|
ROBERTO PAPINI: Le Arti a Parigi nel 1925. Secondo articolo: Gli interni e i loro mobili, con 43 illustrazioni |
Dopo avere osservato le architetture di fuori guardiamole di dentro.
Osserviamo subito che negli interni si presenta un fenomeno analogo a quello osservato per gli esterni: quando si tratta cioè di piccoli ambienti, di stanzette da casa dabitazione, da villino, da casa di campagna gli architetti riescono spessissimo a trovare, nella semplicità, nella distribuzione dei vani e dei pieni, nel taglio delle stanze, felicissime armonie: ma quando si tratta di ambienti solenni, là dove si richiede monumentalità di proporzioni e di decorazione le cose vanno malissimo. Nella mostra parigina non uno dei grandi ambienti era sopportabile. Tutti peccavano o per eccesso o per difetto: od erano cioè sovraccarichi duna decorazione pesante, pletorica, complicata oppure apparivano duna povertà di linee e dornamenti veramente desolante. Si sentiva insomma negli interni ancora più evidente che negli esterni la mancanza di uno stile decorativo che perfettamente aderisse alla rinnovata estetica costruttiva. Poichè, nelle parti dun edificio che si vedono dal di fuori, si può ancora giocar di masse per ottenere effetti di chiaroscuro capaci in qualche modo di compensare la mancanza o la povertà degli ornamenti; ma nellinterno come si rimedia? Che cosa sostituisce in una grande aula solenne le membrature architettoniche, paraste o semicolonne, zoccoli o fregi, basi o capitelli, che hanno sempre scandito il ritmo della decorazione? Finora nulla. Abbiato già visto che il teatro dei fratelli Perret con la nudità del suo scheletro di cemento armato poteva dare una sensazione darmonia nelle proporzioni ma non certo raggiungeva quegli effetti di raffinamento, di ricchezza, di preziosità che un teatro deve pur dare, se non vuole infliggere agli spettatori limpressione di sentirsi in un cantiere od in una sala anatomica. Lamplissimo vestibolo che precedeva lo scalone donore nel Grand Palais non aveva neppure larmonia delle proporzioni che almeno si gustava nel teatro. Ci si trovava in unaula quadrangolare enorme, ad angoli smussati. Ognuna delle quattro pareti era sfondata per dare accesso alle gallerie ed allo scalone; un architrave rettilineo era sorretto da pilastri esilissimi che troppo somigliavano a travi da puntello. Ma quel che era peggio era la decorazione trita applicata a stampino sulle pareti lisce, tutta foglioline e riccioli e nastrini, come su certi frontespizi di libri che si stampano ancora nelle tipografie di provincia. Assai meglio larchitetto Letrosne aveva operato nello scalone laddove il succedersi delle gradinate e dei ripiani, il restringersi sempre maggiore dello spazio via via che si saliva, laprirsi delle larghe finestre davano un senso di maggior equilibrio e di più armoniche proporzioni. Ma la decorazione, ahimè, rimaneva la stessa, cioè povera, mancante di plastica, banalmente stampigliata. Larchitetto Süe nella Sala delle feste aveva tentato qualcosa di più mosso e di più plastico; aveva cioè voluto scandire le pareti mediante nicchioni da ninfeo con le relative fontane, ponendo negli spazi larghi pannelli dipinti. Giudichi il lettore dalla fotografia che ne riproduce la goffa fastosità. Nè si può rimproverare al Süe mancanza di gusto. Egli disegna, come vedremo, mobili eccellenti. Ma per non cadere nellinterpretazione degli stili tradizionali ha voluto fare ad ogni costo del nuovo con quel risultato che si è potuto vedere. In tempi di richiamo alla logica costruttiva anche la decorazione bisogna che risponda ai medesimi principi di schiettezza ritmica, eviti il superfluo, il capriccioso, lartificiale, aderisca pienamente ai generali principi di semplicità, di chiarezza e dordine. Altrimenti cade nel farragginoso e nellinorganico. Un altro esempio di pieno contrasto fra architettura e decorazione ci è fornito dallinterno del Padiglione italiano. Dallesterno si preannunciava ampiezza declamatoria, solennità pomposa. Ed ecco che nellinterno larchitetto Brasini, ricordandosi delle aule termali di Roma, aveva inarcato una volta grandiosa a lacunari sul vestibolo spazioso, absidato, con due grandi archi laterali per i finestroni, non senza imponenza di proporzioni. Ma poi, quasi pentito dimitare i classici esempi, aveva cosparso le mura duna decorazione pettegola di fogliami argentei, adatta, se mai, a render piacevoli le mura duna loggia campestre; aveva posto gran colonne marmoree a reggere soltanto esili statuette come lucignoli al sommo duna candela; aveva spezzato, tritato, alleggerito tutti i fondamenti della volta solenne, sì che questa pareva posare sul falso, muratura massiccia senza sostegno. La Società degli artisti decoratori francesi pensando giustamente che le residenze dei rappresentanti della Francia allestero dovrebbero contribuire a far conoscere levoluzione dellarte decorativa francese moderna, formò il proposito di realizzare ciò che dovrebbe essere, dopo lEsposizione, larredamento dun palazzo privato nel quale alloggerebbe un Ambasciatore di Francia in qualunque parte dellestero. Nacque così quel saggio di decorazione e di arredamento che i visitatori dellesposizione potevano vedere svolgersi attorno allala sinistra della Cour des métiers. Fra i collaboratori si leggevano i più bei nomi degli architetti e dei decoratori di Francia. L'Ambasciata francese, risultò appunto come la migliore prova di ciò che andavo dicendo: ottimi saggi nella parte intima dellappartamento, tentativi mancati nella parte dedicata alla rappresentanza ufficiale. Il grande salone difettava di solennità perchè vera ricercata una graziosità di particolari in pieno contrasto con le dimensioni dellambiente; e le colonne parevano rulli di cartone senza base e senza coronamento; e i risalti di luce e dombra mancavano nella rigida geometria delle sagome; e la decorazione era povera, al di sopra dei rigidi architravi. La sala da pranzo coperta duna volta a vetri sembrava un ambiente concepito per una trattoria di lusso, non per i compassati e inamidati banchetti diplomatici; verano perfino lunette a traforo dipinte di lacca rossa. Il vestibolo somigliava, tanto era ricco di marmi, di musaici, di specchi, e povero di effetti, ad una sala da bagno. Spero vivamente che gli Ambasciatori di Francia a Roma non vorranno mai preferire simili saggi dellevoluzione dellarte decorativa francese moderna alle sale superbe di Palazzo Farnese. Nell'appartamento, invece, dedicato all'intimità familiare dell'Ambasciatore non mancavano le graziose trovate e quel senso di raccolto, di semplice e di gaio che l'arte contemporanea, aboliti i fronzoli e messa in valore la raffinatezza di poche linee e di pochi toni accordati fra loro, sa dare all'intimità della casa. A me sembra che i migliori risultati fra tutti gli ambienti francesi che dovevano avere carattere di lusso, sieno stati ottenuti dall'Arch. Michel Roux-Spitz in due locali contigui all'Ambasciata. E mi pare anche che ciò si debba alla bontà del metodo. Il Roux-Spitz, infatti, ha prima di tutto creato l'armonia delle proporzioni nei vani; poi ha trovato, sulle mura, semplici e puri ritmi scanditi da pilastri, da nicchie, da porte, da pannelli, subordinati tutti alla più rigorosa linearità, alla più spregiudicata assenza di ornamenti; ha reso infine preziosi questi rigidi schemi impiegando marmi e musaici come unici elementi di raffinatezza e di colore. E' questo un modo di procedere tanto razionale che lo vedremo adottato spontaneamente da molti artisti e specialmente dai disegnatori francesi dei mobili. C'è un curioso fenomeno e consiste nel fatto che il classicismo della decorazione sembra essersi rifugiato nei paesi scandinavi. Sotto quel tepido sole gli spunti classici, presi dallo stile Impero, son divenuti smilzi, un po' frigidi, intonati ad una esilità di forme che mostra la commistione con lo spirito gotico. Abbiamo già osservato un simile fenomeno nell'architettura esterna del padiglione svedese; lo rivedremo nell'interno. Gli ambienti di quel padiglione erano d'una grazia, d'un equilibrio, d'una eleganza, d'una signorilità senza pari. Basterebbe vedere com'era collocata nella sua nicchia la statua di David inginocchiato e com'erano ottenuti con schietta semplicità i più raffinati effetti decorativi nelle varie stanze. Gli svedesi cioè non si erano proposti nessuna stravaganza, non avevano voluto stupire con trovate di dubbia genialità, ma in ogni cosa, dal fregio al tappeto, dalla sedia alla coppa, dal lampadario al tavolo, avevano voluto accoppiare praticità d'intenti e raffinatezza di gusto. Altrettanto, sebbene con minore equilibrio, avevano fatto i danesi. Il loro padiglione era nellinterno rischiarato da altissime finestre e le mura eran tutte coperte da immense carte geografiche dipinte sullintonaco; pochi mobili comodi, eleganti, semplici completavano lambiente. Nelle stanze dellEsplanade una ve nera particolarmente intonata al gusto classico: sulle pareti tutte bianche correva un fregio di stucchi in cui le figurette di danzatrici e di cacciatori sintagliavano nettamente sul fondo, al disopra duno zoccolo di legno scuro, delizioso esempio di parsimonia e di lusso raffinato. La Polonia, invece, non prendeva le mosse da spunti classici ma elaborava motivi tradizionali suoi propri, ripetendo negli interni ciò che già aveva fatto nellesterno del padiglione quando si era ispirata alle fonti rustiche dellarte sua. Ma, mentre allesterno aveva mantenuto la semplice bicromia del bianco della calce e del nero del ferro, nellinterno aveva sfoggiato la vivacità del colore, squillante sui fondi neri, ardito nei rabeschi geometrici dei chilim dorigine orientale. Dava cioè la Polonia lesempio migliore della seconda tendenza dellarte decorativa moderna, se la prima è quella classicista: si ispirava ai motivi rustici, li raffinava, ne attenuava la ruvidezza in saggi di nuova armonia. Ancora una volta, dunque, in una rassegna completa delle arti decorative si manifestavano contemporaneamente le due tendenze storiche: loccidentale e 1orientale, ispirata luna ad un classicismo sempre rinnovato, con spirito nettamente architettonico, con parche colorazioni, con impiego costante dei canoni della figura umana; obbediente laltra alla stilizzazione geometrica di motivi intensamente colorati, alla composizione simmetrica, alla prevalenza dello spirito decorativo su quello architettonico. Grecia ed Italia da un lato, Cina e Persia dallaltro, come fonti perenni, e forse eterne, dogni ispirazione. Nei punti di sutura fra oriente ed occidente si ha il bizantinismo. Esempio evidentissimo: lAustria. La quale Austria è stata da un trentennio allavanguardia e si è andata perfezionando in mille tentativi, talchè è giunta al parossismo della raffinatezza. Favorita dal fondersi in Vienna delle più diverse razze, dallaffluire dei più svariati elementi, larte austriaca rappresenta la moderna Bisanzio. Nessun accorgimento le è ignoto, nessuna tecnica le è sconosciuta; lavora i metalli e le gemme, il legno ed il vetro, il filo e la ceramica con una perizia straordinaria; ogni capriccio le è permesso perchè sempre è contenuto nei limiti duna logica rigorosa, anche se non apparente. Gli ambienti creati da Hoffmann, da Strnad e da Gorge nella sezione austriaca sono un compromesso molto attirante fra bizzarria ed equilibrio. Guai a coloro che, non possedendo il gusto espertissimo degli architetti e dei decoratori austriaci si ponessero ad imitarli: cadrebbero subito nel goffo e nel grottesco. In conclusione: la decorazione interna degli ambienti allEsposizione di Parigi (e comprendo nel ragionamento anche i saggi delle sezioni che non ho espressaniente menzionato) può dirsi riuscita soltanto quando si ispira a quei criteri di semplicità e di razionalità che sono alla base del gusto moderno. Stridono irrimediabilmente tutti i tentativi della decorazione che voglia prevalere allarchitettura; stonano inevitabilmente tutti i motivi capricciosi che non abbiano una loro ragione dessere ed una loro saldezza plastica o nettezza lineare; errano fatalmente tanto coloro che affollano gli ornamenti quanto quelli che si ispirano ad una nudità schematica ed antiornamentale. Badate: questi principi valgono per ogni tempo, nè sono certo un'invenzione della critica moderna. Ma a Parigi, lanno scorso, hanno avuto una pienissima riprova di più. Dopo la decorazione incongrua, pletorica, convenzionale dellOttocento è questo il maggior passo, sebbene non sia certo lultimo da fare. Un critico francese ha scritto: Le arti decorative, asservite alle necessità delluso, alle proprietà della materia, ed alle esigenze della destinazione, da che cosa potrebbero essere indipendenti? Simile ragionamento può sembrare scoraggiante agli artisti. Eppure esso non è che lespressione dei vincoli a cui le arti furono soggette in ogni tempo senza che per questo la personalità degli artisti e loriginalità dei singoli gusti ne fossero impacciate. Vè una libertà che sboccia al di sopra di ogni vincolo. Appunto perchè parte dallesercizio duna dura disciplina è la più pura delle libertà, emancipata comè da ogni velleità di sterile licenza. Ciò che avvenne in questi ultimi tempi nellarte del mobile è singolarmente istruttivo. Lultimo ciclone del cattivo gusto si ebbe al principio del nostro secolo quando il così detto stile Liberty imperversò con la sua pletora di ornamenti inutili, con lo scapricciamento della più assurda, contorta vegetazione floreale, arrampicata da per tutto, facile conquista dei peggiori nemici dellarte, dai dilettanti ai commercianti. Seguì unepoca di smarrimento e di raccoglimento. Si credette che non vi fosse altra salvezza se non quella di rifugiarsi nellantico. Una generale diffidenza per tutto ciò che aveva sentore di moderno successe al rapido fallimento della moda floreale. E allora si vide straordinariamente fiorire il commercio delle anticaglie; e non vi fu casa il cui abitatore non si desse le arie dessere un collezionista di mobili e sopramobili antichi, come tuttora quasi dovunque si può vedere. Le soffitte e le cantine furono rovistate per soddisfare alla nuova passione; le case di campagna dove i mobili vecchi od i mobili rustici erano da anni confinati e disprezzati furono saccheggiate in favore delle case di città. Un cassettone dei nonni od una madia dei contadini, una stoffa dei bisnonni od una fiasca dei pastori parvero improvvise rivelazioni duna sconosciuta bellezza. Anche di questa mania rigattiera il movente era legittimo. Si sentiva cioè il bisogno di circondarsi doggetti che non fossero semplici capricci dovuti alla fantasia di un artista in cerca del nuovo a scapito della comodità e delluso. Si sentiva che gli antichi mobili rispondevano prima di tutto alle necessità della vita pratica e poi a quelle della vita estetica; e che le une non soverchiavano le altre, ma si contemperavano e sintegravano a vicenda. Gli artisti così saccorsero, e singolarmente gli architetti, che per giungere a creare un tipo di mobilio veramente moderno bisognava seguire il metodo degli antichi partendo dalla pratica e non dallestetica, non preoccupandosi delloriginalità e della novità. Lasciamo da parte tutte le resurrezioni e le evoluzioni dei tipi rustici. In sostanza essi non servono se non come esempi di semplicità ingenua e primitiva, ossia possono tuttal più servire per rifarsi locchio, stanco dalle troppe preziosità e sapienze decorative. Lasciamo anche da parte il neo-classicismo dei mobili scandinavi verso il quale va, del resto, tutta la nostra ammirazione per i risultati di finezza, darmonia, deleganza che ha raggiunto. Esso è viziato dallorigine perchè nasce da unispirazione culturale e, se può essere lodato nei resultati, non lo può essere per il metodo seguito. Guardiamo piuttosto il mobilio francese che è mi pare il maggiore e miglior risultato a cui le arti sien giunte in Francia fino ad oggi. Esso parte da tre principi inderogabili: la pura razionalità, luso di materiali preziosi, la perfetta esecuzione. Pura razionalità. Ciò significa porsi dinanzi ad ogni problema avendo sempre di mira le necessità pratiche seguenti: procurare la comodità, facilitare il collocamento, evitare la complicazione, semplificare la pulizia. Le ispirazioni che non rispondono a questi semplici e magari banali postulati non sono degne desser prese in considerazione. La vita moderna con i suoi imperativi categorici non consente deviazioni dai principi della necessità. Uso del materiale prezioso. Ciò significa che la razionalità non basta, che per divenire arte essa ha bisogno desser nobilitata, a cominciare dalla materia. Che questa preziosità sia più apparente che sostanziale non ha importanza, quando non si giunga alle falsità. Le impellicciature possono benissimo tener luogo dei legni massicci; le stoffe possono essere di cotone e non di seta quando il disegno sia prezioso. In arte è lillusione che conta assai più che la realtà. Perfetta esecuzione. Ciò significa che non si ammette il pressa poco, che non è consentita nessuna neppur minima sciatteria, che il mobile devessere costruito solidamente e finito alla perfezione in ogni lato, in ogni giuntura, in ogni ornamento. Partiti da questi fondamentali principi i mobilieri Francesi hanno avuto larte di far dimenticare tutto ciò che in quei principi era eccessivamente rigido e teorico. La pura razionalità sta bene ma ingentilita, addolcita, attenuata dal variare delle proporzioni e delle sagome, dalla spira dun ricciolo, dallonda di una scanalatura, dal chiarore di un lustro. E' incredibile, ora che si vedono i resultati a cui un sano metodo può portare, quanto sian grandi le possibilità di variare allinfinito i motivi, pur sotto limperio di leggi tiranniche. Basta variare di pochissimo una linea, basta aggiungere o togliere un piccolo ornamento, basta spostare innanzi od indietro, anche di poco, una massa perchè il carattere di un mobile cambi completamente e leffetto sia diversissimo. I mobilieri francesi impiegano largamente le impellicciature di legni rari, provenienti dalle colonie; certi legni hanno la lucentezza del raso, certi altri le onde dellamoerro; vi sono radiche che sembrano agate, aceri morbidi come velluti. Su queste mirabili superfici, già di per sè tanto preziose, basta un pomolo davorio, un anello di bronzo, un filo di ebano per solo ornamento. Le stoffe cantano le loro più gaie canzoni fra tanta semplicità di sagome e preziosità di materia. La raffinatezza del gusto moderno ha campo di manifestarsi pienamente. Trovato lo stile - e nessuno può negare che lo stile del mobile francese moderno esista in modo assoluto - ecco lindustria che se nimpadronisce e lo divulga. Ha la sua grande importanza il fatto che ormai lo stesso stile regola in Francia il mobile di lusso come quello a buon mercato. I Grands Magazins hanno impiantato ciascuno una sezione del mobilio e producono cose piacevolissime anche se non hanno la distinzione e lausterità delle creazioni di Ruhlmann, di Dim o di Süe et Mare. E' una divulgazione rapida, affidata completamente allorganizzazione industriale la quale produce il mobile unico, firmato, prezioso e nello stesso tempo il mobile a serie per la clientela più modesta. Con la facilità che hanno i francesi di trasformare larte in moda, il successo industriale, oltre allartistico, non poteva essere più completo. I signori pittori e scultori sono dunque avvertiti: o sadattano a servire l'architettura, dalla casa al mobile, o possono ritirarsi dal campo delle arti decorative per dedicarsi tutti allarte inutile e disoccupata. Per le bizzarrie, per i capricci, per le fantasie, disobbedienti alla pratica non c'è più posto. Mentre troppi artisti, così puri che hanno perduto ogni umanità, continuano a baloccarsi con le questioni di tecnica e con le teoriche lambiccate, larchitettura ha preso il sopravvento, detta i ritmi e le armonie del gusto moderno. Le cicale restano sugli alberi a cantare. Nell esposizione di Parigi - lo abbiamo constatato ad ogni passo anche in queste brevi considerazioni - i trionfatori sono gli architetti; e non soltanto nel costruire case o disegnare mobili, come vedremo nei discorsi che seguiranno. ROBERTO PAPINI |
|
|
|