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FERDINANDO REGGIORI: Tre chiese lombarde o prelombarde, con 23 illustrazioni |
Lo studio dellArchitettura medioevale italiana ha tuttora bisogno di contributi analitici prima di giungere ad una visione sintetica, e non può che trarre utile da brevi monografie sui tanti monumenti, grandiosi od umili, che ancora se ne conservano. Tali sono appunto le tre illustrazioni, corredate (condizione necessaria per ogni ricerca architettonica) di precisi rilievi, che qui son raccolte: sullOratorio di S. Pietro di Avigliana in Val di Susa, sulla chiesa dei SS. Pietro e Paolo in Brebbia, sulla riva lombarda del Lago Maggiore, sulla chiesa di S. Maria Assunta in Crescenzago presso Milano.
Delle tre chiese suddette, quelle di Brebbia e di Crescenzago sono già state oggetto di studio. Figurano nella grande opera di Arthur Kingsley Porter sullarchitettura lombarda. Ma, elementi di secondaria importanza in un quadro tanto complesso, appena fan notare la loro esistenza: così che lautore dà di esse solo pochi cenni e due piccole fotografie. Poco note, quindi, si possono dire. Ignorato del tutto, invece, e ingiustamente dimenticato, è loratorio di S. Pietro in Avigliana. Avendo potuto riunire intorno a quelle un materiale considerevole, ci sembra non inutile ripresentarle agli studiosi insieme a questo: disponendo i tre monumenti secondo la natura loro. S. Pietro di Avigliana è, nel suo complesso più importante, una fabbrica assai semplice del mille, anteriore alle forme basilicali romanico - lombarde: notevole per aver, esso, due uniche navate con due absidiole. Non prive dinteresse sono le cappelle e le decorazioni in cotto aggiuntevi nei sec. XIV-XV. SS. Pietro e Paolo di Brebbia è il tentativo di costruttori rurali, abili artefici ma inesperti architetti, di elevare una chiesa a volte, con tre navi ed un ampio transetto senza limpiego di tiranti nè contrafforti, ad imitazione delle grandi basiliche della bassa Lombardia. S. Maria di Crescenzago è la soluzione del problema affacciatosi a Brebbia e là rimasto insoluto: spazi ampi, nave centrale assai alta sulle laterali, volte a crocera, nessun uso di contrafforti nè archi di controspinta nè tiranti. Stadio avanzato verso il compimento del programma tenacemente perseguito dagli architetti medievali nostri. Nelle pagine che seguono non è la pretesa di dir la parola definitiva su tali chiese; ma, soltanto, lintenzione di far noto un materiale di non secondario interesse per la copiosità delle notizie e delle illustrazioni. Questo materiale abbiamo cercato di comprendere nel minor spazio che ci è stato possibile, adottando per i tre edifici un identico sistema desposizione: precede un elenco, cronologicamente disposto, degli eventi che riguardano il monumento e dei fatti che ad esso si riferiscono; poi, una breve descrizione dal punto di vista architettonico ed archeologico: da ultimo un cenno bibliografico. Con le tavole disegnate e con le fotografie confidiamo di essere riusciti ad una rappresentazione fedele ed intellegibile. Giacchè di questo principalmente ci siamo preoccupati: mettere il lettore nella possibilità di interpretare a suo agio il monumento, così che gli sia acconsentito di trarne quegli insegnamenti o quelle impressioni che più gli possono servire o interessare. ORATORIO DI S. PIETRO IN AVIGLIANA Elenco cronologico degli eventi storici. La Val di Susa, secondo la leggenda, sarebbe stata evangelizzata da una Priscilla, nipote di Nerone, venuta da Roma che sostò in Avigliana (allora Abellium) accanto al tempio della dea Ferronia. Ivi sorse, più tardi, una edicola intitolata a S. Pietro. Sec. VI. Avigliana fa parte del ducato longobardo di Torino e dipende, ecclesiasticamente, dal Vescovo di quella città. 906: i Saraceni, venuti dalla Provenza, invadono la Val di Susa e distruggono quasi cinquanta fra chiese e cappelle: viene abbattuta anche ledicola di S. Pietro in Avigliana. 940: un marchese Arduino II, detto il Glabrione, libera la valle dai Saraceni ed aiutato da un Giovanni dei Vincenti eremita (forse vescovo di Ravenna) risolleva nei luogo le sorti della fede. Ricostruzione degli edifici religiosi fra cui, nuova, la famosa Badia di S. Michele alla Chiusa poco distante da Avigliana. Erezione del Castello di Avigliana. Sec. X fine, princ. XI: anche loratorio di S. Pietro è rifatto, forse dalle fondamenta, a due navate. E la più gran parte del gruppo di costruzioni attualmente esistenti. 1090: Adelaide, marchesa di Avigliana e Susa, concede donazioni e privilegi con S. Pietro che costituisce parrocchia priorale alla dipendenza dei Benedettini della Novalesa. Sposando Adelaide, Oddone conte di Savoia, viene ad estendere i suoi domini su lintera valle segusina. 1136: nasce in Avigliana Umberto III di Savoia, il Santo, generoso di concessioni verso il S. Pietro. 1173: Federico Barbarossa entrando in Italia dal Moncenisio distrugge Susa, Avigliana ed altri luoghi della valle. Loratorio di S. Pietro è gravemente danneggiato. 1189-1233: Tomaso I di Savoia, il ricostruttore di Avigliana, promuove restauri al S. Pietro. Questi non mutarono il nucleo architettonico della fine del sec. X. Sec. XIII. I conti sabaudi cingono Avigliana di doppio giro concentrico di mura. Nel più ampio resta compreso loratorio di S. Pietro che dà il nome alla porta vicina. Tracce daffreschi di questo secolo si vedono allesterno delle absidi. 1320: S. Pietro è dora innanzi adibito a sole poche funzioni annuali, essendo soppressa la sua prepositura. 1360: nasce nel castello di Avigliana, da Amedeo VI e da Bona di Pietro duca di Bourbon, Amedeo VII detto poi il Conte Rosso. 1368: Filippo, figlio di Giacomo di Savoia, muore di morte violenta, forse annegato nel lago di Avigliana per vendetta della matrigna. Il suo corpo, raccolto nascostamente, fu forse sepolto in S. Pietro. Sec. XIV fine, sec. XV. I duchi di Savoia fanno di Avigliana una delle residenze loro preferite. Il doppio giro di mura è completato, ed il borgo si amplia e si adorna. Loratorio di S. Pietro viene rimaneggiato con aggiunta di cappelle, e con un ricco rivestimento in terrecotta specialmente nella facciata: col coronamento a cuspide del campanile, con la decorazione interna della chiesa in affreschi, di cui molti ancora si conservano. Dopo tali lavori, segue per S. Pietro un lungo periodo di riposo. 1595: il visitatore Monsignor Broglia decreta di chiudere e mutare la cripta. Intorno a questepoca loratorio aveva quattro altari; e su quello maggiore vera una grande ancona di legno. Sec. XVII. Nellinterno, qualche affresco, di cui uno (nella cappella quadrata di destra) particolarmente interessante poichè rappresenta la Rocca di Avigliana prima della sua distruzione. 1673: il visitatore Monsignor Beggiano ordina di innalzare il pavimento delloratorio con lastre di gneiss (circa cm. 80). Nelle lotte fra Amedeo II re di Sardegna e Luigi XIV, lesercito francese guidato dal Catinat invade il Piemonte dalla val di Susa. 1690: distruzione della Rocca di Avigliana. Il borgo è gravemente danneggiato dal sacco dei francesi; le mura abbattute. Loratorio di S. Pietro spogliato di tutti gli arredi e guastato. Sec. XVIII. S. Pietro è adibito unicamente alle funzioni dellannesso cimitero. Rimaneggiamento di tutto il fianco destro a questo prospiciente; demolizione di tutte le costruzioni probabilmente ivi elevate nel sec. XV. 1868: 9 aprile. Un fulmine danneggia gravemente il campanile ed il tetto delloratorio, in tale occasione si fanno alcuni lavori di restauro. Vien tolto il pavimento sovrapposto nel 1673 mettendo allo scoperto tracce di una certa importanza della cripta primitiva purtroppo però subito distrutte ed occultate. Il tetto delle navate è rifatto con capriate in legno visibili. Vien rimesso in luce larcone dellabside sul quale appare, dipinta a fresco, una testa del Redentore, rimossa e poi andata perduta. Sec. XX. Nessun evento di importanza riferentesi al S. Pietro ove si officia assai raramente ed in determinate contingenze. Riassumendo: lantico oratorio di S. Pietro in Avigliana, sorto forse nel sec. IV veniva distrutto nel 906 dai Saraceni. Ma prima del mille, cacciati glinfedeli, gli abitanti diedero mano ad una nuova fabbrica. E questa costruzione è nel suo complesso pervenuta fino a noi, costituendo il nucleo cui nei sec. XIV-XV furono aggiunte cappelle secondarie senza per altro alterarne le caratteristiche fondamentali. Loratorio del mille ci presenta un tipo quanto mai singolare e raro non soltanto nella regione piemontese - lombarda: due navate notevolmente differenti in dimensione, terminate da due absidi. A sinistra della nave maggiore, in luogo della navatella simmetrica, sorge la torre campanaria. E lesame accurato delle murature dimostra che questa fu eretta contemporaneamente al testo della fabbrica. In tutta la regione ove si sviluppò larchitettura nota collappellativo di lombarda, noi ricorderemo qui un altro esempio simile alloratorio di Avigliana. È loratorio eretto dai cluniacensi a Vallate in Valtellina nel 1078; anche qui due sole navi di cui una più piccola a sinistra della principale, con due absidi; e davanti alla minore di questa sorge dal corpo della navatina, la torre campanaria. Loratorio di Vallate aveva fin dallorigine due altari, dedicati luno ai SS. Pietro e Paolo, laltro a S. Majolo; ciò che facilmente può spiegare ladozione della doppia navata con doppia abside: SS. Pietro e Paolo, titolari, avevano laltare grande, S. Majolo, per così dire partecipante, aveva laltare minore a sinistra. Ma ad Avigliana non risulta che, intorno al mille, alcun altro santo dividesse con S. Pietro lonore delloratorio. E certamente fu solo nel sec. XIII che nellabside minore si allogò un altro altare, giacchè di quel tempo forse sono le pitture più antiche che ladornano. Lesterno delle due absidi è adorno di lesene con archeggiature piuttosto rozze del tipo tanto comune in costruzioni coeve del Piemonte e della Lombardia. Fra gli scomparti creati da queste lesene, saprono strette finestre a guisa di feritoie con doppia strombatura; ed ancora sintravvede qualche imagine di santo dipinta a fresco nel secolo XIII. Le due navate son coperte di tetto a travature visibili allinterno, e le tazze delle absidi con scaglie di pietra disposte a squame. Del resto, linterno di questa parte originaria è assai rozzo e deturpato; la fronte completamente rimaneggiata e intonacata. Il campanile conserva allesterno laspetto del secolo XI fino allaltezza della cella campanaria: ogni piano è segnato con riquadri che al sommo recano i soliti archetti in pietrisco ricavati come ad incisione. Tutta questa fabbrica primitiva subì gravi danni nel 1173 per opera del Barbarossa che aveva riempita di stragi la val di Susa. Tomaso I di Savoia dovette ricostruire e restaurare Avigliana ed, in essa, loratorio di S. Pietro. Dice il P. Placido Bacco che, in tale occasione, "la chiesa non solo cambiò di locale, ma anche di posizione. Infatti mentre questa antica chiesa aveva la sua abside prospiciente al nord e ad Avigliana e la sua facciata al sud ovest, nel riattarsi si dispose la sua facciata e porta dingresso ad occidente e labside ad oriente. Non ostante questa ultima disposizione, si conservò lantica sua cripta, che ora formerebbe i sei metri occupati nellingresso della chiesa, che era in circa la sua larghezza e traversalmente la sua lunghezza". In sostanza lo storico sostiene che la parte più antica di quel che ora si vede, sarebbe stata costruita da Tommaso I (1189-1233) in posizione diversa della preesistente eretta dopo la distruzione dei Saraceni del 906. Ma le sue affermazioni sono affatto arbitrarie, bastando il più affrettato esame delle absidi per assegnare ad esse come data appunto la fine del sec. X e non la fine del sec. XII, epoca in cui in Avigliana stessa sorgevano (auspice Tommaso I) chiese di tipo affatto diverse ed assai simili alle architetture gotiche delle congregazioni religiose francesi. Quanto alle notizie che si riferiscono alla cripta, basterà dire che nulla di essa attualmente si scorge giacchè nel 1868 facendosi il nuovo pavimento ogni sua vestigia fu occultata. Cionondimeno crediamo opportuno riferire le parole del P. Bacco che appunto nel 1868 potè studiarne gli avanzi: " tale cripta ossia edicola primitiva era dipinta ed in parte guasta dalla sua antichità, e molto pericolante per trovarsi alquanto sotto al pavimento di questaltra chiesa preesistente ". Vedevasi a sinistra di chi entra addossati allantica cripta alcuni monumenti, di cui uno alla profondità di quattro metri dal suolo colla lapide di m. 1,25x0,25 che chiudeva il monumento segnato con la croce di Savoia: e questa era, forse, la tomba di Filippo dAcaia morto assassinato nel 1368. Di tutto ciò, ripetiamo, nessuna traccia è sopravissuta; ed è impossibile, se non facendo opportuni assaggi sotto i pavimenti, meglio determinare la natura della cripta e delle sue sepolture. Un cenno daremo pure sulle aggiunte apportate alloratorio di Avigliana nei secoli XIV e XV. Sorsero in questi tempi in tutto il borgo eleganti costruzioni nuove a porticati verso le vie e con torricelle ornamentali: ovunque esuberanza di decorazioni in cotto dogni genere. E pur il nostro S. Pietro ebbe le cure degli artefici. La parte superiore del campanile fu sistemata con una nuova cella sormontata da cuspide poligonale fiancheggiata da pinnacoli. La fronte ebbe la corona di una superba cornice ad archetti intrecciati e di tre elegantissimi gugliotti: accanto, si fece sorgere dal tetto un grazioso campaniletto a vela. Cornici in cotto e cuspidi ebbe pur la fronte posteriore. Infine, vennero aggiunte nuove cappelle pressochè quadrate. Due grandi nel lato sinistro, avanti e dietro il campanile: una più piccola avanti alla navatina di destra; e, sul fianco di questa, forse altre le quali più tardi però furono distrutte. Le tre cappelle superstiti sono dello stesso tipo. Costruite interamente in mattoni, allesterno hanno forti speronature angolari per rimediare allaccidentalità del terreno. Qualche cornice in cotto attorno alle piccole finestre a pieno sesto e sotto la linea delle coperture. Dentro, han volte a crocera con robusti costoloni. Lultima in fondo a sinistra è interamente affrescata sulle pareti e nelle vele: storie della Madonna e del nuovo testamento di un pittore francesizzante del sec. XV, piacevolissime ed assai interessanti per labbondanza di particolari dambiente, che ben varrebbe la pena di studiare e render note. La prima cappella aggiunta a destra reca un fresco del principio del sec. XVII rappresentante la rocca di Avigliana prima del 1690, anno della sua distruzione. Altri freschi di epoche diverse si scorgono lungo il muro destro della minore navata, allinterno; ma son frammenti assai guasti. Nelloratorio di S. Pietro nessuna opera di scultura. CHIESA PARROCCHIALE DEI SS. PIETRO E PAOLO IN BREBBIA. Elenco cronologico degli eventi storici. Sec. IV. La località fu abitata da una colonia romana di una certa importanza e pare che vi si trovasse pure unopera di fortificazione. Secondo gli Acta Sanctorum vi fu eretta unedicola dedicata ai SS. Giulio e Giuliano, predicatori della fede sul basso Lago Maggiore. Dice la leggenda che durante la costruzione Giulio apparisse a guarire un muratore che per disavventura sera amputata una mano. Di questa fabbrica nulla è sopravvissuto se togliamo (forse) un frammento di pietra scolpita impiegata come lunetta nella porta del lato destro della chiesa attuale. Sec. X. La pieve di Brebbia acquista grande importanza. Gli arcivescovi di Milano vi possiedono un castello sorto forse sulla rovina della rocca romana, e vi dimorano sovente. Sotto la loro diretta potestà è la chiesa dei SS. Giulio e Giuliano la quale intorno a questepoca comincia ad assumere il titolo di S. Pietro. 1073: Durante le lotte con gli arcivescovi scismatici, larciv. Gotofredo si rifugia nel castello di Brebbia. 1147 gennaio: Lite, rimasta famosa nella storia della Diocesi, fra labate di S. Celso in Milano ed il Prevosto di Brebbia, in merito al possesso di alcuni benefici annessi alle due chiese. Metà sec. XII: demolizione della primitiva ed erezione della chiesa attuale. 1250: Altra lite fra il Prevosto di Brebbia e lArciprete della Metropolitana di Milano, per le decime di Monvalle. 1263: Lotte fra i Visconti ed i Torriani per la signoria di Milano. Il castello di Brebbia è distrutto da Martino della Torre insieme alle rocche vicine di Arona e Angera. Sec. XIII, fine: Secondo il catalogo di Goffredo, la pieve di Brebbia ha 46 chiese e 55 altari. Sec. XIV - XV. La chiesa assume definitivamente il titolo dei SS. Pietro e Paolo. Linterno è rivestito in gran parte di affreschi di cui rimangono avanzi sotto gtintonachi. Affermandosi nel milanese il dominio del Visconti prima, poi degli Sforza, la pieve di Brebbia scema grandemente dimportanza. Così, sempre più, sotto i francesi e gli spagnoli. 1568: Il cardinale Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, sopprime la pieve di Brebbia, la cui Collegiata di S. Pietro aveva 18 canonici; di questi, sei trasferisce a S. Tomaso in Terra Mara a Milano; con i rimanenti forma la pieve di Besozzo. SS. Pietro e Paolo di Brebbia diviene semplice chiesa parrocchiale. Sec. XVII. Sui pilastri a fascio, predisposti fin dalla metà del sec. XII, vengono gettati i grandi archi in pietra, e tra essi si costruiscono le volte a crocera; si inalza così la navata centrale e si trasforma la facciata. Sec. XVII o XVIII. Vien costruita la sacristia: le pareti di fondo ai lati dellabside ricevono, addossati, due altari in legno e stucco. Laltar maggiore è rifatto in marmi e stucchi; nuova balaustrata in marmo a cingere il presbiterio. 1886: Linterno è ancora largamente rimaneggiato, interamente intonacato e decorato con sagomature in istucco. 1923: Viene innalzata la copertura delle tre campate del transetto, direttamente gravante sulle volte. Tale lavoro, benchè necessario per garantite le stabilità di queste, altera completamente laspetto originario della chiesa del sec. XII. La chiesa dei SS. Pietro e Paolo in Brebbia è, nel suo complesso, una fabbrica della metà del sec. XII e si può ritenere di qualche tempo anteriore a quella di Crescenzago. Ma non ci mostra un tipo ben determinato nellevolversi dellarchitettura romanico - lombarda, poichè accusa incertezze di indirizzo nella soluzione del problema statico. Eccelle, invece, per la qualità della costruzione tutta in pietra viva. Brebbia può considerarsi appena al confine della regione natale di quei lapicidi che poi si sparsero per ogni dove riconosciuti come i Maestri Comacini. Ed una comunità di costoro, certamente, lavorarono al SS. Pietro e Paolo. Ma gli architetti di Brebbia, sebbene artefici di valore, non vivendo in un grande centro ove le costruzioni si susseguivano in rapidi tentativi per giungere alladozione di partiti sempre più perfetti, furono traditi dalla loro scarsa abilità creatrice; giacchè non seppero affrontare problemi organici ben determinati. E gli spazi interni della chiesa furono assai male distribuiti dando luogo ad un complesso alquanto squilibrato. Lesterno è tuttavia notevole, tutto a filari di pietra (serizzo, granito, pietra di Angera) accuratamente disposti a giunti alternati. Ricorre, tuttattorno, una zoccolatura in pietra dAngera avente il profilo di base attica dalle proporzioni insolitamente eleganti. La facciata, attualmente a quattro pioventi, è limitata lateralmente da sottili lesene e divisa in tre scomparti da due svelte cordonature poligonali che, pur non giungendo al sommo, vorrebbero essere contrafforti; due porte assai semplici con lunetta di scarico, tre finestre alte, strette, e con doppia profonda strombatura. La parte superiore, che forma il più alto frontone e corrisponde allinnalzamento della nave centrale avvenuto allorchè nel sec. XVII furono gettate le sue volte, è in semplice muratura ed il paramento vi è dipinto simulando le pietre a vista. Agevolmente tuttora si scorge il segno dellandamento del tetto originario a due soli pioventi. Infine, è curioso notare come, essendo la chiesa fabbricata sul culmine di una pur leggerissima elevazione, il basamento della facciata segna, accentuandola notevolmente, tale accidentalità del terreno, abbassandosi ai due lati. Il fianco settentrionale non offre alcuna particolarità, già che è privo di aperture. La fronte posteriore presenta nel centro lunica abside, sporgente dalla muratura del transetto, recentemente innalzata, con basamento senza sagome e due mezze colonnine che salgono a raggiungere la semplicissima cornice sotto la copertura. Questa è di scaglie di pietra disposte con una certa regolarità a squame direttamente sullestradosso del catino fin dal sec. XII. Nellabside, tre finestre a tutto sesto, con profonda doppia strombatura, di cui la mediana incorniciata da colonnine alternate a pilastrini dagli eleganti capitelli. Il fianco meridionale presenta due finestre del solito tipo in corrispondenza alle campate interne della navatina; tre sul capocroce del transetto (una desse, circolare, è frutto di posteriori rimaneggiamenti), ed una bella porta rettangolare con lunetta, la cui forte strombatura è adorna di fasci di colonnine e pilastrini alternati reggenti due teorie di capitelli ornati. Questo tipo di porta fu largamente usato nelle basiliche lombarde e raggiunse spesso proporzioni vaste dando pretesto ad esuberanti e ricchissime decorazioni. La nostra è assai semplice e si collega con tutta una serie di sorelle sparse nellalta Lombardia e specialmente nella regione dei laghi. Basterà qui ricordare qualcuna delle più prossime ad essa: quella del battistero di Varese e di S. Fedele dIntelvi. Le sculture dei capitelli della porta di Brebbia e quelle analoghe della finestra mediana dellabside più sopra ricordata, son pur esse simili a quelle delle porte citate: palmette simmetricamente disposte e fogliami di debole rilievo terminanti in un bullo rotondo angolare accartocciato. Son sculture di tipo assai diffuso nella regione natale dei Comacini che largamente le usarono sviluppandole in elementi architettonici di piccola mole quali le colonnine dei chiostrini cluniacensi di Piona e di Voltorre. Nella lunetta dalla porta laterale di Brebbia è adattato un frammento di tavola in pietra recante scavata nel mezzo una piccola tazza nel cui fondo è un foro, circondata da una coroncina di intrecci scolpita a bassissimo rilievo; a destra è inciso un pesce di profilo recante in bocca unancora. Non ci pare desser lontani dal vero ritenendo questo frammento un avanzo della chiesa preesistente eretta nel IV secolo, forse impiegato come mensa daltare; e la tazzetta avrebbe potuto essere ricettacolo di reliquie. Ma giova avvertire che mentre il pesce inciso ha laspetto di lavoro assai primitivo, la coroncina attorno alla tazza si accusa non anteriore al sec. VIII. Linterno, come già accennammo, è a tre navate terminate da un vasto transetto che di poco però eccede in larghezza al corpo della chiesa; una sola abside centrale. Tre campate per ognuna delle navi, rettangolari: le mediane in senso trasversale, le laterali in senso longitudinale. Il transetto ha tre campate di cui una quadrata coperta di volta a crocera con cordonature; le due ai lati sono fortemente rettangolari con volte a botte. Le tre volte del transetto e le sei a crocera senza cordonature delle navatine furono gettate fin dallinizio della costruzione, o, al più tardi, nei primi decenni del sec. XIII. Le tre campate della nave maggiore ebbero una copertura in legname a travature visibili; e tali rimasero fino al sec. XVII. Ciò è provato dalle tracce, tuttora visibili nei sottotetti, della disposizione di tali travature; nonchè dallandamento originario della copertura a due pioventi rilevato nello studio della facciata. Il nostro disegno mostra appunto quale fosse laspetto della chiesa nel medioevo, e come risultò dopo che nel 600, gettate le volte della nave maggiore, si dovette elevare una parte del tetto. Ma il progetto di erigere la nave maggiore di parecchio più alta delle laterali dovette essere nella mente degli stessi costruttori del sec. XII giacchè i piloni allora elevati vennero predisposti per tale preciso scopo. Si deve ad imperizia delle maestranze se il programma non fu compiuto? Difficile il rispondere: e noi dobbiamo limitarci ad una semplice constatazione. Di questi piloni, completamente in pietra, quattro son senza base quadrati fino allimposta degli archi minori longitudinali e delle volte delle navi laterali. Sopra, seleva una semplice mezza colonna con capitello a reggere gli arconi e le volte centrali. Gli altri due piloni sono a fascio cruciforme e risultano analoghi ai precedenti, quando si consideri che già da terra al quadrato vennero innestate le mezze colonne a reggere i vari elementi: archi, volte e cordonature. Tali due piloni sorgono da alto basamento in pietra e poggiano su base di tipo attico lombardo; han capitelli lavorati a foglie e palmette. Lungo i muri perimetrali non ovunque, in corrispondenza degli archi, si trovano lesene od elementi di sostegno; fatto non comune nellarchitettura lombarda. Nellinterno, nessuna opera di scultura, se non i capitelli dei piloni, limitati però ai soli elementi a sezione semicircolare. Son capitelli molto semplici e poco eleganti e quasi tutti derivano da un unico tipo che risente assai influssi esotici. Comunque non affatto paragonabili a quelli ricchissimi delle basiliche della bassa Lombardia. La lavorazione è dura e quasi infantile; la maggior parte dessi è sormontata da unalta tavola a guisa di pulvino che il sec. XVII deformò rivestendola di cornici in istucco. E in verità non poche di queste sculture stesse ci sembrano rozze ed inabili imitazioni di scalpellini secenteschi, tanto son lontane da quelle pur semplici, ma non ineleganti, della porta sul fianco destro. Linterno dovette, attraverso i secoli, ricevere ampi rivestimenti di decorazione pittorica. Sotto gli intonachi posteriori fan capolino saggi che si dimostrano davvero interessanti così che ben varrebbe la pena di eseguire qualche lavoro per rimetterli in luce. Qui, per ora, basterà accennare al Cristo in trono circondato da santi nel catino dellabside, forse del sec. XIV: e ad una vasta rappresentazione delle storie di Gesù sulla parete interna della nave destra, attribuibile alla metà del sec. XV. CHIESA PARROCCHIALE DI S. MARIA ASSUNTA IN CRESCENZAGO. Elenco cronologico degli eventi storici. Sec. IX. Crescenzago, è sotto la giurisdizione dei vescovi milanesi che vi posseggono fondi. Una chiesa sorge probabilmente in questo secolo o nel seguente. Di essi sono apparse scarse e poco significanti tracce durante recenti lavori di restauro ed in occasione della rimozione del pavimento. 1140: Viene istituita a Crescenzago una canonica prepositurale sotto la regola di S. Agostino che si insedia presso la chiesa di S. Maria. 1154: Larcivescovo di Milano, Oberto, prende i canonici sotto la sua protezione loro concedendo donazioni e privilegi. Sotto i pontefici Innocenzo II (1130-1143) e Lucio III (1151-1185) due canonici di Crescenzago, il b. Tommaso e il b. Albino, vengono creati cardinali. 1186: Una parte dei canonici di S. Maria si stacca e va a fondare una nuova congregazione a Bernate. Fine del sec. XII. La chiesa viene completamente rifatta, e tale costruzione è nel suo complesso lattuale. In un successivo tempo sopra lultima campata quadrata in fondo alla navatella destra vien eretta la torre campanaria, forse di soli tre piani, pure in mattoni. Sec. XIII. La canonica di Crescenzago ha sotto la sua giurisdizione altre canoniche costituite in congregazione degli Agostiniani retta dal Prevosto Abate Commendatario. 1250: Un certo frate Stefano Spagnolo Domenicano penitenziere del Papa e Visitatore Apostolico in Lombardia a Crescenzago. Ordina la riforma del chiostro e la costruzione di uno Spedale. 1251: In esso pernotta Innocenzo IV diretto da Milano a Trezzo. 1254: Papa Alessandro IV raccoglie in un solo ordine tutte le comunità di S. Agostino i cui canonici sono detti lateranensi per aver in Laterano la sede generale. Crescenzago fa parte della pieve di Segrate. Fine sec. XIII. Nelle lotte fra Torriani e Visconti per il possesso del Milanese, Crescenzago è spesso accampamento di milizie. 1322: Matteo Visconti, signore di Milano, muore scomunicato nella canonica di S. Maria Rossa e vi è nascostamente sepolto. Sec. XIV (?). Affreschi nel catino dellabside maggiore. Metà del sec. XV. La chiesa subisce alcune modificazioni, specialmente nelle navatine alle quali vengono addossate varie cappelle. Modificazioni son fatte pure alla canonica. Lo Spedale ed il chiostro annessi son quasi del tutto rifatti a porticati con colonne poligonali, archi a sesto acuto e finestre riccamente incorniciate di terrecotte. 1602: La chiesa è eretta in commenda. Ma da questepoca le notizie storiche sulla canonica di Crescenzago si fanno sempre più, scarse dimostrando il diminuire della sua importanza. Sec. XVI. Il campanile vien elevato di un piano con una nuova cella campanaria ed è quasi completamente deturpato da nuove intonacature. Sec. XVII. Le deturpazioni ai estendono allinterno della chiesa: alcune cappelle, come le estreme delle navate minori, sono murate ed adibite ad altri usi; altre, forse, vengono aperte ai fianchi. Le finestre sono ingrandite, spostate e mutano di forma. Le pareti sono largamente intonacate e ridipinte. Laltar maggiore è rifatto in marmi colorati e stucchi; il presbiterio vien cinto da una balaustrata barocca in marmo. 1772: Il card. Pozzobonelli, presi accordi con Clemente XIV e con limperatrice Maria Teresa, sopprime la canonica di S. Maria Rossa di Crescenzago, la quale diviene semplice parrocchia. Sec. XIX, dopo la metà: Rimaneggiamenti alla facciata nella quale vien praticata una grande finestra circolare. Il pavimento della chiesa è innalzato. 1922: Radicali lavori di restauro e di ripristino per ridare alla chiesa laspetto originario dei sec. XII - XIII. Alcune cappelle sono demolite; la fronte è completamente riorganizzata; linterno spogliato degli intonachi è rivestito di esuberanti decorazioni. Purtroppo tali lavori, condotti con poca cautela, hanno messo in luce e poi subito falsati elementi preziosi della fabbrica antica conducendo, in non pochi casi, a risultati affatto arbitrari e poco attendibili. La chiesa di S. Maria detta La Rossa a Crescenzago, presso Milano, è un esempio di costruzione basilicale lombarda piuttosto avanzato. Si può assegnare agli ultimi decenni del sec. XII e si palesa in pianta come unimitazione del S. Teodoro di Pavia: ricordando, in elevazione la chiesa della Badia cistercense di Morimondo in modo assai evidente. Tiro preparatorio dellorganismo statico - costruttivo che sboccerà nel S. Pietro in Ciel doro. Tre navate e tre absidi, senza transetto. Lesterno è completamente in cotto e filari di grossi mattoni. La facciata a due pioventi nasconde lorganismo delle navi, di cui la centrale sovrasta di poco le laterali, come si scorge dai fianchi. Sulla fronte, assai rimaneggiata e pedantemente restaurata, quattro robusti contrafforti; tre porte e non poche finestre a forte strombatura che dan luce alle navate ed ai sottotetti. I contrafforti mediani, quadrati fino a circa metà dellaltezza della facciata, son sormontati da pilastrini mistilinei che salgono a raccordarsi con archeggiature in cotto ricorrentesi sotto la cornice e rigirantesi lungo i fianchi per tutta la costruzione, fin sui frontoni posteriori. I due tozzi pinnacoli angolari sono probabilmente frutto di recenti rimaneggiamenti. La parte posteriore della chiesa, con tre absidi, di cui le due laterali assai più piccole della mediana, conserva tuttora in gran parte il paramento originario benchè deturpato nelle aperture: anche qui contrafforti e lesene che valgono a raccordarsi con le archeggiature della cornice. Dallestremità della navatina meridionale sorge la torre campanaria aggiunta in un secondo tempo ma ancora ai primi del sec. XIII. La muratura fino alla cella è tuttora loriginaria ma soltanto per un tratto conserva laspetto primitivo decorato di riquadri ed archetti. Linterno, benchè eccessivamente restaurato e ridipinto, è daspetto ampio e spazioso. La nave di mezzo ha cinque campate, di cui la prima e lultima rettangolari in senso trasversale, le rimanenti quadrate; ciascuna nave laterale ha ugual numero di campate, di cui la prima e lultima quadrate, le rimanenti rettangolari in senso longitudinale. Tutte le campate (esclusa lultima, rettangolare, della nave maggiore che è coperta di volta a botte) hanno volte a crocera con o senza cordonature. Gli archi sono per la maggior parte a sesto acuto, pochi altri a tutto sesto; questultimi specialmente nella parte posteriore. La nave mediana è assai più alta delle laterali, ma non così da permettere alle finestre praticate nei muri sopra gli archi longitudinali di sovrastare ai tetti ed acconsentire lilluminazione dellinterno. Elementi di sostegno: quattro piloni in cotto aventi per base un semplice dado di granito, cilindrici di considerevole dimensione fino allimposta degli archi minori longitudinali; sopra, sinnalzano fasci in cotto mistilinei a reggere gli archi trasversali e le cordonature delle volte. Due piloni cilindrici, poi a fascio, in tutto organicamente simili ai precedenti, ma in pietra (serizzi e graniti) e con base lombarda di tipo attico. Due piloni a fascio cruciforme con elementi mistilinei, elevantisi in parte fino a reggere larcone trasversale davanti alla volta a botte a sesto acuto del presbiterio, in pietra (serizzi, graniti); di essi, luno ha base attico - lombarda con unghiature angolari: laltro ha, utilizzati come base, quattro rozzissimi capitelli di forma cubica, in pietra, capovolti. A reggere gli archi e le volte, lungo i muri perimetrali, troviamo gli elementi di sostegno più disparati, un tempo allesterno tutti controspinti da robusti contrafforti. Predominano robuste lesene a sezione rettangolare, in cotto od in pietra. In corrispondenza delle ultime due file trasversali di campate, furono impiegate lesene a cordonatura mistilinea, fra loro costruttivamente differenti benchè nella sostanza analoghe. Ciò che fa pensare alla utilizzazione di elementi preesistenti alla costruzione della fine del sec. XII. Ed in verità, tutta questa parte estrema della chiesa mostra allinterno segni indubbi di epoca più antica, quali nicchie, impostazioni darchi di aperture, differenze di livello fra le basi dei sostegni. Certamente qui sono gli avanzi della chiesa che già esisteva intorno al mille. Purtroppo le deturpazioni subite attraverso i secoli, ma ancor più le recenti affatto arbitrarie innovazioni, hanno distrutto o spostato elementi preziosi allo studio creando uno stato nuovo di assai difficile interpretazione. Questo bisogna dire pur nei riguardi delle cappelle erette lungo i fianchi nei sec. XV-XVI le quali però presentano un interesse ed un valore intrinseco assai limitati. Nessuna scultura se togliamo due lapidi sopravvissute, probabilmente, a tombe di abati agostiniani del medioevo e recanti scolpiti gli attributi prelatizi. Tutti i capitelli dei piloni non offrono alcun interesse, essendo semplici dadi di pietra appena sporgenti con una smussatura. Qualche pallido avanzo di pitture del sec. XIV nel catino dellabside; ma così fortemente rimaneggiate da impedire il benchè minimo esame. BIBLIOGRAFIA. PADRE PLACIDO BACCO DA GIAVENO: da quattro manoscritti presso la Biblioteca Civica di Susa sono stati scelti alcuni capitoli e pubblicati col titolo: Cenni storici su Avigliana e Susa. Susa, 1883. DELLO STESSO: Avigliana ed il R. Santuario. PROMIS CARLO: Storia dellantica Torino. Torino 1869. JACOPO DURANDI: Notizia dellantico Piemonte transpadano. CIBRARIO L.: Storia della Monarchia di Savoia. - Torino, 1840-44. LITTA: Famiglie celebri dItalia. Milano, 1819. SEMERIA: Storia delta Chiesa di Torino. - Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino. - Volume I. Torino, 1875. - Magnum Theatrurn Sabaudiae. GIUSSANI A.: La Chiesa di S. Pietro di Vallate e il suo restauro. Como, 1915. Acta Sanctorum, 31 gennaio. GIULINI G.: Memorie spettanti alla storia, ecc. - Milano, 1760. 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