rese ancor più irregolari ed oscure dai moeniana sporgenti. Man
mano la mirabile tradizione organizzatrice romana riuscì a recare
ordine in questo insieme caotico, con la divisione in zone, col carattere
di centro civile dato al Foro romano ed ai Fori imperiali, col programma
tenacemente perseguito di espansione centrifuga nella campagna e specialmente
nelle regioni meridionali verso i colli Albani.
Le principali ripartizioni erano quelle dei quartieri a fabbricazione
intensiva nelle regioni pianeggianti che si dipartivano a stella dal
Foro romano, della zona di ville e di abitazioni signorili a costruzione
estensiva nella corona di colline dal Pincio all’Esquilino; l’immediato
quartiere industriale e commerciale era nella pianura del Testaccio,
ma il vero sobborgo portuale era quello di Ostia. Il centro cittadino,
la suddetta regione dei Fori e dei colli sacri del Campidoglio e del
Palatino rimaneva luogo esclusivo dei templi, delle basiliche, degli
uffici pubblici, completamente sgombro da case e libero dal traffico
dei carri.
I mezzi adottati nella politica del decentramento consistettero nell’avviare
la fabbricazione verso località prima quasi deserte col disseminarvi
grandi edifici monumentali di utilità o di bellezza. Più
che altrove ciò avvenne nel Campo Marzio, ove Agrippa pose portici
e teatri e templi e sul cui margine più tardi Traiano, spianato
il colle che lo separava dalla regione dei Fori, eresse i grandi mercati
che ora tornano in luce. E quando Aureliano, sotto la minaccia dei barbari,
elevò la sua cinta di mura, dovette lasciar fuori interi quartieri
del suburbio che si avanzavano ad occupare un’area forse non molto
inferiore a quella della Roma attuale.
Nel Medio Evo invece Roma discende al grado di un modesto villaggio,
le cui case irregolari e varie, ordinariamente munite di portici e di
torri, si aggruppano nel breve spazio intorno al Campidoglio ed al Tevere;
ma intanto i grandi santuari sparsi alla periferia dell’antica
città divenivano piccoli centri, provvidenzialmente disposti
in modo da costituire i nodi edilizi della futura città nuova.
Nel Rinascimento tra questi centri assume importanza preponderante quello
del Vaticano e verso di esso si polarizza il nuovo incremento edilizio.
Sotto Sisto IV, Alessandro VI, Giulio II, ai due capi del ponte S. Angelo
si costituisce un duplice ventaglio di vie che ci fornisce il primo
piano regolatore organico dei tempi moderni: da un lato il sistema dei
Borghi volti verso S. Pietro, dall’altro le vie del quartiere
di Ponte, cioè la via dei Banchi (la Wall-Street di Roma) la
via Recta, l’attuale via dei Coronari, e la via Giulia. Entro
questo schema si elevano i grandi palazzi e le modeste case, i pubblici
edifici e le sedi delle Congregazioni religiose; ed uno stile edilizio
comincia a manifestarsi nei tracciati regolari delle vie, nelle piazze
raccolte ma non piccole, subordinate, come nel caso della Piazza Farnese,
ad un monumento maggiore, rispondenti come tutte le manifestazioni architettoniche
cinquecentesche, ad un sentimento astratto di proporzioni. Alla metà
del secolo il pensiero michelangiolesco che precede i tempi fa della
Piazza del Campidoglio un modello insuperato di composizione edilizia
associata alla composizione architettonica.
Non passano molti anni e già il centro cittadino si sposta ancora
verso levante, verso la via Lata, l’attuale Corso, e verso il
Quirinale che alla fine del sec. XVI diviene abitazione estiva dei Papi.
Sotto Paolo III un grande edile finora quasi sconosciuto, Latino Giovenale
Manetti, sistema il mirabile ventaglio di vie facenti capo a Piazza
deI Popolo e traccia strade importanti per l’ampliamento cittadino,
come via dei Condotti, o per l’adattamento del vecchio abitato,
come via dei Baullari, tagliata per dare accesso a Piazza Farnese. Sotto
Sisto V si ha infine il vero piano regolatore a conformazione stellare,
disegnato da Domenico Fontana a congiungere i principali centri della
vita religiosa di Roma, a segnare una nuova tappa nello stile edilizio.
Nel Seicento e nel Settecento Roma non ha fatto che riempire di fabbricazione,
dapprima estensiva, poi intensiva, la trama della rete di vie tracciate
con concetto lungimirante dai grandi papi del Cinquecento; e la edilizia
ha potuto volgersi non tanto ai piani regolatori quanto alle sistemazioni
locali, creando quei capolavori di collegamento tra l’architettura
e l’ambiente, o per dir meglio di estensione all’ambiente
della integrale concezione architettonica di cui Piazza S. Pietro, Piazza
di Spagna, in parte Piazza Colonna e Piazza Montecitorio e la parte
inferiore del Corso e la fontana di Trevi sono gli esempi maggiori e
più noti ed imitati, e la Piazza Campitelli o la piazzetta di
S. Ignazio o i dintorni della chiesa della Pace esempi minori ma non
meno interessanti.
Il periodo napoleonico ha recato essenzialmente, sotto il savio governo
del conte De Tournon un’attività nel campo della valorizzazione
archeologica; ma pure ha contenuto nel suo programma opere vaste, come
la creazione di due parchi, di cui quello del Pincio è stato
l’unico attuato, con la connessa magnifica sistemazione di Piazza
del Popolo di cui sono evidenti i rapporti con la Piazza di S. Pietro.
La grande vita edilizia di Roma ricomincia dopo il 1570; e gli eventi
tumultuari ne sono a noi troppo prossimi perchè occorra qui richiamarli.
La grande concezione del Sella e dell’Hausmann di creare una città
nuova accanto e non entro all’antica fallì, e non poteva
forse essere allora altrimenti, e mille errori di incomprensione furono
commessi con tagli non necessari e con vie sistematicamente unipolari,
prive di sbocco e di continuità di circuito e di ben definita
funzione di viabilità, pur in mezzo a soluzioni grandiose come
la liberazione dei ruderi antichi, geniali come il tracciato della Via
Veneto e del Corso Vittorio Emanuele.
Eppure ancora nel 1900, malgrado tutto questo, nulla era seriamente
compromesso, ne nel carattere del vecchio abitato, nè nelle possibilità
di sviluppo della città nuova, che di fatto si era avviata prevalentemente
da un lato, verso i colli del Viminale e dell’Esquilino. I danni
maggiori vennero poi, non tanto per i piani regolatori (che molto spesso
non regolano nulla), quanto per l’estendersi in ogni direzione
dei quartieri senza alcuna direttiva, e per lo sparpagliarsi dei nuovi
pubblici edifici nei vari punti del centro e della periferia, con un’assoluta
assenza di ogni coordinamento tra le varie iniziative, di ogni criterio
di politica urbanistica. Fu il triste periodo del “lasciar fare”,
che i tempi attuali vogliono sostituito da un ben più energico
ed organico piano d’azione.
Non è tuttavia qui il tema di avvisare ai rimedi, necessari ed
urgenti, se si vorrà raggiungere il duplice scopo di salvare
la vecchia Roma nel suo carattere d’ambiente e di Arte, e di dare
alla nuova fabbricazione un avviamento di nobiltà, di utilità,
di grandezza. Nel Congresso dei Piani regolatori e delle Abitazioni
tale tema è stato trattato con ampiezza e con una relativa concordia
d’idee, sia nei riguardi di Roma, sia, più in generale,
in quello delle città storiche (1). Qui solo si è voluto,
richiamandosi alla menzionata Sezione retrospettiva della Esposizione
romana (2), rilevare nel vasto, immenso fenomeno delle vicende dell’Urbe,
le caratteristiche date dal successivo spostarsi dei nuclei fabbricativi
e dei centri principali (indicati in forma schematica dalle planimetrie
riprodotte in questo articolo), nonchè quelle fornite dall’evolversi
dei concetti di rapporti e di ambiente nella composizione degli spazi
cittadini; si è voluto cioè riassumere un complesso di
dati di singolare importanza per stabilire autorevolmente le leggi che
debbono guidare lo sviluppo delle città che hanno lungamente
vissuto partendo dalla città storica per eccellenza, Roma.
GUSTAVO GIOVANNONI.
(1) Le varie relazioni sui temi urbanistici attinenti alle città
storiche, nonchè il testo della conferenza su ‘‘Lo
sviluppo storico del piano regolatore di Roma ed il suo significato
nella moderna urbanistica” sono contenuti nei due volumi pubblicati
degli Atti del XII Congresso Internazionale dell’abitazione e
dei piani regolatori.
(2) Cfr. il catalogo analitico della “Mostra retrospettiva di
topografia romana” pubblicato in occasione del Congresso, a cura
dell’Istituto di studi romani.