NOTIZIARIO
CASA FIOCCHI A MILANO DELL’ARCHITETTO
MINO FIOCCHI
L’architettura lombarda, lo stile lombardo: e tu pensi alle merlettature
di terracotta, alle pareti striate dai graffiti, torricelle e comignoli,
loggette e portichetti. Bisogna ben seguire la tradizione, afferma tuttora
un’eletta schiera di costruttori; e, intanto, ti han seminato
il suburbio e le campagne e le rive dei laghi e le colline, di castelli
alla sforzesca, in miniatura. Perchè, da trent’anni a questa
parte, in cima ai pensieri di tanti domina lusinghiera questa tradizione.
E, perfino, un poderoso istituto bancario si sta ora innalzando in provincia
una dozzina di sedi in stile lombardo; cioè bifore e relativi
archi acuti, pietra a vista alternata a mattoni, lampadine elettriche
infilate sui torceri di ferro battuto.
Tanto può la tradizione.
Ebbene, proprio per seguire la tradizione, l’arch. Mino Fiocchi
ha voluto costruirsi per sé la casa che voi vedete. Stile milanesissimo:
ma non quello di Lodovico il Moro, bensì il più vicino
a noi, il più moderno, il più logico. Son forme del secolo
scorso. Tanto vi è ancora dell’ottocento nel volto di Milano,
che queste forme, interpretate con sincerità, con semplicità,
con franchezza, benissimo si accordano anche a questo nostro secolo.
Nella tranquilla e signorile via Cernaia, la casa di Mino Fiocchi richiama
subito l’attenzione per la buona armonia del colori: pietra verde
Roia nello zoccolo, nelle cornici e nei contorni, stucco bianchissimo
nei fondi. E, dopo averti colpito la policromia, ti avvince l’equilibrio
studiato ed elegante delle masse, ben scompartite in senso orizzontale
ed in senso verticale. Nè l’assieme è soverchiato
dalla preponderanza architettonica del centro. L’atrio ottagono,
il cortile, gl’interni, tutto è improntato alla medesima
sobrietà, appena interessato dalle profilature indispensabili,
e ravvivato dai toni su toni.
Buona architettura milanese, dunque, così devota alla tradizione
interpretata e rammodernata da una signorile ed autentica personalità.
F.R.
ALCUNI LAVORI DI GIGIOTTI ZANINI
Gigiotti Zanini, pittore di Trento, dal 1922 fa dell’architettura
a Milano e, con viva passione e chiare doti di gusto e di attitudini,
prima in alcuni arredamenti di appartamenti e negozii, poi in costruzioni,
è riuscito a creare delle opere di caratteristico sapore e notevoli.
La mancanza di studi regolari lo rende libero dai vizii e dalla rettorica
che spesao lascia in eredità la scuola, si sente nelle varie
forme preferite e nei particolari come non abbia dovuto superare una
tradizione, ma la scelta sia libera e fresca: l’elemento ornamentale
fiorisce spontaneo in forme elementari qualche volta ingenue e un po’
rozze ma pure, l’ambiente e l’assieme risultano sobri, necessari
ed esteticamente omogenei e conchiusi.
Nelle due rosticcerie è notevole l’uso perfetto dei marmi,
l’unità dell’ambiente e la ricchezza ottenuta con
semplicissimi mezzi; specialmente nella più recente di Corso
Buenos Ayres noto il buon sapore classico di alcune proporzioni.
Il Ristorante “Gallo d’Oro” ricavato in piccole bottegucce
ed in un interno di Via Borgo Spesso è già noto; quel
po’ di agreste delle forme dei mobili e del camino, i leggeri
chiaroscuri delle pareti, gli stucchi geometrici dei soffitti formano
una gradevole atmosfera nel ritrovo; ogni locale è da sè
compiuto ed ogni elemento vi è intonato e proporzionato con bella
misura.
Anche nella galleria e nella scala del Palazzo Castelbarco-Erba apprezzo
le proporzioni ed il gusto del pavimento e del soffitto.
Da ultimo mi par utile far conoscere la prima delle sue costruzioni
(ora ve ne sono altre quasi compiute e tutte molto interessanti) una
piccola casa in via Bergamo, che, semplicissima di motivi, imperfetta
in qualche sagoma ed in qualche particolare, a me sembra pregevole per
l’assoluta assenza di elementi stranieri; è limpida e gli
accordi di grigio col giallo degli sfondi ed il bianco delle lastre
di marmo che orlano le finestre è molto nostrano e piacevole.
È insomma architettura sana e semplice e questo a me veramente
pare merito grande.
O. M.
CRONACA DEI MONUMENTI
FOLLINA. - Uno dei più interessanti restauri compiuti dalla R.
Sovraintendenza per l’Arte medioevale e moderna del Veneto, sotto
la direzione dell’Architetto Forlati, è quello della Basilica
e della Badia di Follina.
Non si ritiene opportuno di parlare particolarmente delle vicende storiche
ed artistiche del monumento insigne. Basti ricordare che esso venne
fondato dai Cistercensi, inviati forse dallo stesso S. Bernardo nel
1150 da Lodi nel ducato di Milano; tale ordine monastico trasportava
nel paese (già chiamato Valle Sana) l’industria dei panni,
costruendo numerosi “folli” dei quali poi sarebbe, secondo
alcuni, derivato un nuovo nome del luogo.
Interessantissima la Chiesa attuale, la cui ossatura nel secolo scorso
dal Segusini di Feltre, era stata mascherata da un denso tratto di stucco
e di cemento che sagomava banalmente un gotico romantico proprio dell’epoca.
Si sta eseguendo per tutta la Badia uno studio coscienzioso, basato
sopratutto su dati di fatto, risultati durante il restauro. È
così apparso che prima dell’attuale esisteva - ancora innanzi
all’arrivo dell’ordine monastico francese - una chiesa a
forma basilicale assai piccola; quindi, abbattuta completamente questa,
ne sorse un’altra che appare di pianta centrale, con un piccolo
protiro nella porta d’ingresso: infine allungando la vecchia si
ebbe quella attuale che si consacrò alla metà del Sec.
XIV.
Il chiostro assai interessante e così pure l’antico battistero,
ora in corso di restauro, appartengono alla prima costruzione Cistercense
(1268).
In tale paziente e lungo restauro, si raccolsero dati tecnici e consuetudini
costruttive proprie nell’epoca, assai interessanti e che in qualche
modo trovano rispondenza in costruzioni coeve, (tecnica costruttiva
dei muri, degli intonaci ecc.; decorazione parietale; strutture e policromie
dei solai, dei coperti, dei soffitti ecc.). Ed il monumento è
risorto a riportare nella bella regione del Piave la sua nota d’Arte.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
PAUL WOLF. - Wohnung und Liedlung, Verlag E. Wasmuth A. G., Berlino
1927.
È questo il secondo libro di P. Wolf che viene ad arricchire
la bibliografia urbanistica. Ma mentre il primo (vedi anno III, voI.
II, pag. 334 della nostra Rivista) voleva essere un vero e proprio manualetto
generale di edilizia, questo invece va guardato come uno studio particolare
sulle abitazioni e sui centri urbani. La distribuzione stessa della
materia, la brevità della introduzione storica illustrata molto
modernamente con fotografie dall’aereoplano, la documentazione
grafica modernissima, la parte abbondante lasciata alla statistica e
ai diagrammi, fanno di quest’opera non un pesante manuale ma un
agilissimo libro. La posizione eminente che il Wolf ha conquistato nel
suo campo, non è solo quella di un teorico studioso, nè
solo quella di un abile realizzatore: ma partecipa di tutti e due i
meriti. Il Wolf si mostra di fatti in questo libro l’uomo moderno
che sa trarre ragioni di attività pratica dagli studi dei teorici
che lo hanno preceduto e nello stesso tempo può riassumere in
schemi ed in leggi la somma delle proprie esperienze; un sintetico insomma
più che un analitico. E che sia un sintetico lo mostra anche
la documentazione fotografica illustrativa di questo suo libro, chiara,
nuova, ben scelta, interessantissima, mai superflua, racchiusa nella
elegante edizione di E. Wasmuth.
LUIGI PICCINATO