FASCICOLO XII - AGOSTO 1924
NOTIZIARIO
NOTIZIE VARIE
I NUOVI EDIFICI SCOLASTICI DEL MUNICIPIO DI ROMA.


La città di Roma in continuo sviluppo demografico, si è accinta alla risoluzione del grave problema dell'edilizia scolastica, affrontando in pieno le infinite difficoltà di ordine economico ed estetico che il problema presentava. Le speciali caratteristiche della vecchia città, impongono alle nuove costruzioni, forme ed adattamenti particolari, intesi a conservare il carattere ambientale dei luoghi che hanno ormai una fisonomia tutta propria e che mal sopporterebbero un'architettura che non rispettasse le ragioni, dell'arte e del paesaggio.
Il Comune di Roma superando ormai il concetto per cui le vecchie scuole avevano sempre un po' il tipo della caserma o dell'ospedale, ha iniziato la soluzione del problema, con mezzi adeguati, per risolverlo anche architettonicamente nel modo più conveniente e più consono alle esigenze della capitale.
Si è cercato che i nuovi edifici destinati all'educazione intellettuale e spirituale della popolazione scolastica, rispondano completamente alle esigenze dell'igiene, dell'estetica, della praticità e della didattica.
Le aule dovranno essere spaziose e piene di luce, i corridoi ampi, i giardini verdeggianti e anche l'aspetto esteriore degli edifici dovrà avere il carattere della sua destinazione ed intonarsi armonicamente con le linee del paesaggio.
Anche l'arredamento interno della scuola dovrà essere curato in modo particolare, perchè la fresca sensibilità giovanile abbia ad essere impressionata favorevolmente dall'ambiente ove questa si sviluppa e si raffina, in modo che l'educazione spirituale degli scolari non sia mai deviata dalla sensazione del disagio o dalla contrarietà del brutto.
Molto, in questo senso, si è fatto nelle moderne scuole tedesche e più ancora in quelle svizzere, in alcune delle quali oltre a tutte le comodità, si possono ammirare addirittura delle vere opere d'arte che entrano a far parte dell'arredamento scolastico, come elemento di studio e di educazione intellettuale.
E' evidente che un quadro od una statua bene concepita e sapientemente eseguita, è molto più utile in una scuola, che allineata in uno dei tanti corridoi delle numerose gallerie d'arte che si ammirano nelle grandi e piccole città.
Il Comune di Roma ha sentito tutto questo e fa quanto è nella sua possibilità per raggiungere lo scopo. Ha già costruito due grandi edifici che in gran parte riassumono i concetti fondamentali sopra accennati ed ha destinato queste due nuove costruzioni: una all'istruzione secondaria, ed una alla scuola primaria.
Altri sei grandi edifici sono ormai in corso di esecuzione, saranno destinati ad ospitare non meno di diecimila alunni. Le nuove scuole considerate dal punto di vista architettonico, rappresentano un notevole passo in avanti, non solo nei riguardi dell'uso e della loro destinazione ma bensì anche in quelli dell'ambiente nel quale sorgono.
Nella zona centrale della vecchia città, pochissime sono le aree, su cui potranno ancora sorgere nuove scuole, tuttavia si può esser sicuri che anche in questi rari casi saranno rigidamente rispettate le esigenze dell'ambiente e del carattere che la città impone.
Nelle nuove costruzioni è generalmente bandito il concetto del cortile chiuso si vuole che il sole e la luce entrino liberamente nella scuola per modo che i suoi ambienti siano abbondantemente illuminati e gai anche a costo di rinunciare al maggiore sfruttamento dell'area destinata alla scuola.
I giardini, le terrazze opportunamente sistemate, servono per l'insegnamento scolastico all'aperto, insegnamento ormai largamente praticato in Roma con favorevoli risultati.
Grande importanza si è data ai locali di attesa e di adunata, per ovviare allo sconcio dei gruppi di bambini e di domestici agglomerati, all'aperto dinnanzi alla porte delle scuole, non munite di questi indispensabili ambienti.
Nelle nuove scuole sono perfezionati gli impianti igienici e quelli dei bagni: sono particolarmente curati i servizi per la refezione scolastica e quelli per un razionale riscaldamento degli ambienti.
Vaste palestre coperte, ma piene di luce e di sole, sono state creste per le esercitazioni ginnastiche degli alunni, che possono indifferentemente praticare gli esercizi fisici, al coperto od all'aperto, usufruendo in quest'ultimo caso del cortile o del giardino della scuola.
Gli edifici che appaiono dalle illustrazioni che pubblichiamo, sono in parte ultimati ed in parte in costruzione.
Il Regio Liceo Ginnasio "Terenzio Mamiani" che aveva la sua sede al corso Vittorio Emanuele si è già trasferito nel nuovo grande locale costruito appositamente a Piazza d'Armi su progetto dell'architetto Fasolo.
La costruzione di cui pubblichiamo alcune fotografie delle parti più interessanti, è un vastissimo edificio dalle linee larghe ed imponenti: di carattere seicentesco modernamente sentito, sobrio nelle decorazioni e scrupolosamente studiato nella disposizione generale delle masse e dei particolari architettonici.
L'edificio si affaccia sul Viale delle Milizie con un largo movimento di masse costituito dalle due palestre laterali e dal corpo centrate. Le grandi aule, i gabinetti scientifici, i locali per la direzione e per le biblioteche sono saggiamente disposti e così deve dirsi dei servizi in genere e di tutti i locali secondari.
Al quartiere Testaccio sulla via Alessandro Volta, sorge la scuola elementare 4 Novembre, altro grandioso edificio costruito sui piani dell'architetto A. Antonelli.
Questa scuola felicemente ideata e solidamente costruita, ha un carattere spiccatamente quattrocentesco. Il vasto cortile con i suoi porticati sodi, attraverso cui il sole disegna i più bizzarri ricami, dà un senso di pace e di gaiezza che ben si addice ad una scuola elementare.
Anche qui palestre, aule e corridoi, spalancano le loro grandi finestre perchè il sole le investa tutte ed agisca beneficamente sul corpo e sullo spirito dei piccoli studenti.
A via del Pigneto un modesto padiglione in muratura, ci dà il tipo delle minori costruzioni scolastiche sorte nei quartieri eccentrici. L'arch. O. Frezzoti è l'autore di questo minuscolo edificio, pensato e progettato con vero senso di arte, non disgiunto a grande semplicità e sapientemente adattato all'ambiente ove questo è sorto.
A via Tordinona, su progetto dell'arch V Fasolo, è in costruzione una grande scuola elementare che merita di essere segnalata all'osservazione degli studiosi per le particolari condizioni di ambiente ove questa deve sorgere. Innanzi a Castel Sant'Angelo, nel quartiere ove sono riuniti i più notevoli edifici dell'epoca aurea dell'arte italiani e nei pressi della chiesa di S. Salvatore in Lauro, il problema della edificazione di una scuola non era davvero di facile soluzione.
L'arch. V. Fasolo ha saputo superare brillantemente queste difficoltà ed ha creato la sua scuola inquadrandola bene nella magnifica cornice costituita dalla Piazza di Tordinona.
A via Tevere su progetto dell'arch. Frezzotti è già costruita, in ossatura, una scuola di notevoli proporzioni, ed un'altra della stessa portata e in costruzione a via Mondovì su progetto dell'arch. Fasolo.
Anche al quartiere di S. Saba va sorgendo una nuova scuola nelle adiacenze dell'antica chiesa, Questo nuovo edificio dovrà assolvere un vecchio voto degli abitanti del caratteristico colle, che da molto tempo insistevano per avere la loro scuola.
Ragioni di ambiente e di paesaggio hanno consigliato, in questo caso, una costruzione di limitata altezza (2 piani) e di linea alquanto pittoresca in considerazione della località elevata e della immediata vicinanza della chiesa.
Un altro edificio scolastico di grandi proporzioni e in costruzione a Piazza Mazzini (ex Piazza d'Armi). Si tratta di un edificio progettato per la nuova scuola elementare del quartiere di piazza d'Armi ormai in gran parte costruito ed abitato.
La costruzione comprende ben quarantacinque aule nonchè tutti i servizi inerenti alla scuola quali palestre, gabinetti, biblioteche, ecc., ed una serie di terrazze appositamente attrezzate per l'insegnamento da praticarsi all'aperto.
Nel sotterraneo sono istallati i servizi di refezione, bagni, riscaldamento, lavanderia, magazzini, ecc. Al piano terreno vi sono i locali d'attesa, in questo ed in quelli superiori si trovano le aule scolastiche ed i locali e servizi annessi.
Oltre alle aule scolastiche sono opportunamente disposti ilocali per i gabinetti degli insegnanti, quelli per la raccolta del materiale didattico ed infine si è pensato anche ad una grande aula per proiezioni cinematografiche, ormai largamente in uso nell'insegnamento primario e superiore. La scuola è servita da due grandi scale: una per il reparto femminile ed una per quello maschile.
Della stessa importanza e su per giù delle medesime proporzioni, è già in costruzione una scuola simile in via Nino Bixio. Ne è autore l'arch. A. Antonelli, valoroso funzionario del Comune di Roma.
Oltre al notevole gruppo di scuole che abbiamo già descritto, sono in costruzione due importanti edifici al quartiere di Trastevere ed a quello Ostiense su progetto dell'architetto V. Fasolo. Le tavole illustrative danno una chiara idea dei progetti molto brevemente descritti, che tuttavia hanno una considerevole importanza architettonica e dimostrano luminosamente quanto la edilizia scolastica a Roma, si sia avvantaggiata nei confronti dell'arte nonchè nei riguardi della praticità e modernità dei locali di uso scolastico.
Siamo certi che il Comune di Roma perseguirà il concetto ormai accettato dai paesi più progrediti, di fare della scuola un luogo degno della sua destinazione anche nei riguardi dell'arte che specialmente in Italia ha vecchie e gloriose tradizioni da difendere e possibilmente da perpetuare.

G. VENTURI.


ESPOSIZIONE DI ARCHITETTURA A NEW YORK

L'istituto americano degli Architetti e la Unione degli architetti di New York hanno d'accordo indetta sotto gli auspici del Segretario di Stato, una grande esposizione internazionale di Architettura, che si terrà dal 20 aprile al 2 maggio del prossimo anno nel Grand Central Palace di New York; e dai programmi e dalla grandiosità della organizzazione appare che tale mostra dovrà sorpassare di gran lunga in importanza ogni altra manifestazione del genere.
Il nostro Ministero della P. I. ha già accolto l'invito del Comitato esecutivo ed ha determinato la partecipazione dell'Italia alla mostra stessa; della quale diamo agli architetti italiani il primo annunzio, che sarà seguito lo speriamo prossimamente da notizie più ampie e complete.

MONUMENTI AGLI AMERICANI CADUTI IN GUERRA.

La Commissione americana, presieduta dal Gen. Pershing, incaricata degli studi e delle proposte pei monumenti ai soldati americani morti nella grande guerra, è ora in Europa ed ha percorso l'Italia, ove probabilmente ritornerà tra breve, i suoi intendimenti sono di dare ai monumenti suddetti un carattere, non già rettorico, ma pratico ed utile: non già le solite insignificanti statue, ma opere concrete volte all'elevazione ed al benessere, degne nella forma e nobili nel concetto, come un ponte, un parco, una fontana, una biblioteca, dedicate al ricordo dei caduti.
Quale insegnamento e quale rimprovero per noi, che abbiamo rovinato tante belle piazze italiane con la mortificante volgarità di monumenti poveri di pensiero e d'Arte ingombranti ed inutili!

CRONACA DEI MONUMENTI

L'ARCO DEI SERGI A POLA.
A chi non abbia visitato di recente Pola, l'arco dei Sergi, uno dei più insigni monumenti della città, è tuttora presente nel suo aspetto tradizionale, interrato quasi all'altezza dello stilobate e circondato da una cancellata (fig. 1). Tale fu infatti dal 1829, dopo la demolizione delle antiche mura, fino al 1919 quando auspice l'ammiraglio Cagni e per iniziativa dell'architetto Cirilli, capo dell'ufficio Belle Arti per la Venezia Giulia, furono intrapresi i lavori di cui si dà qui brevemente notizia.
L'arco fu costruito in origine a ridosso di una delle porte della città, come stanno a dimostrare la. mancanza di decorazione plastica, le colonne non scanellate e i rozzi blocchi nella parte posteriore, ma la sua struttura indica chiaramente che esso fu ideato dall'artista quale complesso indipendente, contando forse su qualche progettato allargamento della "cerchia antica" e destinato a ricordare come monumento funebre la gloria di una famiglia insigne in uno dei punti di maggior transito della città, all'imbocco della via flanatica, già circondata di sepolcri.
Perciò una volte abbattute le mura, sarebbe stata cosa ovvia completare subito l'opera di liberazione dal monumento, ma l'Austria non se ne curò: doveva essere riserbato agli italiani il merito di restituire l'arco alla sua funzione naturale di passaggio, nel modo chiaramente additato dai Poteri quando il 3 novembre 1918 abbatterono la cancellata perchè sotto di esso potesse passare liberatore.
Fu così studiato un raccordo che abbassando lentamente da un lato il piano della via Sergia, dall'altro quello della piazza a cui l'arco conduce permettesse di superare, senza ostacoli per il transito, il dislivello di m. 1.50 creatosi tra la strada romana e l'attuale.
Il lavoro fu eseguito rapidamente grazie al concorso della mano d'opera militare (fig. 2), come rapidamente fu risolto il problema dell'accesso alle case circostanti con la costruzione di gradinate che portano al livello del marciapiede conservato intatto. Mediante un terrapieno fu poi ristabilito il passaggio al clivo a sinistra della Via Sergia che viene oggi a terminare, anzichè immediatamente di fianco all'arco, sulla via che da questo conduce alla stazione. Si può veramente affermare che l'architetto moderno ha in certo modo completato l'opera dell'antico che non potè mai per la presenza delle mura, vedere l'arco isolato secondo il suo piano. E l'esame delle linee architettoniche che solo oggi si possono godere appieno, permette, credo, di concludere anche la controversia sulla data della sua costruzione che a luogo ha ondeggiato, a seconda dei critici, fra l'età augustea e la traianea.
Infatti a prescindere dalle iscrizioni che non aiutano a risolvere il problema, se si volge l'occhio al fornice non più così largo come a Susa o ad Aosta, alle colonne corinzie ancora strettamente riavvicinate, alla snellezza delle proporzioni, si deve dar ragione a coloro che pongono il monumento alla fine del primo secolo, nel gruppo degli archi angustei meno antichi. La data è riconfermata anche dall'esame della decorazione plastica che sobriamente svolge un motivo ricco di grazia e di delicatezza. Un pò di freddezza, di rigidità che non può sfuggire nella sua esecuzione, specie se confrontata con quella di altre opere dello stesso periodo, sono senza dubbio dovute al fatto che siamo a Pola, cioè in una città, per quanto fiorente, pur sempre di provincia e quindi inevitabilmente inferiore a Roma nel riprodurre i motivi che l'arte augustea aveva creato od assimilato.
Certo si è che l'arco liberato riafferma oggi degnamente la sua importanza fra i monumenti romani di provincia, anello non ultimo della catena che ancora congiunge l'Alma Mater alla sua terra di confine.

BRUNA TAMARO.


CONCORSO PER IL MONUMENTO AI CADUTI DI BOLOGNA
RELAZIONE DELLA GIURIA

Accennammo all'importantissimo concorso per il monumento ai caduti bolognesi. Ad esso concorsero 31 artisti. Ora noi ne possiamo dare il primo risultato. Facciamo seguire la relazione della Giuria estesa dall'illustre prof. Albini (della Università di Bologna) ed indirizzata al sindaco di Bologna professor ing. comm. Umberto Puppini.
Sacri dovunque i morti per la patria, e degni che l'arte chiamata a onorarli offra il fiore di sè stessa ma tale ufficio è singolarmente arduo, quando i luoghi assegnati al monumento siano già essi monumentali, pieni di storia e improntati di bellezza. Il che non preclude la possibilità all'anima de' tempi nuovi d'insinuarsi efficace e mettere le sue note vive in armonia col linguaggio dei secoli. Di tutto ciò si sono mostrati consapevoli gli artisti che hanno preso parte a questo concorso, il cui aspetto di insieme è senza dubbio nobile e ragguardevole quantunque poi non molte delle singole opere si accostino a quell'alta espressione, che qui si esige, di riconoscenza e di gloria.
"Eliminati i concorsi di cui l'arte non sembra aver risposto all'intenzione, seguono alcuni altri che per i loro pregi non senza rammarico si lasciano indietro. Sono i bozzetti dei signori Bellini e Migliorati; del prof. Oriolo Frezzotti, magnificamente disegnato: i due coi motti Aprile e Alfonso Rubbiani: quello di Umberto Rancher, monumento ingombrante la visione che il bando di concorso vuol libera, con quattro colonne in alto che reggono poco più che se stesse, ma con in basso una parte sculturale che ha masse e mosse eccellenti.
"Restano sei segnalati. Il prof. Silverio Monteguti collega ingegnosamente il Podestà a Re Enzo e quasi tutto conserva, e offre buoni partiti architettonici e scultorî, dei quali taluno dovrebbe tuttavia togliere o sostituire. Il bozzetto del prof. Pietro Aschieri, ecc. ove l'eleganza del disegno e il valore architettonico gareggiano, ma è di severità tombale e porta un cavaliere catafratto che riporta un capolavoro ma non viene certo dalla guerra odierna. In Ara, motto e modello, è un bel senso plastico e bassorilievi appena guasti dallo sforzo delle figure piegate in due sugli spigoli, ma senza cenno di collocazione nè cura precisa di ambiente. Il prof. Felice Nori, disegnatore splendido, ha un opportuno motivo di tre archi nel muto esterno, ma il lavoro dovrebbe rendersi meno pletorico e la tomba quasi di glossatore far luogo ad altro simulacro più moderno e significativo. Un bozzetto dei signori Drei e Fasolo ha tratti di scultura pieni di vita e freschezza, qualche fregio invece assai trito: e il concetto, che pur v'è, è invito e raccoglimento e vorrebb'essere invece a glorificazione. Il gran motto A egregie cose il forte animo accendono l'urne dei forti distingue un'opera che ha visione e studio, armonia e ricchezza di composizione, ma guadagnerà a essere allegerita, specialmente nell'alto: e la logica del pensiero sussisterà, anche se alla risurrezione ch'è al vertice non corrisponda nel basso una salma: certi elementi, come gli oziosi segni araldici, andranno avvivati, e non disdirà il concorso della pittura se migliore del saggi offerti.
"La Giuria, a maggioranza di quattro, pensa che da uno di questi disegni, se corretti e compiuti, e schiettamente ispirati a un senso che non vuoi più essere meditazione ma trionfo, non pianto ma peana, possa uscire l'opera bella, degna degli eroi, armonica nella piazza gloriosa: e propone quindi che si apre un concorso di secondo grado limitato agli ultimi sei artisti, invitando questi a ripresentare, non oltre il 31 del prossimo agosto; i loro bozzetti liberamente perfezionati (*). A unanimità delibera che le diecimila lire messe a sua disposizione del bendo, e qualche cosa più se il Comitato acconsenta, siano fin d'ora distribuite tra i sei sopra indicati.
"E con fausto augurio rinnoviamo a Lei, on. Sig. sindaco, gli atti del nostro ossequio".

Bologna. 22 maggio 1924.

LEONARDO BISTOLFI, presidente.
MARCELLO PIACENTINI
G. U. ARATA
AUGUSTO SEZANNE.

(*) Il pittore Sezanne è stato contrario alla rinnovazione del concorso limitato ai cinque prescelti e non estesa a tutti gli artisti italiani, poichè è suo convincimento che anche i migliori non hanno compreso che il monumento richiesta deve essere la glorificazione dei caduti nella guerra vittoriosa, e non la tomba che racchiuda le salme dei prodi.

GIUSEPPE ALBINI, relatore.


NOTIZIE VARIE

L'ITALIA AL CONGRESSO INTERNAZIONALE DELL'ARCHITETTURA A LONDRA

Si è chiuso in questi giorni a Londra il Congresso Internazionale per l'insegnamento dell'Architettura, al quale l'Italia ha partecipato ufficialmente per mezzo dei proff.. Boni e D'Achiardi della R. Scuola superiore di Architettura di Roma, e dei prof. Annoni rappresentante del Politecnico e della R. Accademia di Milano.
Alla organizzazione della partecipazione italiana aveva presieduto il prof. Giovannoni come Presidente dell'Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura. Nelle sedute tenute presso la sede dell'Associazione degli Architetti di Londra sono state lette interessantissime relazioni dai rappresentanti dell'Inghilterra, d'Italia, della Francia e dell'America, sull'insegnamento dell' architettura nei vari paesi. Nel dibattito delle discussioni accesesi dopo la lettura delle relazioni, intorno ai vari sistemi di insegnamento, e alle varie tendenze moderne delle differenti scuole, la delegazione italiana ha portato una nota elevata di equilibrio e di armonia per l'insegnamento classico e le tendenze moderne, che ha segnato la direttive generale del lavori del Congresso ed ha riscosso le unanimi approvazioni degli intervenuti, tanto che il Presidente del Congresso stesso nell'ultima seduta, ha invitato espressamente gli italiani a voler portare l'ultima parole nella discussione, come conclusione dei lavori del Congresso, ed ha messo in rilievo la particolare chiarezza e precisione dei nuovi metodi e del nuovi programmi di insegnamento delle scuole italiane.


BIBLIOGRAFIA

G. CAPITO': Il carretto siciliano. — Non era mai stato tentato, neppure dai migliori studiosi di materiale folkloristico di raccogliere notizie per un esame estetico di una delle più caratteristiche forme di arte rustica: il carretto siciliano. Questa espressione così conosciuta dal grosso pubblico come una delle "curiosità" del paese, non aveva mai seriamente interessato per tutto quello che riunisce in sè di profondamente caratteristico per l'arte popolaresca siciliana.
L'autore ha saputo finalmente cogliere veramente tutta l'importanza d'un tale studio e, guidando il lettore con entusiasmo e gusto d'artista, dalle prime sagome strutturali del carro siciliano fino alle ingenue e fresche: pitture dei decoratori locali, è riuscito a darci un'idea completa d'una così tipica espressione d'arte rustica.
Ilcarretto, costruito nelle sue sagome svelte, vieni ricoperto di decorazioni pittoriche e a rilievo: gli spazi lasciati liberi tra una cornice e l'altra, lungo le fiancate, contengono le scene principali, i "quadri" dove indifferentemente s'incontrano rappresentati paladini di Francia e bersaglieri, dame delle leggende medioevali e sante manici siciliane: ma un uguale brio coloristico, una stessa disinvolta franchezza di traforo animano questo contenuto ingenuo fornito all'artista umile dal mondo religioso-cavalleresco dei racconti popolari.
Anche nella forma di questa decorazione sgargiante, oltre che nel "fatto" da dipingere, appaiono ricordi (molto bene studiati dall'autore) di fiorami romanici e di mostri contorti che è facile ritrovare tanto lungo le stanghe di un carretto, quanto sullo spigolo d'un capitello di qualche chiesa siciliana. Ma, come per il contenuto, di cui il rozzo pittore non s'interessa, e che ripete più per consuetudine che per convinzione, così per certi particolari formali, l'arte briosa che si rivela nella decorazione del carretto siciliano supera completamente ogni ricordo (di cui s'arricchisce il bagaglio artistico del decoratore popolaresco) e appare molto spesso, in tutta la freschezza del proprio aspetto, fantastico. Dobbiamo perciò augurarci che pubblicazioni di questo genere, curate con il gusto e la competenza che dimostra questa sul carretto siciliano, si ripetano e si diffondano per una migliore conoscenza della nostra arte popolare.

V. M.


Haut Commissariat de la République française en Syrie et au Liban. Les travaux Archéologiques en Syrie de 1920 à 1922, par CH. CLERMONT-GANNEAU, FR. CUMONT; R. DUSSAUD, ED. NAVILLE, ED. POTIER et CH. VIROLLEAUD, avec un Préface de M. le Général GOURAND. Paris, Paul Geuthner edit. S. a. (ma,, 1923).

Si può ben dire che il territorio compreso entro i limiti del mandato francese, sia veramente una terra promessa per l'archeologia, giacchè vi sono incluse molte città famose nell'antichità e nel medio evo, se pur oggi non ne sussista altro fuorchè poche rovine disabitate e lontane dai grandi centri del commercio. Vive ancora Damasco collegata col grande porto di Beyruth, ma Antiochia rimane in disparte ed ha ceduto da tempo il suo primato ad Aleppo ed Alessandretta, Palmyra e Baalbeck. coi loro templi e colonnati grandiosi sono poco meno che città del silenzio.
Per ritrovare sull'Eufrate un centro di civiltà siriaca e romana di cui s'era perduto sino il nome: Dura, ci vollero due spedizioni armate. Ancora chi sa qual fruttuoso lavoro ai prepara per il giovane e già fiorente Istituto francese d'archeologia e d'arte mussulmana che ha sede in Damasco. La monografia attuale documenta quanto si scoperto in meno di un triennio. Che sarà nei successivi, dato, s'intende, che gli studiosi possano lavorare in pace? Certo, l'attività di questi studiosi francesi è altamente encomiabile, ma bisogna pure aggiungere che essi si sentono validamente sorretti dal Governo e dai ricchi privati. E recentissima la notizia di una missione inviata a Gerusalemme dal barone Rotschild. E qui giunge opportuna una domanda scabrosetta: Che cosa si fa in Italia? In Italia, dobbiamo dirlo a nostra piena lode, vi è un gruppo di archeologi e di storici dell'arte, specie di giovani, che lavora sul serio. Ma essi lo fanno sulle proprie forze, aggiungendo di tasca propria allo scarso contributo del Governo (dei privati non si parla poichè, salvo carissime eccezioni, danno prova al riguardo di una insensibilità vergognosa. Tuttavia, pur con le attuali disponibilità, si potrebbe fare di più e di meglio. All'infuori del lavoro che si compie in Libia, a Rodi, in Atene, bisognerebbe che si concentrassero le disponibilità per scopi precisi, mentre invece si sparpagliano in missioncelle del tutto secondarie. Ed è opportuno che su programmi ben definiti si mettano d'accordo palazzo Chigi e la Minerva. Chi sa che li studi archeologici sono spesso all'avanguardia delle missioni commerciali e possono talvolta cumulare mansioni politiche (come nel caso francese), comprenderà bene la necessità dell'intervento e del largo contributo del Ministero degli Esteri e d'altri Dicasteri.
Ma, per tornare alla cennata monografia, noteremo come essa cominci con la relazione delle straordinarie scoperte di Djebail (l'antica Byblos) sulla costa del Libano. Dal tempo delle prime dinastie, la necessità di procurarsi del legno da costruzione, aveva spinto gli Egiziani a varcare il mare sino a Byblos. E perciò sono stati trovati in questo luogo numerosi oggetti della più antica civiltà egiziana, unitamente ai ricordi delle dinastie locali. In un ipogeo della XII din. egizia, svelatosi per una frana, apparve un grande sarcofago ancora inviolato. Sul suo coperchio, leggermente arrotondato, sporgono dà grossi maniche di pietra. Dall'interno si tolsero dei vasi di stile egeo, una specie dl forcola (harpé) in bronzo incrostata d'argento e fregiata di un ureo d'oro, specchi e vasi d'argento, un meraviglioso balsamario d'ossidiana ornato d'oro con inciso il nome del Faraone Amenemhet III, uno scarabeo d'ametista, un amuleto cuoriforme e altri gioielli d'oro, vasi d'alabastro, ecc. Il sarcofago di Byblos è anteriore ai sarcofagi di Tabnit, e d'Echmunazar trovati già in Syria e che appartengono al V sec. av. Cristo.
Dopo la scoperta di Byblos vi è quella singolarissima fatta a Es-Salîflhlyé sull'Eufrate. Veramente il primo ritrovamento lo si dovette al prof. Breasted dell'Università di Chicago che lo rilevò durante l'occupazione inglese, potendo disporre di un sol giorno. Succeduti i francesi fu organizzata un'apposita spedizione per rivedere e completare lo scavo. Così, sotto la magistrale guida del Cumont, si rinvennero gli edifici di tutta una cittadella identificabile, per una iscrizione, con la flora, altrimenti detta Europos, di cui parlava lo storico Isidoro Charax. La scoperta più preziosa fu quella di alcuni affreschi esistenti ancora nei ruderi del tempio degli dei palmireni. Essi datano anteriormente al 114 e intorno al 229 d. Chr.
L'affresco del III secolo tocca vivamente il nostro sentimento nazionale poichè vi si scorge un tribuno romano, comandante della coorte palmirena, che compie sacrifici alla Tyche di Dura, tenendo però accanto a sè il signifero che inalbera il glorioso vessillo purpureo frangiato d'oro. Gli affreschi più antichi rappresentano gruppi di celebranti, dai caratteristico tipo etnico arameo, che si dispongono di fronte sue uno sfondo architettonico maestoso. A riguardo specialmente di queste figure fu, dal Breasted e dal Cumont, fatta rilevare l'importanza come di autentici precedenti dell'arte bizantina, scorgendovisi già i personaggi stilizzati visti di faccia, posti su di una sola linea. Di certo questi sono i più antichi, affreschi del mondo orientale che preparò l'arte di Bisanzio, ma osserviamo che coreografie di questo genere non sono ignote ad altri popoli anche dell'Estremo Oriente e che, prima di pronunciarsi in proposito, occorrerebbe un largo esame comparato. La stranezza dell'arte siriaca potrebbe, in ultima analisi derivare da un incrocio d'influenze occidentali e orientali, prodottosi in un territorio che, per la sua posizione geografica, favoriva tali fenomeni artistici. L'argomento tentatore, ma non è questo il luogo per svolgere una tesi che ci porterebbe assai lontano.

C. CECCHELLI.

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