TIPI DI ARCHITETTURA RUSTICA IN NAPOLI E
NEI CAMPI FLEGREI
Numerose illustrazioni hanno reso, ormai, abbastanza noti gli aspetti
generali dell’architettura rustica napoletana, ma molto ancora
si potrebbe fare cercando di individuarne i caratteri regionali per
i quali ad esempio, le case rurali di Capua o Caserta appaiono cosi
diverse da quelle della costa flegrea o delle isole.
Tutti sanno che l’architettura rustica napoletana trae il suo
principale elemento caratteristico dall’applicazione costante
dell’arco e della volta. Ma per rendersi conto ancora più
particolarmente della sua singolarità, occorre notare come, in
quelle fabbriche, sia completa l’assenza del ferro e del mattone
usati come elementi strutturali. Negli esempi più tipici di queste
case, anche i particolari di costruzione per i quali appare oggi indispensabile
l’uso di materiale metallico (gronde, balaustre ecc.) sono eseguiti
in muratura in modo da creare quella piccola varietà chiaroscurale
che interviene, opportunamente, ad alleviare il senso della massa. È
quasi superfluo osservare che questa uniformità nell’uso
dell’elemento murario era suggerita dalla opportunità di
eliminare quei materiali da costruzione che, almeno in altri tempi,
riusciva troppo costoso e difficile di avere sul posto chiedendoli all’industria
cittadina. Dico in altri tempi perchè, già in questi ultimi
anni, si sono costruite, in pittoreschi borghi rurali, delle case con
solai metallici e balconi, sorretti da mensole in ferro, che non hanno,
purtroppo, nulla di comune con le precedenti, senza che, d’altra
parte, in questi nuovi mezzi sia ricercato un senso di bellezza. Questo
è dovuto, come per tante altre forme di arte minore, alla maggior
facilità di ottenere materiali metallici forniti dall’industria,
e qualche volta, è dovuta anche al desiderio di avere in campagna
una casa di tipo borghese, perchè il provinciale, com’è
naturale, è l’ultimo a sentire la bellezza della sua casa
tradizionale.
Ora, di fronte alle ricerche della casa rustica napoletana compiute
da molti architetti, noi sentiamo il bisogno di domandarci quale contributo
di ispirazione esse possano portare nel campo della nostra attività
artistica; quali elementi sia possibile assimilare da esse per le nostre
fabbriche attuali di carattere più o meno affine. Certo che il
rifare la casa rustica riproducendone gli archi e le volte e persino
la piacevole grossolanità, nell’andamento dei suoi singoli
particolari, deve necessariamente apparire come un assurdo ed artificioso
ritorno e non come un logico indirizzo suggerito dalle sane esigenze
della vita. La pittoresca asimmetria con cui sono distribuite le masse,
in quelle fabbriche rustiche, è dovuta alle ragioni puramente
accidentali di tempo e di spazio che non possono ne debbono essere imitate
in un programma prestabilito. D’altra parte una rustica semplicità,
ad imitazione di quella suddetta, quando una vita assai più complessa
c’impone materiali e sviluppi diversi, rischia di divenire artificiosa
e falsa quasi quanto le ville romantiche con le torri merlate a base
di falsa pietra e decorazioni di stucco.
È da riconoscersi, in altri termini, nelle imitazioni dell’architettura
rustica una certa retorica dell’ingenuità e dell’innocenza
(parallela ad altre forme simili nel campo delle arti figurative) la
quale può apparire tanto più ridicola in quanto viene
praticata da uomini che, per la loro necessaria esperienza, più
non possono nè debbono essere innocenti e ingenui.
Del resto qualsiasi imitazione, intesa veramente come tale, è
condannabile tanto se si tratta dell’ordine dorico di un tempio
quanto di una casa rustica.
Quello che invece appare degno di essere ricercato è lo spirito,
con cui, anche la più umile opera d’arte è stata
concepita, in modo da assimilare quel senso astratto di valori chiaroscurali
che nasce dai rapporti d’insieme e non dai particolari isolatamente
intesi. Così anche l’architettura rustica ci può
essere utile se in essa consideriamo la spontanea bellezza che nasce
dall’applicazione sincera dell’arco e della volta senza
alcuna sovrapposizione decorativa; l’espressione di questa schietta
necessità rivelata direttamente, senza compromessi, ci può
indurre a ricercare, con simile stato d’animo, gli effetti che
possono ricavarsi con i nostri mezzi, inevitabilmente diversi da quelli
di una volta.
Inoltre, se si considera che una parte della moderna architettura straniera,
da noi molto spesso apprezzata, deriva, in forme più o meno evidenti,
dalla nostra architettura rustica, appare legittimo, da parte nostra,
il desiderio di ricercare le nostre fonti sul nostro suolo, direttamente
e non attraverso le elaborazioni d’oltralpe.
L’isola di Capri ha dato, com’è noto, il suo nome
a questa tipica forma di architettura popolare, ma non per questo conviene
ritenere che a Capri si trovino gli esempi più singolari di simili
costruzioni. Si potrebbe affermare che ve ne siano anzi, a Capri, meno
che altrove.
Regioni quasi sconosciute al turismo, come i dintorni di Capua, di Caserta,
specialmente tra Caserta e Benevento, una buona parte della penisola
sorrentina e dei campi flegrei, offrono insiemi di così inaspettata
audacia e grandiosità da far sorgere il pensiero che la moderna
architettura d’avanguardia e persino la scenografia cubista, oggi
tanto in voga, non abbiano prodotto nulla di più singolare. Paragonate
alle case di Procida, le pretese novità di Le Corbusier diventano
una timida esercitazione di volumi, specialmente se si pensa alle messianiche
parole da cui queste sono accompagnate.
Ma prima di accennare alla architettura paesana di Procida e dei campi
flegrei, consideriamo alcuni tipici esempi di rustico nelle fabbriche
civili e monumentali di Napoli.
Tra queste, una casa al Petraio con i suoi terrazzi successivi adorni
di verde, offre lo spunto di una soluzione che, anche applicata ad organismi
più vasti, avrebbe potuto dare un ottimo risultato, specialmente
per fabbricati che, come quelli della collina del Vomero, si sviluppano
su forti dislivelli.
Anche dal punto di vista pratico, l’interrompere l’alzato
di una casa in collina con piani opportunamente rientranti, se avrebbe
richiesto una maggiore occupazione di suolo avrebbe in compenso attribuito
un valore maggiore agli appartamenti, specialmente in una zona che,
per la sua eccezionale bellezza, consentiva la costruzione di case non
del tutto economiche. Purtroppo siamo costretti a dire che questo si
sarebbe potuto fare, perchè, quasi tutte le aree fabbricabili,
sono già state sfruttate mediante costruzioni in dislivello che
si elevano, spesso, oltre i 25 metri, offrendo dal basso, col loro uniforme
sviluppo parallelepipedo, un insieme di una rara bruttezza e volgarità.
Anche chi è dotato della più modesta sensibilità
artistica, osservando la collina del Vomero da un qualunque punto di
Napoli, non può non soffrire per il completo disprezzo di ogni
senso di bellezza e di armonica opportunità che rivelano quei
fabbricati. Del resto, non soltanto in collina, ma quasi ad ogni passo
Napoli offre lo spettacolo di una magnifica natura oltraggiata dagli
uomini.
Un altro edificio, di schietto carattere rustico, e che costituisce
la gemma del paesaggio di Napoli è il collegio militare dell’Annunziatella.
Tre ordini di arcate in forte risalto sul corpo dell’edificio
e sostenute da pilastri rastremati offrono un unico e prezioso esempio
in grandi proporzioni di questa architettura, in cui l’arco si
presenta quasi sempre applicato in piccoli corpi di fabbrica. Ma, oltre
che nell’Annunziatella, elementi di architettura rustica si ritrovano
a Napoli anche in opere di carattere monumentale e specialmente nelle
chiese.
Ve ne sono infatti di quelle in cui la copertura delle navate mediante
volta a botte è nettamente annunziata all’esterno spesso
senza nemmeno essere accompagnata da qualche sovrapposto motivo chiaroscurale.
Queste volte sono eseguite in tufo non consentendo il grande spazio
coperto la fabbrica leggiera del battuto di lapillo e pozzolana, così
frequente nelle case capresi. È curioso osservare che la stessa
costruzione di volte reali e quindi la stessa sagoma, presentano, in
piccolo, moltissime case rurali presso Napoli, e specialmente tra Caserta
e Benevento. Ma di questi altri esempi, per il loro particolare interesse,
ci riserviamo di occuparci in una prossima illustrazione. Con i suddetti
caratteri, la chiesa della Pietra Santa offre il singolare contrapposto
di una consueta facciata barocca con un piano rustico sormontato da
volta a botte. Così anche la cupola poggia su un tamburo cubico
senza alcuna decorazione. Strano contrasto tra architettura sincera
ed insincera nello stesso edificio. Del resto il barocco, con la sua
grazia chiaroscurale, si unisce felicemente a questi semplici volumi
rustici; riesce, anzi, curioso osservare gli aspetti del barocco nelle
sue applicazioni popolari e paesane per un certo senso caricaturale,
se non addirittura umoristico, con cui gli ordini classici e tutta la
varia suppellettile decorativa aderiscono agli schemi della costruzione.
D’altra parte è quasi superfluo constatare che, al nostro
gusto moderno, riesce assai più gradito lo schietto elemento
rustico non foss’altro che per la sua struttura, così logicamente
necessaria, e per il valore di attualità che questo oggi viene
ad assumere.
Un’altra chiesa, con caratteri analoghi ai suddetti, è
quella di S. Maria Apparente. Anch’essa ha un prospetto barocco
di comunissima composizione, mentre la struttura delle coperture, osservata
dall’alto, offre uno spettacolo sorprendente per lo schematico
contrasto delle masse. Una tozza cupola nera d’asfalto, poggia
su un tamburo cubico tra le navate coperte con volta a botte, mentre
a tutta la chiesa fanno corona i terrazzi delle case circostanti.
Si potrebbe affermare che in queste chiese l’effetto architettonico,
mentre appare quasi convenzionale nella veste decorativa del prospetto,
è completo là dove la semplice necessità costruttiva
riesce ad esprimersi con immediatezza, senza compromessi.
Esempi, questi, di un’arte ingenua, forse inconsapevole, in pieno
contrasto con forme troppo universalmente ripetute.
Un altro elemento rustico napoletano è quello costituito dai
balconi in muratura sorretti da archi. Archi di tufo, generalmente ribassati,
poggianti su mensole di peperino che costituiscono il sostegno del balcone.
Questi archi fortemente aggettanti divengono per il loro chiaroscuro
il principale se non unico motivo della facciata. Anche questo elemento
rustico potrebbe esser tenuto presente nella composizione di facciata
delle case napoletane in cui i balconi troppo uniformemente ripetuti
distruggono ogni unità di chiaroscuro.
Ai Campi flegrei (Pozzuoli, Baia, Bacoli) e sopratutto all’isola
di Procida, più che un semplice accenno, competerebbe uno studio
particolare per la varietà unica di soluzioni che essi presentano.
Chi ha visto la costa procidana, anche passandovi solo davanti in battello,
non può dimenticare quelle singolarissime case di pescatori,
formanti una parete continua lungo il mare e dipinte a striscie verticali
di color giallo, rosa, azzurro o semplicemente bianco.
Non più le sparse casette con solo pianterreno ma, abitazioni
più complesse, con bizzarre aperture ad archi o a mezzi archi,
con strane scalette rampanti che conducono a terrazzi o a balconi sorretti
da mensole.
Anche gl’interni, ricchi di architettoniche sorprese per chi vi
accede per la prima volta dalle strade assolate, le tipiche arcate dei
cortili e l’ombra dei pergolati, contribuiscono a fare di Procida
un vero paradiso, quasi del tutto ignorato, per architetti e pittori.
È questa una architettura che pare sorta spontaneamente dalla
terra, come una fíoritura da essa inseparabile. Umile arte, ridiventata
anch’essa natura, per la sua perfetta necessità e per la
sua aderenza alla vita che le si svolge intorno.
ROBERTO PANE