FASCICOLO VIII APRILE 1925
Notiziario
CONCORSI

ROMA. Concorso per una casa da erigersi alla Città Giardino Aniene. L’Istituto delle Case popolari prosegue nella sua grande attività edilizia così necessaria alle attuali condizioni demografiche della Capitale. Ma vogliamo ancora una volta rilevare una sua tendenza molto simpatica. Quella cioè d’indire pubblici concorsi per i progetti d’importanti costruzioni. Si ottiene così di risolvere i problemi d’ambiente nel modo più idoneo e nello stesso tempo di porgere lo stimolo a originali creazioni, spesso di artisti giovanissimi. Altra volta abbiamo riportato l’esito di concorsi dello stesso Istituto ed ora ci piace presentare quello relativo a una casa popolare da erigersi nella Città Giardino Aniene, concorso affidato all’Associazione dei Cultori di Architettura.
È questa una borgata appena sorta e in cui la costruzione ha proceduto nel modo più caotico. Solo da poco taluni giovani architetti hanno dato la loro preziosa collaborazione alle imprese edilizie e così le costruzioni ne hanno ricevuto un beneficio estetico evidente. Nel recente concorso dell’Istituto delle Case popolari, la commissione giudicatrice si è soffermata in particolar modo sul progetto dell’architetto Energici assegnandogli il primo premio. Non potendo poi attribuire altri premi, non avendone la disponibilità, la Commissione si è limitata ad elogiare distintamente i progetti dell’architetto De Renzi e ing. Malpeli (associati) e degl’ing. Wittinch e Ciarrocchi (associati) coi quali i rispettivi Autori avevano dato una brillante prova della loro preparazione.

BARI. Concorso per il Manicomio provinciale. In questa gara la vittoria ha arriso a tre giovani architetti i sigg. Gaetano ed Ernesto Rapisardi e Sandri (associati). È degna di nota la semplicità di forme cui si sono attenuti i tre giovani artisti, che hanno pure assai curato la razionale sistemazione dei fabbricati e la chiarezza delle Piante. Dobbiamo da parte nostra ricordare, che il più razionale esempio di costruzioni sanitarie del genere si dovette, non ha guari, all’ing. E. Negri, autore del lodatissimo Manicomio provinciale di S. Onofrio in Campagna, presso Roma.
BOLOGNA Concorso del monumento ai caduti (2° grado). In altro numero di questa rivista noi riportammo l’esito del concorso di primo grado stampandone anzi la chiara relazione dovuta al sen. Prof. Albini.
Oggi siamo lieti di additare nell’ing. Vaccaro il concorrente prescelto fra quelli ammessi alla seconda gara. Come ognuno può vedere, confrontando i due progetti, il Vaccaro ha apportato notevoli varianti alla sua prima idea. Del tutto nuova è la sistemazione e decorazione del sottoportico che non ha più il sarcofago, ma quattro colonne onorarie. I bei bassorilievi sono opera dello scultore Prini.

CONCORSI DELL’ASSOCIAZIONE DEI CULTORI DI ARCHITETTURA

L’associazione Artistica fra i cultori di Architettura, per incarico del Comune di Roma, bandisce un concorso per la sistemazione della zona stradale di Via della Lungara, compreso fra il Ponte dei Fiorentini il Ponte Mazzini ed il suo collegamento con quelle del lungotevere gianicolense.
Scopo del concorso è la sistemazione della scarpata che lungo la Via della Lungara comincia alla quota 16,92 e si protrae fino alla quota 13,29. Occorre dare un aspetto alla zona più rispondente all’estetica ed all’ambiente quanto mai interessante in quelle località. I concorrenti potranno proporre una qualsiasi soluzione che abbia per fine la maggiore utilizzazione della zona stradale nei confronti del traffico non disgiunta da un adeguato assetto estetico ed architettonico.
I concorrenti dovranno presentare i loro progetti firmati alla segreteria dell’associazione (Via Astalli N. 1) non più tardi del giorno 10 Giugno p. v. dalle ore 18 alle ore 20_.

I disegni richiesti per essere ammessi al concorso sono:
1°. Una pianta quotata nella scala 1: 500.
2°. Almeno tre sezioni schematiche, trasversali, nella scala di 1:100.
3°. I prospetti e le piante delle singole opere che si progetteranno nei vari tratti, nella scala non inferiore a 1:200.
4°. Un particolare architettonico nella scala di 1:20.
5°. Una brevissima relazione esplicativa che indichi gli intendimenti seguiti nello sviluppo del tema e le norme da seguirsi nella esecuzione del lavoro, indicando per altro i materiali da adoperarsi nella costruzione.

Eventualmente potrà essere presentata una prospettiva della sistemazione generale o parziale della strada. Una Commissione di 5 membri sarà nominata dall’Associazione dei Cultori di Architettura e giudicherà inappellabilmente i lavori presentati.
La Commissione potrà assegnare un premio di L. 3000 al progettista dichiarato vincitore; ed altre 2000 lire saranno a disposizione della Commissione stessa per i premi che riterrà opportuno distribuire.
I lavori verranno esposti nella sede dell’Associazione entro una settimana dalla data di presentazione e successivamente rimarranno esposti 10 giorni dopo che la Commissione avrà emesso il proprio giudizio.
Le planimetrie quotate della località saranno inviate ai concorrenti che ne faranno richiesta.

Roma, aprile 1925.
Il Presidente
G. GIOVANNONI
I1 Segretario generale
C. CECCHELLI


CONCORSO PER UN PROGETTO DI PAVIMENTO
DA ESEGUIRSI IN LINOLEUM IN INTARSIO.

1° L’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura di Roma indice un concorso per un progetto di pavimento da eseguirsi in Linoleum ad intarsio, in una sala della propria Sede, delle dimensioni indicate dalla unita pianta.
2° Il concorso è libero a tutti gli artisti.
3° I progetti devono adattarsi alla tecnica del Linoleum ad intarsio ed alle misure planimetriche della Sala sotto riprodotte.
4° I progetti devono essere presentati in scala non inferiore ad 1 a 20 e devono riprodurre l’intiero pavimento. I colori sono da scegliersi nelle tinte commerciali del Linoleum; esemplari in natura sono visibili presso la sede dell’Associazione e presso le varie Sedi della Società dei Linoleum; si consiglia di limitare il numero dei colori ad un massimo di quattro o cinque.
La decorazione ispirata alla tecnica dell’intarsio può essere costituita da elementi campeggianti in un telo unicolore di fondo; gli intarsi possono avere contorni geometrici o no, rettilinei o curvilinei, ma le figure devono avere dimensioni e semplicità di contorni tali da poter essere ricavate con una fustella metallica o intagliate a mano.
I motivi e le figure geometriche devono avere i lati non inferiori ai 25 mm.
Le fascie, le striscie non devono misurare una larghezza inferiore ai 30 mm.
I circoli avranno un diametro non minore di mm. 25.
Gli angoli delle figure geometriche, quelli di incontro di fascie e di striscie non devono discendere al disotto di 30 gradi. Negli ornati non si devono avere risvolti acuti inferiori a tale angolo.
Nei motivi che si ripetono sarà bene osservare che il rapporto di ripetizione possa essere contenuto esattamente in 2000 mm. e in 1830 mm.
Le figure ripetute più volte (e che si eseguiscono in pratica mediante fustella) potranno avere elementi curvilinei; sarà bene nei grandi motivi ridurre le curve allo stretto necessario, presentando le stesse difficoltà di esecuzione pratica.
Negli eventuali grandi motivi ad elementi curvilinei si devono adoperare curve circolari ellittiche e paraboliche evitando assolutamente le evolventi e le spirali.
L’elemento decorativo linea di giunzione o segnatura ha la larghezza di circa mezzo millimetro e può risultare sia per la giunzione di due figure sui lati di contatto sia dalla incisione fatta sul linoleum con speciale utensile per falsificare una giunzione.

5° I progetti devono essere inviati non più tardi del 31 luglio p. v. all’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura, Via degli Astalli n. 1, Roma.
I progetti che giungeranno dopo tale data non saranno presi in considerazione.

6° I progetti devono portare la firma dell’autore, ovvero essere contrassegnati da un motto ripetuto sopra una busta chiusa contenente il nome del concorrente ed il suo indirizzo.

7° I lavori che non corrisponderanno alle norme del presente bando saranno messi fuori concorso.

8° La Commissione giudicatrice sarà composta di 5 membri, di cui 3 dell'Associazione fra i Cultori di Architettura e 2 della Società Italiana del Linoleum.
9° La giuria decide inappellabilmente tutte le questioni riguardanti il concorso.
10° La decisione della giuria sarà nota al più tardi entro 30 giorni dopo la chiusura del concorso; pubblicata sul bollettino dell’associazione e comunicata ai giornali.
11° Il concorso è dotato del seguenti premi che la Società Italiana del Linoleum, pone a disposizione della Associazione fra i Cultori di Architettura da ripartirsi come segue:
1° Premio L. 2000.
2° Premio L. 1000.
l2° Tutti i progetti presentati a questo concorso resteranno a disposizione dell’Associazione per un periodo di due mesi per essere esposti al pubblico, riservandosi la commissione il diritto d’escludere da questa esposizione i lavori, a suo giudizio di troppo scarso valore. Trascorso questo termine i progetti non premiati saranno ritirati dai loro autori. Se questi li ritireranno entro 15 giorni dopo questo termine i reclami non saranno presi in considerazione.

Roma, aprile 1925.

Il Segretario generale Il Presidente
C. CECCHELLI G. GIOVANNONI


ALESSANDRIA D'EGITTO. Un importante concorso per la sistemazione di una località (Si di Gaber) nelle vicinanze di Alessandria è stato bandito dal Sig. Ioseph Smonha. Termine di detto concorso è il 1° ottobre 1925. Schiarimenti e piante presso il Sig. Smonha, Alessandria, rue PortEst immobile Heikal. Premi: lire eg. 500 al primo, 200 al secondo, 100 al terzo. Altri progetti degni potranno essere premiati con una somma di non oltre lire eg. 50.


CRONACA DEI MONUMENTI

PISA. — Il campanile di Pisa torna a destare qualche preoccupazione. Si ricorderà l’allarme mosso nel 1911 quando si rilevò un considerevole aumento della inclinazione, che aumentava a circa 30 cm. di maggior strapiombo rispetto alla misura compiuta nel 1817 dai Cresy e Taylor; e si ricorderanno altresì gli studi accuratissimi che sulle cause e sull’entità del fenomeno furono allora compiuti da una speciale Commissione ministeriale che ne fece oggetto di un'ampia e completa relazione.
I risultati di tali studi possono in breve così essere riassunti. Appoggiata su di una fondazione anulare, a poca profondità, su di un terreno incoerente percorso da una fortissima falda acquifera che dalle colline va verso l'Arno, il cedimento della torre deve (come attestano le particolarità della sua costruzione) essersi manifestato subito, sì da sconsigliare di portare la fabbrica a quella altezza grandissima che forse era nelle intenzioni degli architetti. E le vicende stesse dello scavo e dell’esaurimento provvisorio delle acque freatiche, con procedimenti imperfetti e forse saltuari, debbono aver prodotto l’impoverimento di alcune zone del terreno rispetto alle altre per il richiamo delle acque stesse nei pozzi di escavazione, donde la forma dissimetrica del cedimento e la conseguente inclinazione.
All’aumento in essa verificatosi nel secolo scorso non debbono esser stati estranei i troppi arditi lavori eseguiti nel 1839 dall’architetto Gherardesca, il quale eseguì tutt'intorno quel fossato periferico che ha ritrovato l’antica base del campanile, ma che, col raggiungere uno strato più profondo di quello delle acque sotterranee, ha prodotto il pericolosissimo fatto nuovo delle polle sorgenti dalla muratura stessa dell’edificio. Così si è venuta, sia pur in diversa forma, a riprodurre la condizione originaria dell’acqua in movimento costituente elemento dinamico al trasporto di particelle di terreno e di malta; e di qui il pericolo nuovo, la nuova causa d’instabilità.
Le misurazioni riprese in questi ultimi anni dal prof. Cicconetti hanno dimostrato costantemente un aumento della pendenza, che può essere valutato in circa 6/10 di mm. all’anno: quantità codesta assolutamente minima, e quasi trascurabile rispetto quella constatata nel secolo scorso (circa 3 mm. all’anno in media); ma che tuttavia rivela una progressività nella perturbazione statica, che non può che preoccupare, poichè ragionevolmente dovrebbe condurre ad una vera scadenza, al crollo dell’insigne monumento.
Tutto questo è, per fortuna, tanto remoto, che sul pericolo e sul rimedi si può ancora discutere con grandissima calma. Lo studio statico del campanile e delle sue strutture murarie afferma come ancora si sia molto lontani dai carico di schiacciamento o da una tendenza ad una vera rotazione: la quasi assoluta assenza di lesioni assicura che tutta la massa, mirabilmente murata, si comporta ancora come nucleo monolitico; e tutto fa ritenere infine che il suolo nella zona maggiormente compressa (a circa. 10 kg. per centimetro quadrato) è divenuto per la pressione stessa compattissimo. Ma non è men vero che, determinato ormai il fenomeno, e stabilita la probabilità del suo, pur lentissimo, aggravamento progressivo nell’avvenire, sia ora un vero dovere di riprendere gli studi e portarli a proposte di provvedimenti concreti.
Questo appunto è stato il compito di una Commissione recentemente nominata dal Ministero, d’accordo con l’Opera della Primaziale Pisana, della quale facevano parte l’On. Prof. Ciappi, il Prof. Giovannoni, l’Ing. Berlieri, il Prof. Canevaro, l’Ing. Susinno, il Prof. Cicconetti, il Dr. Bacci e l’Ing. Canevari, al quale si deve la chiara relazione preliminare testè consegnata.
Riassunti i termini della questione e completati con nuove indagini e nuovi studi le indagini e gli studi della precedente Commissione, e determinate in particolar modo con accurati saggi le condizioni idrauliche del sottosuolo, gli attuali Commissari hanno senz’altro affrontato il problema dei mezzi tecnici necessari e sufficienti pel consolidamento dello stato attuale, giungendo alle seguenti proposte, per ora di massima, ma che verranno tradotte in progetti definitivi:
1. Ritornare in parte sull’imprudente lavoro del Gheraedesca, col colmare il fossato periferico per tutta l’altezza dei gradini, lasciando allo scoperto le basi delle colonnine addossate alla zona basamentale del campanile; e con questo, riassorbire le pericolosissime polle sgorganti dal massiccio fondale;
2. Rinsaldare il terreno nella parte a valle, maggiormente compresso, col disporre, dapprima in una linea semicircolare esterna, poi in una più prossima, pali di costipamento ed iniezioni di cemento liquido sotto pressione.
La prima di queste opere proposte porta al risultato, doloroso, ma inevitabile, di abbandonare, sia pure in lievissima parte, qualchecosa che era stato conquistato nella veduta del campanile nella sua forma originale. Tuttavia, quasi a compenso, la Commissione propone che al brutto e triste fossato, che stringe il monumento e non consente di vederlo altro che da presso in tutta la sua altezza, sia sostituita una disposizione a gradinate od a cordonate, simili alla cavea di un piccolo anfiteatro, sì da poter aumentare il raggio delle visuali e scorgere nella piazza la zona bassa del campanile.
Ambedue i provvedimenti suaccennati rispondono al duplice concetto prudente di non opporsi con violenza alle condizioni naturali, aiutando, per così dire, il suolo a resistere senza mutarne sostanzialmente il semiequilibrio di risorsa che vi si è composto; e di seguire un metodo graduale e sperimentale, che può avere la sua progressività in senso inverso a quello delle tendente allo spostamento. Una regolare serie di misure e di segnalazioni dovrà infatti essere impiantata, sì da poter rilevare almeno due volte l’anno l’entità della inclinazione; se da queste constatazioni risulterà l’efficacia dei rinforzi adottati non vi sarà ragione di eseguire nuovi lavori, ma se la progressione del movimento si manifesterà ancora, sia pure in quantità minima, apparirà opportuno “stringer la vite” ancora di un passo, rendendo più intensi i provvedimenti stessi, od iniziando qualcosa di più organico, che tenda cioè, ad esempio, mediante iniezioni di cemento liquido, al consolidamento diretto del terreno nella zona troppo compressa del terreno, ovvero che contempli una forma parziale o totale di sottofondazione.
Quando, come nel caso attuale, le condizioni statiche lo consentono e lasciano ancora notevole margine di resistenza e di tempo, è questa la sola via da seguire nei restauri dei monumenti, con calma metodica e con cura, vigile, lontana dai due estremi del voler far troppo e del non far nulla. Ormai però occorre stabilir ben chiaro che il non far nulla non è più possibile. Il periodo degli studi deve essere finito, ed occorre subito passare da esso all’inizio dell’opera concreta per la salvezza di uno dei monumenti più insigni e, nella stessa sua anomalia patologica, più tipici e significativi d’Italia.
G. G.


BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO


S. P. Q. R. Relazione della Commissione municipale per lo studio della riforma del piano regolatore di Roma. Roma, luglio1924 — Non potrebbe esservi nell’edilizia tema più bello e più arduo di quello del piano regolatore di Roma: a cui fanno capo da un lato i ricordi sacri di quasi tre millenni di storia, le vestigia. di monumenti importanti e grandiosi, dall’altro l’avvenire di una moderna capitale che s’avvia fatalmente ad un vasto sviluppo progressivo, che forse un giorno la congiungerà al grande anfiteatro del mare e del monte che ora la racchiude di lontano.
Eppure il tema non è lieto per quello che ormai nell’avviamento della nuova Roma è stato, nell’un senso e nell’altro, pregiudicato. I cinquant’anni di Roma italiana sono stati, se si prescinde dalle vaste idee di Quintino Sella e da alcune nobili affermazioni architettoniche, una triste pagina nella grande storia edilizia dell’urbe: pagina di meschinità e di miopia da cui è provenuta una distruzione inutile ed un inizio di vita nuova quanto mai inadeguato e privo di meditate direttive, di programmi altamente romanamente tracciati.
Il lavoro testè compiuto da una Commissione nominata dal R. Commissario peI Comune di Roma, della quale facevano parte studiosi di edilizia, di tecnica, di questioni romane, come il Giovannoni, il Piacentini, il Manfredi, il Cozza ed altri, ha rappresentato uno sforzo vivo ed appassionato per rompere la cerchia degli ostacoli posti dalla insipienza e dall’anarchia ed instaurare un ordine nuovo che dia come deve essere il principio dominante di ogni piano regolatore, al passato ed all’avvenire il proprio campo di dominio l’uno indipendentemente dall’altro, senza ingombri nè interferenze, senza quelle illusorie transazioni che non giovano nè alla bellezza ed al carattere di una città nè alle ragioni del suo movimento e del suo sviluppo intenso. Lo studio riannoda si formalmente a quell’affrettatissimo piano redatto nel 1908 dal Sanjust; ma, come criteri, può più direttamente risalire alle vedute che il Sella e pochi altri ebbero nel 1870, quando si proposero, e non vi riuscirono, di portare la nuova fabbricazione tutta da un lato della vecchia città. Dopo tante vicende e tanti errori, forse ora, come recentemente ebbe a sostenere il Piacentini e come decisamente propone la Commissione, la giusta concezione (che intanto altre grandi città come Berlino e Strasburgo hanno attuato) può avere applicazione per Roma e può giungere in tempo a salvarla, nel suo carattere, nella sua bellezza, nel suo libero ed ampio incremento necessario.
Non è certo qui possibile riportare le complesse proposte della Commissione che sono chiaramente riferite nel volume ora pubblicato (il quale tuttavia manca ancora della parte essenziale, cioè delle planimetrie illustrative); nè indugiarsi sui singoli studi delle tre sottocommissioni tra cui è stato diviso il poderoso lavoro: una delle quali (relatore Giovannoni) si è occupata della parte edilizia, la seconda (relatore Girola) delle questioni relative alle Comunicazioni cittadine, e la terza (relatore Cozza) dei problemi tecnici della canalizzazione. Qui solo potranno essere riassunte le direttive fondamentali in breve formula:
1) Lasciare il più possibile intatta la vecchia città, abbandonando il vano proposito di mantenerla a centro della futura metropoli e di aumentarla d’importanza, serbandone il carattere, migliorandone con spiccioli provvedimenti le condizioni.
2) Tendere a decongestionare le sue strade, sia col chiamare a sussidio i mezzi di comunicazione sotterranea (in un primo tempo modesti, poi sempre più sviluppati) sia col creare circuiti periferici che convoglino il traffico tra quartiere e quartiere e quello esterno di passaggio, escludendo l’attraversamento del vecchio nucleo.
3) Dare alle singole zone dell’ampliamento le più adatte condizioni di accesso e di comunicazioni, il tipo e lo schema fabbricativo convenienti alla funzione edilizia.
4) Tendere ad un progressivo spostamento del centro cittadino, avviando la valorizzazione ed il movimento tutti da un lato, specialmente verso levante, in tutto il ventaglio di linee esterne all’arco tra la porta Salaria e la porta S. Giovanni.
Espressioni di questo vasto programma organico sono nel centro le proposte spicciole di diradamento che nel quartiere del Rinascimento trovano la loro sede adatta e la loro formula concreta; e i progetti di poche e brevi arterie facenti capo a piazza Barberini e a piazza dell’Esedra; e gli inizi infine di una ferrovia metropolitana sotterranea che per ora potrebbe svolgersi nel suolo delle colline del Pincio, del Campidoglio, o del Gianicolo, in brevi tronchi a sollievo immediato del congestionatissimo movimento tramviario.
Nella zona periferica alla città fanno capo proposte di nuove arterie vaste e importanti di collegamento, talune in senso radiale, come le succursali create alle vecchie vie consolari ormai inadatte, non tanto pel tracciato quanto per la fabbricazione esistente che le ingombra e le rende insufficienti; altre periferiche, come il grande Viale del Pomerio tracciato intorno alle mura, vero boulevard della nuova città, ed il viale della circumvallazione, amplissimo, congiungente le stazioni dell’anello ferroviario già quasi attuato intorno Roma e che potrà avere importanza essenziale nei riguardi delle comunicazioni esterne. Con questi provvedimenti essenziali e con una serie d’altri secondari si tende non solo ad evitare il transito di passaggio nel vecchio nucleo, ma a dare accesso e sviluppo fabbricativo alle enormi zone di riserva di aree edilizie che lo sviluppo stellare della fabbricazione ultima ha lasciato nelle regioni intermedie sì che il rendere l’abitato più ordinatamente compatto deve costituire l’obiettivo immediato del piano regolatore d’ampliamento.
Da una Commissione composta di Architetti e di studiosi di Roma dovevasi necessariamente attendere che i monumenti ed il carattere della città avessero le massime cure. E difatti nelle proposte espresse v’è anzitutto la liberazione di monumenti insigni come quelli dei Fori imperiali, del Circo Massimo, del Teatro di Marcello, dell’Augusteo, delle terme Diocleziane, delle pendici del Campidoglio, delle terme di Tito e di Traiano comprese nel colle Oppio, divenuto nuovo parco simile al Palatino, v’è la salvaguardia delle ville esistenti, per cui deve considerarsi chiusa definitivamente l’era delle devastazioni, v’è la creazione di una grande zona monumentale extraurbana intorno la via Appia, e v’è altresì la formazione di un Viale dei Parchi di mirabile bellezza che congiungerebbe le zone verdi esistenti, dalla villa Borghese al Parco di Villa Glori alla macchia Madama, alla villa Corsini ed alla passeggiata Archeologica ed altre ne creerebbe come il nuovo viale dei Colli sulla cresta di Monte Mario dalla villa Mellini al Tivoli.
La prima parte del lavoro della Commissione, è volta essenzialmente ai problemi immediati della “necessità” non disgiunta dal senso di decoro e di grandezza che in Roma deve superare le piccole cose; ed inevitabilmente ha dovuto svolgersi tra mille inciampi e tra mille transazioni con quello che è già stato compromesso....
Ma un capitolo ben più vasto e lungimirante è quello che si riferisce alla “piè grande Roma” e da corpo al concetto già espresso della necessità ineluttabile di spostarne il centro. È il programma del domani, ma che deve avere avviamento nell’oggi.
Lo spostamento della stazione ferroviaria mutata in stazione di transito e portata al di là della Porta Maggiore nel nord ove si raccordono tutte le Comunicazioni Ferroviarie, la creazione di un grande viale di congiunzione tra Termini e tale nuova stazione, l’allacciamento di linee di una completa metropolitana sono di questo avviamento provvedimenti essenziali. Ed a grandi linee la Commissione ha voluto considerare tutti i problemi, accessori, come quelli della città degli sport, della grande via automobilistica verso i castelli e il mare, delle nuove zone archeologiche, degli ospedali e dei cimiteri, della piazza d’Armi, delle stazioni sussidiarie.....
La visione di questa “grande Roma” è nobile e grandiosa, degna della tradizione romana, fatta di realtà pratica e di pensiero saviamente edotto delle ragioni della edilizia modernissima. E mentre si attende che la pubblicazione dei disegni segua dappresso quella della relazione per dare alle idee espressioni concrete, non v’è che da esprimere il voto.. che il lavoro non rimanga sterile e che, con pari organi cità di studio e di elevatezza di vedute, alle proposte segua da parte comunale romana l’adozione di un preciso programma di graduale attuazione nello spazio e nel tempo; sì che Roma possa essere, come la voleva il Petrarca, ancor grande ancor bella ed il mondo possa rivolgersi ad essa riverente ed ammirato.
U. P.


Le Chiese di Rima illustrate: 7. E. LAVAGNINO e V. MOSCHINI: Santa Maria Maggiore 8. S. ORTOLANI: S. Bernardo alle Terme 9. P. L. ZAMBARELLI: i SS. Bonifacio e Alessio sull'Aventino 10. C. CECCHELLI: S. Agnese fuori le mura e S. Costanza 11. P. I. TAURISIANO O. P. S. Sabina 12. E. LAVAGNINO: S. Paolo. Casa Editrice “Roma”. Roma, 1924.
I Palazzi e le Case di Roma: I. E. LAVAGNINO: Il Palazzo della Cancelleria e la Chiesa di S. Lorenzo in Damaso. Casa Editrice “Roma”, Roma, 1924.

Della collezione relativa alle chiese di Roma fu qui parlato nel III anno di questo periodico, facendosi l’esame dei primi sei volumetti in essa usciti. Ora la feconda Casa Editrice ne ha dati alla luce altri cinque, veramente pregevoli nel loro complesso, se pure vi si debbano riscontrare qua e là dei difetti. Vero è che, come suol dirsi, solo Iddio è senza difetti, e qui essi debbono imputarsi al troppo rapido succedersi di monografie che investono tutte argomenti di alta importanza. Ma, è il caso di dire, felix culpa. Se si pensa che fino a poco fa la illustrazione delle chiese di Roma poteva trovarsi soltanto su guide copiate l’una dall’altra con un peso morto di errori che passava di guida in guida come la sacra fiaccola delle lampadoforie, se si pensa che di monografie particolari, tre o quattro erano buone (se non discrete) e il resto era opera di devote persone sprovviste, nella maggior parte dei casi, di cultura o di senso critico; si darà facile venia agli errori per riconoscere lealmente la prevalenza delle buone (anzi, ottime) qualità della collezione, la quale pure si presenta con una veste tipografica impeccabile e con magnifiche illustrazioni talune riproducenti opere sino a ieri completamente ignorate.
Ed ora esaminando la prima monografia, cioè quella su S. Maria Maggiore, possiamo dire che la parte più antica presenta qualche manchevolezza mentre l’arte del Rinascimento e barocca vi è trattata in genere con grande maestria e con acutezza di vedute. Noto di sfuggita qualche menda troppo evidente: Nella storia delle origini si parla della basilica Liciniana, mentre è noto che la basilica privata anteriore all’attuale nulla aveva a che fate con Licinio, sibbene con Sicinino.
La Bibliografia è manchevole. Non si son ricordate ad esempio le illustrazioni monumentali dei mosaici fatte dal De Rossi e dal Wilpert. La grafia di molte citazioni è scorretta.
La illustrazione dei mosaici più antichi è ridotta (colpa dell’editore?) in due paginette e due tavole. E pensare che è, si può dire, il più importante ciclo musivo della prima metà del secolo V.
Parlandosi del ciborio del card. Estouteville si attribuisce senz’altro l’opera a Mino del Regno. Ma ne è poi ben sicuro l’A.? Perchè se uno dei caposaldi dell’attribuzione è quell’opus mini segnato nella scultura della Vergine e il Bambino esistente nella sacrestia, è duopo avvertire che la Madonna del Tabernacolo Estouteville era invece quella della raccolta Stroganoff, come provò il Biasiotti.
Acutissima è invece l'attribuzione alla scuola di Lorenzo da Viterbo dell’affresco figurante l’Evangelista S. Luca che fu scoperto dal Biasiotti nell’antica Cappella dell’Estouteville (perchè ignorare questo nome, quando vi è ancora lo stemma di questo cardinale?).
Si rivede, come ben nota il Lavagnino, in questa figura il pittore della cappella Mazzatosta a S. Maria della Verità a Viterbo. Convicentissimo riesce anche il Lavagnino quando toglie di mezzo l’artificiosa attribuzione a due diversi artisti il Rusuti e Gaddo Gaddi dei mosaici del prospetto, per darli al solo Rusuti. La maniera infatti è unica e le variazioni debbono attribuirsi più che altro agli aiuti. Anche il Lavagnino è del parere che i mosaici dell’arco trionfale e quelli della navata grande siano di uno stesso autore. Soltanto una eccessiva sottilizzazione iconografica potè far credete il contrario. Veramente pregevole con giustissime attribuzioni, con felici valutazioni estetiche è la parte cinquecentesca e barocca dovuta in gran parte al Moschini.
Il S. Bernardo alle Terme, di Sergio Ortolani è un lavoro originale poichè la chiesa era fino ad oggi trascurata da tutti i descrittori. L’A. da manoscritti ritrovati, da indagini topografici sulla località archeologicamente importantissima (la chiesa è costruita in un’aula rotonda delle Terme di Diocleziano) ha tratto una piccola monografia che è veramente un gioiello. Invece l'opuscolo del reverendo padre Zambarelli sui SS. Bonifacio e Alessio sull’Aventino avrebbe dovuto esser curato di più nella parte storica ed artistica. Di volata per esempio accenno alla descrizione della facciata che meritava di esser considerata maggiormente dal lato artistico e di cui forse non era difficile scovare l’autore. In quanto alle colonne di mosaico cosmatesche del coro, esse appartenevano non a questa chiesa, ma a quella di S. Bartolomeo all’isola, come l’A. avrebbe potuto sapere da varie fonti manoscritte e a stampa del cinque e seicento che vi accennano riferendone la tipica iscrizione.
Ottimo è il volume del rev. padre I. Taurisano su S. Sabina. Il padre Taurisano si è avvalso degli studii del Berthier e dei più recenti del Munoz (in seguito ai restauri compiuti da quest’ultimo) per comporre una monografia che (per i visitatori) è esauriente.
E. Lavagnino si è assunto la non piccola fatica di trattare in poche pagine della basilica di S. Paolo, e bisogna dire che egli vi è riuscito giacchè non ha trascurato alcunchè di notevole. Anche qui sarebbe stato desiderabile una cura maggiore nella parte più antica.
Da ultimo C. Cecchelli tratta il grosso tema di S. Agnese fuori le mura e S. Costanza. Ma di tale monografia giudicherà chi vuole, poichè il sottoscritto, come parte in causa, è disposto a dirne... tutto il male possibile.
Ed ora veniamo ai palazzi. Il primo volume abborda, con ricerche assai originali, il tema della “Cancelleria” e della chiesa di S. Lorenzo di Damaso. Per primo il Lavagnino, tornando al Vasari che merita maggior credito di quello attribuitogli dai moderni storici dell’arte, scopre il nome del primo costruttore del palazzo: Andrea Bregno. Dice infatti il Vasari: Trovossi Bramante con altri eccellenti architetti alla resoluzione di gran parte del palazzo di S. Giorgio [il card. Riario] e della. chiesa [di S. Lorenzo in Damaso]...” mentre della fabbrica “fu esecutore un Antonio Montecavallo”. Osserva giustamente il Lavagnino che Vasari nei riguardi di Bramante, non parla di ideatore, ma di colui che risolve, cioè porta a compimento una fabbrica iniziata da altri e lasciata a mezzo. Ora l’Antonio Montecavallo è (sbagliato appena il nome per una svista giustificabile) l’artista quattrocentesco Andrea Bregno, conosciuto sinora per le sue opere di scultura. Si sa pure che era grande impresario di lavori. E il Lavagnino, esaminando tutta la parte che, da stemmi e da iscrizioni, si appalesa come la primitiva, vi ritrova, nelle parti decorative, le stesse qualità stilistiche dell’arte veneto lombarda di cui fu seguace il Bregno. Chi guardi ad esempio le note loggette a rilievi finissimi, si persuaderà dell’asserto.
Vi sarebbe forse da discutere in quanto dice l'A. a proposito dei tre tempi in cui sarebbe stato fatto il cortile. Vero è che egli finisce con l’ammettere che il Bramante abbia, pur conservando i tre ordini del primitivo disegno, impresso a tutto i segni della sua grande personalità. E in quanto alla disputata presenza del Bramante nel palazzo della Cancelleria, il L. non esita ad ammetterla visto pure che il palazzo (com’egli ben dimostra) era nel 1511 ancora da completarsi.
Tutte le altre parti del libretto sono condotte con grande valentia e noi dobbiamo veramente felicitarsi col giovanissimo studioso che in esso ha dato tante prove del suo bell’ingegno. Ottima la parte illustrativa in cui nocciono soltanto le riproduzioni del Letarouilly fatte, non si sa per qual ragione, in cliché ed eseguite non bene. Il resto invece è nitidissimo e tutto il volume eccelle per vera eleganza.
C. CECCHELLI.

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