FASCICOLO X - GIUGNO 1928
Notiziario

CORRIERE ARCHITETTONICO

IL PALAZZO DEL BANCO DI SICILIA IN SIRACUSA
DELL’ING. ARCH. S. CARONIA ROBERTI


La costruzione del Palazzo del Banco di Sicilia in Siracusa, fu affidata all’Ing. Arch. S. Caronia Roberti, vincitore di un pubblico concorso bandito all’uopo nel novembre 1924. L’edificio attualmente in costruzione, sorgerà su un’area libera verso tre lati, e cioè verso Piazza Archimede, il Ronco Diodoto Siculo e la Via Dione. Il quarto lato dell’edificio era previsto dovesse essere in un primo tempo addossato ad altre costruzioni.
Dopo il concorso, essendo stato deciso dal Comune di Siracusa di aprire una nuova arteria in modo da isolare completamente il palazzo. il progetto fu modificato, specialmente per quanto riguarda la disposizione interna; mentre invece la facciata verso la Piazza Archimede, di cui presentiamo il bozzetto, rimase inalterata secondo il primo progetto.
I prospetti principali saranno eseguiti in pietra da taglio di Siracusa.
N. D. R.


STELE FUNERARIA IN BERGAMO
DELL’ ING. ERNESTO SUARDO

L'Ing. Ernesto Suardo in questo suo lavoro, ha saputo togliersi dai soliti schemi convenzionali ed ha fatto una cosa liscia, piana, espressiva per virtù di linea.
Si risente nella composizione il contatto della nuova corrente neoclassica lombarda. Nell’insieme la cappella si vede volentieri. È in marmo verde di Valle di Scalve.
N. D. R.


NOTIZIARIO

IL PRIMO CONGRESSO NAZIONALE DI STUDI ROMANI
IN ROMA

Il 21 Aprile u. s. si è inaugurato in Roma nel palazzo dei Filippini alla chiesa Nuova, il primo Congresso Nazionale degli studi Romani sotto la presidenza di S. Eccellenza P. Fedele, Ministro della Pubblica Istruzione e di S. Ecc. L. Spada Potenziani, Governatore di Roma.
Gli argomenti considerati dal congresso vertevano sur un larghissimo campo culturale, di ordine archeologico, letterario, storico, artistico, scientifico e giuridico. I diversi temi di carattere storico-artistico erano poi suddivisi in altrettanti sezioni; e cioè: Antichità (Archeologia o Storia); Medioevo; Rinascimento (Era moderna); Era contemporanea.
Accenniamo in questa sede agli argomenti che hanno attinenza con l’architettura del passato ed attuale.
Per la parte antica furono svolti, fra l’altro, le seguenti comunicazioni:

A. Maiuri - Contributi allo studio dell’ultima fase Edilizia Pompeiana:

A. Annoni - Avanzi e traccie della Milano Romana - Ricerche e ritrovamenti - La loro valorizzazione nel fervore urbanistico odierno;

A. Calderini - Gli scavi d’Aquileia;

P. Barocelli - Restauri dei monumenti Romani di Aosta;

I. Sgobbo - Terme Flegree ed origine delle terme Romane;

S. Aurigemma - L’arco di Marco Aurelio a Tripoli.

Nella sezione medioevale riuscì interessante sotto l’aspetto storico-architettonico specialmente la comunicazione del Prof. Giovannoni sul programma per una serie di indagini nelle Chiese medioevali di Roma.
Nella sezione Rinascimento ed Era contemporanea assunse importanza particolare l’illustrazione del Prof. Vincenzo Fasolo sull’architettura Romana nella interpretazione delle pitture del Rinascimento. - Naturalmente maggior attrattiva e attualità fu offerta dalla sezione dell’Era contemporanea, in quanto per la prima volta si svolsero in un congresso in Roma, questioni così essenziali e vitali come quelle riguardanti l’urbanistica della Capitale.
Nella sezione furono proposte o svolte le seguenti comunicazioni:

Giuseppe Caffarelli: Urbanistica Romana.

E. Del Debbio e P. Aschieri: Le costruzioni moderne nella zona di ampliamento della città.

G. Ventori e O. Boni: Direttive sull’ambientismo edilizio nelle vecchie città.

L. Piccinato: Concetti e linee fondamentali per un piano regolatore di Roma.

Alberto Calza Bini: Costituzione di un centro dl studi urbanistici in Roma.

E. Negri La scuola Romana degli architetti e l’opera della Associazione Artistica fra i cultori di Architettura.

V. Testa: a) La costruzione di un “quartiere lineare” in Roma; b) Disciplina delle costruzioni nei quartieri centrali e nelle zone di ampliamento.

G. Giovannoni: La sistemazione del quartiere del Rinascimento.

D. Barbieri: Il cozzo delle diverse tendenze nell’odierno risveglio degli studi urbanistici in Roma.

G. Pecori: Canoni di igiene da osservare nella sistemazione del vecchio nucleo cittadino.

L. Marci: Le rivelazioni statistiche in sussidio dell’urbanistica Romana.

M. Settimi: Le tecnica delle strade nell’attuazione del piano regolatore di Roma.

O. Iacobini: La sistemazione e la costruzione delle grandi linee di accesso alla capitale per migliorarne le comunicazioni ferroviarie.

U. Vallecchi: Ragioni e scopi di un sistema sotterraneo di rapidi trasporti pubblici a Roma.

Dopo ampie e fervide discussioni furono proposti e votati sui vari argomenti trattati i seguenti principali ordissi del giorno:

I° ORDINE DEL GIORNO

La sezione “Era contemporanea" fa voto perchè nella riforma della legge relativa alle espropriazioni per casi di pubblica utilità e dei piani regolatori si tenga conto:

a) della necessità che sia esplicitamente affermato il principio che I piani regolatori debbano prevedere non solo le sistemazioni imposte da ragioni dl viabilità ed igiene, ma anche quelle imposte da ragioni di estetica convenientemente dimostrate

b) che sia data facoltà alle amministrazioni comunali di potere, sotto l'osservanza di speciali cautele, imporre anche all’infuori delle prescrizioni del piani regolatori, Il risanamento di determinati isolati per ragioni di igiene e di pubblico decoro, facilitando, ove occorra, la costituzione del consorzio tra i proprietari interessati e consentendo la espropriazione ove questi non provvedano;

c) che sia data facoltà alle amministrazioni comunali di regolare per zone le nuove costruzioni specialmente nei piani dl ampliamento;

d) che anche al di fuori dei limiti di piano regolatore possa essere disciplinata e vincolata da speciali norme la costruzione di speciali edifici che non abbiano carattere strettamente rurale, specie ove si presume che possano costituire il nucleo di nuovi sobborghi, nel qual caso devano preventivamente essere assicurate con particolari convenzioni, la costruzione delle strade e il funzionamento dei pubblici servizi;

e) che con speciali procedure possa essere sollecitata la definitiva approvazione dei piani regolatori deliberati dalle amministrazioni comunali, giungendo, ove occorra, al coordinamento di tutti gli organi di controllo stabiliti dalla legge;

f) che nel nuovi piani regolatori sia esplicitamente ammessa la facoltà di fissare le aree occorrenti per gli edifici pubblici e di uso pubblico (mercati, scuole, alberghi, teatri, chiese) 000clo’e quelle per i campi sportivi e per i parchi e giardini.
f.to: CANONICA - CALZA BINI

II° ORDINE DEL GIORNO

La sezione "Era contemporanea", udite le comunicazioni sui piani regolatori e sull’ampliamento e sviluppo della città di Roma fa voto:

a) che Il Governatorato di Roma possa avviare e disciplinare la costruzione di nuovi nuclei lungo la via Ostiense per prolungare l'urbe fino al suo mare, provvedendo senza indugio alle espropriazioni di tutte le aree fiancheggianti detta via, giusta le disposizioni vigenti in materia:

b) che anche lungo le altre vie consolari, la disciplina delle nuove costruzioni sia mantenuta con assoluta fermezza allo scopo di far cessare la sconcio delle costruzioni abusive, e comunque non rispondenti alla dignità e al decoro di Roma;

c) che il Governatorato sia posto in grado, con disposizioni legislative e con larghi mezzi finanziari, di procedere alla espropriazione ed acquisto di grandi zone alla periferia anche oltre ai limiti di piano regolatore, e ciò non solo per imporre con sicuri mezzi la disciplina delle costruzioni, ma anche e sopratutto per assicurare all’amministrazione un vasto demanio di aree, ricchezza e riserva per la città futura;

d) che tanto per le espropriazioni di fabbricati da demolire per opere di piano regolatore e di risanamento, quanto per la espropriazione di aree fabbricabili o semplicemente agricole, sia sostituito al criterio attuale della legge per Napoli, quello del pagamento dell’equo prezzo, determinato in base al reddito effettivo degli immobili, e ciò allo scopo di dirimere tutte le controversie che ritardano l’attuazione delle opere di piano regolatore.

f.to. CALZA BINI

III° ORDINE DEL GIORNO

Preso atto delle dichiarazioni fatte dal suo Presidente, che cioè l’amministrazione governatoriale non ha preso alcuna deliberazione per introdurre nel piano regolatore in corso di approvazione varianti intese ad adottare l’una più che l’altra soluzione presentata, sia pure da artisti di gran valore, per la sistemazione anche parziale di zone costituenti il così detto centro di Roma, la sezione esprime il voto:

che nessuna di tali varianti sia presa in considerazione se non tiene conto delle condizioni sotto indicate, e cioè:

a) Rispetto degli edifici di carattere monumentale o che costituiscono preziosi ricordi del passato, a qualunque epoca essi appartengono;

b) Rispetto non solo degli ambienti in cui tali monumenti sono creati, ma anche di quegli ambienti che costituiscono la caratteristica dl determinati quartieri.

e) Opportunità di conciliare tale rispetto con la necessità talora assoluta di creare tagli rispondenti alle cresciute esigenze della vita moderna.

f.to: CANONICA


IV° ORDINE DEL GIORNO

La sezione “Era contemporanea” convinta che lo sviluppo edilizio, ampio e degno della nuova Roma, che esprima veramente l'Era fascista, debba volgersi ad avviare la città a divenire una grande metropoli moderna rispettando il carattere storico artistico del vecchio abitato che ne afferma la continuità unica al mondo;
esprime il voto che a questi principi siano inspirati i progetti di nuovo piano regolatore, con lo sviluppo di ben coordinati quartieri periferici pronti a un vastissimo incremento avvenire, con la creazione di centri magnifici, non entro, ma accanto al vecchio centro: che debbasi però deprecare l’attuazione di proposte, le quali, distruggendo gran parte dei rioni centrali, alterandone completamente lo schema topografico, trasformando radicalmente le condizioni di ambiente dei monumenti maggiori, rappresenterebbero per Roma la estrema ruina, compromettendone il passato e l’avvenire, che mai come ora debbono apparire congiunti in un unico destino.

f.to: GIOVANNONI


V° ORDINE DEL GIORNO

La sezione “Era contemporanea” preso in esame il vastissimo e grave problema delle comunicazioni in Roma, in rapporto alla necessità di salvare la fisionomia stradale ed estetica cittadina, la voti perchè il progetto della Metropolitana e delle comunicazioni rapide con la periferia venga al più presto eseguito, per conseguire il doppio scopo di salvare il volto di Roma, evitando tagli e demolizioni in superficie e dl fornire la città di quel rapidi e larghi mezzi di traffico, necessari alla sua vita attuale e al suo futuro sviluppo.

f.to: VENTURI MOLAIONI


VI° ORDINE DEL GIORNO

Udita fa relazione Calza Bini per l’istituzione di una Unione Corporativa con sede in Roma per la diffusione e l’applicazione delle teorie urbanistiche; la sezione fa voto che l'Unione sia al più presto un fatto compiuto e dà mandato al presidente della sezione e al relatore in rappresentanza anche dei Sindacati Fascisti, di prepararne l’attuazione.

f.to: SETTIMI


A proposito di questo ultimo ordine del giorno, sarà dato nelle pagine di Vita Sindacali, il contenuto della relazione Calza Bini a cui esso ordine si riferisce.

N. D. R.

IL PIANO REGOLATORE DELLA ZONA INTERNA DI ROMA

VOTO DEL COMITATO “STORIA ED ARTE”

In seguito a studi attualmente in corto presso t’ufficio tecnico del Governatorato, interessanti il piano regolatore di alcune zone interne della Città, il Comitato “Storia ed Arte” ha emesso il seguente Ordine del Giorno;

Il Comitato “Storta ed Arte”, letto l’articolo “l’Opera del Governo Fascista per Roma” pubblicato nel “Capitolium” del marzo u. s.;
avuta notizia che da parte dell’Ufficio Tecnico dei Governatorato di Roma sono molto avanzati gli studi per la presentazione di un nuovo P. R. per la Zona interna della città, il quale svilupperebbe i concetti e le linee di un progetto di massima dell’architetto Brasini, che già la stampa fece conoscere alla cittadinanza, ed altre varianti da lui apportate;
ravvisa l’opportunità di sottomettere fin d’ora a S. E. il Governatore di Roma, talune considerazioni dl ordine generale, che potranno essere non inutili a segnalare i pericoli estremi di alcune tendenze edilizie già condannate dalla moderna Urbanistica e ad avviare le grandi linee delle necessarie sistemazioni, prima che queste assumano la concreta forma nel tracciati del nuovo piano.

Ritiene infatti il Comitato, che l’intendimento dl demolire gran parte dell’abitato attuale, conservandone solo taluni maggiori segnacoli, in quei Rioni a ponente del Corso Umberto che più conservano l’aspetto dato dalla “vita murale costruita e nutrita dai secoli”, se può ora dare ad un primo sguardo una effimera illusione di grandezza, si risolverebbe nella realtà in una iattura gravissima ed irreparabile per le due espressioni concrete del passato e dell’avvenire di Roma, che mai come oggi debbono apparirci congiunte in un pensiero solo ed in un unico destino.
Lo sviluppo di una nuova metropoli che noi vogliamo ampio, libero, ben coordinato con la fabbricazione esistente, degno della tradizione imperiale dell’Urbe, richiede che a questo scopo costruttivo si volgano tutti i mezzi e tutte le cure, per risolvere i problemi delle case e delle comunicazioni secondo i criteri che il Capo del Governo definì “della necessità e della grandezza”. Esso verrebbe irrimediabilmente compromesso con l’aumentare a dismisura l’importanza del centro attuale, portandolo in posizione tale da imprigionarlo entro la fitta cerchia muraria dei quartieri circostanti, sicchè ne verrebbe ostacolato il collegamento con la periferia, reso arduo e lento il lavoro di. propaggine edilizia nelle zone esteriori.
Il rispetto per la Roma del passato che significa non solo salvaguardia del Monumenti maggiori, ma anche conservazione dell’ambiente edilizio e dello schema topografico, da cui deriva quel carattere unico al mondo di continuità artistica nelle manifestazioni di ogni tempo, di storico ricordo in ogni pietra, in ogni angolo di via, subirebbe la maggiore delle ingiurie da uno sventramento della vecchia città. Esso recherebbe seco la distruzione di numerosissimi monumenti minori, Chiese, palazzi, case e chiostri che segnano il cammino dell’architettura romana dalla Rinascita quattrocentesca e tutto il Seicento: e toglierebbe ogni traccia della linea edilizia attuale, dell’aspetto caratteristico dei luoghi, interessante nel naturale contrasto pittoresco del vari elementi solenni od umili: e costituirebbe intorno al monumenti maggiori superstiti un vero deserto di spazi enormi creandovi condizioni di ambiente e di visuale che mai vollero gli edili e gli artefici antichi; e farebbe sorgere ivi presso una serie di invadenti edifici nuovi a cui le esigenze della speculazione e della moda darebbero certo esagerato sviluppo di massa e di statura, monotonia di tipo, banalità internazionale di aspetto architettonico, quasi che i monumenti di Roma fossero stati trasportati entro una qualunque città europea od americana.

Il Comitato “Storia ed Arte” vede pertanto convergere dalle ragioni della modernità e da quelle della religione di Roma i criteri di un ben diverso programma se non si voglia ripetere ed aggravare l’errore (forse allora inevitabile) che fu commesso in Roma dopo il 1870, quando si volle entro la vecchia città inserire la nuova, e se non si vogliano emulare gli scempi remoti o prossimi compiuti in tante città italiane come Firenze, Bologna e Padova. Per tale programma quei vecchi quartieri della Città, che più son ricchi di memorie e d’arte e che la configurazione stessa naturale ed edilizia pone quale nocciolo interno lontano dalle grandi comunicazioni, dovrebbero rimanere il più possibile immutati e solo traversati da quelle pochissime arterie nuove indispensabili a canalizzare il traffico interiore, solo migliorati da spiccioli provvedimenti di diradamento, di restauri, di liberazione di monumenti dalle loro contaminazioni. Piazze e vie grandiose potrebbero se mai essere aperte non entro ma accanto a questa tranquilla zona di carattere, ad esempio in quella parte a levante del Corso Umberto in cui è molto meno intenso il valore ambientale romano e ove la vita può direttamente congiungersi coi quartieri dell’ampliamento, cioè con le vere adatte zone di nuova fabbricazione, audacemente lanciate tra il verde dei parchi fino all’anfiteatro dei monti che circondano Roma.
Queste considerazioni e questo programma in cui il Comitato di “Storia ed Arte” vede la salvezza di quelli che sono i supremi interessi della città da uno dei maggiori pericoli che le sovrastino, proprio quando il simbolo del Fascio Littorio è preposto alla vita della Nazione, esso affida fidente all’alta mente ed alla fervida energia di S. E. il Governatore; il quale così nobili prove del Suo illuminato affetto per Roma ora fornisce con l’attuazione di un meraviglio insieme di opere di disseppellimento e di valorizzazione di monumenti antichi, e che certo intende la suprema responsabilità di fronte al Mondo insita in una impresa che può alterare o può conservare il patrimonio d’arte e le storiche testimonianze di Roma Augusta.


PIO PIACENTINI

Con Pio Piacentini, spentosi in Roma nell’aprile scorso fra l’universale compianto di quanti lo amarono come uomo e come artista, l’Architettura Romana e Italiana perdono una delle poche figure che costituiscono fortunata eccezione nel grigio periodo trascorso: quello dei primi cinquant’anni di Roma Capitale.
Non si può dire che Roma abbia avuto lustro da questa Era che non si può neppure chiamare di decadenza; poichè la decadenza implica un valore, magari negativo e urtante. Invece il periodo di cui parliamo può definirsi della non-architettura, o del vuoto architettonico. La decadenza è finita con gli ultimi voli del barocco, col ‘700, col rococo e coi vari riflessi degli stili di Francia. Poi il neoclassico indica l’arresto della forza creatrice che rende pensosi e smarriti: quando si è perduta la via, ci si ferma e la si vuol ritrovare: quando il fiume non trascorre più ed è scomparso in qualche aridità, rifacciamo il cammino e cerchiamo ricuperare alle fonti la linfa vitale.
Il neoclassico è ancora architettura, un po’ stanca, fredda e di riflesso, talvolta resa obbligatoria da condizioni politiche artificiose ed estranee. Fuori delle grandi correnti creative, lo spirito cerca rinverdirsi, rielaborando, più col cervello che col cuore, le forme passate. Tuttavia non mancano accenti di nobiltà in questo nostalgico ritorno, che dura, in alcune regioni d’Italia, specie al settentrione, per vari lustri del secolo XIX. Ma la nuova forza, dalla sua stessa nascita è condannata ad una vita effimera: poco dopo ci si accorge ch’essa non è sufficiente, e ci si ferma. Vien meno anche la volontà ed il desiderio. Alla metà del secolo scorso, l’architettura è parola vuota di senso e non la si intende che secondo il suo valore archeologico. Se vogliamo trovare, com’è possibile nell’architettura, arte più che tutte radicata negli intimi valori della razza, concomitanze con attitudini più generali dello spirito, possiamo dire che la stessa vita sociale non contiene in quegli anni l’esigenza della bellezza plastica degli edifici, mentre tutti gli animi sono tesi alla costruzione della Patria. Affettivamente ed economicamente nessuna energia è sottratta a questa più importante edificazione e le arti che non partecipano perdono valore.
Poi, troviamo l’Italia politicamente formata: periodo di restaurazione finanziaria, di sviluppo demografico e sociale: età rigidamente economica in cui non ha senso, all’infuori di pochi edifici statali e dl qualche costruzione privata, che l’architettura edilizia ed utilitaria. L’economia è anche negli spiriti, stanchi dello sforzo fatto e come impigriti.
Era di piccoli borghesi, senza nuove aspirazioni e senza ambizioni: le loro costruzioni sono grandi cubi ripieni di alloggi a buon mercato. La ricerca del volume nella fabbrica è impedita dalla preoccupazione di un sciupar danaro ed insieme dalla mancanza d’interesse estetico.
Le fabbriche sono fatte dai tecnici, che non s’immaginano possa esistere altra preoccupazione oltre quella di una buona e redditizia distribuzione interna. E poichè non esiste nemmeno la franchezza di lasciar nude le costruzioni, poichè con poca spesa si può ad esse appiccicare un po' di decorazione affinchè valgano di più, ecco il di segnatore ricorrere al Letarouttly e al Vignola ed applicare qualche cornice, qualche colonna, qualche mensola o bugnato allo schema di facciata consegnatagli.
E questo è il meglio, giacchè può accadere più tardi che ai ricorra al Liberty o ad altra Invenzione d’oltralpe.
Roma ha così visto sorgere i quartieri dall’Esquilino, del Viminale, dei Prati di Castello. Tutto non è finito però: al contrario, una nuova vitalità si alza un po’ alla volta nel paese, superando il piano politico ed economico ed investendo via via anche le attività più astratte, artistiche e culturali. Si va formando l’esigenza di un’architettura Italiana: solo l’aspirazione esiste dapprima, giacchè un’attività profonda come l’architettura richiede, sopra tutte le altre, lungo periodo di elaborazione e di travaglio formativo. L’aspirazione è raccolta inizialmente da pochi, poi la cerchia si allarga, ed al momento attuale è lecito nutrire ottime speranza.
Pio Piacentini è da considerarsi fra i precursori. Egli in fondo assume nella sua arte forme tradizionali, rinverdite da atteggiamenti personali: ma la nuova vitalità è indicata dal senso di composizione, dalla facoltà di dominare la fabbrica, secondo un ordine volumetrico e proporzionatore originale, succoso e valido.
Il senso rinnovato della composizione appunto preannuncia l’età nuova, foriera di più essenziali rinnovamenti stilistici.

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Pio Piacentini ebbe aperta la sua vita d’artista dalla vittoria di un pubblico concorso bandito nei primi anni di Roma Capitale, per la costruzione del Palazzo dell’Esposizione in Via Nazionale, la cui nobiltà anche oggi è viva e apprezzata. Vinse poi il secondo premio nel concorso del Monumento a Vittorio Emanuele II assieme allo scultore Ferrari; quindi ancora il secondo premio nel concorso del Palazzo per il Parlamento al Messico. Roma gli deve alcuni dei più importanti edifici privati dell’epoca, come il Palazzo dei Duchi Sforza Cesarini al Corso Vittorio Emanuele. In collaborazione col Podesti disegnò il frontone meridionale della Galleria sotto il Quirinale. In collaborazione col figlio Marcello negli ultimi anni costruì la Villa Berlingeri al Viale Regina Margherita, e la nuova Sede del Banco di Roma, al Corso Umberto.
Vinse il primo premio al concorso dei Palazzi Capitolini; l’ultima sua opera importante fu il Ministero di Grazia e Giustizia in Via Arenula, in cui sopratutto rifulgono le sue doti di fecondo compositore e di fine decoratore.
Notevole il suo contributo nelle attività artistiche di carattere pubblico: fu presidente dell’Accademia di S. Luca, fece parte del Triumvirato che condusse a termine i lavori del Monumento a Vittorio Emanuele II, fu chiamato per qualche tempo a dirigire i Servizi Edilizi del Comune di Roma ed in quel periodo potè dare la sua feconda attività al temi di urbanistica, che sopratutto lo appassionavano.
Roma perde in lui, insieme all’uomo retto e buono, uno dei pochissimi artisti, che nel periodo grigio di cui abbiamo prima parlato, cooperarono a mantenerne alte le tradizioni dl bellezza, ed un pioniere della rinascita architettonica Italiana, che oggi è in atto e domani rifulgerà in pieno.

P. M.

ERRATA - CORRIGE. - L’Arch. Paolo Mezzanotte ci prega pubblicare quanto segue:
Nel mio articolo “Luigi Cagnola, architetto” a pag. 340 ho inavvertitamente ripetuto l’errore di scrittori d’arte (v. Mongeri, Arte in Milano) che credettero modellati per l’Arco del Sempione i “Trionfi” del Thorvaldsen, ora alla Villa Sommariva; i quali vennero invece commessi da Napoleone al celebre scultore Danese per la sala del trono al Quirinale. L’equivoco ebbe sicuramente origine dalla coesistenza nella Villa Sommariva dei modelli del Pacetti per lo stesso Arco del Sempione.

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