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PIERO BOTTONI: Cromatismi architettonici, con 4 illustrazioni e 2 tricromie |
Si è chiusa in questi giorni a Zurigo una mostra Die Farbige Stadt organizzata dal Kunst Gewerbe Museum di quella città e destinata ad illustrare quanto al giorno d'oggi in Europa si fa, in fatto di architettura colorata.
A questa mostra l'Italia fu quasi totalmente assente, mentre molte Nazioni, con a capo la Germania e la Svizzera, mandarono il molto, che i numerosi Bund (1) raccolsero dall'opera singola dei vari architetti associati. Il problema del colore in architettura esiste dunque ed è tanto sentito all'Estero che si organizza una mostra destinata esclusivamente ad esso perchè pubblico e critica ne discutano. Non posso parlare della mostra di Zurigo che per varie ragioni non ho potuto vedere, ma esporrò quanto a Monza, fino dal maggio scorso, e a Zurigo stessa, esposi sul problema del Cromatismo architettonico, cioè sul valore costruttivo del colore. Convinto che la funzione volumetrica del colore non sia stata mai sufficientemente studiata, e che, d'altra parte, il valore di massa-volume attribuito da un colore a un solido geometrico, abbia una funzione grandissima nell'equilibrio estetico e nell'apprezzamento dei valori resistenti di ogni struttura, e poichè le grandi riforme urbanistishe hanno portato alla creazione di interi quartieri dove nessun partito decorativo, se non di grandi piani, ed ombre, e masse, e colori, può creare un ritmo continuo e sereno, quale un'epoca, di ordine meccanico come la nostra, richiede, ho cercato di chiarire come e quanto il colore potesse risolvere, secondo uno spirito logico ed estetico, il problema architettonico. Gli acquarelli che ho presentato a Monza non vogliono essere che studi, di un problema coloristico-costruttivo di cui i molti lati d'ordine fisico, estetico e storico, non posso, per ragioni di spazio qui diffusamente trattare, ma la cui esistenza e vastità, particolarmente nel suo lato urbanistico, si è venuta sempre più accentuando coll'aumentare dell'altezza e dimensione delle case, e col raggiungimento (per ragioni economiche e regolamentari) di un unico livello di gronda. Le architetture che io presento, e che formano le strade e le piazze di una città immaginaria, non hanno che valore di schemi: alcune sono semplici cubi, altre, a intelaiature di finestre normali, furono fatte per studiare i valori dei rapporti vuoto-colore, oltre che quelli di posizione. Si vengono a creare due ritmi, rispondenti ai due ritmi fondamentali dell'architettura: uno verticale (per colore) e uno orizzontale, (per intensità); questo secondo è generato da colori di intensità degradante, cosicchè il baricentro apparente, spostandosi verso il basso, dà un senso di equilibrio alle masse, e di riposo. A prova di questa mia affermazione occorre osservare, successivamente, gli acquarelli: Strada n. 2 (A) e Strada n. 2 (B) in cui luci, colori, e ombre sono identici, ma è invertita la gradazione dei colori; si noterà facilmente un senso di squilibrio nelle case della Strada n. 2 (B) rispetto quelle della Strada n. 2 (A) e una inconsistenza anticostruttiva della materia nei piani inferiori; se una colorazione di questo genere ha il vantaggio di rendere più luminose le strade strette, questo si può ottenere pure, con l'altro tipo di colorazione, mantenendo il degradare dei colori, ma in tonalità chiarissime. Occorre inoltre osservare come le variazioni di intensità dei colori corrispondano alle intersezioni col piano di facciata di piani di uniforme pressione e resistenza, aventi andamento orizzontale, e come, aumentando queste pressioni dall'alto al basso, per il gravare dei successivi piani, parallelamente aumentino di intensità e di massa-volume i colori nelle case (Strade n. 2 (A) - n. 3 - n. 1 (A) - n. 1 (B) - n. 4). Accennerò qui una idea che credo meriterebbe particolare studio, sulla possibilità di colorire, secondo diagrammi anche più complessi (cioè secondo linee spezzate o curve) costruzioni, specie in ferro, soggette a forze varie (carichi mobili, carichi uniformi, carichi non uniformemente distribuiti (2)). Ho cercato di dare a ognuna di queste visioni un carattere realistico di dimensioni e di luci (3), ma pur troppo, con la sua falsa interpretazione cromatica, la fotografia non può servire, che in parte minima, alla formazione di un giudizio. Non è quindi questa che una piccola documentazione di studi fatti, e avviati per ora a una prima analisi del problema, e vuole essere specialmente un invito: Ai chimici e ai costruttori, perchè studino, in relazione alle nostre condizioni economiche e climatiche, pigmenti e miscele tecnicamente perfetti (inalterabili gli agenti atmosferici, convenienti, ecc. ecc.). Agli architetti, perchè studino i rapporti fra i colori e il loro valore costruttivo, nonchè le possibili estensioni di un concetto coloristico a interi quartieri, in architetture minori. Solo con l'unione di tutte queste esperienze, che potrebbero nell'architetto assommarsi in una esperienza unica, si potrà riportare al suo valore costruttivo il colore e farne rinascere la sensibilità. Nel ritorno dell'architettura alle sue forme fondamentali e schematiche, in cui i valori degli elementi costruttivi si accentuano in sintesi d'arte, il valore di massa del colore crediamo, potrà aprire nuove vie all'estetica delle costruzioni. PIERO BOTTONI. (1) Citerò fra queste leghe per lo studio del colore nell'architettura cittadina il Bund Zur Förderung der Farbe in Stadtbild di Amburgo. (2) Si ricade in questo ultimo caso nei pesi concentrati e nella conseguente coloritura differenziata dei singoli elementi portanti (colonne, lesene, pilastri, mensole, ecc.) e portati, differenziazione che già esiste, sia pure in embrione, in molte architetture passate (Brunelleschi, Piemarini). (3) Nelle didascalie indico l'intensità di luce e la posizione sulle case, relativa al suo massimo valore, (dato dalla massima luce diretta o riflessa del sole), nonchè l'ora del giorno in cui si immagina avvenga la visione, e questo per dare un elemento di base scientifico, quasi direi, di documentazione fotografica, alla discussione. |
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