FASCICOLO III-IV NOVEMBRE-DICEMBRE 1927
MARCELLO PIACENTINI: Il concorso nazionale per lo studio di un progetto
di piano regolatore e d'ampliamento per la città di Milano,
con 53 illustrazioni
Milano sta giungendo a quello stesso punto critico del suo sviluppo edilizio che fu superato dalle principali metropoli estere nella seconda metà del secolo XIX, ed in qualche caso, come ad esempio Parigi Napoleonica, nella prima metà di esso.
La grande metropoli sente il profondo disagio della inadattabilità della sua struttura alla veloce vita moderna e vede la inderogabile necessità di trasformarsi e riorganizzarsi modificando l’attuale compagine edilizia e tracciando un piano di ampliamento adeguato al rapido suo sviluppo futuro. Problema grave per due ragioni: una economica in quanto non esistono ora in Italia cospicue possibilità finanziarie; l’altra architettonica, giacchè Milano, a differenza di quanto fu per parecchie capitali straniere, possiede, sia pure in minor grado di altre città italiane, una fisionomia storico artistica ch’essa ha il doveroso onere di rispettare, e colla quale lo sviluppo futuro deve essere conciliato.
Ben a ragione, dunque, il Comune di Milano chiamò a concorso per trovare una soluzione soddisfacente, tutti gli architetti ed ingegneri italiani, con signorilità di mezzi e premi adeguati, concorso che ebbe un risultato ottimo sotto ogni punto di vista.
Lo stesso bando pone senza transazione il tema nella sua effettiva vastità, fissandone esaurientemente i capisaldi ed i singoli quesiti. Afferma subito che il progetto dovrà prevedere anche i bisogni di un futuro relativamente vicino, in cui la metropoli avrà due milioni di abitanti. (È stato calcolato in base alle ultime statistiche di accrescimento, che tal cifra potrebbe essere raggiunta in trent’anni). Soggiunge, che importanza capitale è assunta dal problema del traffico e dei mezzi di trasporto idonei ad espletarlo, e da quello dei servizi pubblici relativi al nuovo assetto.
Saggiamente esso pone, per la parte di città racchiusa nei limiti dei piani regolatori già approvati, la necessità di conservare, oltre che i monumenti artistici, anche i quadri urbani più importanti per ragioni pittoriche, storiche e sentimentali; suggerisce un ragionevole limite alle demolizioni nel nucleo centrale, indica i nuovi edifici di utilità pubblica da costruire, stabilisce l’opportunità di decongestionare le zone attualmente più affollate mediante la formazione di arterie nuove, e quella di aumentare le aree adibite a giardini e parchi, ecc.
Per la zona esterna della città, il bando di concorso fissa l’indipendenza dei nuclei urbani incorporati nel comune di Milano, i quali, pur armonizzando nel loro carattere col nucleo centrale, tuttavia dovranno costituire centri relativamente autonomi dal punto di vista amministrativo ed edilizio, in modo da attenuare lo sviluppo monocentrico della città. Precisa la necessità di impegnare fin d’ora, in zone eccentriche, aree libere, per la sistematica creazione di parchi, quartieri giardino, campi di gioco, scuole all’aperto, ecc, ecc. e l’urgenza di ristudiare radicalmente il problema dei traffici del nucleo centrale coi radiali, dei nuclei radiali tra di loro, e di risolvere con criteri adeguati anche quello dei collegamenti della metropoli coi territori limitrofi e con le città vicine. Infine, prevede la costruzione di areoporti e areoscali, l’ampliamento e la sistemazione dei canali attualmente esistenti, la costruzione di un porto fluviale ecc.
Insomma, sono toccati dal bando di concorso tutti i punti necessari per trasformare Milano in una grande Metropoli attuale e futura.
Molti concorrenti risposero all’appello, naturalmente milanesi in maggior numero e con migliore preparazione. Una giuria formata di competenti nei campi artistico, tecnico e amministrativo, fu incaricata di fornire il proprio giudizio. Essa si divise in due sottocommissioni, l’una incaricata di pronunciarsi sull’aspetto prevalentemente artistico, l’altra sull’aspetto tecnico delle soluzioni presentate.
Le discussioni furono lunghe ed animate.
Alcuni membri della giuria tendevano a dare la loro preferenza ai progetti basati su radicali trasformazioni della Città, altri propendevano invece per quelli basati sulla conservazione dei quadri storici e artistici, pur conciliando queste esigenze con quelle dei servizi tecnici.
In ogni modo non fu trovato dalla Giuria il progetto perfetto, da adottarsi senz’altro in tutti i suoi particolari; ed era logico che fosse così. Non è possibile immaginare che soltanto un progetto abbia risolti nella miglior maniera tutti i problemi.
Fu deliberato di assegnare i premi stabiliti dal bando di concorso, onde acquistare i migliori progetti, nei quali poi si sarebbe trovato il materiale necessario per redigere un completo e definitivo piano regolatore della Città, da parte dell’apposito ufficio urbanistico.
I tre premi furono quindi attribuiti così: il primo premio al progetto “Ciò per amor” (arch. P. Portaluppi e Ing. M. Semenza); il secondo al progetto “Forma urbis mediolani” (arch. A. Alpago Novello, G. De Finetti, G. Muzio, T. Buzzi, O. Cabiati, F. Ferrazza, E. Lancia, M. Marelli, G. Ponti, A. Gadola, A. Minali, P. Palumbo, F. Reggiori) e il terzo al progetto “Nihil sine studio” (Ing. C. Chiodi, Arch. G. Merlo e Ing. G. Brazzola).
Inoltre la giuria indicò come ottimi e buoni, sotto aspetti parziali, numerosi altri progetti, fra i quali citeremo i seguenti: “El noster Dom” (Ing. E. Steffini e Arch. M. Stroppa) “Alberto di Giussano” (Ing. P. Aschieri, Arch. A. Limongelli, F. Nori, G. Venturi, P. Lombardi, Ing. V. Ciampaoli) “Cura Viarum” (Ing. E. Annoni, Arch. E. Tarantini) “S.A.8” (Arch. G. Greppi) “X.Y.Z.” (Ing. A. Bordoni, Arch. L. M. Caneva, A. Carminati) “Breviter” (Ing. E. Mazzocchi).
Per la nostra rivista, anche in causa della limitazione dello spazio, ci limiteremo quindi ad illustrare, oltre ai progetti vincitori di premi, anche quelli interessanti specialmente dal punto di vista architettonico.
Il progetto “Ciò per amor” studia profondamente tutti i punti toccati dal bando, e si è presentato al giudizio con la più sontuosa e suggestiva veste: sontuosità forse eccessiva, certo non necessaria, e che costituisce un precedente assai preoccupante per i futuri concorsi.
Per quanto riguarda le comunicazioni ed i trasporti prevede un sistema di metropolitana completo, collegante anche i comuni vicini. La necessità di creare una rete metropolitana (con 10 tracciati diversi) complessa di percorsi sotterranei a grandi raggi e lunghi rettifili, e l’opportunità dî insediarla sull’asse stesso delle vie onde evitare un dannoso e costosissimo passaggio sotto i fabbricati, rende indispensabile una rete stradale principale conformata allo scopo, ciò che del resto si risolve indirettamente in un notevole beneficio anche pel traffico superficiale automobilistico. Il desiderio di risolvere senza mezzi termini il problema del traffico, consiglia dunque agli autori una revisione completa del piano regolatore nella zona centrale della città, con una conseguente enorme quantità di demolizioni. È insomma il sistema di far precedere i servizi tecnici allo studio organico della Città: altri sostengono che questi servizi debbano seguire il tracciato generale: questione assai dibattuta. Io ritengo che i due problemi debbano essere studiati e risolti insieme, come la pianta e gli elevati di un fabbricato. Una grande arteria deve essere tracciata in modo da obbedire ai requisiti della metropolitana e rispondere insieme a quelli della retificazione superficiale.
Il progetto Portaluppi - Semenza apre dunque nella vecchia compagine di Milano una rete di grandi arterie nuove, poco o nulla seguendo o adattandosi alle esistenti: ne si contenta di questo, ma tra le varie maglie di questa rete vengono previste una infinità di altre arterie larghe, rettilinee e regolari, che sono quasi sempre inutili, e distruggono totalmente la Città esistente.
Ne è conseguenza un dedalo intricato di strade, (con una somma di superficie enorme, pare, se non superiore, a quella alienabile) senza una ben determinata gerarchia, con residui irregolari a volte piccolissimi e con difficile orientamento: strade che si intersecano tra loro in un numero grandissimo di incroci e di stelle.
Oggi si rifugge dalla creazione di piazze dove sboccano troppe arterie di grande importanza, per la impossibilità di organizzarvi un movimento ordinato, senza ricorrere al tipo ormai vecchio ed antiestetico del rond-point a largo raggio, per l’incanalamento anulare del traffico: la scompostezza insanabile di Piazza Cordusio e dei suoi dintorni (il progetto Portaluppi ridurrebbe tutta Milano così) ci riprova esaurientemente quanto asseriamo.
Gli autori di “Ciò per amor” partono da esatti principi di statistica e traggono, col calcolo, deduzioni rigorose per quanto riguarda la parte tecnica, solida ossatura per lo sviluppo architettonico e decorativo del tema. Così, vengono dedotti, partendo sempre dal principio astratto di poter fare pressochè “tabula rasa” dell’attuale fisionomia della città, i dati numerici riferentisi alle ampiezze stradali più idonee ad ottenere un fruttuoso sfruttamento del suolo (m. 30 per le arterie stradali principali) in rapporto alle più opportune e redditizie altezze dei fabbricati prospicienti (maximum di m. 40; m. 28 di media), le percentuali delle aree occupate dalle strade in rapporto alle aree fabbricabili ecc. Tali criteri radicali vengono poi alquanto attenuati o applicati solo parzialmente per conciliare praticamente la migliore soluzione teorica astratta con le condizioni attuali della città.
Lo studio si approfondisce anche in questioni più particolari, come ad esempio, gradi di attuabilità delle opere, opportunità di una zonizzazione obbligatoria, creazione nel centro di una città degli affari, sistemazioni edilizie dei nuclei radiali, decentramento dei servizi pubblici tendente a offrire una certa autonomia amministrativa a detti nuclei e tocca le infinite questioni giuridico - economiche che un così grandioso piano di lavoro suscita ed implica.
Dal punto di vista architettonico il progetto valorizza i più importanti centri artistici della città attuale, qualche volta però sacrificando troppo l’ambiente, senza considerare che i monumenti di Milano non hanno sufficiente importanza per star soli e spaesati.
Il progetto è larghissimo di esemplificazioni: moltissime fra le soluzioni di dettaglio furono svolte e noi ne offriamo alcune ai lettori. Grande importanza viene giustamente attribuita al progetto delle zone verdi che vengono molto ampliate.
Vengono studiate ancora le ubicazioni ed i caratteri generali dei più importanti e moderni servizi pubblici (teatri, terme, uffici amministrativi, nuovi cimiteri, areoporti e areoscali, canali navigabili e porto fluviale, stadi e palestre, giardino zoologico ecc.)
Infine viene esaminato il problema dell’allacciamento della nuova metropoli con i territori più immediatamente vicini e con le città più prossime e poste soluzioni di massima delle minori arterie stradali, dei nuovi criteri da introdursi sulla sistemazione delle linee ferroviarie e tramviarie e così via.
Dove i progettisti si giovano della loro smagliante fantasia è nella creazione di alcuni ambienti particolari e sopratutto del nucleo monumentale dietro l’Ospedale Maggiore.
La vastissima e solenne piazza contornata da suntuosi edifici destinati alla alta cultura verrebbe a costituire un capitolo architettonico di insigne importanza, atto a testimoniare della grandezza del momento, analogamente a quanto fu fatto nell’epoca Napoleonica col Foro Bonaparte e nei primi anni del nuovo regno italiano con la Piazza Mengoniana: degno documento di ardire e di potenza, dopo tanti lustri di mediocrità.
Bene studiate le zone verdi e il loro collegamento.
I quartieri suburbani sono bene disposti e collegati, ma si osserva in essi un eccessivo carattere simmetrico, spesso addirittura monumentale, nè si pensa possa adottarsi il sistema di grandi zone a costruzione intensiva alternate con altrettanti enormi zone a villini.

Il progetto “Forma Urbis Mediolani” del gruppo degli urbanisti milanesi, è studiato con infinito amore, e con grande conoscenza e rispetto per la città.
Si basa sul criterio generale dello sdoppiamento delle arterie: le nuove parallele alle esistenti. Non ingrandisce le vecchie: sistema troppo costoso, lungo e non pratico.
Il traffico non è portato al centro. Questo è racchiuso da un anello dal quale partono le radiali, che congiungono i vari quartieri della Città senza attraversare il Centro.
L’anello non è completo e molto stretto, svolgentesi tra il Largo Cairoli e la Piazza Beccaria: queste due estremità poi si ricongiungono una, per mezzo della Via Trionfale, con la nuova stazione, l’altra con il Corso Venezia.
Un allacciamento tra questi due punti estremi, formerebbe un vero anello completo.
Buone sono state trovate le vie trasversali, e le tangenziali: così pure il collegamento con il Corso Indipendenza, e la grande Piazza Beccaria e la conservazione del Verziere.
Ottima l’arteria che partendo da Via Carlo Alberto attraversa la Piazza degli Uffici e sbocca sull’asse dell’Ospedale Maggiore.
Anche la conservazione dei punti più interessanti del Naviglio, specialmente lungo la fronte posteriore dell’Ospedale Maggiore e a S. Marco, è degna di essere approvata.
In quanto alle zone esterne viene giudicata ottima la strada per Torino, passante innanzi all’entrata della Fiera; buoni i due rettifili che delimitando esattamente il Parco del Sempione, incanalano tutto il traffico Nord-Sud e lasciano il bel giardino sgombero dall’ingorgo delle automobili di transito, onde possa essere destinato esclusivamente al passeggio.
La zonizzazione esterna, al di là del nucleo propriamente urbano nettamente delimitato è a settori separati tra loro da giardini a zone agricole alternativamente e industriali, di abitazioni operaie, presso i sobborghi esistenti e di abitazioni signorili.
I nuclei satelliti sono creati ex novo con apposite vie di comunicazione a sufficiente distanza dal nucleo urbano.
Anche questo progetto considera attentamente gli edifici pubblici e privati atti ad assolvere i bisogni recenti dei traffici come nuove stazioni ferroviarie, areoscali ed idroscali, giardini, ecc. e tutti gli altri edifici citati dal bando, come ad es. cimiteri, palestre, uffici, ecc.
Dal punto di vista architettonico, gli edifici sono immaginati con quel sano e fervido buon gusto e senso di modernità pur legato alle tradizioni, che tutti riconoscono da tempo al gruppo degli urbanisti milanesi. La speciale maniera neo classica, che caratterizza questo gruppo di artisti è facilmente identificabile.
Ottime in genere le sistemazioni parziali degli ambienti vecchi e di carattere.
Sotto il punto di vista del rispetto al carattere della Città il progetto “Forma Urbis Mediolani” è anzi da giudicarsi il migliore.
È giudicato felicissimo l’isolamento di San Sebastiano e quello di S. Alessandro: così pure le soluzioni di S. Nazaro e del Campanile di S. Gottardo.
Meno buoni sono giudicati l’imbocco della trasversale del Corso Venezia; la ripetizione della facciata della Scala sulla nuova Piazza Paolo Ferrari e la soluzione della zona monumentale di S. Lorenzo, con il mantenimento inutile delle catapecchie addossate.
Il nuovo quartiere monumentale sud-est, in asse con l’Ospedale Maggiore è giudicato meno trovato di quello analogo del progetto “Cio’ per amor”, sia per la forma eccessivamente allungata, sia per la destinazione, degli edifici ad uso privato, sia per la collocazione del salone dei concerti.
La rete metropolitana è anche accurata, sebbene più indicativa di quella PortaluppiSemenza.
La sistemazione dei giardini è studiata tenendo conto delle condizioni naturali del terreno.
Il progetto nel suo complesso è assai equilibrato e rispondente alle possibilità.
Il progetto “Nihil sine studio” (III° premio), molto meno svolto dei precedenti nel dettaglio architettonico, offre tuttavia una soluzione planimetrica tracciata con grande coscienza e singolare competenza, specialmente per quanto riguarda i quartieri suburbani.
Gli autori ritengono necessario l’abbandono del criterio monocentrico e la formazione di un sistema di unità satelliti alla periferia, dotate ciascuna di grande autonomia amministrativa, di una distinta fisionomia urbanistica e di una propria speciale utilizzazione. Il centro dell’attuale Milano non è alterato, vien creato una specie di “Ring” interno utilizzante in parte la cerchia dei navigli (da ricoprirsi), in parte la cerchia dei bastioni. Da questo anello partono le 12 arterie di comunicazione con le unità satelliti. Altri due anelli periferici vengono studiati, l’uno costituito dall’attuale cerchia dei viali, l’altro a congiunzione dei centri radiali.
Nell’interno del nucleo centrale, utilizzando in gran parte attuali tronchi di vie opportunamente congiunti, vengono creati 8 trasversali di decentramento. I trams vengono aboliti in questa zona e si propone la sostituzione di essi con autobus e colla metropolitana, che, invero poco sviluppata, è costituita da due tracciati diagonali collegati da un percorso anulare.
Molto bene studiata è la distribuzione dei servizi pubblici edilizi, come scuole, chiese, ospedali, ecc.
Le unità satelliti vengono create dagli attuali quartieri periferici, con una buona utilizzazione delle parti già esistenti e accorti completamenti.
Fuori della cinta extraurbana, viene proposta una zona libera da costruzioni, in parte utilizzata per culture, in parte sistemata a giardini, parchi, ecc. ove possono avere il loro luogo campi sportivi, ecc.
Anche i servizi moderni di trasporto ferroviari, aerei e fluviali sono considerati sagacemente con le sedi relative.

Il progetto “Alberto da Giussano” è studiato sommariamente nella parte tecnica ed edilizia, per quanto riguarda l’estensione del piano: il decongestionarnento del centro viene attuato mediante un grande tracciato triangolare avente per vertici, il Foro Bonaparte, Piazza Missori e S. Babila. Con grandiosità vien risolta la Via Trionfale (rettifilo della nuova stazione) e con perizia parecchie altre sistemazioni del centro. Benchè frammentario e parziale dal lato tecnico, tuttavia dal punto di vista architettonico, questo progetto è svolto con quella originale e feconda ispirazione che tutti conoscono nei suoi autori, noti artisti romani. Nelle prospettive, ricche di anima e disegnate con gran calore, è anzi forse troppo presente la romanità, almeno in relazione all’ambiente settentrionale: benchè tal carattere risulti in molte tavole vivificato e reso attuale da un sapiente innesto delle sontuose forme decorative dell’Urbe coi nudi volumi architettonici moderni, con le rigorose delimitazioni dei rapporti tra gli spazi, e con i geometrici ed uniformi accordi tra pieni e vuoti che l’edilizia moderna esige.

Il progetto “S.A.8.” è studiato con concezione profondamente moderna, ma con carattere troppo americano.
Il centro viene quasi totalmente rispettato.
Dice la relazione: “Il nucleo centrale delle città europee a causa dell’agglomeramento di monumenti storici e dell’alto costo delle aree, viene toccato il meno possibile, e solamente attraverso uno spazio di tempo più o meno lungo. Il problema dello sfollamento od alleggerimento del traffico, è l’unico che si imponga e si cerchi di risolvere, lo sforzo viene principalmente diretto verso le erigende nuove zone....: da queste, specialmente se la città è costruita su terreno pianeggiante, resta inesorabilmente escluso il pittoresco d’antica concezione, mentre logicamente sviluppasi la geometrizzazione di tipo americano...”.
Queste parole della relazione illustrano tutto il progetto. Il centro, come si è detto, rimane, salvo qualche ritocco, quasi inalterato. Il progetto consiste sostanzialmente nella dilatazione sistematica regolare ed uniforme (pure verso il Sud) della rete delle strade concepita col sistema rigidamente applicato delle scacchiere a rettangoli, spezzate da grandi radiali colleganti i nodi baricentrici delle 8 zone in cui è diviso tutto il suburbio.
Tali zone - simili agli arrondissements parigini - avrebbero un’autonomia anche amministrativa e commerciale.
Le vie sarebbero prolungate per chilometri e chilometri, ininterrottamente, tutte eguali fra loro, e dovrebbero logicamente distinguersi per numero e non per nome.
Tale soluzione prescinde completamente dalle esistenze suburbane ed è in assoluto contrasto con le tradizioni e con le tendenze inconvertibili della nostra razza.
Ciò non ostante si può rilevare nei numerosi e preziosi disegni illustranti i punti più interessanti delle nuove zone - le stazioni per le vie dell’aria, il porto, il gruppo ospedaliero, alcuni centri di rioni etc. - una visione chiara ed audace di soluzioni edilizie e architettoniche.

Il progetto “X.Y.Z.” pur trascurando di risolvere a fondo il problema dell’estensione del piano e dei trasporti, cura con amore il particolare, studia con criteri di praticità e con larghezza la zona centrale e la sistemazione dei monumenti più notevoli. La città viene divisa in tre zone anulari successive, interna metropolitana, mediana industriale, esterna residenziale. Ciascuna zona è divisa dalle altre da aree libere da costruzione, larghe in media circa 500 metri.
I1 decongestionamento del centro viene effettuato mediante un’arteria anulare, detta cinta Erculea (perchè segue all’incirca l’antica cinta di Massimiliano Erculeo) su cui si sviluppano le linee del traffico. Altre linee anulari di disimpegno nella zona metropolitana sono costituite dall’attuale tracciato dei navigli, dalla cinta spagnola, ed infine dall’arteria perimentale del nucleo metropolitano. Arterie radiale molte larghe e rettilinee, percorse da veloci mezzi di trasporto dirette ai centri urbani più vicini, permettono il rapido spostarsi di grandi masse di folla dalla zona metropolitana a quella residenziale esterna. Architettonicamente il progetto è interessante in alcune sistemazioni interne; non altrettanto convincenti sono le sistemazioni edilizie esterne in cui è evidente l’influsso dei criteri architettonici di Le Corbusier, non adattabili interamente al nostro clima.
Pregi notevoli si possono riscontrare in altri progetti che nella nostra ristretta illustrazione è necessario omettere.
L’esito del concorso fu evidentemente ottimo; il tema fu sviscerato dai vari concorrenti sotto i più svariati punti di vista, con tendenze artistiche e criteri talvolta differentissimi. Il Comune di Milano, cui spetta il merito d’aver voluto consultare sull’importante tema i competenti di tutta Italia, ha acquisito vasta materia di studio, che opportunamente riveduta e ponderata e sopratutto saggiata al criterio realistico delle possibilità pratiche di attuazione, permetterà di scegliere nel modo migliore la soluzione pratica da offrire allo sviluppo della grande moderna metropoli.
MARCELLO PIACENTINI

torna all'indice generale
torna all'indice della rivista
torna all'articolo