FASCICOLO V - GENNAIO 1928
Notiziario

NOTIZIARIO

MOSTRA D’ARTI DECORATIVE E POPOLARI
SICILIANE IN TAORMINA

Nel mese di marzo, sarà aperta a Taormina una mostra d’Arti decorative e popolari Siciliane che comprenderà tutte le manifestazioni del folklore locale, come arazzi, ceramiche, cuoi, ferri battuti, legni incisi, merletti, mobili, ricami, stoffe, terre cotte, ecc.
Una Sezione sarà riservata alle più tipiche forme di industria paesana (carretto siciliano, pastori e presepi ecc.); un’altra all’architettura minore e rustica ed ai suoi complementi decorativi.
Riteniamo gradita la notizia a quanti si interessano a queste manifestazioni spontanee del senso estetico del nostro popolo, nelle quali è forse la fonte del rinvigorimento e dello sviluppo dell’arte nazionale in genere. P.M.

IL CONCORSO PER IL PONTE DELLA VITTORIA
IN FIRENZE

Com’è noto, il Comune di Firenze bandì nel 1925 un concorso nazionale per un ponte monumentale da erigersi a ricordo della Vittoria e dei Caduti Fiorentini della nostra guerra.
Fra i 20 progetti presentati, furono giudicati migliori a pari merito dalla giuria proposta, quelli ideati dagli architetti Cesare Bazzani, Rodolfo Sabatini e Bruno Ferrati. Il Podestà di Firenze, a cui venne affidata la decisione, in data 25 marzo u. s., invitò i suddetti artisti ad un concorso di II° grado, del quale risultò vincitore il Ferrati, di cui presentiamo ai lettori della Rivista il progetto definitivo.
Si ricorderà che l’idea di un ponte a cinque arcate, svolta dal Bazzani e dal Sabatini, sembrò meno soddisfacente.
Il ponte del Ferrati, invece a tre arcate, è di forma agile, semplice, severa; s’intona bene all’ambiente giacchè unisce all’originalità della concezione, felici punti di contatto con gli altri ponti fiorentini, come quello di Santa Trinità e quello delle Grazie. La spinta degli archi è anche plasticamente ben contenuta ed equilibrata dalle solide testate, ove, unico motivo di masse emergenti dalla linearità della costruzione, le quattro are votive, accentuano e precisano con le sculture e le lapidi in esse contenute, il significato simbolico dell’opera.
P. M.

ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE
DI ARTI DECORATIVE, DELLA COSTRUZIONE
E DELL’ABITAZIONE IN PARIGI

Ci si informa che la “Societé Professionelle des Architectes Français” organizza a Parigi per il 1928 una Esposizione Internazionale delle Arti Decorative, della Costruzione e dell’Abitazione.
L’iniziativa è sotto il patronato dei Ministeri tecnici competenti (Istruzione, Belle Arti, Lavori Pubblici, Lavoro, Colonie) nonchè della Città di Parigi.
Il programma comprende i gruppi seguenti:
Sezione I. - Costruzione abitazioni - Architettura - Materiali da costruzione - Organizzazione di cantieri - Decorazione esterna - Decorazione interna - Riscaldamento - Illuminazione - Igiene dell’abitazione - Abitazioni a buon mercato - Ammobigliamento - Accessori dell’ammobigliamento - Elettricità e applicazioni T.S.F.
Sezione II. - Arti decorative - Oreficeria - Gioielleria - Mode - Pelletterie - Profumerie - Libri, rilegature, riviste - Pittura, scultura, incisione a stampa.
Data la indubbia importanza che avrà questa esposizione, ne diamo notizia, sicuri della larga partecipazione di artisti italiani.
Per informazioni gli interessati potranno rivolgersi al Consigliere Commerciale presso l’Ambasciata d’Italia a Parigi. L.L.

L'O. N. DOPOLAVORO AL CONGRESSO DEGLI
ORTI - GIARDINO

L’Opera Nazionale del Dopolavoro ebbe un’altra felice iniziativa riguardante un aspetto sociale ed insieme urbanistico della vita del nostro Paese. Partecipò, rappresentando l’Italia, al Congresso internazionale delle organizzazioni degli Orti-Giardino tenutasi recentemente a Lussemburgo.
All’estero il movimento degli orti-giardino ha conseguito notevoli progressi: in Inghilterra ed in Germania si è pervenuti ad una fase decisiva anche sul terreno dell’intervento statale e gli orti-giardino incominciarono a divenire un elemento sussidiario ed integratore dei nuovi sistemi di abitazione per i ceti operai ed impiegatizi. Bene ha fatto quindi l’O.N.D. a partecipare con una delegazione propria ai lavori del Congresso: è tempo che anche da noi si affrontino i problemi della coordinazione, dell’assistenza tecnica, e dell’interessamento dei pubblici poteri in favore di una maggiore diffusione degli Orti-Giardino.
In occasione del Congresso è stata inaugurata una interessante organizzazione comprendente varie sezioni dimostrative, relative ai prodotti ed alla manutenzione degli Orti-Giardino.
Sappiamo che l’O.N.D. ha in animo d’intraprendere notevoli iniziative nel tema importantissimo. Ne terremo informati i lettori. C.V.

ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE
DI BARCELLONA NEL 1929

Sotto la denominazione di “Exposicion de Barcelona” avrà luogo in quella città durante l’anno 1929 una grande manifestazione internazionale d’arte, d’industrie e di sport.
L’Esposizione di Barcellona, assieme con quella Ibero-Americana di Siviglia, costituiranno un quadro dimostrativo dell’attività spagnola nelle sue varie manifestazioni ed una sintesi del suo tesoro storico ed artistico.
L’Esposizione avrà luogo nel parco di “Montjuich” occupando una superficie totale di 116 ettari con 2300 metri quadrati edificati, senza contare gli edifici di minore importanza, nè quelli costruiti a cura di Governi stranieri, di Enti e di Privati.
Saranno costruiti 4 palazzi permanenti: il Palazzo Nazionale, destinato esclusivamente all’esposizione d’Arte in Spagna, il Palazzo delle Costruzioni, quello delle esposizioni transitorie e la Casa della Stampa: anche lo Stadio avrà carattere permanente.
La Mostra sarà divisa in tre grandi sezioni, e cioè:

I°) Sezione industriale, che raggrupperà i prodotti più notevoli dell’industria, dell’agricoltura e del commercio: le Scienze, vari sistemi di istruzione, di educazione e di investigazione, nonchè le organizzazioni sociali nei loro rapporti diretti con le industrie e con le arti applicate, figureranno pure in questo settore.
II°) La Stazione degli Sport. Tenendo conto dello straordinario sviluppo raggiunto in tutti i paesi dagli esercizi atletici, nelle sale del palazzo delle esposizioni si presenterà tutto quanto, in qualsiasi forma, si può considerare strumento degli sports e nei campi sperimentali avranno lungo manifestazioni sportive nazionali ed internazionali.
III°) L’Arte in Spagna. Questo nucleo dell’esposizione rappresenterà una raccolta completa e documentata della Storia artistica nazionale spagnola, disposta cronologicamente. Contribuiranno a dar vita alla raccolta i raggruppamenti storici con le caratteristiche più spiccate dell’ambiente nazionale nelle diverse epoche.

Costituirà un’interessante attrattiva della Sezione “il Popolo Spagnolo”, raccolta di costruzioni tipiche e di visioni pittoresche degli aspetti della vita rurale delle varie epoche e regioni della Spagna, raccolta arricchita da costumi, manufatti vari e curiosità relative alle arti ed ai mestieri popolari.
L’Esposizione di Barcellona organizzerà durante il periodo in cui essa sarà aperta al pubblico, diverse Esposizioni di carattere transitorio che si riferiranno ad oggetti i quali per la loro speciale natura difficilmente troverebbero posto nel quadro generale della Mostra.
C. V.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

G. LOUKOMSKY: Jacques Vignole; sa vie, son oeuvre, Paris, A. Vincent ed. 1927.

Il chiaro architetto russo Giorgio Loukomsky prosegue con vivace fervore (che talvolta si esplica con fretta soverchia) nella illustrazione e nella divulgazione delle opere del Rinascimento architettonico italiano. Al suo recentissimo lavoro sul Palladio, di cui si è data in questa rivista ampia notizia, segue ora un volume su Giacomo Barozzi da Vignola.
Invero i1 tema non sarebbe privo d’importanza. La grande figura di colui che è stato chiamato il legislatore dell’Architettura classica rinascente e che ha in realtà avuto il merito di tradurre con modesto buon senso in norme semplici le complesse ed oscure formole vitruviane ed ha così dato un freno di euritmia alla Architettura barocca, è ancora tutt’altro che chiara e determinata nei riguardi della produzione architettonica. Quasi nessuno dei grandi monumenti che gli si attribuiscono è schiettamente suo; chè il palazzo di Caprarola nasce da una concezione sangallesca, la villa di papa Giulio si riporta ad una complessa collaborazione con Michelangelo, col Sansovino, coll’Ammannati ed il Vasari, la chiesa del Gesù, modello della chiesa della Controriforma, è stata terminata dal Della Porta e da due altri architetti minori, la chiesa di S. Anna dei Palafrenieri, che si slancia ormai verso uno schema nuovo spaziale, ha avuto per continuatore il figlio Giacinto. E nei disegni assegnati al Maestro, nelle tendenze stesse artistiche che appaiono dalle sue molteplici composizioni, è una tale varietà di temperamento, talvolta pedantescamente e poveramente pedissequo agli architetti delle prima metà del cinquecento, talvolta arditamente novatore, da lasciare perplessi gli studiosi in quesiti, che solo una paziente ed acuta analisi documentaria e stilistica potrà felicemente risolvere.
Qualcosa in questo campo era stata tentata dal Willich, cui tuttavia era mancata, non la preparazione storica, ma quella artistica; qualche elemento utile, insieme ad altri falsi od errati, era stato recato alle nostre cognizioni dagli studi italiani pubblicati in occasione del Cinquantenario della nascita del Vignola; ma, in complesso, la vera illustrazione dell’opera teorica e professionale ed artistica dell’Architetto insigne era ed è ancora da iniziare.
Il Loukomsky, forse pel carattere della sua attuale pubblicazione, non ha avuto siffatte preoccupazioni ed ha accettate tutte le attribuzioni tradizionali, accogliendo senza beneficio d’inventario tutto quanto è stato scritto o detto sui lavori vignoleschi. Ed ecco ritornare, ad esempio, nel testo e nelle didascalie delle numerose tavole, la cervellotica assegnazione del Geymüller di un presunto disegno pel palazzo di Piacenza, od il codice di Caprarola inventato dal Giordani; e la Madonna del Ruscello a Vallerano od il palazzo Giustiniani a Bassano di Sutri che sono invece dei primi del Seicento; ed il palazzo Chigi Albani a Soriano che forse il Vignola cominciò pel Madruzio, ma che ora ha il suo tipo dato dal completamento settecentesco; e la porta del Popolo in Roma, che è di Nanni di Baccio Bigio; e la chiesa di S.Spirito in Roma ed il palazzo Farnese in Gradoli, che sono di Antonio da Sangallo; e la villa di Bomarzo che è forse d’un tal maestro Teodoro, ma non certo del Vignola; ed il palazzo di Firenze in Roma ove il Vignola ha solo costruito un interno corpo di fabbrica. Ed il Loukomsky, tanto per aumentare il numero delle opere, aggiunge la berniniana chiesa dell’Ariccia, e la quattrocentesca chiesa della Quercia presso Viterbo e persino la chiesa di S.Antonio in via Merulana in Roma, del Carimini.
La veste tipografica del volume è ottima. Bellissime le illustrazioni, sia che derivino dai disegni di rilievo del Letarouilly o del Willich, o che siano tratte da fotografie originali: in complesso, un’opera di divulgazione che potrà riuscire utile quando, in una prossima ulteriore edizione, sia depurata dalle scorie che ora in parte la ingombrano, e dalle troppe cose che ora nascondono Giacomo Barozzi da Vignola.
G.GIOVANNONI


SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

IL PROGETTO PER LA NUOVA STAZIONE DI FIRENZE

Il Ministero delle Comunicazioni sta finalmente risolvendo il problema annoso della sostituzione della vecchia ben nota stazione di Firenze, edificio antidiluviano, ormai inadatto, con uno nuovo.
Affinchè la nuova costruzione non somigli purtroppo a tante altre, progettate di fresco e pur ripetenti gli antichi errori, la Sede di Firenze del Sindacato Nazionale Architetti Fascisti, indisse una riunione in cui fu redatto il seguente ordine del giorno:

IL SINDACATO FASCISTA ARCHITETTI DI FIRENZE
rilevando l’eccezionale importanza del problema edilizio che si presenta a risolvere per la costruzione della nuova stazione Centrale a Firenze e la sistemazione delle adiacenze, problema che è in corso di studio per una sollecita attuazione;
convinto della necessità di una risoluzione tale che tenga nel dovuto conto le esigenze della tecnica ferroviaria, ma non meno quelle della urbanistica e dell’estetica;
confortato in tale convincimento dalla calda adesione delle più spiccate personalità dell’Arte Italiana e del vivo interessamento dell’On. Podestà di Firenze e del Segretario Federale del P.N.F.;
fa voti che sia affidato al Sindacato Nazionale Fascista Architetti l’ordinamento e la presentazione di tutti i progetti che fossero elaborati per la soluzione dei problemi citati.
10 gennaio 1928 - VI°
Il Segretario Provinciale f.to: FAGNONI

Il “Corriere della Sera” nel suo numero dell’8 Gennaio enunciò una tesi analoga con un articolo a titolo: La stazione di Firenze, che riproduciamo integralmente.

Firenze, 7 gennaio.
Tutti ormai lo sanno: Firenze avrà presto la nuova stazione centrale della ferrovia, promessa di decenni non mantenuta mai. Il ministro Costanzo Ciano e il sottosegretario Alessandro Martelli tradurranno in realtà, stile fascista, un sogno decrepito della capitale della Toscana. Tutti sanno anche che la stazione centrale di Firenze (Santa Maria Novella, S.M.N.) è rimasta quella che fu dei nonni, un capannone per trenini come quelli di Pio IX, invano rammodernato coi tentacoli delle pensiline che ingoiano appena un po’ di binari. Se si pensa che mezzo mondo arriva a quella stazione per vedere Firenze, s’ha vergogna di aver continuato per troppo tempo a ricevere Italiani e forestieri in quel meschinissimo e provincialissimo modo. Fra pochi anni non sarà più così: i primi quaranta milioni di lire sono stanziati per cominciare subito e far presto; lo stanziamento totale sarà di centocinquanta milioni.
A Firenze la gente di buon gusto è però preoccupata udendo parlare di una facciata per la nuova stazione in stile nientemeno di Palazzo Strozzi “un poco migliorato”, oppure, meglio, di Palazzo Pitti, che per la fronte più larga e per le bugne più robuste sembra più adatto all’estetica ferroviaria. Il timore è aggravato dal ricordo del progetto della nuova stazione della “direttissima” a Prato, che prevedeva un edificio in stile Rinascimento, con bifore e merli in cemento armato.
L’Italia s’è, grazie a Dio, rinnovata. S’ha da rinnovare anche in architettura, ha da ripudiare finalmente anche questi vecchi metodi da spulciatori di stili del passato. Se gli ingegneri delle Ferrovie me lo permettono, vorrei dire che noi di Firenze vogliamo una stazione che anche da lontano si capisca che cos’è, e non un palazzo e non una basilica di quei tempi rispettabilissimi in cui i treni erano soltanto nella mente di Dio.
Certo il problema è vasto e complesso. Richiede una soluzione che non sia soltanto di tecnica ferroviaria, ma urbanistica ed estetica. Il più grossolano errore, tradizionale del tempo dei cessati regimi, sarebbe di concepire una stazione come un organismo puramente tecnico, al quale si possa appiccicare una facciata qualsiasi, in stile locale, trecentesca a Siena o berniniana a Roma, palladiana a Vicenza o brunelleschiana a Firenze. Sarebbe lo stesso che truccare un’automobile da berlina del Seicento: errore di logica, sbaglio contro il buon senso.
A Firenze però il problema non si limita alla sola architettura della stazione. Il piano generale di massima elaborato nel 1911 prevede spostamenti, arretramenti, demolizioni, costruzioni di nuovi edifici e riattamento di vecchi. Tutta una larga zona della città attorno alla stazione deve assumere un aspetto nuovo, proprio quell’aspetto cioè che dovrà dare, a chi arriva, la prima impressione di Firenze. Una piazza enorme dinanzi alla stazione, con un lato monumentale intangibile qual’è quello formato dall’abside e dal convento di Santa Maria Novella. E gli altri lati? Demolite le case sopra un fianco di via Valfonda, rimarranno in vista quelle dell’altro fianco, che son casupole senza alcun carattere. È evidente che non si potranno lasciare tali e quali.
E lo sbocco verso la città, fra la nuova piazza e quella dell’Unità italiana, largo poco più di quindici metri, cioè appena sufficiente a un traffico men che modesto? Non è possibile che la strozzatura rimanga. E il piazzale laterale d’uscita su via Valfonda, largo appena quaranta metri, cioè insufficiente all’afflusso e deflusso dei veicoli? È assurdo pensare che un piano elaborato diciassette anni or sono con concetti meschini e arretrati sia valido per la grande stazione di domani. Gli ingegneri delle Ferrovie non sono obbligati a preoccuparsene, ma il Comune di Firenze ha tutto il diritto di chiedere la revisione del progetto di massima in armonia con le più moderne esigenze del presente e dell’immediato avvenire.
Esiste un Sindacato nazionale fascista degli architetti, organismo giovane e valido, creato, come gli altri, per la tutela degli interessi nazionali e di quelli professionali in armonica fusione. È il più capace e preparato per conciliare le necessità della tecnica e della viabilità con quelle dell’estetica. Gli si dia dunque l’incarico d’elaborare, sui dati delle Ferrovie e del Comune, il piano d’un concorso bandito con chiarezza e garantito d’imparzialità. Tutti i migliori architetti d’Italia saranno felici di parteciparvi. R.P.

Dell’importante questione si interessò personalmente il Segretario Generale del Sindacato Nazionale Architetti, Gr. Uff. Arch. Calza-Bini, che appoggiò la proposta presso le Superiori Autorità competenti. A tal uopo egli inviò i seguenti messaggi:

A S. E. l’Ammiraglio Ciano
Ministro delle Comunicazioni
Roma
Roma 13 gennaio 1928.
Eccellenza,
Gli architetti e gli artisti italiani, e in genere tutti i gelosi amanti della bellezza della divina Fiorenza, sono stati turbati da un grido d’allarme lanciato dal Sindacato degli Architetti fiorentini, e raccolto autorevolmente dal “Corriere della Sera”.
Quale Segretario Generale del Sindacato Nazionale Fascista degli Architetti, io mi permetto, Eccellenza, di inovncare l’intervento dell’E. V. perchè il delicato problema sia con fascistica prontezza avviato alla soluzione.
Un concorso nazionale impostato su precisi dati forniti dalle competenti autorità ferroviarie, potrebbe suggerire la più geniale e più adeguata sistemazione urbanistica ed artistica degli accessi e del complesso architettonico del nuovo edificio della Stazione ferroviaria di Firenze.
L’E. V., soldato e fascista, uso all’immediatezza dell’azione, può giustamente essere preoccupata dalle lungaggini e dalle beghe che i concorsi abitualmente trascinano seco; meglio, si trascinavano.
Lo Stato Fascista ha inquadrato nei Sindacati le forze degli intellettuali, degli artisti e dei professionisti; e la disciplina è unica e inflessibile.
Voglia l’E. V. dare al Sindacato Nazionale degli Architetti, come ha suggerito il “Corriere della Sera”, il compito di collaborare con gli uffici competenti della Direzione Generale delle Ferrovie per la preparazione di un grande concorso, che rapidamente espletato con le formalità che potranno essere suggerite, e con la disciplina che saprà essere imposta, permetterà al Governo Fascista di fare, di un grande problema ferroviario, anche un’affermazione degna del nostro tempo e del genio della nostra razza.
Io confido, Eccellenza, che non invano gli architetti italiani abbiano, con la modesta mia parola, fatto giungere all’E. V., l’ansiosa aspettazione del loro animo.
Con devozione illimitata
F.to: ALBERTO CALZA BINI
Segretario Generale
del Sindacato Nazionale Fascista degli Architetti.

A Sua Eccellenza Alessandro Martelli
Sottosegretario di Stato per le Comunicazioni
Roma

Il Sindacato Provinciale Fascista degli Architetti di Firenze trasmette a questa Segreteria Generale Nazionale l’ordine del giorno invocante, per la costruzione della stazione ferroviaria, la soluzione che meglio risponda all’importanza più che nazionale del problema.
L’articolo del “Corriere della Sera” chiama in causa il Sindacato Nazionale Fascista Architetti, auspicando un grande concorso nazionale.
Nella mia qualità di Segretario Generale, io mi permetto, Eccellenza, di richiamare sull’argomento l’attenzione dell’ E. V., perchè son certo che, per il grande amore che l’E. V. porta alla divina Città della bellezza, non potrà consentire che una così squisita e delicata questione possa essere discussa e risolta senza che siano tentate tutte le ricerche volte a coordinare le esigenze del servizio ferroviario, quelle dell’estetica e della viabilità cittadina.
Voglia l’E. V. farsi interprete di questi sentimenti presso S. E. il Ministro, patrocinando la buona causa; del che, a nome degli architetti italiani, con devoto animo ringrazio
F.to: ALBERTO CALZA BINI

Senatore Garbasso Podestà
Firenze

Sindacato Nazionale Fascista Architetti certo che problema stazione ferroviaria Firenze avrà per merito Eccellenza Vostra soluzione che bellezza e dignità cotesta città impongono si pone a disposizione Eccellenza Vostra per ogni azione intesa a difendere i diritti dell’arte dell’urbanistica della bellezza. Stop.
F.to: ALBERTO CALZA BINI

Il Segretario Generale del Sindacato ha inoltre personalmente accompagnato il Segretario Provinciale di Firenze, architetto Fagnoni, da Sua Eccellenza Martelli, acciocchè Egli, nella sua qualità di deputato fiorentino, potesse più profondamente e dettagliatamente conoscere la cosa per più efficacemente influire sulla decisione definitiva.
Ci risulta ancora che sull’importante argomento si è pronunciato in senso favorevole alla proposta del Sindacato Fiorentino, il Consiglio Superiore delle Belle Arti.

PER LE SCUOLE SUPERIORI D’ARCHITETTURA
È stata nominata dal Ministero dell’Istruzione Pubblica, una commissione avente lo scopo di studiare il perfezionamento e la nuova organizzazione della Scuola Superiore d’Architettura. Di detta Commissione fanno parte gli Architetti Giovannoni, G. B. Milani, M.Piacentini, T. Passarelli, A. Calza Bini.
L’architetto A. Calza Bini, fu incluso in detta Commissione, per richiesta del Segretario Generale della Federazione Nazionale dei Sindacati Intellettuali affinchè, nella sua qualità di Segretario Generale del Sindacato Architetti, potesse efficacemente trasmettere la viva voce della classe in seno alla Commissione stessa nello studio di problemi tanto vitali per la formazione e lo sviluppo della futura architettura italiana.

COMUNICAZIONE DI BANDI DI CONCORSO
E DI ALTRE NOTIZIE PER PARTE DEI SEGRETARI PROVINCIALI
AI SEGRETARI PROVINCIALI DEL SINDACATO ARCHITETTI

Accade spesso che nelle varie regioni d’Italia si organizzino esposizioni e bandiscano concorsi senza che la Rivista possa darne notizia tempestiva e talvolta senza che la Segreteria Generale del Sindacato possa esserne informata.
Rivolgo pertanto formale invito a tutti i Segretari Provinciali perchè si faccieno diligenti ricercatori e segnalatori, di ogni e qualsiasi notizia riguardante l’attività artistica ed edilizia della regione, attività che dovrà sempre più e sempre meglio essere controllata e stimolata dal Sindacato.
Segnalo intanto con plauso l’iniziativa del Sindacato di Brescia, che in collaborazione con la Sezione artistica del dopolavoro “Arte in famiglia” e col Sindacato delle Belle Arti, ha promosso ed organizzato la interessante Mostra-Concorso a premi per la primavera del ’28 riservata ad artisti bresciani, di cui è dato più sotto dettagliato programma.
È intenzione dei suddetti enti di organizzare mostre analoghe ogni tre anni, onde stimolare ed aiutare l’attività artistica della regione.

MOSTRA CONCORSO A PREMI PER
ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI BRESCIA

Il Sindacato Provinciale Fascista di Belle Arti della provincia di Brescia col concorso della Società “Arte in Famiglia” sezione artistica del dopolavoro e del Sindacato Architetti, bandisce per la primavera del 1928 la Ia Mostra biennale d’arte. Essa conterrà opere di pittura, scultura, bianco e nero, architettura e arti decorative. Il Sindacato architetti organizzerà la sezione d’architettura e arti decorative.
In detta Mostra saranno assegnati i premi messi a diposizione dal Sindacato Belle Arti e dell’“Arte in Famiglia”, da enti e da privati amatori d’arte; saranno inoltre assegnati dall’Ateneo bresciano i premi Antonio Magnocsavallo e Bettoni Cazzago.
Saranno ammesse le opere degli Artisti bresciani residenti in Brescia e altrove, e dei non bresciani residenti in Brescia e Provincia da almeno cinque anni.
Ogni artista concorrente potrà sottoporre al giudizio della Commissione non più di quattro opere.
Le opere dovranno essere notificate non oltre il 1° marzo 1928, inviando alla Segreteria del Sindacato Belle Arti (Via Vanagora 8, Brescia) l’apposita scheda debitamente riempita e firmata, e dovranno pervenire franche di ogni spesa di posta e d’imballaggio alla Sede dell’Esposizione (locale dell’ex Chiesa di S. Barnaba) dal 1° al 15 aprile 1928.

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