FASCICOLO II - OTTOBRE NOVEMBRE 1929
GUSTAVO GIOVANNONI : Le vicende edilizie di Roma, con 18 illustrazioni

LE VICENDE EDILIZIE DI ROMA

La mostra tenutasi in Roma lo scorso settembre in occasione del XII Congresso internazionale delle abitazioni e dei piani regolatori, avvenimento di prim’ordine per gli studi urbanistici in Italia, ha avuto per elemento non privo d’interesse la speciale Mostra retrospettiva di topografia e di edilizia romana che occupava tre grandi sale del Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale; e non sarà forse discaro che se ne dia qui un breve cenno e se ne riportino alcuni dati, precedendo le relazioni sulle rimanenti parti della interessante manifestazione. Accoglieva essa le testimonianze molteplici e gli studi vari di ricostruzioni dell’aspetto della città nel suo trimillenario sviluppo e della forma assunta dai suoi monumenti più significativi e dal loro ambiente edilizio: dalle riproduzioni della severiana Forma Urbis Romae alle rappresentazioni simboliche dell’Urbe nel Medio Evo, alle piante prospettiche o geometriche dei sec XVI o XVII, alla recentissima proiezione presa dall’areoplano; dalle restituzioni archeologiche dell’antico complesso monumentale e dalle ipotesi architettoniche sulla forma degli antichi edifici, alle riproduzioni nei disegni e nelle stampe dal sec. XV al XIX, (da Francesco d’Olanda, all’Heemskerk, al Vasi, al Piranesi) delle piazze, delle vie, dei palazzi, dei ponti, dei ruderi, del paesaggio di Roma. E poteva dirsi tale raccolta, pazientemente curata dal benemerito Istituto di studi romani, l’inizio di quello che dovrà alfine essere il grande Museo Civico di Roma, Aveva tale materiale notevole valore in sè, per il fascino che assume ogni testimonianza della vita di Roma, ma era insieme di grande utilità nello studio del ben più vasto tema delle sistemazioni edilizie delle città storiche; poichè, come il sottoscritto ha cercato di porre in luce nella conferenza iniziale del congresso, nella grandiosa esperienza che Roma ci fornisce, appaiono affrontati tutti i grandi problemi dello sviluppo cittadino nel coordinamento del nuovo col vecchio, e gli stessi errori recenti o remoti sono di insegnamento fecondo per l’avvenire; e considerazioni ed esempi preziosi ci risultano anche nei riguardi delle condizioni ambientali richieste pei monumenti, nelle diverse espressioni di stile edilizio che accompagnano quelle di stile architettonico, nelle, soluzioni modeste o grandiose che tanto hanno servito di modello, specialmente a partire dalla fine del sec. XVI, alla sistemazione di vie e di piazze delle città europee.
Riassumere tutto questo nel breve corso di un articolo non è certo possibile, e solo lo è il segnalare alcuni dati significativi, riannodati alla storia delle vicende edilizie romane nei vari periodi.
Roma nell’antichità acquistò il carattere di grande metropoli sotto Augusto quando i suoi abitanti giunsero al numero di oltre un milione; ma certo l’inizio dovette essere quanto mai irregolare e malsano specialmente nei quartieri popolari della Suburra e nel Trastevere, incredibilmente densi nelle insulae altissime (che Augusto volle limitare ad un’altezza di 70 piedi) nelle vie ristrette, rese ancor più irregolari ed oscure dai moeniana sporgenti. Man mano la mirabile tradizione organizzatrice romana riuscì a recare ordine in questo insieme caotico, con la divisione in zone, col carattere di centro civile dato al Foro romano ed ai Fori imperiali, col programma tenacemente perseguito di espansione centrifuga nella campagna e specialmente nelle regioni meridionali verso i colli Albani.
Le principali ripartizioni erano quelle dei quartieri a fabbricazione intensiva nelle regioni pianeggianti che si dipartivano a stella dal Foro romano, della zona di ville e di abitazioni signorili a costruzione estensiva nella corona di colline dal Pincio all’Esquilino; l’immediato quartiere industriale e commerciale era nella pianura del Testaccio, ma il vero sobborgo portuale era quello di Ostia. Il centro cittadino, la suddetta regione dei Fori e dei colli sacri del Campidoglio e del Palatino rimaneva luogo esclusivo dei templi, delle basiliche, degli uffici pubblici, completamente sgombro da case e libero dal traffico dei carri.
I mezzi adottati nella politica del decentramento consistettero nell’avviare la fabbricazione verso località prima quasi deserte col disseminarvi grandi edifici monumentali di utilità o di bellezza. Più che altrove ciò avvenne nel Campo Marzio, ove Agrippa pose portici e teatri e templi e sul cui margine più tardi Traiano, spianato il colle che lo separava dalla regione dei Fori, eresse i grandi mercati che ora tornano in luce. E quando Aureliano, sotto la minaccia dei barbari, elevò la sua cinta di mura, dovette lasciar fuori interi quartieri del suburbio che si avanzavano ad occupare un’area forse non molto inferiore a quella della Roma attuale.
Nel Medio Evo invece Roma discende al grado di un modesto villaggio, le cui case irregolari e varie, ordinariamente munite di portici e di torri, si aggruppano nel breve spazio intorno al Campidoglio ed al Tevere; ma intanto i grandi santuari sparsi alla periferia dell’antica città divenivano piccoli centri, provvidenzialmente disposti in modo da costituire i nodi edilizi della futura città nuova.
Nel Rinascimento tra questi centri assume importanza preponderante quello del Vaticano e verso di esso si polarizza il nuovo incremento edilizio. Sotto Sisto IV, Alessandro VI, Giulio II, ai due capi del ponte S. Angelo si costituisce un duplice ventaglio di vie che ci fornisce il primo piano regolatore organico dei tempi moderni: da un lato il sistema dei Borghi volti verso S. Pietro, dall’altro le vie del quartiere di Ponte, cioè la via dei Banchi (la Wall-Street di Roma) la via Recta, l’attuale via dei Coronari, e la via Giulia. Entro questo schema si elevano i grandi palazzi e le modeste case, i pubblici edifici e le sedi delle Congregazioni religiose; ed uno stile edilizio comincia a manifestarsi nei tracciati regolari delle vie, nelle piazze raccolte ma non piccole, subordinate, come nel caso della Piazza Farnese, ad un monumento maggiore, rispondenti come tutte le manifestazioni architettoniche cinquecentesche, ad un sentimento astratto di proporzioni. Alla metà del secolo il pensiero michelangiolesco che precede i tempi fa della Piazza del Campidoglio un modello insuperato di composizione edilizia associata alla composizione architettonica.
Non passano molti anni e già il centro cittadino si sposta ancora verso levante, verso la via Lata, l’attuale Corso, e verso il Quirinale che alla fine del sec. XVI diviene abitazione estiva dei Papi. Sotto Paolo III un grande edile finora quasi sconosciuto, Latino Giovenale Manetti, sistema il mirabile ventaglio di vie facenti capo a Piazza deI Popolo e traccia strade importanti per l’ampliamento cittadino, come via dei Condotti, o per l’adattamento del vecchio abitato, come via dei Baullari, tagliata per dare accesso a Piazza Farnese. Sotto Sisto V si ha infine il vero piano regolatore a conformazione stellare, disegnato da Domenico Fontana a congiungere i principali centri della vita religiosa di Roma, a segnare una nuova tappa nello stile edilizio.
Nel Seicento e nel Settecento Roma non ha fatto che riempire di fabbricazione, dapprima estensiva, poi intensiva, la trama della rete di vie tracciate con concetto lungimirante dai grandi papi del Cinquecento; e la edilizia ha potuto volgersi non tanto ai piani regolatori quanto alle sistemazioni locali, creando quei capolavori di collegamento tra l’architettura e l’ambiente, o per dir meglio di estensione all’ambiente della integrale concezione architettonica di cui Piazza S. Pietro, Piazza di Spagna, in parte Piazza Colonna e Piazza Montecitorio e la parte inferiore del Corso e la fontana di Trevi sono gli esempi maggiori e più noti ed imitati, e la Piazza Campitelli o la piazzetta di S. Ignazio o i dintorni della chiesa della Pace esempi minori ma non meno interessanti.
Il periodo napoleonico ha recato essenzialmente, sotto il savio governo del conte De Tournon un’attività nel campo della valorizzazione archeologica; ma pure ha contenuto nel suo programma opere vaste, come la creazione di due parchi, di cui quello del Pincio è stato l’unico attuato, con la connessa magnifica sistemazione di Piazza del Popolo di cui sono evidenti i rapporti con la Piazza di S. Pietro.
La grande vita edilizia di Roma ricomincia dopo il 1570; e gli eventi tumultuari ne sono a noi troppo prossimi perchè occorra qui richiamarli. La grande concezione del Sella e dell’Hausmann di creare una città nuova accanto e non entro all’antica fallì, e non poteva forse essere allora altrimenti, e mille errori di incomprensione furono commessi con tagli non necessari e con vie sistematicamente unipolari, prive di sbocco e di continuità di circuito e di ben definita funzione di viabilità, pur in mezzo a soluzioni grandiose come la liberazione dei ruderi antichi, geniali come il tracciato della Via Veneto e del Corso Vittorio Emanuele.
Eppure ancora nel 1900, malgrado tutto questo, nulla era seriamente compromesso, ne nel carattere del vecchio abitato, nè nelle possibilità di sviluppo della città nuova, che di fatto si era avviata prevalentemente da un lato, verso i colli del Viminale e dell’Esquilino. I danni maggiori vennero poi, non tanto per i piani regolatori (che molto spesso non regolano nulla), quanto per l’estendersi in ogni direzione dei quartieri senza alcuna direttiva, e per lo sparpagliarsi dei nuovi pubblici edifici nei vari punti del centro e della periferia, con un’assoluta assenza di ogni coordinamento tra le varie iniziative, di ogni criterio di politica urbanistica. Fu il triste periodo del “lasciar fare”, che i tempi attuali vogliono sostituito da un ben più energico ed organico piano d’azione.
Non è tuttavia qui il tema di avvisare ai rimedi, necessari ed urgenti, se si vorrà raggiungere il duplice scopo di salvare la vecchia Roma nel suo carattere d’ambiente e di Arte, e di dare alla nuova fabbricazione un avviamento di nobiltà, di utilità, di grandezza. Nel Congresso dei Piani regolatori e delle Abitazioni tale tema è stato trattato con ampiezza e con una relativa concordia d’idee, sia nei riguardi di Roma, sia, più in generale, in quello delle città storiche (1). Qui solo si è voluto, richiamandosi alla menzionata Sezione retrospettiva della Esposizione romana (2), rilevare nel vasto, immenso fenomeno delle vicende dell’Urbe, le caratteristiche date dal successivo spostarsi dei nuclei fabbricativi e dei centri principali (indicati in forma schematica dalle planimetrie riprodotte in questo articolo), nonchè quelle fornite dall’evolversi dei concetti di rapporti e di ambiente nella composizione degli spazi cittadini; si è voluto cioè riassumere un complesso di dati di singolare importanza per stabilire autorevolmente le leggi che debbono guidare lo sviluppo delle città che hanno lungamente vissuto partendo dalla città storica per eccellenza, Roma.

GUSTAVO GIOVANNONI.

(1) Le varie relazioni sui temi urbanistici attinenti alle città storiche, nonchè il testo della conferenza su ‘‘Lo sviluppo storico del piano regolatore di Roma ed il suo significato nella moderna urbanistica” sono contenuti nei due volumi pubblicati degli Atti del XII Congresso Internazionale dell’abitazione e dei piani regolatori.

(2) Cfr. il catalogo analitico della “Mostra retrospettiva di topografia romana” pubblicato in occasione del Congresso, a cura dell’Istituto di studi romani.

torna all'indice generale
torna all'indice della rivista
torna all'articolo