FASCICOLO VII - MARZO 1927
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CASA FIOCCHI A MILANO DELL’ARCHITETTO MINO FIOCCHI

L’architettura lombarda, lo stile lombardo: e tu pensi alle merlettature di terracotta, alle pareti striate dai graffiti, torricelle e comignoli, loggette e portichetti. Bisogna ben seguire la tradizione, afferma tuttora un’eletta schiera di costruttori; e, intanto, ti han seminato il suburbio e le campagne e le rive dei laghi e le colline, di castelli alla sforzesca, in miniatura. Perchè, da trent’anni a questa parte, in cima ai pensieri di tanti domina lusinghiera questa tradizione. E, perfino, un poderoso istituto bancario si sta ora innalzando in provincia una dozzina di sedi in stile lombardo; cioè bifore e relativi archi acuti, pietra a vista alternata a mattoni, lampadine elettriche infilate sui torceri di ferro battuto.
Tanto può la tradizione.
Ebbene, proprio per seguire la tradizione, l’arch. Mino Fiocchi ha voluto costruirsi per sé la casa che voi vedete. Stile milanesissimo: ma non quello di Lodovico il Moro, bensì il più vicino a noi, il più moderno, il più logico. Son forme del secolo scorso. Tanto vi è ancora dell’ottocento nel volto di Milano, che queste forme, interpretate con sincerità, con semplicità, con franchezza, benissimo si accordano anche a questo nostro secolo. Nella tranquilla e signorile via Cernaia, la casa di Mino Fiocchi richiama subito l’attenzione per la buona armonia del colori: pietra verde Roia nello zoccolo, nelle cornici e nei contorni, stucco bianchissimo nei fondi. E, dopo averti colpito la policromia, ti avvince l’equilibrio studiato ed elegante delle masse, ben scompartite in senso orizzontale ed in senso verticale. Nè l’assieme è soverchiato dalla preponderanza architettonica del centro. L’atrio ottagono, il cortile, gl’interni, tutto è improntato alla medesima sobrietà, appena interessato dalle profilature indispensabili, e ravvivato dai toni su toni.
Buona architettura milanese, dunque, così devota alla tradizione interpretata e rammodernata da una signorile ed autentica personalità.
F.R.

ALCUNI LAVORI DI GIGIOTTI ZANINI

Gigiotti Zanini, pittore di Trento, dal 1922 fa dell’architettura a Milano e, con viva passione e chiare doti di gusto e di attitudini, prima in alcuni arredamenti di appartamenti e negozii, poi in costruzioni, è riuscito a creare delle opere di caratteristico sapore e notevoli. La mancanza di studi regolari lo rende libero dai vizii e dalla rettorica che spesao lascia in eredità la scuola, si sente nelle varie forme preferite e nei particolari come non abbia dovuto superare una tradizione, ma la scelta sia libera e fresca: l’elemento ornamentale fiorisce spontaneo in forme elementari qualche volta ingenue e un po’ rozze ma pure, l’ambiente e l’assieme risultano sobri, necessari ed esteticamente omogenei e conchiusi.
Nelle due rosticcerie è notevole l’uso perfetto dei marmi, l’unità dell’ambiente e la ricchezza ottenuta con semplicissimi mezzi; specialmente nella più recente di Corso Buenos Ayres noto il buon sapore classico di alcune proporzioni.
Il Ristorante “Gallo d’Oro” ricavato in piccole bottegucce ed in un interno di Via Borgo Spesso è già noto; quel po’ di agreste delle forme dei mobili e del camino, i leggeri chiaroscuri delle pareti, gli stucchi geometrici dei soffitti formano una gradevole atmosfera nel ritrovo; ogni locale è da sè compiuto ed ogni elemento vi è intonato e proporzionato con bella misura.
Anche nella galleria e nella scala del Palazzo Castelbarco-Erba apprezzo le proporzioni ed il gusto del pavimento e del soffitto.
Da ultimo mi par utile far conoscere la prima delle sue costruzioni (ora ve ne sono altre quasi compiute e tutte molto interessanti) una piccola casa in via Bergamo, che, semplicissima di motivi, imperfetta in qualche sagoma ed in qualche particolare, a me sembra pregevole per l’assoluta assenza di elementi stranieri; è limpida e gli accordi di grigio col giallo degli sfondi ed il bianco delle lastre di marmo che orlano le finestre è molto nostrano e piacevole.
È insomma architettura sana e semplice e questo a me veramente pare merito grande.
O. M.


CRONACA DEI MONUMENTI

FOLLINA. - Uno dei più interessanti restauri compiuti dalla R. Sovraintendenza per l’Arte medioevale e moderna del Veneto, sotto la direzione dell’Architetto Forlati, è quello della Basilica e della Badia di Follina.
Non si ritiene opportuno di parlare particolarmente delle vicende storiche ed artistiche del monumento insigne. Basti ricordare che esso venne fondato dai Cistercensi, inviati forse dallo stesso S. Bernardo nel 1150 da Lodi nel ducato di Milano; tale ordine monastico trasportava nel paese (già chiamato Valle Sana) l’industria dei panni, costruendo numerosi “folli” dei quali poi sarebbe, secondo alcuni, derivato un nuovo nome del luogo.
Interessantissima la Chiesa attuale, la cui ossatura nel secolo scorso dal Segusini di Feltre, era stata mascherata da un denso tratto di stucco e di cemento che sagomava banalmente un gotico romantico proprio dell’epoca.
Si sta eseguendo per tutta la Badia uno studio coscienzioso, basato sopratutto su dati di fatto, risultati durante il restauro. È così apparso che prima dell’attuale esisteva - ancora innanzi all’arrivo dell’ordine monastico francese - una chiesa a forma basilicale assai piccola; quindi, abbattuta completamente questa, ne sorse un’altra che appare di pianta centrale, con un piccolo protiro nella porta d’ingresso: infine allungando la vecchia si ebbe quella attuale che si consacrò alla metà del Sec. XIV.
Il chiostro assai interessante e così pure l’antico battistero, ora in corso di restauro, appartengono alla prima costruzione Cistercense (1268).
In tale paziente e lungo restauro, si raccolsero dati tecnici e consuetudini costruttive proprie nell’epoca, assai interessanti e che in qualche modo trovano rispondenza in costruzioni coeve, (tecnica costruttiva dei muri, degli intonaci ecc.; decorazione parietale; strutture e policromie dei solai, dei coperti, dei soffitti ecc.). Ed il monumento è risorto a riportare nella bella regione del Piave la sua nota d’Arte.

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

PAUL WOLF. - Wohnung und Liedlung, Verlag E. Wasmuth A. G., Berlino 1927.
È questo il secondo libro di P. Wolf che viene ad arricchire la bibliografia urbanistica. Ma mentre il primo (vedi anno III, voI. II, pag. 334 della nostra Rivista) voleva essere un vero e proprio manualetto generale di edilizia, questo invece va guardato come uno studio particolare sulle abitazioni e sui centri urbani. La distribuzione stessa della materia, la brevità della introduzione storica illustrata molto modernamente con fotografie dall’aereoplano, la documentazione grafica modernissima, la parte abbondante lasciata alla statistica e ai diagrammi, fanno di quest’opera non un pesante manuale ma un agilissimo libro. La posizione eminente che il Wolf ha conquistato nel suo campo, non è solo quella di un teorico studioso, nè solo quella di un abile realizzatore: ma partecipa di tutti e due i meriti. Il Wolf si mostra di fatti in questo libro l’uomo moderno che sa trarre ragioni di attività pratica dagli studi dei teorici che lo hanno preceduto e nello stesso tempo può riassumere in schemi ed in leggi la somma delle proprie esperienze; un sintetico insomma più che un analitico. E che sia un sintetico lo mostra anche la documentazione fotografica illustrativa di questo suo libro, chiara, nuova, ben scelta, interessantissima, mai superflua, racchiusa nella elegante edizione di E. Wasmuth.
LUIGI PICCINATO

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