FASCICOLO IX - MAGGIO 1925
PAOLO MEZZANOTTE: "Aedilitia" di Piero Portaluppi, con 26 illustrazioni
Presentare al pubblico giudizio tutta intera la propria opera d’architetto, come s’è svolta in un quindicennio di lavoro, dai primi saggi alle opere dell’ingegno più maturo, senza comode omissioni e ragionate reticenze, è un simpatico atto di sincerità coraggiosa: ed è anche un pericolo non lieve in chi non ha, come l’architetto Portaluppi, qualità e titoli tali da eclissare le mende, le immancabili lacune, le ripetizioni inevitabili in una vasta produzione per sua natura subordinata alle pratiche necessità.
In un modo di presentazione così schietto (dove è forse da un lato qualche nota di ingenuità, che ci renderà più attraente la figura dell’artista, dall’altro qualche traccia di orgoglio, che poi il risultato giustifica) è il massimo interesse di "Ædilitia"; si assiste al divenire di un vivace ingegno che, in un periodo di profonda crisi dell’architettura, si libera un po’ alla volta dalle influenze di scuola, dalla suggestione molesta delle riviste esotiche, e batte vigorosi colpi d’ala verso un proprio orizzonte.
Ecco anzitutto il primo lavoro importante che gli ha assicurato la prima notorietà e guadagnato una ricca e intelligente clientela: la centrale elettrica di Verampio. Come s’è pensato di installare il gigantesco macchinario tutto modernità di un impianto idroelettrico in un edificio goticizzante e turrito a modo di castello? Superstiti reminiscenze della scuola d’architettura: dove, per una curiosa stanca tradizione, l’ultimo corso è riservato allo studio degli stili medioevali, i più lontani dal nostro modo di sentire e di costruire. V’è tuttavia nella distribuzione delle masse, nella geniale libertà dei particolari un tal senso di gusto pittorico da far perdonare lo spunto anacronistico.
Nel restauro della villa Bertarelli a Merate l’architetto già si accosta allo studio e allo sfruttamento intelligente di quel settecento lombardo, così poco studiato e conosciuto e tanto facilmente bistrattato dai restauratori e dagli imitatori senza ingegno.
A spunti dell’arte paesana farà poi spesso ricorso il Portaluppi, giovandosi di motivi caratteristici locali per ottener colore e dare perfetta "ambientazione", alle ville, ai casali, agli alberghi alpini: ed anche alle centrali alpine (vedansi le villette e gli impianti elettrici di Valdo, l’albergo di Formazza, ecc.) benchè per queste, più giudiziosamente, cerchi mantenere una maggiore libertà stilistica, obbedendo strettamente alle sole necessità costruttive, derivanti dalla natura di tali edifici. La centrale elettrica di Crevola, elegante, semplice, severa è, crediamo, il più perfetto esemplare derivante da questo sano indirizzo.

Pur nella sbrigliata vivacità delle composizioni traspaiono dubbi, incertezze stilistiche, che accusano, nelle duecento tavole dell’elegante volume, lo stato d’animo di chi, per viottoli poco percorsi e scorciatoie, cerca una sua meta. Qualche volta 1’Olbrich e la scuola di Darmstadt, tal’altra il Wagner o i più moderni di Monaco o di Berlino, lo tentano e lo deviano: ma presto l’artista si riprende e segue la sua strada. Sorprende trovare ancora, nella casa del Linificio in via Ansperto, profilature medioevaleggianti alternate a sinuosità, a ondulazioni proprie del barocchetto. Ma il Portaluppi non ripeterà più l’errore di innestare l’erker, come un aguzzo sperone in un palazzo di una via del centro milanese.
Fra gli ultimi suoi lavori, il palazzo della seta di via Ansperto e il rifacimento del palazzo degli Atellani in Corso Magenta, differenti di aspetto e di stile, ci sembrano le opere più complete di un nobile ingegno giunto a maturità.
Se affascina nel primo la freschezza dell’ispirazione e la ridente facilità della composizione, nel secondo sorprende la disinvolta franchezza con cui sono affrontati quesiti di non comune gravità: erigere, di faccia alla cupola bramantesca delle Grazie, una fronte che regga al pauroso paragone: conservare religiosamente e armonizzare le varie traccie d’arte lasciate nello storico edificio da epoche lontane: creare fra le vecchie mura una dimora tutta moderna per un principe dell’industria e della finanza. Un così aggrovigliato intrico di difficoltà è risolto con perizia da maestro: tutti gli accorgimenti dell’arte, tutti gli artifici più raffinati sono chiamati a concorrere per formare un insieme armonico e vario ad un tempo, tutto vivo e scintillante di brio, che par creato d’un soffio ed è frutto di studio meditato, avvivato da una invidiabile fantasia, pronta e feconda.

Ma chi estenda il proprio esame anche alle opere di minor significato dove i tentennamenti, i ritorni sono più palesi, dove le bizzarrie anche mal dissimulano un’incessante affannosa ricerca del nuovo e del meglio, vede ripetersi, vede affermarsi grado grado la nota dominante dell’arte del Portaluppi: la serenità tutta italiana delle sue composizioni, che fa gioiose le dimore, festose le cattedrali del lavoro, che attenua l’opprimente gravità delle tombe. E a fianco di questa, l’accentuazione espressiva delle forme confinante colla caricatura e spinta talora al parossismo più spesso contenuta con giusto senso di misura. Talune audacie a tutta prima sconcertanti, talune soluzioni paradossali appaiono poi, ad un più attento esame, il risultato di un ragionamento. Così quando l’architetto (fronte del palazzo degli Atellani) arrovescia le mensole del cornicione, non fa che accentuarne e accusarne francamente il significato puramente decorativo e staticamente pleonastico. Meglio ancora, quando audacemente campa nel vuoto un grattacielo, appoggiandolo a quattro massicci piloni angolari egli non fa in fondo che attuare ed esprimere monumentalmente gli stessi principi statitici che reggono così la cupola di San Pietro come la Torre Eiffel. Non è solo uno scherzo spiritoso la invenzione dei quartieri di Allabanuel (località che nei dizionari geografici non si trova: la cerchi il lettore dilettante di "puzzles" nel paese di fantasia); è una ricerca originale di logica sistemazione di uno sterminato numero di locali in un quartiere nuovissimo eretto coi più nuovi sistemi della odierna scienza costruttiva.
Nelle piacevoli bizzarrie profuse negli interni eleganti è come l’eco di una fresca sana risata: si sente che non è artificio, ma il naturale risultato dell’abito mentale di chi è stato ed è anche ben noto caricaturista geniale.
Aspetto questo interessantissimo della personalità del Portaluppi, che ne spiega taluni particolari atteggiamenti. Figlio del suo tempo, il Portaluppi segue del resto e trasporta nel campo dell’architettura la tendenza tutta moderna alla caricatura: tendenza palese in tutte le arti, ma più forse nelle plastiche. Col procedimento del caricaturista egli sembra isolare dalle masse delle sue architetture alcune linee fra le essenziali e le caratteristiche e ne forza l’espressione, così da accentuarne il significato statico o decorativo e da portarle a dominare la composizione, che ne riceve una particolare impronta, nuova ed originale.

Termino come si usa cominciare nelle note biografiche. Il Portaluppi è nato a Milano nel 1888. È dunque nel meglio della sua carriera artistica. E poichè il volume "Ædilitia", ne promette un secondo, attendiamo con sicurezza, dopo un così bel mattino d’arte, i segni di un meriggio radioso.

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