FASCICOLO VII - MARZO 1928
CARLO CECCHELLI : Fantasie Architettoniche, con 8 illustrazioni

FANTASIE ARCHITETTONICHE

Nella Chiesa romana di S. Martino ai Monti un paesaggista del secolo XVII volle figurare l’interno della Basilica di S. Pietro quale poteva vedersi prima delle costruzioni di Michelangelo e del Maderna. Molti studiosi hanno riprodotta questa pittura come un documento assai degno di fede sullo stato della vecchia basilica. In realtà l’autore di quel dipinto ha fantasticato, perchè vi sono tali particolari che stanno in contrasto assoluto con quanto ci dicono i disegni e le stampe riproducenti l’interno dell’antico S. Pietro. Così fantasticarono molti disegnatori del secolo XVI che si compiacquero di integrare monumenti classici con loro arbitrarie restituzioni. Cito Pirro Ligorio che ideò completi i sepolcri dell’Appia e che ci fa vedere quasi intatta la rotonda anteriore dei SS. Cosma e Damiano al Foro, mentre altre stampe ce la mostrano ruinosa poco meno di oggi. Ricostruzioni queste che non si facevano per volontà d’ingannare. Partivano dal desiderio, assai intenso negli umanisti, di rivedere l’immagine della Roma imperiale, come era ai tempi dello splendore. Così abbiamo ricordo della grande pianta iconografica di Roma ideata dal Calvo con l’opera di Raffaello da Urbino. Così, nel codice Marcanova un grande miniaturista del secolo XV ideò il Campidoglio nel modo che poteva concepirlo un appassionato lettore di “Mirabilia”.
Ingenuo, naturalmente, chi troppo si fida di queste ricostruzioni che possono dare pochissimi o nessun elemento per lo studio delle vestigia classiche. Un vero interesse può invece avervi l’artista che, attraverso questa singolare commistione di motivi del Rinascimento con temi autenticamente classici, trova spunti originali ed armonie insolite che l’anima moderna sempre avida di nuove esperienze può tradurre in forme adatte alla sensibilità dell’oggi.
Meglio ad ogni modo rivedere questa, che è roba nostra, piuttosto che stupirsi di fronte a quanto si va facendo all’estero e diventare succubi dell’arte altrui. Le esperienze dei nostri artisti del passato sono così varie che si troverà tanto in loro (e l’amico Fasolo lo ha dimostrato per ciò che riguarda i disegni preparatori di una sola opera michelangiolesca) da suscitare correnti d’arte che valgano a ricondurre l’architettura italiana verso quel primato che fu suo privilegio d’un tempo e che l’attività e la genialità degli artisti d’oggi saprà senza dubbio riguadagnare.

Non è attività oziosa per un artista dedicare qualche aliquota del suo tempo a simili ideali restaurazioni. È anzi un esercizio pieno di soddisfazione perchè mette a contatto con l’anima dei monumenti e fa scoprire tanti particolari ignorati delle strutture, tanti ritmi che sfuggono a chi contempli soltanto l’insieme. E poi la fantasia si accende nell’ideare questi grandiosi monumenti, all’epoca del loro massimo splendore. Le mura scarnite si rivestono di marmi preziosi, le colonne infrante risalgono sui podii, i mosaici tappezzano l’alto delle pareti e le volte, le statue tornano ad occupare il cavo tenebroso delle nicchie, sulle coperture fatiscenti si distendono nuovamente le tegole bronzee o si drizzano i simulacri degli dei e degli imperatori, o scalpitano i cavalli delle quadrighe.
Noi abbiamo altre volte fatto conoscere di quali suggestive rievocazioni sia capace l’arte di un Walcot. Oggi noi diamo di lui una bella visione dell’acropoli di Atene che ci fa veramente intuire il valore spirituale di questo luogo ove l’anima umana, nella serenità della contemplazione, attinge i vertici del sublime.
Diamo poi di Walcot una veduta di altro genere. È la piazza del Kremlino della vecchia Mosca, la Mosca degli zar e dei boiardi.
Di un artista francese emigrato in Inghilterra, il Forestier, diamo la ricostruzione di una città romana della Britannia. Ma ecco degli artisti italiani. Abbiamo potuto ottenere dal Pogliaghi tre suoi splendidi studi ricostruttivi delle terme di Diocleziano. Singolarissimo quello in cui egli sul fantastico giuoco di esedre creato dalla genialità degli architetti romani del IV secolo (e che ancora può vedersi) ha riapplicato le decorazioni marmoree ed ha studiato un tipo di edicole terminali di coronamento che può benissimo aver corrisposto al vero. In queste cose l’artista vede assai più dell’archeologo. Mirabile sono anche le ricostruzioni del Tepidario e del Calidario. Qui si vede il Pogliaghi della illustrazione nella storia romana del Bertolini, e degli scenari del “Nerone” di Boito.
Dopo il Pogliaghi è la volta dell’architetto Fagiuoli, quel singolarissinio artista veronese di cui fu già detto parecchie volte in questa rivista. Il Fagiuoli ci mostra una bella visione della porta dei Leoni di Verona, magnifico esempio di architettura provinciale romana.
E con questa veduta chiudiamo augurandoci peraltro di poter presentare altri lavori del genere. Già troppi artisti dozzinali hanno reso trito il tema delle “ricostruzioni”. Essi non hanno affatto compreso che imprese del genere debbono essere riservate al genio degli artisti maggiori.
CARLO CECCHELLI.

torna all'indice generale
torna all'indice della rivista
torna all'articolo