FASCICOLO VII MARZO 1925
E.A. GRIFFINI: LA casa rustica della Valle Gardena
La valle Gardena è tutta saturazione di bellezza e di pace.
Freschi, odorosi prati, di un colore che solo le primavere montanine possono rendere nell’aria più tersa e sotto il cielo più azzurro; zone e striscie di colori più teneri e dorati di fioriture e di messi; ampie chiazze di verde cupo e denso di abetaie che ascendono i dolci fianchi del monte. Al di là, magnifiche, solenni nel loro slancio poderoso, le torri dolomitiche.
Candidi smalti su quel verde tappeto, i paesi; piccoli ma pieni di quella serenità così intensa e comunicativa che può offrire anche un minuscolo gruppo di case quando esse derivino i loro elementi estetici in armonia al paesaggio d’intorno.
Tutto vi è intonato ad una ridente, fresca semplicità.
Le case candide, linde, ordinate, con le targhe ombrose falde del tetto, hanno un sorriso particolare. L’ombra stesa dall’ala del tetto sulle facciate brillanti di sole, vela ed addolcisce la linea congiuntiva di queste col tetto, appena frastagliata dai ribassi dei travicelli sporgenti, e quelli più segnati delle sottostanti mensole. Alle finestre, semplici contorni di legno dipinti in colori vivaci; all’ingiro, vaghe decorazioni a note così vibrate, così accese di colore, da sentirne a tutta prima offeso lo sguardo; ma in quell’ambiente, dove tuffo è irruenza di colore, rientrano pianamente nella dominante gamma d’armonia.
Il senso di schietta semplicità che vi spira non è turbato, anzi è accresciuto dai ciuffi verdi ricadenti dalle finestre e dai balconi con tanta grazia vigorosa, e dalle folte chiome dei garofani e dei geranei.
A contemplare quelle case ne subiamo, senza spiegarcela, un armonia dolce e profonda. Sono case di alpigiani costruite senza nessuna pretesa estetica, colla sola preoccupazione di renderle solide e pratiche. Invece hanno veramente un impronta di bellezza, non tanto in sè come elementi singoli, quanto come parti indissolubili di un paesaggio, e si direbbe che il paesaggio stesso, coi suoi valori di colore e di ambiente, abbia potuto trasfondersi nel sentimento architettonico dei costruttori, generando quella eleganza e quel gusto decorativo che meraviglia.

La casa rustica della valle ha pianta rettangolare larga ed estesa.
È a due o tre piani oltre il terreno.
Il tetto presenta falde molto sporgenti con ampio frontone verso la facciata. E' coperto di tavolato, e la parte centrale di ciascuna falda, anche da uno strato di scandole. Raramente vi sono sovrapposte grosse travi gravate da pesanti pietre com’è d’uso nelle regioni alpestri.
Nel primo tratto della valle s’incontrano anche frequenti coperture in pietra artificiale.
La falda del tetto a valle sormonta per lo più quella a monte per proteggere il colmo.
Le finestre sono piccole, basse, con la spalla profonda e rastremata verso l’interno. Sono inquadrate da un contorno di legno con una cornicetta a gola diritta lungo il lato superiore. Sono sempre provviste di sportelli esterni a liste mobili, variamente colorate.
Attorno al riquadro si stende un fregio decorativo di vibrata policromia.
Sul frontone si aprono finestrelle in uno o due ordini, di svariata forma e composta simmetria, pure contornate da fregi. Nel mezzo campeggia una cartella decorativa, con simboli religiosi, date e iscrizioni. Talora questa è sostituita da una croce a due bracci, insegna della dignità vescovile alla cui giurisdizione la valle appartenne lungamente.
Agli angoli sono comuni le bugne dipinte a disegni geometrici.
Solitamente prossimo alla casa è costruito il rustico. Vi comunica talora mediante una passerella all'altezza del primo piano (Ortisei).
Il rustico non differisce sensibilmente dai tipi comuni delle zone alpestri. È interamente in legno, con pareti formate da tronchi d’albero scortecciati e incastrati alle estremità. Comprende talora il solo piano terreno e il sottetto, questo ricavato per lo più a mezzo di impalcati interni. Talora è a più piani, e il piano terreno, costrutto in muratura, contiene le stalle.
All’esterno si stendono uno o ripetuti ordini di ballatoi congiunti da sostegni verticali che arrivano fin sotto alla larga sporgenza del tetto. Ai sostegni sono applicate molte stanghe orizzontali, alle quali si appendono i prodotti agricoli ad essiccare. Talora queste stanghe sono così fitte da conferire ai rustici l’aspetto di una gabbia.
Sopra la stalla si allarga l’aia cui si accede spesso da una carreggiabile su per il declivio.
Le pareti del rustico sono talora rivestite da palancato.
Il tetto è coperto da tavolato con scandole disposte solo sulla parte mediana, come nelle case di abitazione.
Nel primo tratto della valle, dove questa è rinchiusa tra rocciose pareti, su per i declivi si incontra un altro tipo di casa rustica che presenta il tetto alto ed acuminato coperto di scandole o di paglia e ricorda da presso i casoni svizzeri, bavaresi o della Selva Nera.
È formato da una salda base in muratura, su cui si eleva una struttura a travi di legno con pareti in palancato.
Questo tipo è pure frequente lungo la valle dell’Isarco, ed è manifesta la sua origine d’oltr’Alpe.
Nella stessa zona le case di abitazione si presentano per lo più piccole e povere. Sono rari i contorni decorati delle finestre; quelli sul frontone appaiono misurati, e languisce in genere quella nota vivace di colore che conferisce alle case della media e dell’alta valle una così leggiadra apparenza.

Ma veniamo a descrivere singolarmente alcuni dei più caratteristici esempi.
Prima di Ortisei s’incontra una modesta casa accoppiata al suo rustico, a un solo piano, con due finestre in facciata dal contorno dipinto in verde, tra le quali sporge un minuscolo erker, o balcone coperto che dir si voglia, sfaccettato a tre fronti (fig. 1).
L’ampio frontone presenta dipinta, tra due finestrelle, una caratteristica grande croce nera a due bracci, e la data 1693.
Il parapetto dell’erker è gustosamente affrescato entro campetti in rilievo di semplice malta. In quello centrale si intravvede, guasta dal tempo, un’immagine di Madonna.
Al piano terreno un altro esteso affresco con la raffigurazione di un Crocefisso, è opportunamente riparato da una sottile striscia di tetto.
Questo edificio offre particolare interesse perchè vi sono accoppiati elementi di origine nordica ed elementi autoctoni.
Il vicino rustico, come sempre, è interamente in legno.
A Ortisei le case spiegano meglio il loro carattere. Gli erker si fanno rari. Ve n’ha esempio in una casa prospiciente la piazza della chiesa parrocchiale a cui fa riscontro un verone con parapetto in ferro di carattere prettamente italiano.
In luogo del solito fregio sul frontone si apre talora una finestrella con balcone avente il parapetto in legno intagliato.
Anche i comignoli che nel primo tratto della valle sono di tipo comune, qui s'imprimono di un carattere particolare che poi si afferma maggiormente risalendo la valle. Sono formati da un massiccio dado in muratura con una volticella superiore, spesso sostituita da una larga lastra di lamiera coi bordi leggermente ripiegati (fig. 2).
Nella piazza inferiore del paese vi ha un esempio di facciata con decorazione di carattere neoclassico formata da due grandi lesene reggenti una fascia che rincorre la linea del frontone. Questo tipo è, nella valle, abbastanza comune.
Le recenti e le nuove costruzioni, per fortuna poche, tendono a forme allemanniche, o accentuano il carattere autoctono con risultato non sempre felice.
I contorni, delle finestre in rilievo di semplice malta, così comuni nella valle dell’Isarco, non sono frequenti e si presentano tutt’al più contenuti entro rozzi profili architettonici.
La sinfonia dei colori e dei fiori qui raggiunge la sua più alta espressione: geranei di tutte le gradazioni, campanule che si avviticchiano alle spranghe dei rustici, e ricadono in un molle abbandono nel rigoglio della fioritura. E tra i fiori, con insaziata voluttà, colori ancora più accesi e vibrati, in grosse sfere di vetro verdi, rosse e azzurre molto in voga in tutta la valle.
Avvicinandosi a S. Cristina s’incontra un edificio in istato di doloroso abbandono (fig. 2). Il tetto, molto sporgente, manca della trave di sostegno verso la facciata, sì che rimangono isolate nel muro una mensola ben sagomata presso il colmo e, lateralmente, due mensoline a dado, lavorate in basso a punta di diamante.
Il tetto è dominato da un ampio comignolo con copertura in lamiera.
La decorazione è di un colore rosso cupo, con sfumature gialle lungo i contorni. Al centro della facciata si stende una gustosa cartella dove si legge la data 1672 e il simbolo alfaomega.
Presso la porta d’ingresso, sotto l’intonaco sgretolato, s’intravvede una ghiera d’arco circolare.
L’uscio di legno presenta guarnizioni in ferro ben profilate.
Tipo assai comune è quello rappresentato dalla fig. 3.
Ha la fronte molto estesa. Le aperture delle finestre, contornate di verde, sono disposte senza simmetria.
Nel mezzo del frontone si osserva una cartella a linee azzurre e viola. Agli angoli scaturiscono curiosi zampilli di fiori, di carattere assai primitivo, quali si osservano ancora su alcune vecchie maioliche del luogo. Nel mezzo è il solito simbolo religioso, e il monogramma di Maria ingegnosamente combinato.
Questi motivi sono assai frequenti nella valle. S’incontrano pure su vecchie caratteristiche cassapanche rozzamente intagliate.
Non lungi da questo edificio, fresco di colore e ben conservato, attrae l’attenzione un gruppo di case tra le più antiche della valle.
Sono formate da piano terreno e primo piano; presentano un tetto assai ampio, e sporgente, con sporgenza maggiore in corrispondenza al colmo.
Sopra la porta piccola e arcuata di una di esse, in una nicchietta con un’immagine assai deperita, si legge il simbolo I. H. S. e una data. Un’altra (fig. 4), in un riquadro sovrastante la porta architravata, sotto uno scudetto di pietra in cui è rilevata l’immagine di un uccello che con le zampe afferra una lucertola mentre col becco eleva un ramoscello d’albero, presenta la seguente iscrizione esattamente riportata:

EGO MELCHIOR FEGELE DE CAPIDONA PLEBANVS ET MISSANIS GARDENE TVNC TEPORIS EDIFICAVIT ISTAM DOMVM ANNO DOMINI
MDXLIIII

Presso S. Cristina s’incontra la casa illustrata dalla fig. 5, l’attuale albergo Socrèp.
Rappresenta uno degli esempi più interessanti dell’architettura locale.
Vi domina un senso di ridente festività, di gioconda armonia.
Il gusto del colore e il senso della decorazione vi si affermano con vigore, pure contenuti in un ritmo tranquillo, misurato.
L’edificio fronteggia la strada maestra, avendo sui fianchi il frontone sul tetto.
Ha pianta pressocchè quadrata.
Le finestre sono quadrate, con rastremazione verso l’interno. Sono contornate da una larga fascia viola che, con leggiero andamento barocco, sorregge in alto un vaso ricolmo di foglie e di fiori e in basso un festoncino di foglie minute.
Sul frontone due finestrelle simmetriche sono racchiuse da un fregio barocco di buon sapore decorativo, coronato da due fascette a doppia opposta spira, racchiudenti uno stelo fiorito.
Dalla facciata lungo la strada si protende un’insegna in ferro battuto a colori, terminante in una testa di fagiano, che balza tra svolazzi di tralci d’uva.
Più oltre s’incontra un altro vecchio edificio di particolare interesse (fig. 6). Vi è allogato il R. Ufficio Postale di S. Cristina.
E' a due piani oltre il terreno.
Presenta agli angoli bugne di vivace colore.
Attorno alle finestre quadrate e rastremate si stendono fregi composti da foglie falciformi, appoggiate leggermente le une alle altre senza artificio.
Il colore dell’ornato e delle bugne sfuma leggermente dal verde al rosso, dal rosso al giallo, in un insieme pieno di brio.
Superata S. Cristina, prima della frazione Selva, si osserva un altro esemplare degno di nota (fig. 7).
È a tre piani oltre il terreno.
Agli angoli sono affrescati due grigi pilastri con basi e capitelli giallodorati, reggenti una fascia orizzontale, estesa a timpano lungo il frontone come nella casa di Ortisei più sopra citata.
Dall’alto delle finestre pendono festoncini verdi, dipinti con grazia e congiunti in alto da nastri e svolazzi ordinati.
Nel mezzo del frontone, sotto la solita croce a due bracci, tra questa e un’immagine di Sacro Cuore sfolgorante tra un cerchio di nuvole violacee, si legge: “Renoviert l’anno 1820 I. B. R.
Sulla facciata sporge un erker a tre facce col tetto di scandole, che porta protesa un’insegna in ferro con una croce dorata.
Più in su, in uno scenario dolomitico incantevole, tra le sonore mandrie pascolanti pei fianchi erbati della montagna, dove il larice rimane addietro come già l’abete, s’incontra qualche capanna rustica o qualche malga di tipo comune a tutta l'alta montagna.
La bellezza del paesaggio colle dolomiti immediatamente incombenti ci conquide. Il nostro spirito meravigliato tende lassù a quelle cime, maestosa espressione di divina potenza.
E. A. GRIFFINI.

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