FASCICOLO IX - MAGGIO 1928
Notiziario

CORRIERE ARCHITETTONICO

DUE PROGETTI
PER IL PALAZZO DELLE CORPORAZIONI
IN ROMA

È noto che il palazzo delle Corporazioni stà per essere costruito a Roma in via Vittorio Veneto dagli Architetti Marcello Piacentini e Giuseppe Vaccaro. Ci riserviamo di illustrare a suo tempo l’egregio edificio ultimato. Altri progetti erano stati proposti per detto palazzo; due specialmente degni di rilievo: quello degli Architetti del Gruppo Aschieri (Pietro Aschieri, Luigi Ciarrocchi, Mario De Renzi, Mario Marchi, Costantino Vetriani, Giovanni Wittinch) e l’altro degli Architetti Giuseppe Boni e Alessandro Limongelli. In quest’ultimo, è notevole la robusta impronta di romanità sapientemente e sanamente inglobata nella struttura moderna.
Il progetto del gruppo Aschieri è più audacemente attuale, pur risentendo nelle zone nodali della composizione, l’eco dell’ambiente. Si deve anche dire che la molteplicità dei piani dell’edificio non rappresenta soltanto il capriccio di voler erigere un grattacielo proprio nel centro di Roma; ma deriva da un errore iniziale nel presentare ai progettisti l’area destinata. Mentre essa era in realtà sufficientemente ampia per ospitare, senza eccessiva elevazione, tutti gli ambienti richiesti; gli Architetti di questo gruppo avevano creduto di avere a disposizione una zona molto più ristretta (vedi pianta in confronto a quella del progetto Boni-Limongelli). Di qui la necessità di comporre la fabbrica con un esorbitante numero di piani. Non si può negare che questo errore permise di immaginare una struttura dal punto di vista estetico felicemente aderente ai materiali che la costituiscono, la cui suggestività non è affidata a gioco superficiale, ma proprio all’essenza proporzionatrice delle masse murali, ai rapporti volumetrici ed agli andamenti lineari di esse.
Vera architettura dunque e non presa a prestito. Forse, per un edificio del carattere di questo e pel luogo dove avrebbe dovuto sorgere è troppo spinto il senso del pittoresco nel movimento e nella complicazione delle masse e nel gioco delle ombre: gradevolissimi sono gli interni.
Nell’insieme, molta freschezza di ispirazione ed un’originalità che non si può certo chiamare esotica.
P. M.

IL CONCORSO BOITO VITTADINI
DELLA ACCADEMIA DI BRERA
PER UNA FONTANA IN PIAZZA DELLA SCALA
IN MILANO

Concorso interessante per il tema suggestivo e che ha raccolto un gruppo di lavori notevoli. Peccato che forse stia per avere i difetti di tutti i concorsi e specialmente degli accademici con puro carattere di studio, i quali non hanno in genere probabilità di esecuzione, nè danno sufficiente rilievo agli artisti prescelti.
La giuria non aggiudicò i premi, ma li divise. Questo denota mancata franchezza di giudizio, dipendente, come avviene spesso ora, in epoca di transizione, dalla eterogeneità dei componenti; però la graduatoria è, a parer nostro, giusta. Ai tre progetti – “Piermarini” (Maiocchi, Montorfano, Pizzigoni) “Alessi” (Buffa e Cassi) e Boattini furono assegnate L.3000 ciascuno; L. 2000 furono assegnate ai progetti “Ninpheum” (Faccioli e Fontana) e “Le Otto Fonti” (Comolli); L. 1000 al progetto Bottoni.
Nella piccola Piazza della Scala, su cui incombono i due palazzi della Commerciale, l’ingresso della Galleria e Palazzo Marino nel fondo, troppo alti e troppo eguali di masse, e di contro la Scala, troppi sono i protagonisti e ciascun elemento cerca di primeggiare e danneggia l’assieme. La fontana doveva essere l’elemento che fissasse nel ricordo l’ambiente e ne diventasse la nota caratteristica; inoltre l’intenso traffico dei veicoli, le soste delle automobili e sopratutto il movimento dei pedoni che attraversano diagonalmente la piazza hanno bisogno di sistemazione.
Due soluzioni sono emerse; la fontana centrale alta sull’asse della Galleria; e due fontane (progetto Boattini) sul fondo della Piazza davanti al Palazzo Marino; una terza soluzione non fu proposta e poteva essere una spina con una o più fontane che chiudesse la Piazza tra i due spigoli dei palazzi della Commerciale, di fronte alla Scala.
Esaminando partitamente i progetti, sono da notare i seguenti elementi risolutivi: nel progetto “Piermarini” la forma è chiusa ed essenziale, ottima è l’idea dell’alta vasca che sovrasta le automobili stazionanti intorno e la sistemazione del traffico è accuratamente risolta; nel progetto “Alessi” la graziosa idea del Ninfeo dal quale sorge la fonte, ha forse un po’ troppo delicato sapore agreste e di giardino, in un luogo come questo rumoroso e turbato e tutto pietre senza verde, mentre l’opera avrebbe guadagnato da una maggiore sobrietà nei dettagli, d’altronde di ottimo gusto: nel progetto Boattini le due fontane simmetriche, col palazzo Marino, danno a questo il principale posto sulla Piazza e forse si potrebbero nettamente collegare col Palazzo creandogli davanti uno spazio ornato d’onore: anche in questo progetto non si è forse tenuto conto, nello svolgere l’idea, del resto opportuna e bella, del movimento intenso che toglierà spesso il modo di godere la vista delle scalee e dei bacini incassati nella Piazza.
Gli altri progetti hanno ciascuno dei pregi: quello di Fontana l’aggraziata composizione un poco complessa, ed i particolari: quello di Comolli l’accurato studio, quello di Bottoni la coraggiosa semplicità nelle masse e l’armonia della composizione che resta un poco incerta nel sapore e non ha ancora il carattere della materia nella quale deve essere costruita.
Speriamo che i buoni risultati non siano infecondi e che quando si farà la fontana il Comune segua le indicazioni del Concorso.
G. M.

EDICOLA BERNOCCHI
AL CIMITERO MONUMENTALE DI MILANO
DELL’ARCH. ALESSANDRO MINALI

Bisogna subito dire che questo monumento non è di ispirazione troppo originale. Il motivo e l’impianto derivano con chiara evidenza dal famoso Mausoleo di Saint Remy: esempio fra i più noti di un tipo che divenne un po’ canonico fra l’architettura provinciale funeraria dell’Impero. L’architetto Minali non ha seguito, è vero, ciecamente il modello, perchè ha diversamente variato il valore dei suoi piani sovrapposti: ma tuttavia è rimasto prigioniero dell’ispirazione, e la sua opera risente, sopratutto nei particolari, d’una certa pedanteria scolastica.
L’edicola è del 1926, interamente costruita in Crevola, piuttosto esuberante nelle sagome. Le sculture sono di Giannino Castiglioni, né si possono classificare di gusto troppo raffinato. L’interno è costituito da un sacello circolare, con cupolino a mosaico bianco e nero, le pareti rivestite di Verde Polcevera; vi domina un grande sarcofago in Crevola e Macchia Vecchia. Buoni effetti di colori danneggiati un poco dalla pesantezza dei rilievi e dalla sporgenza delle sagomature.
F. R.

IL SALONE DELLA NUOVA ESATTORIA CIVICA
PRESSO LA CASSA DI RISPARMIO IN MILANO
DELL’ARCH. ALESSANDRO MINALI

Assai meglio riuscita è quest’altra opera del Minali, molto interessante davvero e connessa ad uno dei più importanti problemi che Milano dovette risolvere negli ultimi anni.
Allorchè la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde assunse la gestione della Civica Esattoria, il Presidente dell’Istituto, S. E. De Capitani, si propose di creare non lontano ma addirittura in comunicazione col palazzo della Sede centrale, tutto il vasto complesso di locali adatti ad una tanto peculiare e delicata destinazione.
Oltre una via fiancheggiante il vecchio palazzo, la Cassa possedeva un giardino ed alcuni stabili. Fu bandito un Concorso per una nuovissima costruzione; ma, come è noto, l’idea venne lasciata a mezzo, salvando fortunatamente il giardino.
L’Onorevole De Capitani, in omaggio alle memorie cittadine, non volle condannare gli stabili preesistenti, perchè legati alla vita ed alla storia di famiglie che nobilmente operarono nel Risorgimento; nè volle alterare il tradizionale volto alla caratteristica strada, la via Monte di Pietà.
Cosicchè sorse l’idea di un adattamento. L’adattamento divenne ben presto trasformazione radicale, perchè tutto l’interno dei fabbricati esistenti fu completamente ed abilmente svuotato delle strutture, e solo le cortine esterne furono integralmente conservate. Tolto il complicato ed intricato nocciolo di cortili e locali, vi venne inserito il grande salone indispensabile alle esazioni pubbliche. E il vecchio suggestivo giardino potè essere non soltanto risparmiato, ma aperto lodevolissimamente alla vista dei passanti.
L’impresa, vasta e complessa all’inizio, fu impostata dal Capo dell’Ufficio Tecnico della Cassa, l’ingegnere Boretti, il quale ne curò la pratica realizzazione. E al Minali fu dato l’incarico di curarne l’architettura: compito non lieve nè facile, per le notevoli differenze di livelli e di altezze nei locali perimetrali superstiti, per le differenze planimetriche obbliganti a dividere il salone in tre vani, per la costretta adozione di partiti confacenti alla stabilità dei muri in parte esistenti.
E, tuttavia, non si può dire che la viva attesa sia stata invano lusingata. Il Minali ha creato tre vani eleganti, con pochi motivi essenziali di archi a più centri che ricorrono su lesene all’intorno e su pilastri nel mezzo; tre ampi lucernari, gli estremi circolari, il mediano rettangolare, con la copertura dell’ambiente che alla vista appare unico. Le nervature in ferro ed i piombi costituiscono, con lievi rapporti di vetri colorati, una decorazione calma e di gradevole effetto. Tutt’all’intorno, le pareti a sportelli si aprono con accorgimenti indovinati ed eleganti; fin troppo eleganti e preziosi, forse, per l’uso essenzialmente popolare e pratico cui sono adibiti.
Se qualche appunto devesi muovere all’architettura che il Minali ha qui sviluppato, ciò è dovuto alla eccessiva esilità degli elementi architettonici, lesene e cornici, che non riescono ad acquistare un valore decisamente costruttivo, ma rimangono sopratutto elementi di decorazione. Ciononostante, il tema è ben risolto, e non soltanto nel grande salone, ma pure nell’atrietto, nel vestibolo della scala, e in passaggi secondari. Usando quasi unicamente Botticino, Verde di Busalla, Musso e Nero di Varenna, l’effetto generale n’è risultato piacevole, allegro ed attraente; le mende scompaiono e si fan perdonare davanti alla primissima buona impressione che l’occhio riceve.
F. R.

INTERNI DELL’ARCH. MELCHIORRE BEGA
IN BOLOGNA

Offriamo ai lettori della Rivista gli ultimi lavori di arredamento interno dell’Arch Melchiorre Bega di Bologna, della cui sensibilità sono evidenti la freschezza e la modernità.
Egli ritiene doversi liberare da reminiscenze stilistiche per quanto riguarda il criterio architettonico generale; non sovrappone strutture statico-decorative fittizie a quelle intrinseche della costruzione, ma nella stessa forma e proporzione dell’ambiente cerca un significato integrale.
Per Bega la decorazione non costituisce un dato a sè, che neghi, confonda o aumenti il valore strutturale, ma solo una determinazione ed una continuazione superficiale e divertente della interiorità della fabbrica.
Egli si limita dunque a rendere gradevoli o preziose le superfici, curando il pregio dei materiali, il loro colore, la bontà degli impasti negli intonaci ecc. Una ulteriore specificazione della sensibilità è ottenuta mediante l’accentuazione delle linee o zone più significative dei volumi con semplici riquadri a incasso o con elementari cornici ridotte spesso a regoletti lineari a una sola sagoma, o colla suddivisione dei piani in disegni di carattere pressochè geometrico. Solo i punti nodali della composizione sono messi in rilievo da brevi ornati sintetici.
L’abbellimento è affidato in genere alle suppellettili, (porte, finestre, cancelli, lampade, mobili, ecc.)
Nella forma di queste, pure assai moderne e libere, tornano tuttavia elementi di reminiscenza. Ad esempio, certo barocco reso semplice, essenziale, quasi filiforme, nei negozi di città, dal cui insieme spira un notevole senso di chiarezza e di elegante arguzia; o spunti di architettura agreste assai intonata all’ambiente, nella sala del Ristoratore di Casalecchio sul Reno.
P. M.

NOTIZIARIO

CONCORSO DELLE “TRE VENEZIE”
PER L’AMMOBILIAMENTO POPOLARE DELLA CASA

Organizzato dall’Opera Nazionale Dopolavoro, con la collaborazione dell’ Ente Nazionale per le Piccole Industrie e dell’Istituto Veneto per le Piccole Industrie e per il Lavoro di Venezia. Sotto la Presidenza del Gran Uff. Ing. Beppe Ravà e del Comm. Avv. Antonio Pellegrini.

Sorprende, ad un primo sommario giro dell’esposizione del concorso, l’incompatibilità di due manifestazioni di quest’arte del mobilio così interessente e non tanto facile; da un lato, lodevoli tentativi che dimostrano la buona volontà, la fatica, lo studio per creare un ambiente povero ma dignitoso, e dall’altro (purtroppo il più esteso) una quantità di cose comuni, di derivazione tedesca, appariscenti e presuntuose, nate in un circolo vizioso nel quale si ripetono e che non fanno nulla sperare di nuovo. Cose costruite con una precisione soltanto meccanica, senza anima, decorate da pezzi di latta dorata e da cristalli diamantati, forse meno lucidi dell’insolente lucentezza del mobile stesso. Ci pare che questa seconda manifestazione, che ormai da più di trent’anni va ripetendosi uggiosamente, non doveva assolutamente figurare questa volta; e se il troppo poco materiale scelto non avesse dato modo di ampliare la mostra convenientemente, per dichiararla riuscita come quantità, sarebbe stato più ammonitivo e più educativo limitarsi a due soli padiglioni, scartando tutto ciò che non rispondeva al magnifico scopo prefisso dagli egregi organizzatori. Era necessario boicottare senza debolezza tutto ciò che non ha anima e specialmente anima Italiana, tutto ciò che da anni s’è cristallizzato senza nulla risolvere dell’interessante quesito. Era intenzione degli organizzatori, che i tipi rispondessero al “massimo buon prezzo, solidità, praticità”: avessero anche i requisiti dell’ispirazione folkloristica, gusto moderno, ecc. Ma che cosa è poi “gusto moderno”? Infine; il bello che cade sotto gli occhi a chiunque sia attratto dalla verità. Ciò che è bello non ha vecchiaja, come non ha vecchiaja la verità.
Finchè il costruttore di case e mobili non sa essere umile e sincero, non è nella verità e farà sempre delle cose che portano il peccato della presunzione uccidendo in se l’ispirazione e mettendo in cuore quel tormento che falsa l’intenzione e lascia insoddisfatti. Per un umile cosa, specialmente per le cose povere, basta essere buoni: se alla povertà dell’oggetto non viene profusa la gioja del crearlo, con la nobiltà di un buon sentimento interiore di famiglia, di amore, di pace, è inutile crearlo: sono allora preferibili gli arnesi campestri e rudi della capanna, arnesi che provengono dall’anima semplice dei nostri padri, dalle sorgenti e dalle necessità della vita stessa. Nella buona madia di rozze tavole, nel sedile a tre piuoli delle nostre case di campagna è verità. Non s’è in generale tenuto conto di un “motto” che non muore “E l’antico fu nuovo - e il nuovo antico”. Tutto è stato già fatto nell’arte del mobilio come nelle altre arti, e perciò “l’arte moderna” (così detta) è una frase presuntuosa che esiste solo per la nostra ignoranza e incostanza. Staccarsi dell’esperienza della vita da cui nasce la verità, per costringerci, senza necessità, a capovolgere il processo delle cose al fine di impressionare gli inesperti, significa amare l’avventura. Il nuovo d’altronde è una presunzione dell’artista poichè nulla è nuovo e tutto nasce dalle necessità imprescindibili della vita e la nostra mente si muove nella mente universale, dove tutto esiste. Ciò che non viene dalla necessità non è arte, ma artificio. Arte è creare ciò che viene dal bisogno di essere, per la necessità stessa della vita: statica, logica. Tutto si muove dentro le Leggi fondamentali della verità e la mutabilità del punto di vista, o del particolare, non è novità.
Ciò che è fuori della Legge è antistatico e, anche trattenuto da ripieghi artificiosi, viene “nel Tempo” disciolto. Non esistono novità assolutamente staccate dal passato, siamo convinti e constatiamo ogni giorno che “tutto” ciò che viene dato per nuovo e moderno, sia pure per Futurista, è roba vecchia, con la barba lunga. La Legge della vita e delle cose si ripete sempre.

Sarebbe lungo per lo spazio acconsentitomi, elencare tutti coloro che meritano una parola per l’uno o per l’altro merito.
Volutamente tacerò di tutti coloro che hanno inviato mobili che possiamo vedere in tutte le vetrine di rivenditori, per le strade di tutti i paesi, sempre eguali.
La relazione sull’esito del concorso divide i concorrenti in due categorie: quelli che hanno corrisposto lodevolmente al Bando, e quelli che, a giudizio della Giuria, non hanno pienamente risposto ai requisiti voluti; ed io aggiungerei: coloro ancora che non hanno capito niente, perchè, ciechi e sordi, non vedono e non odono.
Delle estese esaurienti relazioni dell’Ing. Gilberto Errera e dell’Arch. Duilio Torres, può prendere visione particolareggiata chi lo desidera.
Concludendo; bene esprimono i due relatori di questo Cnncorso il loro ottimismo, riguardo l’avvenire di questa speciale attività.
È da augurarsi che, fra i molti giovani artisti di sana sensibilità e specialmente fra i giovani architetti che oggi fioriscono in Italia, sorga una schiera di specializzati nell’arte dell’ambiente domestico. Sarà un’opera sociale, morale, educativa. Ed è da augurarsi che tutti gli industriali che non hanno abili creatori per la loro produzione, sentano l’obbligo morale, o venga loro Fascisticamente imposto di assumere, per eseguire i loro disegni, un artista eletto per concorso su giudizio consultivo di una speciale Commissione di Stato autonoma.
Solo così essi potranno formare i tipi migliori di utensili vari da trasmettere ai laboratori. Ciò è tanto necessario in Italia per eliminare un inconveniente purtroppo estesissimo; gli artigiani specialmente del mobile, del mosaico, del ferro battuto, del marmo, ecc., se non fanno miseramente da se, si servono di mediocrissimi elementi o di opere editoriali che sono un insulto al buon gusto. Sarebbe necessario, per rinnovare il movimento Artigiano, bruciare tali stampe sulle Piazze, a che esse finiscano, una buona volta, di deliziare la schiera dannosa dei dilettanti. Gli artisti debbono invece creare le opere d’arte.
GIUSEPPE TORRES.

L’ISTITUTO DI ARCHITETTURA
MILITARE ITALIANA

Promosso dal benemerito direttore del Museo del Genio Militare, Generale Mariano Borgatti e vivamente incoraggiato sia dal Ministro della Istruzione On. Fedele, che dal Sottosegretario per la Guerra Generale Cavallero, si è in questi giorni costituito in Roma l’Istituto di Architettura Militare italiana, che ha lo scopo di promuovere studi e diffondere conoscenze in questo così importante campo, in cui così grande orma hanno in ogni tempo lasciato i tecnici ed i condottieri italiani.
Il Consiglio direttivo della Istituzione ha sede in Castel Sant’Angelo ed è composto dal Generale Maggioretti presidente, del Prof. Giovannoni vice presidente, del Generale Rocchi, del Dott. Gino Ferrari, dell’Ing. Bonfiglietti, del Colonnello Cianetti e di altri egregi studiosi di cose militari. Esso ha già cominciato il suo molteplice lavoro, volto a costituire uno schedario dei monumenti italiani di fortificazione, a segnalare le condizioni, così spesso prossime a ruina, di moltissimi fra tali monumenti, sì da promuoverne il salvamento ed il restauro, e dare sviluppo a rilievi ed a pubblicazioni periodiche sul vasto tema. Ed è codesta un’opera veramente ottima, a cui chiunque si interessi alla nostra Architettura e conosca quanto dimenticati e quanto gloriosi siano in essa i monumenti dell’Arte Militare, non può che augurare il più pieno successo.
G. G.

CATALOGO DEI MONUMENTI
DEL MONDO ROMANO

Diamo notizia di una iniziativa assunta dal “Reale Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte” destinata a recare un notevole contributo alla conoscenza ed alla sistematica classificazione dei monumenti romani.
Ecco il testo dell’invito diramato e tutti gli studiosi, specializzati sul tema, dall’anzidetto Istituto:
Nell’intento di raccogliere e quindi pubblicare le testimonianze delle orme dell’Impero di Roma nel mondo, il R. Istituto d’Archeologia e Storia dell’Arte è venuto nella determinazione di iniziare subito, con il contributo degli studiosi di archeologia, l’elenco dei monumenti dell’orbe romano, in un primo tempo in forma di Catalogo, in seguito, sistematicamente, pubblicando i monumenti stessi. Esso perciò si rivolge agli studiosi italiani, perchè a quest’opera (per la quale è necessario il contributo di tutti) vogliano dare la loro personale adesione indicando intanto quali siano i monumenti, di cui ciascuno si sente in grado di compilare le schede nei modo più completo possibile.
Per la raccolta e la revisione delle schede è costituita in Roma, presso la sede dell’Istituto, una Commissione Centrale composta di membri dell’Istituto stesso, ai quali sono aggiunti alcuni specialisti nello studio dei monumenti romani.
Per dare il carattere unitario a quest’opera che intende di essere un vero “Corpus” dei monumenti dell’Impero, la Commissione si riserva di esaminare o fare esaminare ogni scheda anche se incompletamente redatta, nel caso in cui le notizie sul monumento siano scarse o del monumento stesso ci resti solo qualche reliquia.
Nella prefazione di ogni capitolo che tratterà di ciascun monumento o gruppi di monumenti saranno indicati i nomi degli studiosi che contribuirono ad illustrarli.
La scheda di ciascun monumento dovrà essere il più possibile completa, non contenere mai indicazioni sommarie o semplici appunti, bensì notizie precise, elencate in modo schematico, ma sempre direttamente controllate.
L’opera di catalogo e pubblicazione dei Monumenti del mondo Romano s’intende limitata in linea generica dalla conquista romana a tutto il sesto secolo, includendo quei monumenti che hanno importanza per la civiltà romana ed escludendone le chiare sopravvivenze di altre civiltà, sia pure sotto il dominio Romano.
In un primo tempo si chiede agli studiosi un elenco di tutti i monumenti architettonici e costruttivi di cui ciascuno intende occuparsi, siano essi templi, terme, case, sepolcri, strade, acquedotti, ponti, fortificazioni ed ogni opera di pubblica utilità.
Di ogni monumento complesso (città, ville ecc.) saranno compilate varie schede: una Principale e le altre relative alle singole parti, ciascuna delle quali costituisca od abbia costituito un’unità monumentale.
La raccolta dovrà anche volgersi a quei monumenti scomparsi di cui resti soltanto una menzione, ma notevoli testimonianze grafiche (dipinti, disegni, stampe, ecc.).
L’invio degli elenchi dei monumenti che ogni studioso intende di schedare ed anche, in seguito, l’invio delle schede, dovrà essere fatto unicamente al seguente indirizzo: Reale Istituto d’Archeologia e Storia dell’Arte - Palazzo Venezia, 3 - Roma.
IL PRESIDENTE
CORRADO RICCI

Commissione Centrale:
Dott. Angelo M. Colini - Prof. Giulio Q. Giglioli - Prof. Gustavo Giovannoni - Dott. Giuseppe Lugli - Dott. Roberto Paribeni - Dott. Pietro Romanelli - Dott. Valerio Mariani, segretario.

COMMENTI E POLEMICHE

LE CHIESE NELLA MARSICA

Le regioni d’Abruzzo che furono colpite dal terribile terremoto del 1915, sono quasi più duramente colpite, dal punto di vista architettonico, dalle ricostruzioni prive di ogni carattere e di ogni ritmo, in cui non si è saputo esprimere il nuovo schema costruttivo asismico che i vigenti regolamenti hanno tassativamente imposto, col richiedere piccole altezze su larghi spazi e col prescrivere strutture ad ossatura di materiali elastici, nè, d’altro lato, si è nemmeno tentato di avere un riflesso delle condizioni ambientali, che erano e sono così tipiche ed intense nelle borgate abruzzesi.
Un caso saliente di questo triste fallimento della moderna edilizia ci viene ora fornito dalla ricostruzione delle chiese. Sono edifici in serie, standardizzati in tre o quattro tipi diversi a seconda del costo, che si ripetono come un oggetto di commercio. L’ossatura in cemento armato è goffamente racchiusa in una veste di cemento e di stucco, in uno stile tra il falso lombardo ed il falso gotico che rappresenta la maggiore ingiuria per l’architettura antica e per la moderna. Dove tono andate le belle chiesette d’Abruzzo, con la fronte costantemente terminata da una linea orizzontale, col portale aggraziato e la finestra a rosa tutta traforata, spiccanti come gemme nella parete liscia? E le piazzette romite e raccolte loro intorno come rivivono negli ampi spazi aperti a tutti i venti, senza un concetto di proporzione e di armonia edilizia, senza un albero, senza una croce?
Il male più grave tra tutti è quello che sta per commettersi ad Avezzano. Sta ivi per iniziarsi - ma si sarebbe ancora in tempo fermarla - la costruzione della cattedrale: enorme edificio che, malgrado le sue esagerate dimensioni sembrerà minuscolo e si perderà nella vasta piazza desolata, che già inghiottisce il monumento ai caduti, opera del Luppi. E sarà, naturalmente, anch’essa in forma medioevale “fatta in casa”, senza criterio, senza sentimento, senza rispondenza alle condizioni intrinseche od estrinseche.
Quale cecità di autorità religiose e civili ha consentito questo sperpero e questo scempio?
G. G.

CRONACA DEI MONUMENTI

VERONA. - Per opera dell’Arch. Ettore Fagiuoli è ormai avviata la sistemazione del Museo Maffeiano e della zona ad esso adiacente verso la Piazza Brà e la Via del Teatro Filarmonico: ed è sistemazione edilizia, in quanto contempla l’assetto della località allo sbocco del Corso Vittorio Emanuele; architettonica, poichè comprende la nuova conformazione del portico che forma atrio al grande pronao del Teatro dei Filarmonici; archeologica, poichè coinvolge il riordinamento della insigne raccolta lapidaria ed antiquaria che va sotto il nome di Museo Maffeiano.
Come appare delle unite illustrazioni, tratte da belle acqueforti del Fagiuoli stesso, all’esterno verrà prolungato il maestoso portico che ora forma ingresso al teatro, fino a risvoltare sulla piazza ed a terminare addosso ai Portoni della Brà, togliendo così la bruttura del muro disadorno, che attualmente ancora si affaccia di fronte alla Gran Guardia, a formare contrasto con tutto l’ambiente monumentale. Internamente, il portico del Pompei risulterà lievemente ristretto e si chiuderà ad esedra nel fondo, facendo ala all’ingresso, in cui un ampio portone sostituirà l’attuale rustico cancello.
G. G.

RAVENNA. - Un restauro recentemente compiuto dalla Sovraintendenza per l’arte medioevale e moderna dell’Emilia e della Romagna in quell’interessantissimo monumento che è S. Giovanni Evangelista, lascia invero molto dubbiosi gli studiosi e gli artisti. Si è voluto ricostruire il catino dell’abside della chiesa, tutto traforato dalla corona di arcatelle; ma, forse, prima di eseguire il lavoro non si è sufficientemente studiato il monumento nelle varie fasi costruttive che s’intersecano nelle sue murature, oppure si è lasciato che il demone del restauro prendesse il sopravvento sulla ragione.
Ben è vero che a Ravenna forse più che altrove siffatte analisi strutturali sono rese ardue ed incerte dalla costanza del materiale impiegato, il laterizio, e dei procedimenti costruttivi murari, sicchè diviene difficile sceverare i vari periodi ed intendere se le sovrapposizioni rappresentino pentimenti quasi coevi alla prima costruzione o restauri tardi, e le più disparate ipotesi si affacciano con parvenze di verità. Così per S. Giovanni Evangelista non mancano studiosi locali che sostengono, certo a torto, che la detta corona di arcatelle sia molto posteriore alla prima edificazione, nella quale invece l’abside sarebbe stata traforata da due finestre basse; od altri che pensano, quasi certamente a ragione, che l’arco trionfale ora esistente non sia più l’antico, ma un rifacimento dell’antico ad un livello notevolmente più basso.
Tanto più dunque occorre che il restauratore in siffatti casi sia guardingo. L’opera del restauro deve essere prudente e modesta; e pur partendo, come sempre dovrebbe essere, da uno studio profondo, deve poi abbandonare la ricerca dotta in quella parte che porta a risultati incerti. Dove comincia l’ipotesi, può aver luogo lo studio espresso nel volume o nell’articolo, ma non il restauro concreto e definitivo.
Per S. Giovanni Evangelista ecco che cosa è avvenuto. Le arcatelle dell’abside si elevano molto più su della linea d’imposta dell’arco trionfale (ed è appunto questa una delle prove principali del rifacimento dell’arco). La superficie del semicatino, per adattarsi sia al semicerchio dell’arco, sia alle arcatelle, ha dovuto tutta contorcersi, avendo per direttive non più il semicerchio, ma un arco ribassato, e risultando traforata da orribili lunette. Disastroso è l’effetto, che fa assomigliare il presbiterio ad un hall di albergo, ma più disastrosa ancora è la falsificazione storica che ne risulta. Una chiesa del V° secolo con abside a calotta discontinua! Una disposizione che precede arbitrariamente e malamente tutte le penetrazioni lunettate delle cupole bizantine!
Evidentemente non v’è ora da fare altro che riconoscere l’errore; nella qual cosa non v’è nulla di male, perchè solo chi non fa niente non rischia di sbagliare. Bisogna disrestaurare l’abside di S. Giovanni e demolire la calotta, lasciando il corrispondente tetto sorretto da un’armatura in legno, apparente, semplicemente costruttiva, senza pretese di restituzione stilistica.
G. GIOVANNONI.

VENEZIA GIULIA. - La Sovraintendenza per l’arte medioevale e moderna della Venezia Giulia molto lodevolmente prosegue il programma, già avviato dal Cirilli nel periodo della sua direzione, per la liberazione di tanti modesti elementi che imprimono carattere all’ambiente delle città e delle borgate. Recentemente dal Forlati è stata felicemente restaurata in Parenzo una interessante casa romanica con belle bifore sormontate da timpano, ed è stato liberato un bel loggiato duplice addossato nel Rinascimento alla chiesa di S.Francesco in Pola. Dell’uno e dell’altro ripristino diamo qui le riproduzioni.
G. GIOVANNONI.

SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

IL CONGRESSO NAZIONALE DEI SINDACATI FASCISTI
DEGLI ARCHITETTI IN ROMA

LA SEDUTA D’APERTURA DEL CONGRESSO

Come fu annunziato, il giorno 14 aprile, nel Palazzo delle Corporazioni a Piazza Colonna, ha avuto luogo l’inaugurazione del Congresso Nazionale del Sindacato Fascista degli Architetti.
Numerosissimi gli intervenuti, delegati e congressisti.
Delegati ufficiali delle varie Provincie erano i seguenti Architetti: Milano, Mainetti, Rocco, Stacchini. - Torino, Melis. - Venezia e Padova, Torres .- Verona, Fagiuoli e Banterle. - Genova, Rovelli. - Parma, Mancini. - Modena, Guerzoni. - Bologna, Trebbi e Valeriani. - Firenze, Chiaramonti. - Ancona, Petetti e Garlatti. - Perugia, Lilli e Sacco. - Aquila, Chiarizia. - Napoli, Pantaleo, Forni, Chierici. - Udine, Aloisio. - Siena, Notari. - Brescia, Albertini. - Trieste, Urbanis. - Pola, Brussi. - Gorizia, Heiland. - Roma, Fasolo, Boni, Venturi. - Sicilia, Fichera.
Si notano in particolar modo fra i congressisti i seguenti: della città di Roma il Prof. Gustavo Giovannoni (Direttore della R. Scuola Superiore d’Architettura); Passarelli e Bazzani (per l’insigne Reale Accademia di S. Luca); Negri (Presidente dell’Associazione Cultori d’Architettura di Roma); Milani (per la Regia Scuola d’Applicazione per gl’Ingegneri; Cannizzaro, Piacentini, Foschini, Marconi, Spaccarelli, Del Debbio, Bobbio, Giaccio, Cancellotti, Vaccaro, Farolfi, Medori, Leoni, Benigni, Felici, Magni, Frezzotti, ecc. ecc.
Di Milano sono presenti: Portaluppi, Alpago Novello, Niccoli, Brioschi, Ferrazza, Lancia, Marelli, Cabiati, Griffini, De Finetti, Mazzucotelli ecc. Di Torino gli architetti Mosso e Momo; Orzagli, Crosa e Oddini di Genova; Brizzi e Fagnoni di Firenze; Canino, Franco, Chiaramonte e Sanarica di Napoli, ecc., ecc.
La seduta si apre alle ore 10,30; nella sala gremita di congressisti salgono alla tribuna, accolti da grandi applausi, l’on. Rossoni, Presidente delle Confederazioni dei Sindacati fascisti, accompagnato dall’avv. Gr. Uff. Di Giacomo, Segretario Generale dei Sindacati Intellettuali, dall’avvocato De Bernardis, Fiduciario Provinciale dei Sindacati Intellettuali e dall’arch. Alberto Calza Bini, Segretario Generale del Sindacato Architetti.
Aperta la seduta, l’arch. Calza Bini legge la seguente lettera di S. E. Bottai assente da Roma:

Caro Calza Bini,

“Al congresso, che sta per adunarsi, dei Sindacati Fascisti Architetti desidero giunga il mio fervido saluto augurale. - Commetto a te l’incarico di interpretare il mio pensiero pregandoti di assicurare sopra tutto ai congressisti che io seguo con particolare interesse e fiducia le manifestazioni della vita sindacale di alcune importanti categorie, come quella che tu degnamente rappresenti.
“Nei riguardi di questo, anzi, tengo a rilevare, che un congresso nazionale può e forse deve esprimere interessanti cose, specie in questo momento, in cui, tra le altre professioni liberali, quella dell’architetto ha una funzione di prim’ordine, perchè ad esso è affidato il compito di ricercare e definire, nella particolare arte che coltiva, lo stile dell'êra in cui viviamo. Conto sui felici risultati del Congresso e gradirò a suo tempo di conoscerli particolarmente.
“Con l’occasione, ti invio, caro Calza Bini, cordialissimi saluti”.
f.to: BOTTAI

La lettura è salutata da una calorosa ovazione all’indirizzo del giovane sotto-segretario alle Corporazioni.
Segue la lettura di altre adesioni, fra le quali viene applaudita particolarmente quella del Segretario Provinciale del Sindacato Ingegneri di Roma, ing. Angelo Ugo Berretta.
Poi 1’arch. Calza Bini, rivolgendosi all'on. Rossoni, pronuncia il seguente discorso:

“Gli architetti italiani celebrano oggi, con solennità contenuta nel fatto più che nelle parole, la raggiunta unità della loro classe.
“E inviano anzitutto il loro omaggio al Capo del Governo, Costruttore delle fortune della Patria, che lo Stato Corporativo sta meravigliosamente realizzando; e salutano in te, Onorevole Rossoni, il creatore geniale di una forma di sindacalismo che ha dato al Governo Fascista la materia plasmabile per l’Ordine nuovo; e te per mio mezzo ringraziamo, amico Di Giacomo, che tenacemente l’esigua schiera dei primi intellettuali hai accresciuta e disciplinata col tuo fervore, e oggi vedi accanto a te migliaia e migliaia di professionisti che fanno chiari, sul mondo, l’arte, la scienza e il diritto di Roma.
“Esigua schiera la prima, veramente; ma, tra tutti, il Sindacato Architetti rivendica a buon diritto un suo titolo di nobiltà; gli Architetti accorsero subito numerosi intorno al nostro gagliardetto; e non soltanto i giovani, e quelli che, provenienti dalla antica Federazione, avevano già da tempo il loro obbiettivo ben delineato; ma anche i laureati anziani che nulla chiedevano, e portavano invece l’aiuto della loro severa autorità; e non pochi ingegneri che dell’Architettura, come arte, avevano fatto un loro capitolo di fede e, fraternamente, senza inutili e vane distinzioni di titoli e di provenienza, davano il loro contributo alla buona causa che sentivano bene affidata.
“Così oggi, sono tutti con noi i nomi già noti e più cari dell’Arte italiana, sono con noi oggi come lo furono al primo appello, nella lontana primavera di Roma riconsacrata dalla Marcia delle camicie nere.
“Maestri che il loro nome hanno da tempo affidato ad opere poderose o squisitamente raffinate, e giovani ansiosi di dire la loro parola nuova d’ardore e di fede; uomini venuti alla professione dal duro travaglio dei cantieri, o chiamati dalla divina scintilla dell’arte, o maturati in silenziosa disciplina dalla scienza ravvivata dalla luce della Bellezza. Oggi tutti formano una sola unità, una sola grande famiglia, e hanno dimenticato le gelosie e le lotte sterili di ieri; essi sono fieri di appartenere alla grande schiera dei lavoratori del braccio e della mente, e riconoscono che per opera del Sindacato, o meglio per la volontà dei Capi che il Sindacato hanno voluto riconoscere ed aiutare, gli Architetti italiani hanno oggi nel quadro della vita corporativa, il posto che loro compete.
“E nulla tuttavia essi chiedono di interesse particolare di categoria, e meno ancora di gretto interesse personale, nulla che non rientri nel vasto compito che è stato assegnato ai Sindacati intellettuali, di diffusione della cultura, di propulsione di ogni sana attività nazionale, di difesa della integrità e della bellezza delle nostre città e delle nostre campagne.
“Essi sanno dunque che servendo il Paese nel Sindacalismo Fascista difendono le più gelose prerogatitve dell’arte italiana, e tutelano in tal senso anche i loro legittimi e sani interessi.
“E sentono infine, con profonda convinzione, che quella che è la Maestra di tutte le arti, quella che fa musica delle leggi del numero e della necessità, quella che è per eccellenza forza costruttiva e creatrice, l’Architettura, avrà ancora una volta per opera del Fascismo la sua vasta missione nel mondo”.
Terminati gli applausi, che coronano la fine del discorso dell’arch. Calza Bini, segue l’avv. Di Giacomo, il quale dichiara subito che la presenza del capo e creatore del Sindacalismo fascista on. Rossoni, lo dispensa da qualunque discorso. Deve però ringraziare l’arch. Calza Bini della collaborazione intelligente data nell’organizzazione degli Architetti e rivolge elevate parole di saluto ai congressisti.
Rivendica al sindacalismo fascista il merito di aver voluto che la professione di architetto fosse ben distinta dalle altre ed incita i presenti a rimanere affezionati all’organizzazione sindacale considerandola come la loro famiglia, per collaborare con tutte le loro forze alla maggiore fortuna della Patria e del Duce.
Anche l’avv. Di Giacomo è fatto segno ad una calorosa dimostrazione di simpatia, che diviene vibrante quando si leva a parlare l’on. Rossoni. Egli dice:

Camerati,

“Vi porgo il saluto fraterno della Confederazione Nazionale dei sindacati fascisti.
“Questo congresso, come quelli che abbiamo tenuti nei giorni scorsi, dei professionisti e degli artisti, ha un grande significato, come hanno un grande significato tutti i congressi nazionali di tutte le categorie, anche le più modeste, che andiamo tenendo, a preparazione del grande congresso delle Confederazioni che terremo a Roma ai primi di maggio.
“Può avere anche qualche ímportanza il fatto, che dopo aver partecipato a questa nostra seduta inaugurale, io andrò ad inaugurare il congresso dei muratori e dei cementisti. Una volta questo ravvicinamento degli uomini eletti del lavoro, dei professionisti, degli intellettuali, dei tecnici, ai lavoratori del braccio, non sarebbe stato da tutti compreso. Adesso invece, dopo anni di martellamento e di propaganda del sindacalismo fascista, tutti comprendono che il lavoro della intelligenza isolato diminuisce il suo valore e la sua nobiltà, come il lavoro manuale staccato dal lavoro della intelligenza è nulla; mentre questi due aspetti della attività umana fraternamente uniti dànno un segno superiore della civiltà. (approvazioni)
“Ritorno sempre al mio motivo di solidarietà fra gli uomini che creano, e quelli che sono i fedeli esecutori del loro pensiero e della loro creazione. Questo legame è indissolubile. Nei vecchi movimenti il sindacato era concepito come una cieca rivolta, ed anzi, spesso, come negazione, dei valori intellettuali. Per il socialismo, ad esemplo, tutti i professionisti erano dei nemici del “proletariato”.
“L’idea sindacale del Fascismo invece ha valorizzato i tecnici e gli intellettuali, ma nello stesso tempo ha dato maggior valore anche alla fatica dei nostri più umili lavoratori.
“All’inizio, non molti credevano al sindacalismo fascista, in tutta la sua estensione corporativa; ed è bene che sia stato ricordato da Calza Bini che fra gli architetti noi abbiamo avuto fin dall’inizio dei collaboratori entusiasti, alla nostra opera.
“È venuto il momento di riflettere e di fare anche dei confronti, perchè di tanto in tanto si ritiene che non sia proprio indispensabile mantenere l’unità della Federazione degli intellettuali nella grande Confederazione dei lavoratori fascisti italiani.
“Dico anche a voi che io non sono affatto malato di manìa di persecuzione e che naturalmente non credo che finirebbe il mondo se si staccassero gli intellettuali dal movimento sindacale fascista. Ma mi rendo conto delle ripercussioni spirituali che si avrebbero nelle grandi masse del popolo il giorno in cui le classi più elevate del lavoro fossero divise dai lavoratori manuali: ancora una volta il così detto proletariato dovrebbe pensare che tutte le forze cospirano contro di lui per tenerlo in soggezione.
“E poi, questo trovare dopo otto anni di sindacalismo fascista, che il dirigente A. o il dirigente B. non sono dei grandi uomini, come quelli che spuntano tutte le mattine, dopo l’approvazione della nuova legge elettorale, non persuade molto; comunque è opportuno non perdere troppo tempo nelle polemiche e piuttosto occorre guardarci attorno oggi, come ci guardavamo attorno ieri, allorchè non eravamo in molti a credere alla costruzione sindacale e corporativa.
“Ed allora tutti gli uomini di buona volontà, quelli che vedono chiaro nella rivoluzione e sentono lo spirito rinnovatore della rivoluzione, debbono riconfermare la propria solidarietà e la propria unità in questo grande movimento che è indiscutibilmente la base del Regime Fascista.
“È tanto vero questo, che gradualmente si sta creando lo stato corporativo fascista. Ma se noi non avessimo fatto i sindacati, quale stato corporativo si potrebbe fare oggi? È evidente che per fare il nuovo stato occorrerà l’elememo primo: l’organizzazione.
“Noi pensiamo che la civiltà moderna, mentre cerca un ordine nuovo non può limitarsi a cercarlo nel puro campo politico, nel senso tradizionale della parola, nel senso cioè della molteplicità dei partiti.
“Riflettete alla situazione di ieri, che del resto si ripete nelle situazioni attuali di altri paesi; otto, dieci, venti e più partiti; uomini che parlavano per difendere una etichetta molte volte abbastanza curiosa: una infinità di piccole associazioni e di gruppi dispersi.
“Gli intellettuali, i professionisti non potevano farsi rimorchiare dal movimento socialista negatore della Patria.
“Ma, d’altra parte, gli stessi professionisti organizzati, gli intellettuali, non potevano nemmeno aggiogarsi a qualcuno dei vecchi partiti liberali o democratici, o d’altro genere, e nemmeno alle associazioni padronali, perchè la verità pura e semplice è questa; che attualmente molta gente fa l’occhiolino ai Sindacati fascisti degli intellettuali, ma non si può dire che nel passato la stessa gente abbia degnato della più modesta considerazione gli intellettuali e le loro vecchie ed insufficienti associazioni.
“Gli intellettuali si trovavano fra due forze nemiche; l’una dei capitalisti che non li consideravano; l’altra quella del proletariato abbrutito da una propaganda insana e malvagia, che faceva considerare nemico colui che creava col suo cervello e che in fondo era l’origine stessa del lavoro manuale.
“Il sindacalismo fascista, che lanciò un appello appassionato agli intellettuali, è il liberatore ed è anche il valorizzatore dei professionisti, dei tecnici e degli intellettuali in genere.
“Oggi siamo a questo punto; che uniti alla grande famiglia del lavoro, gli intellettuali sono alla testa del movimento sindacale fascista. Nella vita sociale del paese hanno un grande valore, anche politico”.
L’oratore esamina quindi la funzione degli intellettuali nel sindacalismo fascista e il loro compito direttivo e creativo della vita nazionale. Anche nel campo dell’Arte c’è da combattere una battaglia nobilissima per il prestigio dell’Italia e per l’espansione spirituale del nostro popolo.
L’On. Rossoni conclude il suo discorso, interrotto spesso da scroscianti applausi, esaltando la figura del Grande Artiere, del Duce, che foggia anch’egli la sua opera geniale, che riassume un’epoca e che lascerà orma indimenticabile nella storia.
Tra gli alalà! al Duce, e al Sindacalismo fascista, l’On. Rossoni termina il suo discorso.

Prima di sciogliere la seduta, l’assemblea invia telegrammi di omaggio, al Capo del Governo, a S. E. Bottai a S. E. Turati.

LA SEDUTA DEL POMERIGGIO

Nel pomeriggio del giorno 14 aprile si riapre la seduta con la presidenza dell’Avv. De Bernardis, il quale manda a nome dell’assemblea l’omaggio reverente a S. M. il Re, tornato da poche ore nella Capitale, dopo il delittuoso tentativo contro la sua Sacra Persona e la Sicurezza dello Stato; ed invita i presenti ad un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime della feroce incoscienza dei negatori della Patria.
Segue il Segretario Generale del Sindacato nazionale degli Architetti, Alberto Calza Bini, il quale legge tra la viva attenzione ed i frequenti segni di consenso dei presenti la sua relazione generale.

RELAZIONE GENERALE DEL SEGRETARIO NAZIONALE DEL SINDACATO

“Gli Architetti italiani celebrano oggi la raggiunta unità della loro classe”; così ho affermato poco fa nel saluto augurale, e posso ben ripeterlo qui a frontespizio di questa relazione che riassume sinteticamente cinque anni di lavoro tenace e silenzioso.
“Cinque anni di vita sindacale, che ci hanno visto giorno per giorno avanzare sul cammino difficile e irto di pericoli, e ci hanno permesso tuttavia oggi di salutare finalmente la meta quasi raggiunta.
“E poichè se a noi è stato dato di concretare, grazie agli aiuti potenti dei nostri capi e al ritmo nuovo alla vita pubblica impresso dal Fascismo, ai nostri predecessori spettò il durissimo lavoro della vigilia in un lungo trentennio di lotte, consentitemi che anche a loro io volga il mio pensiero plaudendo ai superstiti presenti, e mandando alla memoria di quelli che non sono più, un reverente saluto.
“Perchè il significato e il valore della unità e del riconoscimento raggiunti valgono bene oggi la sofferenza dei giorni grigi, le dure battaglie, le meschine questioni che per tanti anni hanno diviso quanti invece, l’anima infiammata d’amore per la divina gioia dell’arte, dovevano steingersi in fascio per servire l’Italia.
“Spettava al Fascismo porre i termini della nuova disciplina, spettava al sindacalismo, inteso come forza creatrice e coordinatrice, raccogliere, inquadrare, riconoscere le schiere diverse degli architetti italiani.
“Fino a pochi anni fa la confusione che esisteva, e che ancora in parte esiste, sulle origini e sulla preparazione degli architetti aveva creato nella coscienza stessa della classe una idea vaga e imprecisa del compito e del titolo stesso dell’architetto.
“Poichè tenevano a chiamarsi architetti, e soltanto architetti, pochissimi in Italia avrebbero saputo distinguerli dai professionisti affini.
“E pure questa nostra terra era stata il regno dell’architettura, e il patrimonio di tradizione, che ci fa gloriosi nei secoli, è per gran parte dovuto agli architetti che fecero dei loro sogni, la realtà della nostra gioia.
“È dunque vanto del Sindacato Fascista, è merito dei nostri capi, è frutto della illuminata volontà del Governo Nazionale se oggi la figura dell’architetto nel nuovo Ordine Corporativo è limpidamente delineata; sarà domani vanto delle giovani falangi che aspirano a lasciare il loro suggello nella vita della nazione, se l’impronta del nostro tempo potrà raggiungere nell’architettura la compiuta bellezza di uno stile come nei tempi che furono.
“L’azione svolta dal Segretario Nazionale per raggiungere lo scopo?
“Inutile ripetere e analizzare un’opera fatta di molte piccole azioni, guidata da una vigilanza mai rallentata, volta a che la bontà della causa che ci muoveva fosse sempre presente alla mente dei capi responsabili, a che le invidie e le incomprensioni o le dimenticanze fossero eliminate, a che la linea che ci eravamo segnata fosse seguita senza arresti e senza pericolose deviazioni.
“Nella primavera del 1923, quando Edmondo Rossoni accoglieva la proposta di costituire il Sindacato Nazionale Architetti e mi dava l’incarico di dirigerlo, agli ordini di Giacomo Di Giacomo (che allora fu per noi un fratello di cuore leale e generoso) con gli amici romani scrivemmo il nostro Statuto, la nostra carta fondamentale.
“Vale la pena di rileggere alcuni articoli:

“Scopo precipuo del Sindacato è l’incremento dell’Architettura come Arte e come espressione di civiltà italiana;
“Solo nell’interesse più vasto della Nazione il Sindacato ha la tutela degli interessi professionali dei singoli architetti.
“Riconosciuto che la Legge per la tutela del titolo e della professione dell’ingegnere e dell’architetto è necessaria al raggiungimento dei fini del Sindacato, tutti gli iscritti si impegnano all’azione tendente all’approvazione delle leggi medesime, integrate dalla istituzione della Scuola Superiore di Architettura nei centri più importanti e caratteristici della Nazione.
“Il Sindacato si propone:
di ripristinare nel giusto valore artistico e morale la figura dell’Architetto in quanto ha di più tipicamente storico ed italiano;
di provvedere alla elevazione intellettuale e culturale dei giovani architetti;
di svolgere efficace propaganda per la difesa della nobiltà e della tradizione dell’architettura italiana;
di provocare un sempre più cordiale affiatamento con le maestranze edili ed affini, per far risorgere, con rinnovato spirito, quelle meravigliose corporazioni di artieri che diedero all’Italia, in ogni tempo, il primato nell’arte bella.

“E più avanti:

“Il Sindacato come organo di rappresentanza e di tutela dei legittimi interessi professionali, intende:
valorizzare le sue forze nel campo della legislazione nazionale e presso gli uffici consultivi ed esecutivi dello Stato;
armonizzare gli interessi delle varie categorie e risolvere le vertenze, provvedere alla revisione ed accettazione delle specifiche e delle tariffe;
promuovere concorsi per tutte le opere pubbliche d’architettura e di decorazione, svolgendo azione intesa alla promulgazione di una speciale legge in proposito;
aiutare gli inscritti in quanto possibile, nella ricerca di collocamento e di lavoro, in patria e all’estero”.
“Ho voluto rileggere queste norme fondamentali che a distanza di cinque anni conservano intera l’attualità e testimoniano ancora la elevatezza degli intendimenti degli architetti italiani.
“A quel programma ho l’orgoglio di affermare che abbiamo tenuto fede, a quel programma il Sindacato si atterrà ancora sotto la guida dei suoi capi, sicuro che il Fascismo e il Sindacalismo nazionale lo porteranno al completo raggiungimento.
“Affermavamo, allora, l’importanza decisiva della Legge sul titolo, ne vediamo oggi i fatti. E possiamo senza taccia di presunzione affermare che, se la Legge è come è, se il Regolamento ha integrato e fatta migliore la Legge, se finalmente il R. D. 27 ottobre 1922 predisposto da S. E. Rocco (a cui ancora una volta, per tutta l’opera data in tale materia a favore della Classe, porgo devoti e fervidi ringraziamenti) ha portato a risultati insperati per la formazione degli Albi e delle Giunte Sindacali, si deve sopratutto all’azione del Sindacato pronta, vigile, serena.
“Non occorre dunque che ve la illustri quest’azione; parlano i fatti.
“Tra poco, noi confidiamo, la Commissione che deve dare le ultime applicazioni alla Legge e completare gli Albi riprenderà il suo lavoro.
“So bene che troppi sono ancora i Sindacati che non possono darsi l’assetto definitivo, appunto perchè, per le loro Regioni la Commissione non ha provveduto ancora al necessario esame degli aspiranti; e deploro vivamente che ciò sia; ma mi preme dare subito atto all’illustre Presidente della Commissione, al Prof. Giovannoni, che egli ha fatto e fa quanto è in lui per sollecitarne la convocazione.
“Poichè però nuove incomprensibili difficoltà mi sono state segnalate proprio questa mattina dal Presidente della Commissione, io credo che, su questo argomento di capitale importanza, debba il Congresso esprimersi con molta chiarezza, perchè l’On. Rossoni, che già dell’argomento si è occupato, possa fiancheggiare la Segreteria Nazionale nell’azione che immediatamente dobbiamo svolgere presso i Ministeri dell’Istruzione e delle Finanze acciocchè, d’accordo, finalmente provvedano ad eliminare gli ostacoli presso i Ministeri della Giustizia e delle Corporazioni perchè anch’essi facciano sentire la necessità che gli assetti sindacali abbiano compimento; una tale richiesta sarà anche fatta dal Sindacato degli Ingegneri che con noi ha lo stesso interesse che la Giunta e gli Albi funzionino; e noi speriamo che con una tale azione concorde, riusciremo allo scopo.
“Tuttavia se la proposta del Prof. Giovannoni, Presidente della Commissione, sarà per essere accolta dai componenti della Commissione, la convocazione anche senza che ufficialmente sia annunziata, sarà presto un fatto compiuto, e a quei colleghi illustri che la proposta accetteranno noi facciamo sin da ora plauso riconoscente.

“Con il definitivo assestamento sindacale più facili e frequenti saranno i rapporti con le altre Associazioni, oggi in vari centri ancora difficili e delicati.
“Parliamo dunque dei contatti con gli altri Sindacati, e specialmente degli affini, e parliamo della dipendenza e dei rapporti con le autorità confederali.
“Prima di questo, anzi, perchè se da una parte noi dobbiamo volere che il rispetto alla gerarchia costituisca sempre la base granitica dell’ordine fascista, dall’altra vogliamo che nessuna interferenza politica o preoccupazione o incomprensione di dirigenti locali possa far deviare le direttive che, sempre in pieno accordo con le gerarchie superiori federali e confederali, dal centro siano state discusse, vagliate e precisate.
“È questa dunque una viva preghiera che io qui formalmente ripeto ai superiori nostri, ed è un avvertimento ai segretari provinciali qui convenuti, perchè tutti gli atti delle organizzazioni provinciali che comunque incitano nelle direttive generali del Sindacato, siamo sottoposti anche alla preventiva approvazione della Segreteria Generale, o siano per lo meno ad essa notificati tempestivamente.
“Più delicato è certo il rapporto con gli altri Sindacati; al centro, tanto per i contatti e gli accordi tra le Segreterie Generali degli Ingegneri e degli Artisti, quanto per i buoni rapporti di cameratismo e di collaborazione delle organizzazioni provinciali, noi non possiamo che compiacerci dello stato delle cose e auspicare una simile condizione per tutti i sindacati.
“So bene però che tale non è la situazione dovunque, e faccio per questo appello da un lato allo spirito di abnegazione e di tolleranza dei Direttorî provinciali, dall’altra alla serena e imparziale azione dei capi che sapranno certamente scorgere il torto dove è, riportando la calma e il cameratismo là dove sarebbe bene non si fossero mai allontanati.
“I nostri camerati ingegneri devono sapere e sentire dovunque che la nostra battaglia non è stata combattuta per meschine rivalità professionali, e le meschine rivalità personali non debbono neppure quindi da loro essere tenute presenti; l’affermazione e la tutela del compito dell’architetto nella vita nazionale ha una portata assai più nobile ed elevata e lascia sopratutto ai colleghi ingegneri un campo così vasto e così grandioso, così importante per l’umano progresso e così fecondo per l’economia del Paese, che ciascuno può essere pago del posto che la sorte gli ha assegnato, lieto e fiero di compiere così il proprio dovere.
“Cadono quindi, devono cadere, le ragioni di ostilità che hanno fatto accogliere il sorgere e l’affermarsi dei Sindacati architetti in più di un centro cittadino.
“Cadono e devono cadere le prevenzioni che purtroppo ancora esistono contro gli architetti distinti dalla diversità di origine.
“Gli architetti veri, quelli che sanno e sentono la gioia della creazione, quelli che sognano di veder risorgere il regno della bellezza e della misura nella nostra terra, quelli che la professione non hanno scelto come un qualsiasi mestiere, ma ad essa sono stati tratti dal divino dono dell’arte che fa prodigiosamente ricchi i loro spiriti, mi comprendono bene; ed essi sono grati ai camerati che hanno lottato per l’affermazione di un principio, per la valorizzazione di un titolo, per la definizione della classe.
“Così, e così solo facendo, noi vediamo ormai assicurato agli architetti italiani il diritto di essere sempre presenti nella vita pubblica e corporativa, non come minoranza sperduta nella grande massa di colleghi, affini solo per circostanze professionali, ma come entità a se, ben definita e alla pari se non superiore ad altre categorie.
“In virtù degli ordini ricevuti e degli accordi presi coi dirigenti, resta dunque bene inteso e chiaramente precisato quanto più di una volta ho ripetuto sulle istruzioni ai Segretari provinciali riguardo all’inquadramento.
“Tutti coloro che posseggono il titolo specifico di architetto, comunque e dovunque conseguito e riconosciuto con la iscrizione negli albi, se intendono far parte della grande famiglia Sindacale italiana devono solo inquadrarsi nel Sindacato Architetti, così come al Sindacato Architetti passano le quote dei contributi sindacali dovuti per legge anche dai non iscritti al Sindacato.
“Coloro quindi che posseggono il titolo di architetto civile o dottore in architettura, o comunque laureati o pareggiati, che ancora rimanessero iscritti nei Sindacati ingegneri devono uscirne, perchè tali sono gli ordini delle superiori gerarchie. E devono uscirne anche se i locali dirigenti il Sindacato ingegneri, per uno sbagliato calcolo tendente e svalutare i Sindacati architetti o per un male inteso spirito di ospitalità, pensano e ordinano il contrario.
“È questa una posizione che è necessario sia assunta netta e precisa e che intendiamo sia rispettata.
“I segretari provinciali dei nostri sindacati sono tenuti a denunciare ogni violazione e, se occorre, a provvedere in merito.
“Gli ingegneri architetti, con tale e supremo titolo così precisato nel loro documento di laurea, hanno diritto invece di inscriversi nell’uno o nell’altro Sindacato secondo la tendenza prevalente nel loro sentimento e nella loro pratica professionale; possono però iscriversi contemporaneamente in tutti e due i sindacati se ciò è ritenuto da loro utile e conveniente.
“Quanto a coloro che posseggono il titolo specifico di ingegneri, e soltanto di ingegneri, ma per l’esercizio professionale, per affinità di sentimento, per sensibilità di spirito si sono dedicati all’architettura e desiderano servire il paese nelle nostre file; noi siamo e saremo sempre ben lieti e fieri di accoglierli tra noi; ma la loro domanda deve essere presentata al Direttorio Provinciale che deve in tal modo essere certo di limitare le iscrizioni a coloro che effettivamente facciano dell’architettura e non la semplice edilizia civile.
“Forse a taluno parrà strano che non vi sia in ciò reciprocanza; ed è invece chiarissimo.
“Noi abbiamo creato un organismo da proiettare nel futuro divenire della nazione, più che una istituzione che debba esaurirsi in se; e la costituzione di un Sindacato Architetti tende appunto ad una vera grandiosa integrale costituzione di una classe omogenea e numerosa, a cui deve esser affidata la bellezza delle creazioni edilizie del futuro.
“Le diversità di titolo e di provenienza, le pretese o reali inferiorità, sono piccole questioni transitorie che scompariranno con lo scomparire degli uomini; ma la classe e la sua funzione saranno rimaste a testimonianza della visione lungimirante dei capi e degli organizzatori di oggi.
“Per questo la nostra linea di condotta deve essere intransigente, e per questo una tale intransigenza ha avuto ed ha la piena approvazione dei nostri capi nel campo Governativo come in quello Sindacale.
“Quanto alla disciplina degli Albi, è nota la disposizione della Legge.
“Gli Albi sono due perchè due sono le categorie e due i Sindacati; tutti gli ingegneri laureati prima del 1926 hanno diritto di esercitare l’architettura anche se inscritti nel solo albo degli ingegneri, così come hanno diritto, secondo le norme di legge e su semplice richiesta, di essere inscritti nell’albo degli architetti anche senza far parte del Sindacato.
“Ma i laureati dal ’26 in avanti non possono essere inscritti nell’albo degli architetti se non ne posseggono il titolo specifico.
“Disposizione anche questa ben chiara, che le Giunte Sindacali di prossima nomina faranno rispettare con severità intransigente.
“Così come, son certo, le Giunte Sindacali funzionando da Consigli dell’Ordine, faranno dei nostri Sindacati un esempio di alta moralità professionale che sarà ammirata e invidiata da ogni altra associazione.
“Nessun interesse affaristico consentiremo possa allignare al coperto del Sindacalismo fascista, nessun’azione professionale men che corretta, nessun compromesso con la coscienza. La professione deve essere infatti esercitata dall’architetto con la stessa nobiltà disinteressata con cui l’avvocato, nell’indossare la toga, giura di tutelare l’interesse della vedova e del minore.
“Dalla elevatezza indiscussa delle nostre azioni e delle nostre aspirazioni ne deriverà allora al Sindacato un tale prestigio e un tale decoro, che spontaneamente saranno risolte tante difficoltà che oggi ancora qualche Sindacato incontra nella sua via. Per esempio la partecipazione a tutte le commissioni cittadine che hanno attinenza alla nostra attività culturale e professionale; la rappresentanza nei consigli provinciali d’Economia, per i quali già a suo tempo la Segreteria Generale fece i passi relativi ed ebbe l’approvazione di amici parlamentari, e finalmente la partecipazione ufficiale nelle Consulte comunali, non essendo possibile immaginare che in una qualsiasi città, ai problemi dell’amministrazione che involgono in qualche modo i problemi dell’arte e dell’edilizia siano estranei gli architetti.
“Ecco dunque un compito, camerati segretari, affidato alla vostra saggezza e alla vostra vigile cura; voi dovete essere sempre pronti a segnalare alla locale autorità confederale la opportunità di agire, ma dovete ancora col vostro tatto e con l’aureola di simpatia e di fiducia che saprete creare intorno all’opera vostra, riuscire ad ottenere spontaneamente quanto richiederete.
“Ed a tutti gli altri camerati e colleghi inscritti nel Sindacato, siano o non siano compresi nelle formazioni dirigenti, io ricordo che hanno il dovere di collaborare allo stesso scopo, ciascuno nella cerchia delle proprie aderenze personali.
“So che quant’io dico è già in gran parte e in molti centri raggiunto; ma senza entrare in dettagli e senza elencare il tanto bene che molti sindacati hanno già ottenuto e il poco male di cui altri sono ancora angustiati, mi limito a porre la questione generale certo che sarà da tutti intesa e risolta.
“Così pure calorosamente io raccomando l’intesa cordiale e fattiva con i sindacati degli artisti e degli ingegneri.
“Ormai nessuna questione d’arte e di edilizia cittadina dovrebbe essere dibattuta senza una preventiva e affiatata azione dei tre sindacati. Valga anche per questo l’esempio di Roma; proprio oggi qui presso si riuniscono i tre direttori per lo studio di vitali questioni cittadine; e le autorità statali e governatoriali non potranno fare a meno, ne siamo certi, di tenere nel massinso calcolo ciò che dalla importante riunione sarà per essere deliberato.
“Ma un altro grande esempio mi piace segnalare qui del resultato che può raggiungersi con una leale collaborazione.
“Parlo della gravissima questione della Legge per i lavori in cemento armato.
“A tutti sono note le disposizioni del D. L. che costituivano una evidente gravissima violazione della legge fondamentale sul titolo.
“Alle prime notizie allarmanti molti furono i segni di preoccupazione e di malcontento, e taluno dei colleghi insorse perfino chiedendo il Congresso Nazionale.
“Come sempre la segreteria aveva la sua tattica già prevista e lasciò che le buone ragioni si facessero strada, aiutandole senza passi falsi; ed ebbe, come è noto il conforto di un significativo voto della autorevole Commissione edilizia di Roma, ed ebbe l’aiuto della Direzione della Scuola Superiore di Architettura, ma ebbe sopratutto prezioso e carissimo, il consenso paterno del Segretario Generale del Sindacato Ingegneri, dell’eroico e purissimo On. Ernesto Galeazzi, alla cui sacra memoria che ogni fascista devotamente venera, mando ancora una volta il commosso e reverente saluto.
“Fu il compianto camerata e furono i suoi colleghi del Direttorio Nazionale, persuasi di un interesse ben più alto e più significativo, di una meschina gelosia professionale, ad accogliere integralmente la proposta del Vostro Segretario Nazionale che, la difesa della roccaforte della Legge, anteponeva appunto ad ogni altra considerazione; e fu ancora il compianto Camerata a fare sua nel testo della Legge di cui era relatore parlamentare, la formula proposta da noi.
“Oggi non posso precisare ancora quale sarà la definitiva formula che nel nuovo testo in sede di conversione in Legge del R. D., Sua Eccellenza il Ministro Giuriati sarà per introdurre definitivamente. Ma a lui che ieri stesso mi faceva l’onore di trattenermi sull’argomento, io so e sento di potere esprimere il fervido ringraziamento degli architetti italiani, perchè ho la convinzione che in ogni modo sarà salvaguardato il diritto riconosciuto dalla legge e sarà fatta salva la dignità dell’architetto, rendendo possibile agli architetti italiani di giovarsi del sistema del cemento armato per ricercare la nuova espressione dell’architettura di domani.
“Un altro ringraziamento lo devo pubblicamente a S. E. Giuriati, che, non appena uscito il R. D. 23 Ottobre 1927 per il contenuto della Legge sul titolo e della Legge Sindacale, si affrettava a dare ufficiale riconoscimento al nostro Sindacato Nazionale chiedendo i nomi per i rappresentanti del Sindacato stesso nel seno della Commissione Centrale, quella Commissione che deve rappresentare un poco il supremo consesso della disciplina morale e politica degli inscritti al Sindacato.
“Quanto alla rappresentanza ufficiale del Sindacato, del resto, è ormai una norma costantemente applicata da tutti gli organi statali e dal Governatorato di Roma; e per questo io confido che diverrà norma in tutte le amministrazioni provinciali e podestarili.
“Al Sindacato sono stati chiesti infatti dal Governatore i nomi per le Commissioni d’arte e di edilizia cittadine; e dal Ministro della Pubblica Istruzione sono stati chiesti i nomi per i componenti la Commissione per gli Albi; al Sindacato il Ministro Guardasigilli chiederà per legge i nomi per i componenti le Giunte Sindacali; al Segretario Nazionale del Sindacato il Ministro degli Esteri ha affidato la delegazione ufficiale del Governo italiano per il Congresso Internazionale d’architettura dell’Aja; così come ieri il Ministro della Pubblica Istruzione inviava a Madrid a rappresentare il Governo italiano alle onoranze a Goya il Segretario nazionale del Sindacato Artisti.
“Quanto cammino dalle prime incomprensioni e dalle prime resistenze.... burocratiche!
“Del Congresso dell’Aia fu a suo tempo dato ampio resoconto; basta qui ricordare che i numerosi architetti italiani intervenuti vi furono accolti molto festosamente, parteciparono molto proficuamente a tutti i lavori del Congresso, e valorizzarono in sommo grado l’ordinamento sindacale italiano che fu invocato come esempio da altre nazioni.

“Del prossimo Congresso degli Studi Romani che si terrà il 21 dirò che ho accettato di presentare una relazione e una proposta formale per la costituzione di un Ente per gli studi urbanistici, semplicemente perchè della futura organizzazione i Sindacati degli architetti, degli ingegneri e degli artisti dovranno essere massima parte, e i Sindacati degli architetti, anzi, come quelli che più direttamente sono interessati alla formazione delle belle città dell’avvenire, dovranno essere un poco i vessilliferil.

“Dovrei ancora trattenermi sulla cronaca dettagliata della nostra vita sindacale; ma già questa relazione, di cui spero non sfugga l’importanza, si va dilungando oltre misura. E abbrevio accennando appena:
1. - Che alla preparazione e al bando di parecchi concorsi non siamo rimasti estranei, così come siamo intervenuti e interverremo ogni volta che le norme non risultino chiare e non suscettibili di equivoci pericolosi;
2. - Che il Sindacato di Roma organizzò nello scorso anno una riuscitissima mostra provinciale che testimoniò della vitalità e della nobiltà di intento dei numerosi architetti inscritti.
3. - Che finalmente in questi giorni la Segreteria Nazionale ha patrocinato una mostra di architettura razionale organizzata da un gruppo di inscritti al Sindacato, affermando così che nella famiglia sindacale hanno diritto di cittadinanza tutte le tendenze, tutte le scuole e tutti i tentativi se nobilmente intesi alla ricerca di quello che bene ha detto S. E. Bottai nel suo caldo saluto, deve essere lo stile del nostro tempo, o meglio ancora del tempo che verrà.

“Della magnifica soluzione data al problema della stampa di classe è stata data ampia notizia sulla Rivista medesima.
“Mi limiterò ancora una volta a ringraziare l’editore Dott. Tumminelli che la Rivista e i suoi mezzi ha messo a nostra completa disposizione, e aggiungerò la sollecitazione ai segretari provinciali perchè vogliano regolarmente inviare materiale per le cronache sindacali e segnalare quanto più interessa la classe, nonchè provvedere ad assicurare alla Rivista numerosi abbonamenti.

“Il passaggio al Sindacato della “Rivista dei Cultori di Architettura” è stato seguito anche da una radicale trasformazione di questa gloriosa Associazione; Roma diede anche in questo l’esempio; con rapidità di direzione ed unanimità di consensi, l’Associazione, benemerita di tante proficue ricerche e di tante vittoriose battaglie, diveniva Circolo di Cultura del Sindacato assicurando così a quest’ultimo il prezioso concorso di insigni studiosi e il largo contributo di mezzi atti alla diffusione della cultura e alla riuscita della buona battaglia.
“Successivamente Napoli e Milano seguirono l’esempio e le altre grandi città si apprestarono a costituire il loro Circolo di cultura modellato sullo Statuto tipo che da Roma è stato inviato ai Segretari Provinciali.
“Così ogni Sindacato deve avere il suo centro di convegno e di raccolta di quanti si interessano professionalmente dei problemi di arte e di edilizia, e nell’atmosfera serena creata dagli studiosi, deve guidare ogni azione che quei problemi investono, demandandola appunto al Circolo di Cultura che deve essere però una precisa emanazione del Sindacato.

“Con l’applicazione di un decreto del Ministero delle Corporazioni di prossima pubblicazione, i nostri Sindacati si raggrupperanno in formazioni regionali; minore dispersione di forze, quindi, e maggiore autorità di nomi e di massa.
“Ma i gruppi provinciali devono sussistere come elementi del Sindacato regionale, distinti per provincia perchè distinti devono essere negli albi professionali, perchè distinti devono svolgere la loro opera di vigilanza e di azione là dove la loro opera necessita.
“Veramente il primo Congresso avrebbe dovuto essere meglio convocato a inquadramento completo; ma se ciò non è stato possibile, noi sappiamo che, anche ammesso che in qualche centro siamo ancora in difetto di procedura formale, la compagine della nostra grande famiglia è ormai salda e compatta, le selezioni sono già avvenute virtualmente, e la fiducia dei capi può assisterci con la fiducia di una ubbedienza disciplinata e severa.
“Ad essi dunque io esprimo in vostro nome, camerati di tutta Italia, la immutata gratitudine della Classe, così come al Duce, che il nuovo volto della Patria sta plasmando con la sua volontà infiammata, io offro per tutti gli architetti italiani la consapevole dedizione delle loro virtù migliori, delle loro aspirazioni più alte, delle realizzazioni loro più nobili e possenti”.

Al termine della lettura tutti gli intervenuti in piedi acclamano il segretario generale e l’acclamazione è ripetuta quando l’avv. De Bernardis dichiara ed interpreta gli applausi come un voto di consenso e di riconferma del suo mandato all’Arch. Calza Bini.
Domanda la parola Aloisio di Udine per chiedere che la relazione del Segretario Generale venga pubblicata e distribuita a tutti i Sindacati, proposta che viene approvata per acclamazione.
Non avendo nessun altro congressista domandata la parola sulla relazione stessa, si passa alla trattazione dei singoli temi proposti al Congresso; il Presidente invita il Prof. Giovannoni a svolgere il tema a lui affidato sui piani regolatori.

I PIANI REGOLATORI

Salutato da vivi applausi, l’oratore entrando subito nel vivo della questione, svolge i seguenti concetti:
“Segnale la vitalissima importanza del tema da cui dipende lo sviluppo delle moderne città italiane nell’avvenire, e dell’altro lato, la conservazione del loro mirabile carattere di arte e di ricordi in cui le ha composte il passato. Ai tanti danni che negli ultimi decenni si sono prodotti, per una insufficiente preparazione in questo vasto campo, nel quale il fenomeno dell’urbanesimo ha di tanto proceduto la scienza e l’arte urbanistica, contrappone la nuova coscienza che ormai si va formando in Italia e che si esprime in concorsi, in studi, in pubblicazioni, in un confortante movimento di pensiero che ovunque si manifesta.
“A determinare la complessità del tema, illustra alcuni postulati relativi al suddividersi dello studio in temi minori, quali la formazione di un piano regionale, lo sdoppiamento nelle varie arterie dei vari tipi di traffico, la ripartizione dei vari quartieri secondo diverse zone fabbricative, i criteri di estetica o monumentale o pittoresca, e sopratutti i sistemi per l’avviamento della nuova edilizia che si innesta all’antico nucleo, dando al vecchio ed al nuovo la possibilità di vivere nel proprio ambiente senza contrasti e senza interferenze.
“Afferma che tali problemi debbono in Italia, come lo sono all’estero, essere anzitutto di competenza degli architetti, pur nella collaborazione coi tecnici specialisti dei vari impianti e dei vari mezzi di comunicazione; ma ne trae la dimostrazione che debba intensificarsi ognor più la preparazione adeguata nelle scuole e nelle opere di cultura del sindacato, con le pubblicazioni, con le conferenze, col promuovere sempre più i pubblici concorsi per i piani regolatori, con la formazione di uffici urbanistici nelle principali città. E, dallo studio delle caratteristiche edilizie dei centri italiani, spesso mirabili per logica e per armonia artistica, ritiene debba sorgere tutta una nuova scuola nostra, che ci svincoli anche in questo dalla imitazione dall’estero.
“Questa opera di divulgazione e di propulsione deve estendersi dagli architetti al pubblico e segnatamente alle classi dirigenti, che dalle questioni urbanistiche che debbono alfine intendere l’importanza immensa a debbono secondare efficacemente, coi programmi amministrativi e finanziari lo svolgersi razionale dei piani regolatori. Solo allora potremo dire che le città italiane saranno salve dai danni degli improvvisatori e degli interessati, che troppo spesso vogliono arbitrariamente mutarne il carattere e costringerne lo sviluppo, e potranno nuovamente unire la utilità con la bellezza”.
La dotta relazione è salutata da vivissimo consenso; l’Arch. Calza Bini ringrazia il Prof. Giovannoni, Maestro caro a tutti gli studiosi d’Italia, per aver voluto portare nei lavori del Congresso, la nobiltà delle sue concezioni.
L'Arch. Pantaleo di Napoli si associa al plauso tributato all’illustre studioso. Ricorda la relazione sullo stesso tema, che egli ha presentato a nome del Sindacato di Napoli e chiede tra le approvazioni generali che la relazione Giovannoni sia pure pubblicata e distribuita a tutti i sindacati.
L’Arch. Medori a conclusione delle discussioni presenta il seguente ordine del giorno:
“Il congresso nazionale dei Sindacati degli Architetti, riunito per la prima volta in Roma, udita la relazione fatta dal Prof. Giovannoni, membro del direttorio del Sindacato di Roma, in materia di piani regolatori, constatato che, mai come adesso il risveglio dell’attività edilizia è stato forte e sentito da tutti per l’impulso dato dal fascismo a tutte le attività intellettuali del lavoro, fa voti perchè i Sindacati degli Architetti siano chiamati collegialmente a dare il contributo della loro competenza professionale nella grande opera di costruzione, che lo Stato si accinge ad attuare attraverso ad una sana e continua politica del lavoro”.
L’ordine del giorno è approvato.

I CONCORSI

Sul secondo tema dei concorsi riferisce brevemente l’Architetto Venturi di Roma, il quale, accennando alle condizioni in cui si trova l’Architettura in Italia e all’importanza delle pubbliche gare, fa voti, che il Sindacato architetti promuova una larga azione perchè il sistema di concorsi sia sempre applicato quando si tratti di opere pubbliche di carattere artistico ed architettonico.
Segue Torres di Venezia che presenta un suo elaborato per un regolamento dei concorsi di architettura contenente 16 capitoli sui vari titoli del regolamento, e 12 punti fondamentali riguardanti la forma e la modalità dei concorsi.
Melis di Torino osserva che 4 soli dovrebbero essere secondo lui i punti fondamentali da tener presenti, vertenti specialmente: sulla sincerità del Concorso e sulla abolizione della anonimia; sulla competenza dei sindacati a predisporre i bandi e a nominare la giuria; sulla limitazione degli elaborati da richiedere concorrenti, con una eventuale suddivisione in due gradi dei concorsi; e finalmente sulla necessità che la direzione dei lavori venga affidata allo stesso vincitore per la maggior garanzia dell’esatta interpretazione dei progetti.
Sull’argomento dei concorsi parlano anche, attentamente ascoltati, l’Arch. Canizzaro che invoca un codice dei concorsi e cita l’esempio delle associazioni professionali inglesi; Negri, che ricorda lo studio che per il regolamento dei concorsi è stato diligentemente compiuto dalla Associazione dei Cultori di Architettura in Roma; Pantaleo, che presenta a nome del Sindacato di Napoli, una relazione invocante la legge per i concorsi; ed in fine Rocco e De Finetti di Milano, Del Debbio, Boni e Giaccio di Roma.
Riassume la discussione Calza Bini, assicurando che sarà compito del direttorio nazionale raccogliere le proposte dei vari sindacati e compilare uno schema di programma per l’azione da svolgere presso tutti i pubblici uffici, affinchè il sistema di concorsi per le opere di architettura abbia la più grande diffusione col controllo dei Sindacati Nazionali. Ricorda l’azione già svolta in tal senso e manda un voto di plauso al Ministro Ciano per il bando di concorso emanato per il Palazzo delle Poste di Napoli.

LE SCUOLE SUPERIORI DI ARCHITETTURA

Sulle scuole superiori di architettura parla l’Architetto Calza Bini, e dichiara non poter riferire dettagliatamente su quanto si sta preparando per il funzionamento delle scuole stesse, in quanto la commissione governativa all’uopo nominata dal Ministro della P. I., non ha ancora presentate le sue conclusioni.
Poichè, però, nelle sue qualità di rappresentante il sindacato, egli sarà il relatore della commissione, assicura i camerati intervenuti che il sindacato darà opera affinchè quello che era ed è il caposaldo dell’azione sindacale per la formazione della grande classe degli Architetti Italiani, la creazione cioè delle Scuole di Architettura, sarà norma e guida per la vita dei sindacati.
Fagnoni, Brizi e Chiaromonti di Firenze e Torres di Venezia ringraziano.
Melis, dolente di avere il coraggio di portare una nota in genere poco accetta, osserva che le naturali sedi degli studi d’Architettura di carattere superiore dovrebbero rimanere, come furono fin ora, le sezioni di Architettura dei Politecnici e delle Scuole d’Applicazione per gl’Ingegneri.
Il Prof. Giovannoni osserva che dette sezioni di architettura virtualmente esistenti da moltissimi anni, non diedero in molte Università buoni risultati ed andarono deserte o quasi. In realtà lo studio dell’Architettura, pur dovendo inglobare integralmente tutte le cognizioni scientifiche necessarie per poter con piena competenza ideare ed eseguire edifici di carattere anche modernissimo e quindi tecnicamente difficile; tuttavia, essendo sopratutto arte, esige un abito mentale molto diverso da quello abituale ai tecnici puri e per conseguenza ha bisogno di un ambiente di formazione del tutto autonomo avente caratteri assolutamente propri.

QUESTIONI VARIE TRATTATE DAL CONGRESSO

Successivamente, ancora sui temi dei concorsi, dei piani regolatori e su altri aspetti dei problemi edilizi di maggiore attualità, parlano gli Arch. Passarelli, Negri, Venturi e Lesciutta di Roma, Torres di Venezia, Aloisio di Udine, Chiaramonti e Brizi di Firenze, Rocco di Milano, Pantaleo di Napoli, il quale insiste particolarmente sulla necessità della sorveglianza per parte del sindacato, sull’architettura delle costruzioni rurali, specialmente in occasilone delle prossime concessioni di credito agrario. L’Arch. Calza Bini riassume sempre le discussioni concretando la formulazione dei voti. Il Congresso a conclusione di tutto ciò ed unanimemente, approva le seguenti deliberazioni:

I°) Il Congresso fa voti perchè in tutti gli uffici preposti ai pubblici lavori, sia istituito uno speciale ufficio progetti con a capo un architetto, il quale, con la sua particolare sensibilità e versalità, possa intervenire in difesa di tutto quanto abbia attinenza con l’arte e l’estetica cittadina.

II°) Il Congresso, preoccupato della grave e generale crisi edilizia che non accenna ancora a risolversi, tanto nell’interesse sociale quanto in quello sindacale, fa voti che i provvedimenti che il Governo Fascista ha presi o sta per prendere, valgano a risollevare dall’attuale letargo, l’industria edilizia nazionale, e si augura che, a migliorare la parte estetica delle costruzioni, i Comuni possano istituire speciali premi per gli edifici esteticamente migliori.

III°) Il Congresso, appresi con leggittima soddisfazione i provvedimenti che sono stati adottati per la rinascita agraria, specialmente nel Mezzogiorno, ritenendo che sia compito del Sindacato vigilare che sia tutelata anche la bellezza del paesaggio italiano, fa voti che per tutte le costruzioni che dovranno essere eseguite per le bonifiche e per lo sviluppo nelle borgate rurali, si assicuri una forma artistica, che, nella sua assoluta semplicità, aderisca al paesaggio, contribuendo anzi alla bellezza della linea paesistica stessa. E pertanto richiede che alle commissioni per il credito agrario partecipi un architetto.

IV°) Il Congresso, esaminate le varie e complesse ragioni che inceppano lo sviluppo dell’Industria edilizia, ritiene di dover richiamare l’attenzione delle superiori gerarchie anche sulla questione dei prezzi dei materiali, il cui aumento ingiustificato contribuisce, insieme al permanere di condizioni vincolistiche degli affitti, ad impedire quella larga e feconda ripresa dell’attività costruttiva quale è richiesta dall’aumento demografico del paese.

V°) A complemento delle comunicazioni fatte sull’importantissima questione dei Piani Regolatori, il Congresso, ritenuto che, fondamentale principio per l’attuazione dei piani medesimi sia la base finanziaria, che ne consenta la più ampia e completa concezione; considerato che la legislazione attuale permette da un lato la espropriazione iniqua a prezzi di troppo inferiori al normale valore e dall’altro acconsente l’ingiustificato eccessivo arricchimento di proprietari di terreni beneficati dalle opere ed impianti pubblici, fa voti che nella nuova legislazione:
a) sia introdotto un sistema che renda possibile il rapido esproprio di terreni e fabbricati da demolire solo col pagamento del giusto prezzo delle proprietà stesse;
b) sia costituito per legge in entità unica il Consorzio dei piccoli proprietari di più lotti, specialmenti quando si tratta di agglomerati edilizi da abbattere per il risanamento di vecchi quartieri;
c) siano messe in grado le amministrazioni cittadine di disporre dei finanziamenti necessari per provvedere a vaste espropriazioni di terreni, costituendo così un demanio comunale che sia preziosa riserva di ricchezza per il futuro.

NOMINA DEL DIRETTORIO NAZIONALE DEI SINDACATI ARCHITETTI

Prima di chiudere l’importante seduta il Presidente De Bernardis da lettura di una lista di nomi proposti per il Direttorio Nazionale dei Sindacati.

L’Assemblea li approva a grandissima maggioranza.

Essi sono:

Brioschi Diego - Boni Giuseppe - Chierici Gino - Fabiani Massimiliano - Fagnoni Raffaello - Fichera Francesco - Magni Giulio - Milani Gian Battista - Stacchini Ulisse - Sullam - Venturi
Calza Bini: Segretario Nazionale Generale.

Tra gli applausi l’assemblea è sciolta.

LA GIORNATA DI DOMENICA 15 APRILE

Dopo una cordiale seduta di congedo svoltasi la mattina presso la Sede dell’Associazione Cultori di Architettura, i congressisti si riuniscono a cordiale e frugale simposio sotto uno dei mirabili viali della Villa Celimontana, ove fra la generale letizia si rinsaldano i vincoli di fraternità degli architetti italiani.
Nel pomeriggio, i congressisti si recano successivamente a visitare due fra i più importanti lavori di liberazione e ripristino di monumenti romani, attualmente in corso. Prima, quello del Foro di Traiano, con la preziosa illustrazione del Senatore Corrado Ricci, coadiuvato dal Professor Quirino Giglioli. I congressisti hanno il modo di ammirare un interessantissimo insieme di costruzioni, su cui esistevano, fra gli studiosi, controversie, ora appianate. Si tratta di una delle due esedre terminali del Foro di Traiano, separata mediante una via con andamento semicircolare, da un curiosissimo e sufficientemente conservato edificio, antico mercato. Gli illustratori chiariscono, come, essendosi dovuto all’epoca di Traiano, procedere al taglio del monte (in corrispondenza all’attuale Magnanapoli) che occupava l’area prescelta pel Foro, s’imponesse la necessità di sostenere la spinta delle terre; e come si pensasse di erigere a tale scopo l’anzidetto edificio addossato al monte, a piani sovrapposti e con un solo corpo di fabbrica semicircolare secondo l’andamendo dell’antistante esedra del foro, suddiviso da muri radiali in settori circolari, quasi piccole celle disimpegnate da corridoi interni, ciascuna da adibirsi a bottega. I vari piani del mercato erano messi in comunicazione mediante rampe e scale e gli ambienti interni erano usati come cantine o magazzini. Sopra la cerchia del mercato correva la “Via Biberatica”; ed a monte, verso l’attuale torre delle Milizie, sorgevano altri edifici, pure facenti parte del mercato, ora messi in luce chiaramente. L’insieme di tali frammenti costituisce una zona archeologica interessantissima che viene vivamente ammirata dai congressisti.
Successivamente, l’Arch. Calza Bini invita i colleghi a visitare le opere di ripristino e liberazione del Teatro di Marcello che si vanno svolgendo sotto la sua direzione personale, ed egli stesso è guida preziosa nell’illustrare le peculiari caratteristiche dell’Edificio che appare ormai libero dalle congerie di costruzioni parassitarie che fino a poc’anzi lo opprimevano. Il Calza Bini mostra ai congressisti i rilievi eseguiti in seguito ai nuovi studi, che correggono o completano la conoscenza del monumento.
Terminate le visite, il I° Congresso Nazionale dei Sindacati degli Architetti, si scioglie.

ASSEMBLEA GENERALE DEL SINDACATO DI ROMA E PROVINCIA.

Il giorno 9 aprile nella Sede del Sindacato in Via degli Astalli ha avuto luogo l’assemblea Generale dei Sindacati di Roma e Provincia, durante la quale è stato approvata con molti applausi la relazione del Segretario uscente Arch. Corrado Medori e quella del triumvirato di transizione, esposta dall’Arch. Vincenzo Fasolo.
L’assemblea per acclamazione, nominò il nuovo direttorio nelle persone degli Architetti: Bobbio, Boni, Del Debbio, Giovannoni, Medori, Venturi, Zaccagna. L’Arch. Vincenzo Fasolo fu nominato Segretario Provinciale.
L’assemblea era presieduta dall’Avv. Comm. De Bernardis, fiduciario provinciale dei Sindacati Intellettuali; era altresì presente l’Arch. Alberto Calza Bini, Segretario Generale del Sindacato Nazionale Architetti.

COMMISSIONE PER LE ISCRIZIONI NEGLI ALBI DEGLI ARCHITETTI

Sulla vitalissima questione, che tanto interessa la nostra classe, della formazione degli Albi degli Architetti, è opportuno che gli iscritti al Sindacato siano edotti delle varie vicende relative al funzionamento della Commissione ministeriale istituita ai termini della Legge 24 giugno 1923.
La lettera del chiarissimo Prof. Giovannoni, presidente della Commissione suddetta, di cui qui si pubblica copia, espone lucidamente quale sia lo stato dei lavori, e riassume le ragioni dell’avvenuta interruzione dei lavori stessi; ragioni, ora, finalmente in parte eliminate:

Roma, 6 aprile 1928.

Chiarissimo Signor Gran Uff. Prof. A. Calza Bini Segretario del Sindacato Naz. Fascista degli Architetti

“Ritengo opportuno che Ella sia edotto dell’opera svolta dalla Commissione ministeriale, da me presieduta, incaricata delle iscrizioni nell’Albo degli Architetti; ed insieme desidero riassumerLe le ragioni, già del resto, a Lei note, della interruzione intervenuta in questi nostri lavori, da cui derivano così gravi ed intollerabili inconvenienti per la classe degli Architetti.
“Nell’anno decorso ed ai primi del corrente anno la Commissione, dapprima, sotto la presidenza del compianto Prof. Manfredi, poi sotto la mia, ha tenuto circa 60 sedute giornaliere. Sono state in esse quasi compiutamente condotte a termine le iscrizioni per gli Albi del Lazio e della Lombardia, e sono state infatti regolarmente comunicate per la trasmissione alle varie Corti d’Appello. È stato inoltre compiuto un primo ampissimo esame per le seguenti regioni: Toscana, Veneto, Piemonte, Liguria, sicchè per esse poco manca ormai per raggiungere risultati definitivi. Sono invece ancora da iniziare gli esami dei titoli dei candidati per l’Emilia, la Venezia Giulia, la Venezia Tridentina, la Campania, le Marche, l’Umbria, le Puglie, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia, la Sardegna.
“Da un computo sommario del numero dei candidati, ritengo che il lavoro compiuto sia ormai superiore a quello da compiere ancora; e che per questo siano da prevedersi circa 10 sessioni di 5 o 6 giorni ciascuna, il che porterà certo, date le occupazioni di ciascuno di noi, un minimo di tempo di circa 5 mesi, da computarsi dal giorno in cui il Ministero ritenga possibile il nuovo inizio dei lavori. Nei riguardi dei consulenti regionali ritengo che siano necessarie da 20 a 25 loro convocazioni a Roma.
“Io spero che la proroga recentemente concessa, con R. D. L. del 5 gennaio 1928, n. 13, per la presentazione delle domande di iscrizione agli Albi non verrà a protrarre di molto le operazioni della Commissione. Converrà tuttavia risolvere il quesito se detta concessione vada interpretata nel senso di consentire presentazione di titoli suppletivi anche a coloro che tale domanda già abbiano fatto regolarmente ed in particolare a coloro su cui già siasi pronunciato negativamente il giudizio; nel qual caso evidentemente dovrebbe per moltissimi casi riprendersi l’istruttoria; ed il lavoro della Commissione ne risentirebbe un ritardo notevole.
“Tutto questo tuttavia vale se la Commissione potrà riprendere al più presto i suoi lavori e condurli avanti con continuità. Invece fino ad oggi nessuna decisione è intervenuta da parte del Ministero della Istruzione che consenta di riconvocare la Commissione stessa.
“Sta invece di fatto che i nostri lavori sono sospesi da oltre tre mesi; ma lo sono per una disposizione tassativa della Direzione generale per l’Istruzione superiore, che ha ritenuto essere impossibile procedere alla convocazione. E la ragione che mi è stata allegata riflette quella, che proviene dal Ministero delle Finanze, consistente nel rifiuto di ogni assegnazione dei fondi occorrenti pel funzionamento della Commissione: strana e non equa ragione invero, quando si pensi che gran parte dei candidati ha versato a tal scopo contributi che sommano a cifre cospicue, forse dieci volte superiori a quelle che ora occorrerebbero per le spese necessarie!
“Da questo stato di cose occorre assolutamente uscire, ed io ho fatto finora, in pieno accordo con Lei, tutte le pratiche possibili per eliminare gli ostacoli insorti, ma finora invano. In data 10 marzo u. s. ho scritto al Ministro della P. Istruzione una relazione, di cui Le comunicai copia, per precisare dati e fatti e per rappresentare il disagio gravissimo che la sospensione arreca a tanti professionisti ed al Sindacato stesso, che trovasi nella impossibilità di costituirsi regolarmente. Ho poi verbalmente assicurato i funzionari che non solo io, ma anche tutti i colleghi della Commissione ed i consultori delle varie provincie avremmo volentieri anticipato di nostra tasca le quote delle indennità per la convocazione della Commissione. Tutto finora è stato inutile; ed io ho dovuto e debbo nel modo più formale declinare ogni responsabilità per questo ritardo che tende a prolungarsi sine die, dichiarando esplicitamente che la Commissione da me presieduta ha fatto per intero il suo dovere ed è pronta a riprendere con rinnovata lena il suo lavoro.
“Nella speranza che la Sua azione energica ed autorevole riesca a risolvere queste difficoltà veramente umilianti, m’è grato inviarLe i miei migliori saluti

dev.mo
GUSTAVO GIOVANNONI.

L’opera della Segreteria del Sindacato si svolgeva intanto assiduamente ed infaticabilmente, come è stato ampiamente riferito nella relazione presentata al Congresso Nazionale, per eliminare le difficoltà così inopinatamente sorte e così chiaramente indicate nella lettera del Presidente della Commissione. Essa si è rivolta ai Ministeri di Grazia e Giustizia, della Istruzione e delle Finanze, a cui ha rappresentato lo stato di gravissimo disagio recato al funzionamento del Sindacato da un così ingiustificato ritardo. Siamo ora ben lieti di dar notizia che dopo un ultimo colloquio avuto con l’intervento dell’On. Rossoni, da S. E. il Ministro Volpi, la seguente lettera diretta al Segretario Generale del Sindacato, ci ha dato notizia essere tutte le difficoltà superate.

Preg.mo Arch. A. Calza Bini,
Segretario Generale
del Sindacato Nazionale Architetti

In relazione al Suo interessamento, Le comunico che, a seguito delle intese corse col Ministero della Istruzione, per il fabbisogno supplettivo per le spese di funzionamento delle Commissioni per la formazione degli Albi degli Ingegneri ed Architetti, è stato stabilito di assegnare un fondo complementare, per il volgente esercizio finanziario, di L. 50.000.
Il relativo provvedimento di bilancio sarà sottoposto all’esame del Consiglio dei Ministri nella sua più prossima adunanza.
Cordialità
firmato: Volpi.

Dopo ciò la solerte Commissione Ministeriale si è subito riconvocata ed il 1 Maggio ha nuovamente iniziato i suoi lavori, che siamo certi saranno condotti rapidamente a termine.
A proposito di questi lavori e della portata del R. Decreto-Legge 5 gennaio 1928 che concedeva una proroga a tutto il 30 aprile 1928, è opportuno riportare qui una lettera interpretativa del Ministero di Grazia e Giustizia in risposta ad un quesito rivoltole dalla Commissione suddetta:
“Sembra a questo Ministero che, essendo stato prorogato al 30 aprile p. v. il termine per la presentazione delle domande di cui in oggetto, tutti indistintamente coloro che non abbiano, entro i termini precedentemente stabiliti, presentata istanza di iscrizione negli albi degli Ingegneri ed Architetti, possano fino al 30 aprile p. v. presentare le domande stesse e i documenti relativi.
“Si ritiene del pari che non sia consentita la presentazione di nuovi documenti a corredo di domande già presentate e non definite.
“Sullo specifico quesito poi, proposto col foglio sopra indicato, si osserva che, essendo in sostanza il parere della Commissione un semplice atto amministrativo, rientri nel criterio discrezionale della Commissione stessa il ritornare o meno sulle deliberazioni prese in base a nuovi elementi di giudizio che le fossero forniti, almeno fino a quando non abbia trasmesso gli atti al Presidente del Tribunale e alle Giunte dei sindacati a norma dell’articolo 68 secondo capoverso del Regolamento 23 ottobre 1925, n. 2537”.
La Commissione quindi ha nell’iniziare nuovamente i suoi lavori, ottemperato alle condizioni suindicate, stabilendo altresì che la proroga concessa con R. D. L. 5 gennaio 1928 si riferisse esclusivamente alle domande in ritardo, ma non dovesse riaprire i termini fissati dalla legge al 30 aprile 1927 relativi alla documentazione della attività professionale.

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