FASCICOLO IX - MAGGIO 1925
CIVIS ROMANUS: Ornamenti romani di scultura decorativa, con 13 illustrazioni
L’architettura romana non soltanto è complessa, molteplice, fecondissima nelle soluzioni costruttive e nel dominio artistico dei grandi spazi e delle grandi masse (architettura spaziale in diretto rapporto con la concezione tecnica), ma presenta in tutte le manifestazioni decorative una varietà straordinaria, che è conseguenza dei laboriosi processi di assimilazione di forme diversissime tra loro per provenienza e per stile.
Lo studio di queste manifestazioni è ben lontano dall’essere completo; e la loro cognizione nell’Archeologia e nell’Arte, come materia di indagine nel passato, come materia di ispirazione artistica nuova, è ancora appena embrionale, pur in quella decorazione più strettamente architettonica che ha per materiale la pietra od il marmo e per inquadratura gli ordini architettonici. Accanto ai capitelli, ai fusti di colonne, agli ornati nei fregi che possono dirsi ufficiali, una visita ai musei d’antichità od a monumenti complessi ci rivela tutta una vita fervida di arte ornamentale che si esprime in motivi che al nostro occhio non assuefatto sembrano moderni, in disegni di cui son da ricercarsi le derivazioni dalle fonti più diverse: talvolta, ed è il caso più comune, da forme ellenistiche, o pedissequamente o liberamente intese; talvolta dalla tradizione degli ornati etruschi, degli antepagmenta degli acroteri in terracotta ad intrecci ed a trafori: talvolta infine da forme naturali, o imitate realisticamente o nuovamente stilizzate. E tutte le tendenze, tutte le formule d’Arte sono entro queste derivazioni o queste stilizzazioni: dalla sobria semplicità che lascia i piani continui e dà lieve risalto ai rilievi, all’ornato invadente e fastoso e tondeggiante che sovrappone la sua forza alla geometria architettonica, spesso grossolano, ma quasi sempre magnifico nella sua funzione essenziale nei rapporti dell’Architettura.
Classificazioni in ordine di tempo e di scuola di siffatto enorme materiale sono state tentate, ma possono dirsi ancora in embrione. Ancora il lavoro da compiersi, in questo come in tutti gli altri campi dell’Arte e della civiltà romana, è quello dello schedario regolare, il quale intanto potrà riuscire utile agli artisti prima ancora che agli studiosi: e se in ogni museo d’antichità, come ora s’inizia nel Museo delle Terme Diocleziane per opera del Paribeni, comincerà a disporsi regolarmente la raccolta architettonica accanto a quelle delle altre arti, sarà detto lavoro grandemente facilitato ed avviato verso risultati di altissimo interesse.
Senza voler pretendere di fare per ora nulla di sistematico e di scientificamente regolare, già in questa Rivista s’è cominciato tale schedario, e viene ora continuato e più lo sarà in seguito: quasi a sprone di maggiori iniziative (è ora che gli studiosi italiani convergano sull’Arte romana le loro ricerche) e quasi ad espressione del concetto animatore della Rivista, che unisce Arte e studio in un’unica energia.
Alcune delle schede che qui si presentano sono semplici bozzetti di taccuino (favoritici dal prof. Giovannoni) che in forma schematica ci fissano alcuni interessanti motivi. Le fig. 3, 5, 8, tratte dal museo delle Terme, si riferiscono ad alcune singolari stilizzazioni animalesche: una mensola che, riprendendo forse incosciamente tipi assiri e persiani, pone un giovenco a sorreggere il peso con la testa e con le corna; un ariete che, simile a quelli del tempio della Concordia, dà forma ad un capitello di una parasta, sostituendo le sue corna, rintorte a spirale, ai caulicoli corintii; la testa e la pelle di un leone che bizzarramente costituiscono un altro capitello di colonna.
Il capitello di parasta riprodotto alla fig. 4 ci fornisce una strana reminiscenza (forse del tempo adrianeo) dei capitelli egizi e dei loro fogliami geometricamente stilizzati. Altri due capitelli di parasta, ora al Museo Lateranense, sono riportati nelle fig. 6 e 7, interessanti ambedue: il primo, di modello frequente nella architettura minore romana, tanto quanto è lontano dallo schema dell’architettura aulica, è prototipo dei tanti capitelli eleganti e sottili che adottò il timido Quattrocento fino non di rado alla prima metà del Cinquecento, e le sue volute ad S sembrano quelle dei capitelli della Cancelleria: il secondo, avente una serie di ovoli che si inserisce al luogo delle foglie del corintio è il tipico capitello adrianeo: che negli angoli del Mausoleo di Adriano, quali ancora ci appaiono nei disegni del Cinquecento, e nell’arco di Adriano ad Atene ha i suoi più noti esempi diretti, e nel tetrapilo di Marco Aurelio in Tripoli una notevole derivazione.
Altro bozzetto (fig. 9) tratto da un frammento del Louvre, è di un fusto di Colonna in cui trovasi stilizzato il tipo del tronco d’albero coi suoi nodi divenuti quasi un motivo di regolare intreccio prototipi di quelli che Bramante e Cola dell’Amatrice disporranno a Milano e ad Ascoli.
Ed ecco altre schede: i rilievi della tomba degli Aterii (fine del I sec. d. C.), conservati nel Museo Lateranense: sobri e forti nella riproduzione un po’ secca di bucranii e di festoni (fig. 2); i capitelli ed i frammenti di trabeazione che ora appaiono ricomposti nella parte più antica della basilica di S. Lorenzo extra muros e che rappresentano per tempo (forse il III sec.) e per carattere la tendenza opposta alla precedente, cioè la tendenza alla grande massa architettonica traforata e mossa: nei capitelli delle colonne, su cui con singolare motivo, che quasi ritorna a quelli delle tombe etrusche di Caere, si affastellano vittorie e panoplie, nella fronte e nella superficie inferiore degli architravi ove s’inseguono le grasse volute a girari.
La decorazione di un fregio (vedi fig. 11) ci riporta a quello stile decorativo che ha nella Basilica Emilia al Foro romano il monumento massimo, in cui elementi greci ed etruschi armonicamente si fondono, talvolta quasi riportandosi a schemi arcaici d’intrecci. Nella fig. 13 un caule d’acanto sviluppa i suoi rami in molli volute. E sostanzialmente il tema decorativo dell’Ara Pacis Augustea, applicato alla lista di un architrave.
Nella figura 10 è una mensola tutta traforata, che sembra quattrocentesca; ed è invece uno dei più diffusi elementi di Architettura romana, tanto quanto è dei meno noti. Mensole erano poste a sostegno dei travi dei solai (Villa Adriana e Basilica Ulpia ce ne offrono esempi ancora ignorati e non identificati nella loro vera funzione): mensole a sorreggere balconi sporgenti (le vie di Ostia ce ne danno applicazioni sistematiche): mensole a sostenere volte in falso, costituendo veri peducci alla crociera (così nella Porticus Saeptorum e negli edifici di Magnanopoli): mensole infine a dare ritmo regolare e sostegno robusto alle cimase di coronamento. Eppure, al vederne un interessante esemplare isolato, ci sembra cosa nuova…..
Così è dell’Architettura e dell’Arte decorativa romana, e cosi sarà finchè lo studio disciplinato non ci avrà mostrato la maraviglia della sua produzione feconda e, passando sopra ai pregiudizii insiti nella parola ordinariamente usata di "decadenza", ci avrà dato la nozione della funzione architettonica dell’ornato: la nozione della vita nuova che germoglia sotto le foglie morte.

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