FASCICOLO IV - DICEMBRE 1928
NOTIZIARIO

CORRIERE ARCHITETTONICO

IL CONCORSO PER UN PALAZZO DELLA CASSA DI RISPARMIO
DELLE PROVINCIE LOMBARDE IN MILANO

Nel 1926 venne bandito dalla Cassa di Risparmio per le Provincie Lombarde un concorso per un palazzo destinato a nuova sede.
Numerosi furono i concorrenti - dei quali sei furono premiati. - Il primo premio di L.40.000 fu vinto dall’Arch. Carlo Polli di Trieste, il cui progetto presentiamo qui ai lettori della Rivista.
Il lavoro ha pregi notevoli nella soluzione planimetrica, tutt’altro che facile, pei vincoli offerti dall’area assegnata: l’architettura aderisce con serietà a forme classiche normali.
Anche questo concorso, come tanti altri, purtroppo, non è destinato ad essere realizzato.
P.M.

NOTIZIARIO

IL CONCORSO PER L’ESECUZIONE DI OGGETTI ARTISTICI
PROMOSSO DALL’ ENTE NAZIONALE PER LE PICCOLE INDUSTRIE

Il benemerito Ente Nazionale per le piccole industrie, perseguendo la sua utile azione volta al rifiorire delle arti applicate ed al risorgere del buon gusto, nelle forme minori dell’arte decorativa, bandì, nell’aprile scorso, un concorso per l’esecuzione di oggetti artistici d’uso casalingo, su disegno di artisti ben noti. Il giorno 9 corrente, nel padiglione degli Architetti dell’Esposizione di Torino, si riunì la Giuria nominata per l’assegnazione dei premi, composta dai seguenti membri: Gr. Uff. Ing. Beppe Ravà, presidente dell’Ente e della Giuria, e dai commissari signori Luigi Chessa pittore, Ing. Arch. Umberto Cuzzi, Dott. Guglielmo Pacchioni, Arch. Annibale Rigotti, Gr. Uff. Edoardo Rubino. Detta Giuria assolse il suo compito, redigendo poi una relazione che pubblichiamo un po’ abbreviata.
«Premesso che scopo essenziale di questi concorsi che l’Ente Nazionale si propone di venir via via promovendo, è di creare nel campo delle Industrie Artistiche e Decorative la collaborazione più intima e spontanea che sia possibile tra l’artista ideatore e l’artigiano esecutore; convinti che soltanto da una tale fusione di fantasia inventiva e di lavoro manuale, la fabbricazione di mille oggetti destinati all’uso della vita pratica quotidiana potrà improntarsi di quella originalità di colori e di forme che non solo si accordi con la razionalità di costruzione e di uso, ma ne tragga anzi elemento nuovo di bellezza e di moderna e vivace educazione del gusto, i commissari unanimi lietamente riconoscono la utilità di tali concorsi e si augurano che le Ditte produttrici e i singoli artigiani ne intendano più apertamente il valore e vi partecipino in avvenire in un numero sempre maggiore ed in più serrata gara di emulazione.
Quanto all’oggetto del presente concorso, la Giuria è anche lieta di notare come i modelli presentati, se pure siano, per alcuni punti del programma, ad esempio della ceramica, in numero troppo più scarso di quanto si sarebbe dovuto verificare, siano invece per cura, per abilità di esecuzione e per serietà d’intenti, generalmente degni di incoraggiamento e di lode.
Venuta poi all’esame particolare di ciascuno dei modelli presentati, la Giuria ha deliberato:

1. - Oggetti di alabastro.
a) Lampada a sospensione su disegno dell’Architetto Brenno del Giudice. - Premio L. 2.000.

Assegna il premio al modello eseguito dalla Ditta Rossi Oreste e F. di Firenze, e propone l’acquisto per parte dell’Ente, del modello eseguito dalla Ditta Mauro Millul di Firenze.

b) Statuina su modello del prof. Luigi Andreotti e della sua scuola. - Premio L. 2.000.

La Giuria, tenuto conto dell’estrema difficoltà del compito proposto in questo numero del concorso all’artigiano che deve qui in qualche modo adeguarsi all’artista, rileva come la maggior parte dei modelli presentati mostrino or nell’uno or nell’altro particolare, buone qualità dl fattura, e qualità non trascurabili di mano.
Assegna il premio al modello eseguito dal sig. Mario Catalani di Sesto Fiorentino e giudica d’altronde buoni il modello eseguito dal sig. Mario Murelli di Firenze e l’altro contrassegnato dal motto «Arte e Lavoro».

2. - Lampada da tavolo per luce elettrica (disegno Arch. Emilio Lancia). Premio L. 2000.

Assegna il premio al modello eseguito dal sig. Moschione di Cividale ed esprime parola di lode alla esecuzione del sig. Arturo Massenz di Belluno.

3. - Servizio da the da eseguirsi in ceramica su disegno del prof. Giovanni Guerrini. - Premio L. 1.500.

È assegnato il premio al modello eseguito dal signor Cosimo Ettorre di Civitacastellana.

4. - Cuscino ricamato in seta su disegno del professor Giovanni Zecchin. - Premio L. 1.500.

La Giuria assegna il premio al n. 24 eseguito dalla Ditta Antonio Tancredi di Mantova, e designa per l’acquisto il modello opera della signora Adele Vianello di Treviso.

5. - Guarnizioni in bronzo per cassettone, su disegno dell’Arch. Tommaso Buzzi. - Premio L. 1.000.

Assentatosi il presidente della Giuria per incompatibilità, data la sua qualità di Presidente dell’Istituto Veneto per le piccole Industrie e per il Lavoro, la Giuria, preso atto che il Gruppo inviato da detto Istituto Veneto per le piccole Industrie e per il Lavoro si presenta fuori concorso essendo opera collettiva e non individuale, esprime all’indirizzo di detto Istituto vivissima lode per i pregi delle fusioni facenti parte di detto Gruppo.
Propone poi l’assegnazione del premio al Gruppo di fusioni inviato dalla Fonderia in Metalli di Varazze, e designa per l’acquisto quello eseguito dalla Ditta Soc. Fratelli Maffettini di Bergamo.
Oltre gli oggetti specificatamente indicati, la Giuria designa all’acquisto per parte dell’Ente Nazionale Piccole Industrie, tutti i modelli premiati al Concorso.
La Giuria raccomanda che la presente relazione sia fatta stampare, munita quando sia possibile dei clichés degli oggetti premiati e acquistati, su una rivista di grande diffusione e col mezzo di estratti si faccia anche conoscere i risultati del concorso presso i Sindacati Architetti, Artisti e Commercianti, così che da questo e dai concorsi avvenire sia da trarre il maggior possibile frutto.
Torino, 9 Ottobre 1928 - VI.

f.to: BEPPE RAVÀ
f.to: E. RUBINO - A. RIGOTTI - G. PACCHIONI
U. CUZZI - L. CHESSA.

IL NUOVO PARCO DI ANGORA

Per rispondere alle esigenze necessarie alla nuova funzione di Capitale, la città di Angora ha chiamato a raccolta urbanisti, architetti e tecnici rivolgendosi specialmente alla Germania. A studiare e a sistemare le nuove zone verdi che circonderanno la città è stato proposto uno specialista del genere, l’Arch. Giard. H. Otto Werner di Berlino, che i lettori della nostra Rivista già conoscono attraverso quanto della sua opera si è pubblicato nel fascicolo XI-1926-27.
Costretto nelle rigide linee di un piano regolatore stellare-radiale, l’architetto ha progettato questo grande parco che pubblichiamo e che estendendosi sulle due parti del Viale della Stazione, separerà questa dalla parte nuova della città.
Il parco è diviso in due grandi settori: l’uno riservato agli sports ed ai giuochi, e quindi conterrà un grande stadio, campi di tennis, campi di allenamento, campi per il calcio e per il «hockey». Vi sarà anche una lunga piscina natatoria con relative cabine per i bagnanti ed una costruzione per il Club.
L’altro settore, di maggiore ampiezza, costituirà il parco vero e proprio. Al suo centro un grande giardino di rose all’italiana circonderà un ristorante e degraderà a terrazza su di un’ampia vasca decorativa al di là della quale sarà uno apiazzo per i concerti all’aperto. Una speciale zona sarà riservata al giuoco dei bambini, i quali avranno a loro disposizione dei campi di sabbia ed una grandissima vasca circolare per il bagno ed il giuoco, a basso livello d’acqua, alimentata da un ruscello che attraversa l’intero parco.
Difficile era risolvere il problema dell’attraversamento del parco il quale per la sua ubicazione, separa, come si è detto, la stazione dai nuovi quartieri contenenti i palazzi della Posta, il Ministero della Guerra, il Parlamento, ecc. La soluzione è stata raggiunta mantenendo l’intero piano del parco ad un livello inferiore a quello delle strade che lo circondano e a quello del grande Viale della Stazione che lo divide in due parti, riunite invece da quattro sottopassaggi. Ne risulta che tutto intorno al parco si svolgerà una lunga ed alta passeggiata anulare di viali dalla quale si vedranno i giardini più bassi.
L’Arch. H. O. Werner ha studiato il problema sul posto ed ha studiato anche accuratamente la flora locale durante la primavera e l’estate dell’anno scorso.
L. PICCINATO.

CRONACA DEI MONUMENTI

PER ALCUNE FORTIFICAZIONI ITALIANE.

Tra i monumenti italiani che più subiscono gli oltraggi, non tanto delle intemperie o della intrinseca fatiscenza, quanto dell’opera degli uomini, sono certo i monumenti dell’Architettura militare del Medioevo e del Rinascimento, che pure tanto interesse destano, sia come testimonianze di una delle maggiori glorie della genialità tecnica italiana, sia come ricordi di storici eventi, sia infine come elementi pittoreschi nel paesaggio, che acquista per essi una suggestione ed una vita.
È necessario riconoscere che, nel prevalere troppo frequente dell’utilitarismo sulle ragioni ideali, è naturale che questo avvenga, poichè i castelli o le cinte fortificate quasi mai servono più ad uno scopo pratico, od almeno male vi si adattano.
Ma pure quasi sempre la minaccia contro la loro integrità parte non da cause positive, ma da pregiudizi, da banalità di concetti edilizi, da ignoranza che non sa trovare soluzioni atte a conciliare l’utile ed il bello, il vecchio ed il nuovo. Se un intelletto reso vigile ed acuto da un affetto verso quelli che possono dirsi i titoli nobiliari cittadini, presiedesse alle sistemazioni di città e di borgate d’Italia, quasi sempre si riuscirebbe a scongiurare i pericoli contro quei resti forti ed austeri su cui dovrebbe scriversi (ed ancora non si è fatto) la storia della nostra Architettura militare.
Alcuni recentissimi casi tipici sono quelli di Peschiera, di Portoferraio, di Orbetello.
A Peschiera l’intendimento, giusto e logico, di deviare dall’interno dell’abitato e da una ristrettissima porta il movimento di esterno passaggio che ora vi transita, si è tradotto nel progetto, combinato tra il Municipio e l’Ufficio del Genio Civile di Verona, per l’abbattimento di un ampio tratto della cortina di mura verso il lago di Garda e per la costruzione di una nuova banchina addossata alle mura che porterebbe sul lago stesso il nuovo tracciato. Il provvedimento oltre ad essere vandalico è assurdo; oltre che rovinare le importantissime mura che segnano tutti i perfezionamenti dell’arte difensiva e si collegano a tante pagine di storia, oltre che interromperne la continuità, distaccandole dall’acqua, che loro faceva mobile specchio, ed alterandone il bell’aspetto pittoresco, rappresenta un enorme spesa inutile, quando invece una breve rettifica della strada ed una breccia in una delle cortine interne avrebbero potuto raggiungere lo scopo con la massima facilità. Ma purtroppo non v’è nessuna probabilità che queste ragioni del sentimento e del buon senso prevalgano sulla faciloneria distruttrice.
Così a Portoferraio. Nell’abbattere le fortificazioni sotto Santa Fina, che racchiudono in modo così caratteristico la bella penisoletta, si trovano d’accordo il Ministero della Marina, quello della Guerra ed il Municipio. Scopo principale quello di trovare nell’area risultante dalla demolizione delle mura e dal riempimento del fossato lo spazio per formare una piazza d’armi e per costruire dei villini, come se piazza d’armi e villini non potessero trovare posto a duecento metri di distanza, lasciando alle mura, pur traforate dai necessari fornici, il loro aspetto, ben più bello certo di quello delle civettuole casette provinciali e forse anche lasciando loro una provvida funzione di difesa contro i forti venti marini.
Ad Orbetello le magnifiche mura spagnole ed il fosso Reale che le circonda trovansi sotto analoga minaccia per analoghe ragioni miserrime. Non trattasi certo dell’ampliamento incoercibile di un grande centro abitato, non delle ragioni dell’igiene, chè il fosso è direttamente congiunto con due bracci della laguna e basterebbe un lieve lavoro di dragaggio per espurgarlo e farlo tornare canale vivo. Sono le solite frasi generiche di chi vede nella distruzione di ciò che è antico una prova di modernità dinamica, tanto per fare, e di chi in particolare non s’accorge come Orbetello senza la bellezza delle sue mura diverrebbe una insignificante cittadina, priva di vero interesse. Ben altro dovrebbe essere il programma a saper intendere i sani concetti del moderno urbanismo ed insieme quelli della Storia e dell’Arte: sviluppare verso la stazione tutta una borgata di case e di opifici, razionalmente congiunta al vecchio centro mediante vie, portate a varcare il fosso coi ponti e le mura con nuove aperture; e sulla cerchia terrapienata, ora abbandonata e lurida, tracciare una corona verde di giardini e di viali, racchiudente nei bastioni campi di giuochi o scuole all’aperto od altre opere od altri istituti consimili: ridente passeggiata, elemento di bellezza e di civiltà, canto dell’amore tradotto in realtà, non col senso partigiano del popolo che, secondo la canina immagine carducciana, “i sassi addenta che non può mangiare”, ma con quello, ben più elevato, di una nazione che si rinnova sotto le insegne dell’antica grandezza e trae nuove energie dalla religione dei ricordi e dell’Arte.

COSENZA. - Nel duomo di Cosenza, uno dei più grandiosi e cospicui monumenti del Mezzogiorno d’Italia, che pur nei tanti rifacimenti e nelle tante aggiunte serba ancora il magnifico carattere gotico, si sono da tempo iniziati complessi restauri, parte di consolidamento, parte di liberazione, parte di completamento. Ma se l’iniziativa è ottima, l’attuazione non manca di suscitare preoccupazioni gravi, le quali si esprimono in vivacissime polemiche locali. Pur sceverando in questo tutto quanto può esservi di personale e magari di sindacale, chè l’interesse del momento è ben maggiore e più permanente delle questioni di persone o di classi, rimane sempre che un vero ordine di lavori, un chiaro progetto ben dimostrato da indagini e da precisi criteri, non esiste od almeno non è stato presentato all’approvazione del Ministero e del Consiglio Superiore per le Antichità e le Belle Arti.
Troppo arduo è il tema, troppo gravi le responsabilità ed i pericoli che implica perchè le cose possano svolgersi in tal modo. Nei restauri non possono prevalere, di contro alle ragioni dell’Arte e della Storia, quelle della fretta, dell’orgoglio personale, della faciloneria, che affronta i problemi senza sapere dove si vada a finire; nè i criteri rigidamente ed onestamente scientifici del ripristino sono ancora così diffusi perchè una attuazione mal controllata offra serie garanzie che essa non si risolva in una offesa grave ed irrimediabile. Meglio lasciare un monumento com’è anzichè restaurarlo male.
GUSTAVO GIOVANNONI.

COMMENTI E POLEMICHE

COSTRUZIONI MILITARI.

Un campo in cui l’Architettura non ha potuto, non dirò operare, ma neanche affacciarsi, è quello degli edifici militari, e specialmente di quelli adibiti a caserme, eretti dal Genio militare. Accanto alle inestimabili benemerenze che l’Arma del Genio ha avuto ed ha, in guerra ed in pace, in tanti rami della tecnica e dell’arte bellica, ed anche negli studi storici sull’architettura militare dei passati periodi, perchè mai si lascia permanere questo assurdo stato di cose, che in tema così importante fa prevalere la incompetenza, con grave danno della utilità e dell’Arte?
Salvo infatti pochissime eccezioni, la caserma italiana è come organismo la negazione della logica e dell’igiene, come espressione esterna la negazione dell’Arte.
In altre nazioni hanno maturato nuovi tipi razionali, studiati in ogni lor parte: caserme a piccoli padiglioni, arieggiate e bene orientate, munite di palestre e di campi di giuoco, logicamente distribuite in relazione alle diverse esigenze; da noi siamo rimasti ai tipi stereotipati di sessanta o settanta anni fa, coi corridoi scuri interminabili, con la successione delle camerate insufficientemente arieggiate ed illuminate, coi cessi privi di anticesso che diffondono il loro fetore per tutto l’edificio; e l’esterno è tutto monotono, uguale, burocratico, senza che alla differente funzione delle varie parti risponda un qualunque ritmo architettonico. Talvolta, è vero, vengono a ravvivarlo e ad imprimerle carattere, i merli finti medioevali ovvero gli svolazzi di un liberty in ritardo....
Poco tempo fa un alto ufficiale del Genio, ad una timida osservazione sulla malsana distribuzione di una grande caserma nuova (per la cui costruzione si spenderà una diecina di milioni) rispondeva allegramente: «Non deve essere mica un sanatorio! Si tratta di giovani robusti, che se ne infischiano dell’igiene!». E la risposta è tipica di una mentalità arretrata, che non può sussistere nella nuova Italia. In contrapposto con essa deve avanzarsi tutto un programma. Basta cogli edifici male adattati o mal costruiti in cui troppo spesso intristisce la nostra gioventù. La caserma italiana deve divenire un modello di edificio utile, sano, ben disposto, semplicissimamente ma decorosamente conformato ed arredato.
Il tema è arduo e non v’è da far colpa a nessuno se finora non è stato affrontato con criteri e con mezzi adeguati. Il difetto non è delle persone, ma degli ordinamenti didattici, dei pregiudizi professionali, accentuati dalla rigidezza della burocrazia militare, che male consente la selezione delle attitudini e delle competenze. Come a qualunque ingegnere che si laurea dalle Scuole di Ingegneria, con una preparazione architettonica insufficiente per la grande massa dei giovani è aperto il campo dell’Architettura, od almeno dell’Architettura privata, così tutti gli ufficiali che escono dalla Scuola d’applicazione di Torino, con una coltura ed un tirocinio nel campo dell’Architettura talmente embrionali da non essere neanche paragonabili a quelli degli ingegneri (ed è stato grave torto averli ammessi, senza studi ulteriori in questo campo, a sostenere le prove per la laurea di ingegnere civile) sono autorizzati a progettare edifici militari. Per chi, come il sottoscritto, ha potuto vedere i disegni orribili che sono la produzione ordinaria di quella Scuola non può destare meraviglia se i risultati di errato studio pratico ed economico, di disposizioni insalubri, di forme di mal gusto si diffondono in Italia.
I rimedi dunque debbono risalire alla sorgente e debbono consistere nella adeguata preparazione di pochi specialisti. Se non è possibile (e per molte ragioni non credo che lo sia), introdurre architetti «laici» tratti dalla professione privata, a progettare edifici militari, si addestrino, almeno per ora, alcuni ufficiali del Genio con corsi di perfezionamento nell’architettura. La loro vita sarà per qualche tempo difficile. Si troveranno di fronte al superiore che, per essere di grado più elevato, vorrà saperne più di loro; si troveranno di fronte al vieto pregiudizio che vede nell’Architetto il disegnatore d’inutili progetti su piante immaginate da altri, e non colui che progetta razionalmente ed armoniosamente tutto l’organismo dell’edificio coordinandone le esigenze positive, attinenti alla destinazione, con quelle costruttive, con le economiche, con le estetiche. Poi pian piano la competenza si farà strada e con essa il buon gusto ed il buon senso italiano. Ma intanto si richiegga costantemente una effettiva revisione dei progetti di edifici militari; la quale potrebbe dare serio affidamento se demandata al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, quando questo, con una stretta cooperazione, che noi auspichiamo, col Consiglio Superiore delle Belle Arti nel campo della produzione architettonica, unisse alla sua indiscussa competenza tecnica, quella nel campo dell’Architettura e dell’Arte.
GUSTAVO GIOVANNONI.

SINDACATO NAZIONALE ARCHITETTI

PAGINE DI VITA SINDACALE

COMUNICAZIONI DELLA SEGRETERIA NAZIONALE
DEL SINDACATO

NOTIZIE SULLA NUOVA STRUTTURA DELL’ INQUADRAMENTO SINDACALE.

Come è noto, con recenti provvedimenti è stato revocato il riconoscimento giuridico della Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti e le Federazioni che ne facevano parte furono trasformate in distinte ed autonome Confederazioni Sindacali di Categoria.
Non si darà attuazione all’ulteriore creazione delle due Confederazioni Generali di datori di lavoro e di lavoratori. In conseguenza di ciò, le massime organizzazioni Sindacali diventano ora dunque 13; 6 di datori di lavoro, già da tempo costituite e riconosciute; 6 di lavoratori, parallele alle prime; la 13a Confederazione raccoglie infine gli esercenti un’arte od una professione, la categoria cioè che non ha e non può avere una corrispondente organizzazione di datori di lavoro.
A reggere la Presidenza di detta 13a Confederazione che, attualmente denominata «Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti Professionisti ed Artisti», corrisponde nell’inquadramento precedente alla Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti Intellettuali, è stato mantenuto il Gr. Uff. Avv. Giacomo Di Giacomo.
In occasione dell’avvenuta trasformazione della Confederazione e della sua nuova nomina, il Gr. Uff. Di Giacomo inviò un telegramma di ossequio a S. E. il Capo del Governo, il quale si compiacque rispondere col seguente messaggio:

«Ricevo vostro telegramma di saluto. Potete assicurare i vostri organizzati che la nuova sistemazione delle loro forze ne aumenterà l’efficienza e lo sviluppo e potete aggiungere che il Regime, come ha fatto fin qui, anche nel futuro terrà fede al suo programma di continua effettiva elevazione morale e materiale del Popolo lavoratore italiano.
«MUSSOLINI» .

Nel momento in cui, per la nuova forma data alla ex Confederazione dei Sindacati Fascisti intellettuali alla quale anche noi apparteniamo, l’On. Edmondo Rossoni cessa di dirigerne le sorti, ci è grato inviargli un caldo e grato saluto, ricordando quanto ha fatto per il riconoscimento della nostra Categoria.
All’On. Gr. Uff. Giacomo di Giacomo, che, con tanto acume presiedette alla nostra Confederazione nella sua forma precedente e che con rinnovato fervore continuerà la sua opera nel nuovo inquadramento, colla missione di tutelare, nel quadro generale dell’armonico organismo sindacale, gli interessi morali e materiali del lavoro intellettuale, rinnoviamo le espressioni della nostra più completa fiducia e simpatia.

PARTECIPAZIONE DEGLI ISCRITTI AL SINDACATO ARCHITETTI
ALLE ELEZIONI POLITICHE.

In omaggio ad analoga raccomandazione ricevuta dal Ministero delle Corporazioni invito tutti i Segretari regionali ad accertarsi che tutti gli aderenti al Sindacato, nelle rispettive giurisdizioni, siano inscritti nelle liste in formazione per le prossime elezioni politiche, dandomene assicurazioni.

VERSAMENTO DI QUOTE PER FUNZIONAMENTO
DELLA COMMISSIONE CENTRALE DEGLI ARCHITETTI.

A tutt’oggi solo qualcuno dei Sindacati regionali ha provveduto al versamento di L. 5 per ciascun inscritto, da devolversi al funzionamento della Commissione Centrale per la disciplina della professione di Ingegnere ed Architetto.
Ricordo il preciso dovere del Segretario Regionale di curare che detto versamento venga effettuato per parte di tutti gli iscritti od inscrivibili negli Albi professionali della propria regione.

GIUNTE SINDACALI.

Invito tutti i Segretari regionali che non l’abbiano ancora fatto ad inviare nel più breve tempo l’elenco dei candidati a far parte delle Giunte Sindacali, e rammento che la designazione deve essere fatta per un numero di membri doppio di quello che effettivamente sarà scelto a far parte della Giunta.
Per ogni Sindacato con meno di 200 iscritti i membri della Giunta debbono essere 5 effettivi e 2 supplenti, mentre per un numero di iscritti superiore a 200, i membri effettivi debbono essere 7 ed i supplenti 2.

Il Segretario Nazionale
ALBERTO CALZA-BINI.

LE PROFESSIONI DI ARCHITETTO E DI INGEGNERE

In seguito ad insistente richiesta di alcuni colleghi, pubblichiamo il testo integrale del R. Decreto 27 ottobre 1927, N. 2145, che tratta l’importante argomento:

Norme di coordinamento della legge e del regolamento sulle professioni di ingegnere e di architetto con la legge sui rapporti collettivi del lavoro, per ciò che riflette la tenuta dell’albo e la disciplina degli iscritti.

VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA

Vista la legge 24 giugno 1923, n. 1395, ed il regolamento approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, sulla tutela del titolo e dell’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto:

Visti gli articoli 23 della legge 3 aprile 1926, n. 563, e 12 del R. Decreto 1 luglio 1926, n.1130, sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro;

Visto il R. Decreto 6 marzo 1927, n. 307;

Visto l’art. 3, n. 1, della legge 31 gennaio 1926, n. 100;

Udito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la giustizia e gli affari di culto, di concerto con i Ministri Segretari di Stato per l’interno, per la pubblica istruzione, per i lavori pubblici e per le corporazioni;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1. - L’albo degli ingegneri è separato da quello degli architetti.
Gli iscritti nell’albo degli ingegneri, i quali si trovino nelle condizioni indicate nell’art. 54 del regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto, approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, hanno diritto di compiere tutte la mansioni di spettanza della professione di architetto e possono ottenere perizie ed incarichi a questa relativi, senza bisogno di essere iscritti anche nell’albo degli architetti. È però in loro facoltà di chiedere l’iscrizione anche in questo albo.
Egualmente gli iscritti nell’albo degli architetti, che si trovino nelle condizioni di cui nei capoversi del medesimo art. 54, hanno la facoltà di esercitare le mansioni ivi indicate, anche ai fini di perizie e di incarichi, senta diritto di iscrizione nell’albo degli ingegneri.

Art. 2. - Le attribuzioni alla custodia dell’albo degli ingegneri e degli architetti e sulla disaciplina degli iscritti, deferite alle Associazioni sindacali dall’art. 12 del R. Decreto 1 luglio 1926, n. 1130, sono da esse esercitate a mezzo di una Giunta composta di cinque membri, se il numero degli iscritti nell’albo non superi 200, e di sette membri negli altri casi. Fanno parte dalla Giunta anche due membri supplenti, che sostituiranno quelli effettivi in caso di assenza o di impedimento.
I componenti della Giunta devono essere iscritti nell’albo professionale. Essi sono nominati con decreto del Ministro per la giustizia e gli affari di culto, fra coloro che le competenti Associazioni sindacali designeranno in numero doppio; durano in carica due anni e, scaduto il biennio, possono essere riconfermati.
Qualora negli albi degli ingegneri o degli architetti delle nuove provincie si trovino iscritti tecnici menzionati nell’art. 74 del regolamento approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, n.2537, ovvero quelli indicati nel R. Decreto 3 settembre 1926, n. 1660, fa parte della Giunta anche un membro dell’una o dell’altra di queste categorie.
La Giunta elegge nel suo seno il presidente e il segretario. Essa decide a maggioranza; e, in caso di parità di voti, prevale quello del presidente.

Art. 3. - Per le iscrizioni, cancellazioni e revisioni dell’albo, la Giunta osserva le disposizioni del regolamento approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537. Le norme dello stesso regolamento vanno osservate per quanto concerne i provvedimenti disciplinari.
Non possono essere iscritti all’albo, e qualora vi siano iscritti devono essere cancellati, coloro che abbiano svolto una pubblica attività in contraddizione con gli interessi della Nazione.

Art. 4. - Contro le decisioni delle Giunte, così degli ingegneri, come, degli architetti, è dato ricorso alla Commissione centrale, di cui all’art. 14 del precitato regolamento, giusta le norme in esso stabilite. Con l’osservanza delle norme medesime il ricorso può essere proposto anche dal Direttorio del Sindacato nazionale, secondo la rispettiva competenza. Il Direttorio può delegare uno dei suoi membri a presentare e sostenere il ricorso.
In sostituzione dei membri rappresentanti degli ordini degli ingegneri e degli architetti, contemplati nel comma n. 4, del su citato art. 14, fanno parte della Commissione centrale quattro ingegneri e due architetti, nominati dal Ministro per i lavori pubblici, di concerto con quelli per la giustizia e per le corporazioni, e scelti fra coloro che ciascuno dei rispettivi Sindacati nazionali designerà in numero doppio.

Art. 5. - La Giunta deve comunicare all’Associazione sindacale i provvedimenti disciplinari presi contro i professionisti, che facciano anche parte dell’Associazione sindacale, e questa deve comunicare alla Giunta i provvedimenti adottati contro coloro che siano anche iscritti nell’albo.

Art. 6 - L’albo professionale è distinto dal ruolo degli appartenenti alle Associazioni sindacali. Esso, a cura della Giunta, deve essere stampato e comunicato, a tenore dell’art 23 del regolamento approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537.

Art. 7. - Spetta alle Associazioni sindacali, secondo la rispettiva competenza:

a) di curare che siano repressi l’uso abusivo del titolo di ingegnere o di architetto e l’esercizio abusivo della professione, presentando, ove occorra, denuncia al procuratore del Re;
b) di compilare ogni triennio la tariffa professionale. Questa deve essere approvata dal Ministro per i lavori pubblici, di concerto col Ministro per la giustizia, sentito il parere della Commissione centrale;
c) di determinare ed esigere il contributo annuale da corrispondersi da ogni iscritto per quanto si attiene alle spese occorrenti per la tenuta dell’albo e la disciplina degli iscritti. Essa cura altresì la ripartizione e l’esazione del contributo, che verrà stabilito dalla Commissione centrale per le spese del suo funzionamento, a norma dell’art. 18 del regolamento approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, o. 2537.
L’Associazione sindacale tiene distinta la contabilità relativa ai contributi di cui al presente articolo, da quella dei contributi sindacali. Essa comunica alla Giunta l’elenco dei soci morosi per i provvedimenti disciplinari, a termini dell’art. 50 del predetto regolamento.

Art. 8. - Per tutto ciò che riguarda l’applicazione delle norme relative alle professioni di ingegnere e di architetto restano fermi i poteri di vigilanza del Ministro per la giustizia, giusta l’art. 57 del regolamento approvato con Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537.
Il Ministro per la giustizia può, con suo decreto, sciogliere la Giunta, ove questa, chiamata alla osservanza degli obblighi ad essa imposti, persiste a violarli o a non adempierli, ovvero per altri gravi motivi. In tal caso le attribuzioni della Giunta sono esercitate dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato, fino a che non sia provveduto alla nomina di una nuova Giunta.
Egualmente, nel caso di scioglimento del Consiglio direttivo dell’Associazione sindacale, il Ministro per la giustizia ha facoltà di disporre, con suo decreto, che la Giunta cessi di funzionare e che le sue attribuzioni siano esercitate dal presidente del tribunale.

Art. 9. - Il Ministro per la giustizia, d’intesa col Ministro per le corporazioni, stabilirà, con suo decreto, la data da cui incominceranno a funzionare le Giunte menzionate dall’art. 2.
Fino a tale data la custodia dell’albo, che sino alla data medesima continua ad essere unico, rimane affidata al presidente del tribunale. Egli, o un giudice da lui delegato, decide sulle domande di iscrizione nell’albo; provvede altresì, d’ufficio o su richiesta del Pubblico Ministero, in ordine alla cancellazione dall’albo nel caso di perdita della cittadinanza italiana o del godimento dei diritti civili, da qualunque titolo derivata, ovvero di condanna che costituisca impedimento alla iscrizione.

Art. 10. - I provvedimenti di cui all’articolo precedente, sono presi dal presidente del tribunale o dal magistrato da lui delegato, sentito il parere di un ingegnere e di un architetto iscritti nell’albo, designati dalla rispettiva Associazione sindacale. L’Associazione designa anche un supplente per il caso di impedimento o di assenza.
Quando alcuno dei suddetti provvedimenti riguardi un geometra civile autorizzato, di cui all’art. 74 del regolamento approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, ovvero un tecnico, di cui al R. Decreto 3 settembre 1926, n. 1660, il presidente del tribunale chiama a dare parere, in aggiunta all’ingegnere e all’architetto, un professionista iscritto nell’elenco menzionato nel citato art. 74, o, rispettivamente, nel R. Decreto 3 settembre 1926, n. 1600.
Contro i decreti del presidente del tribunale è dato ricorso alla Commissione Centrale.

Art. 11. - Per tutto quanto non è previsto dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni della legge 24 giugno 1923, n. 1395, e del relativo regolamento, approvato con R. Decreto 23 ottobre 1925, numero 2537.
Con successivo R. Decreto, potranno essere emanate, ove sia il caso, le norme complementari, che si rendessero necessarie per l’ulteriore coordinamento della legge e del decreto suindicati con la legge 3 aprile 1926, n. 503, e con il R. Decreto 1 luglio 1926, n.1130, e con ogni altra legge dello Stato.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 27 ottobre 1927 - Anno V.

VITTORIO EMANUELE.
MUSSOLINI - ROCCO - FEDELE - GIURIATI.

Visto, Il Guardasigilli: ROCCO.

Registrato alla Corte dei conti, addì 28 novembre 1927, Anno VI.
Atti del Governo, registro 266, foglio 162. - SIROVICH.

NOTIZIE RELATIVE AL CONCORSO PER IL PALAZZO
DELLA PROVINCIA DI NAPOLI.

Il Segretario Regionale di Napoli ing. arch. Pantaleo, ci comunica di aver avuto dal Duca Miutta, Presidente della Commissione Reale per la Provincia di Napoli, ed in esito all’azione svolta del Sindacato, l’assicurazione che il termine per la presentazione dei progetti sarà prorogato di un mese e che ai membri della Giuria verrà aggiunto un rappresentante del Sindacato Architetti.

BANDO DI CONCORSO PER UN MONUMENTO DA ERIGERSI
NELLA CITTÀ DI QUITO (EQUATORE) ALL’EROE NAZIONALE BOLIVAR.

Detto concorso è bandito per iniziativa della Società Bolivaria dell’Equatore ed è internazionale. Per informazioni più dettagliate, rivolgersi alla Legazione dell’Equatore a Parigi o al Consolato della Repubblica dell’Equatore a Roma (Piazza del Popolo, 18).

LA PRIMA QUADRIENNALE D’ARTE NAZIONALE - ROMA 1931.

Col riconoscimento ufficiale delle due Esposizioni di Venezia e Roma, il Governo Nazionale ha inteso di portare anche nelle manifestazioni artistiche una disciplina e una gerarchia. Così, mentre i vari Sindacati Regionali cureranno d’ora innanzi mostre annuali di opere dei loro iscritti, il meglio delle forze che quelle mostre avran rivelato si raccoglierà nella grande rassegna quadriennale di Roma: a sua volta vaglio necessario e severo per le competizioni internazionali riserbate a Venezia. Ciò basti a dire l’importanza che viene ad assumere l’Esposizione, che, promossa dal Governatorato di Roma, pubblica ora il regolamento della sua prima manifestazione per l’autunno del 1931.
La Mostra - che consterà di opere di pittura, scultura, bianco e nero e arti decorative - s’ispirerà soprattutto ai seguenti concetti: Massima larghezza ed obbiettività quanto a scuole e tendenze; ma nell’istesso tempo scelta rigorosissima, in modo che le imitazioni, i rifacimenti e le stanche conseguenze di correnti artistiche nuovissime o superate non rechino danno alle opere genuine ed ai nobili tentativi. Creazione di una degna cornice alle opere d’arte, mercè il concorso dell’architettura in costruzioni provvisorie adatte al carattere dell’arte che i singoli ambienti dovranno ospitare. Incoraggiamento di tutti i tentativi volti a far rinascere l’arte decorativa nel senso vasto che ebbe nei tempi gloriosi, al fine di mettere sempre più l’arte a contatto con la vita e farle ritrovare la sua funzione tradizionale.
Quegli artisti che eventualmente non avessero ricevuto il bando, possono richiederlo all’Ufficio di Segreteria della Mostra, presso il Palazzo delle Esposizioni a Via Nazionale in Roma.

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