CRONACA DEI MONUMENTI
PALERMO. - Nel Palazzo Reale, sotto la savia ed energica direzione del Sovraintendente ai monumenti, Ing. Valenti, i lavori di restauro di consolidamento e di liberazione fervono.... per quanto io consente la scarsezza dei mezzi disponibili. Essi hanno negli anni decorsi portato ai parziale isolamento della zona superiore della Cappella palatina, a cui ora è stato possibile ridare luce diretta per le finestre nell'alto della nave centrale e l'effetto è ottimo per la visione dei mosaici e del soffitto. Forse anzi la opportunità di un contrasto tra l'illuminazione della parte anteriore della cappella e la cupola rende questa maggior luce troppo intensa, e non sarà male l'attenuarla con transenne ed invetriate leggermente colorate.
All'interno la coraggiosa demolizione dell'orribile trono moderno, all'esterno il ripristino del passaggio anteriore, dette porte, delle comunicazioni con gli antichi appartamenti, saranno provvedimenti davvero ottimi, che alta mirabile cappella ridaranno vera forma e vero carattere; e saranno parte del programma di prossima attuazione.
Nella rimanente parte del grande palazzo i lavori hanno principalmente avuto per centro la Torre Pisana e le sue adiacenze, e per scopo necessario ed urgentissimo il rinforzo; poichè una grande quantità di tagli e di adattamenti compiuti senza il minimo criterio tecnico, avevano talmente rovinato l'organismo statico, troncando archi, aprendo porte e finestre, abbattendo pilastri, che è vero miracolo come ancora la costruzione, per quelle risorse provvidenziali di solidarietà dei vecchi edifici, si reggesse in piedi. Una cura lenta e paziente di riprese murarie e di ricostituzione degli schemi strutturali è stata quindi necessaria per ridare solidità e forma; e pian piano ne è così balzata fuori l'antica disposizione dell'edificio in tuffi i suoi elementi, il vestibolo, veramente scenografico, nel basso, la sala del tesoro col suo cammino di ronda nell'alto, e te scale e le finestre obliterate.
I numerosi saggi compiuti all'esterno del fabbricato hanno intanto portato ad una determinazione importantissima ed imprevista. L'antico palazzo normanno non è stato mai distrutto, ma le sue pareti esistono ancora quasi integre nelle pareti attuali, nascoste sotto la goffa conformazione pseudo-medievale dovuta ai restauri del secolo scorso, membrate da arcate cieche slanciate, da cornici, da finestre monofore o bifore. La liberazione di tutto questo magnifico complesso sarà dunque tema davvero grandioso di un programma di lavori a cui non potrà che arridere un risultato degno dell'insigne monumento dell'Architettura civile siciliana.
PALERMO. Le vicende dei restauri della chiesa di S. Salvatore, grandiosa chiesa settecentesca dovuta all'architetto Paolo d'Amato, bella e caratteristica per la sua pianta ovale, per il magnifico affresco del pittore Vito d'Anna che ne adorna la vasta cupola, per il rivestimento di marmi e di. stucchi che mostra un'arte decorativa derivata dal Serpotta, sono, in fondo, le vicende del pensiero tecnico ed artistico sul ripristino dei monumenti. Manifestatesi alcuni anni or sono lesioni notevoli nella cupola, l'Ufficio del Genio Civile, a cui la Direzione del Fondo per il Culto affido lo studio delle provvidenze di consolidamento, ideò una sostituzione quasi completa che, mantenuta in piedi la cupola su quattro grandi pilastri ricavati nelle cappelle estreme e su arconi obliqui facenti capo a quelli, si esplicasse in una demolizione ed in una ricostruzione integrale di tutta la struttura muraria. Sembra invece alta Sovraintendenza dei monumenti ed al Consiglio superiore per le Belle Arti non necessario un lavoro così radicale e così distruttore di ogni autenticità di organismo e di ogni bellezza decorativa, e così contrario al vigenti criteri del rinforzo progressivo e graduale (basato sui risultati dell'esperienza) e del minimo lavoro di rinnovamento dei vecchi edifici, ed il progetto non fu approvato; e ne nacque un conflitto dotato molti anni, che solo ora si appiana.
Già le fondazioni del muro. di prospetto che nel loro cedimento tendevano a trascinare una parte della chiesa e della cupola, sono state riprese, e la cupola stessa robustamente fasciata da più anelli di catene; ed il lavoro si volge al consolidamento, spicciolo delle murature, ove occorre medicare i tagli irrazionali arrecati da trasformazioni ad adattamenti, ed al parziale risarcimento del pilastro di Nord Est mediante il sistema del "cuci, e scuci ", a cui son mirabilmente adatti sia il materiale tufaceo dell'Aspra, sia l'abilità, tradizionale per tali lavori, delle maestranze palermitane.
G.G.
NAPOLI - Studi, progetti, discussioni fanno ora capo alla darsena ed all'arsenale napolitano. L'assetto del porto, la opportunità o, per dir meglio, la necessità di creare una ampia arteria che derivii il movimento cittadino dal passaggio congestionatissimo del teatro S. Carlo, la ricerca di aree fabbricabili centrali, sono ragioni importantissime che rappresentano la dinamica della grave questione; la quale ha per principale espressione il progetto Bocci, già approvato dal Comune di Napoli e dall'ente portuale.
Sarà tuttavia bene ricordare che altre condizioni si affacciano con non minore intensità e portano il loro peso, ed hanno carattere estetico e monumentale. La conservazione della veduta meravigliosa sul golfo e sul Vesuvio che si ha subito a lato del Palazzo Reale, quasi finestra aperta sulla piazza S. Ferdinando, è una di queste esigenze dell'Arte. Il Maschio angioino con le sue costruzioni aggiunte pretendentisi verso mare, con l'ampio spazio libero circostante, che è necessario mantenere affinchè non venga neutralizzato il grande vantaggio recato dagli iniziati restauri, e un altro termine essenziale nella questione complessa. E come sempre avviene in questi argomenti, non è affatto da ritenere incompatibili i due ordini di idee, che anzi potranno, associati genialmente con alto pensiero, portate ad una soluzione viva e non volgare. Ma è necessario che i criteri con cui questa verrà affrontata non siano unilaterali che pertanto le autorità preposte alle Belle Arti vigilino, a difesa della bellezza e del carattere di Napoli.
NAPOLI. Una opportunissima iniziativa della Sovraintendenza ai momumenti della Campania è intervenuta a ridare integrità e decoro alla tomba leggendaria di Virgilio ed alla galleria di Posillipo. Un vergognoso abbandono aveva fatto si che sul prezioso monumento venissero a defluire le fogne della regione sovrastante e che la putrida acqua impaludasse in basso, e che cave di tufo venissero esercitate ai margini della grotta, alterandone l'aspetto e pregiudicandone la stabilità, e che perfino un allevamento di maiali avesse invaso il luogo sacro.
Tolte invece le occupazioni abusive ed indecorose, espropriata la zona della tomba, si inizieranno ora i lavori dl consolidamento della roccia e di incanalamento delle acque:
e le piantagioni di allori ed il riassetto delle iscrizioni e degli oggetti disseminati intorno completeranno opportunamente l'opera; la quale rappresenta un doveroso inizio della celebrazione centenaria del grande poeta, "onore e lume" della civiltà latina.
AUSONIA. Presso alla bella borgata delle Fratte tra Cassino e Minturno (borgata che da pochi decenni ha mutato il nome in quello di Ausonia) si sta ora restaurando la interessante chiesa di Santa Maria del Piano. Sorta su di un altro edificio chiesastico dell'XI secolo (di cui rimane solo la cripta con affreschi interessantissimi, ben noti (1) nella storia artistica del Mezzogiorno) la chiesa conserva ancora nella parte anteriore, cioè nel portico col sovrastante loggiato ed li campanile a quello irregolarmente innestatosi, il carattere dell'inizio del sec. XV in cui è sorto; ed è carattere di arte che svolge in grande ritardo e con una deliziosa irregolarità campagnola le forme tipiche del Medio Evo tirreno, tanto che se non ci fosse una provvida epigrafe a fornirci la data precisa del 1418, gli schemi delle arcate acute sviluppate in sporgenza su imposte mensoliformi, del campanile con la lanterna ottagona cuspidata, delle arcatelle decorative portate da mensoline, riporterebbero il nostro giudizio attribuzionista alla fine del Duecento....
A questa costruzione i tempi successivi, e specialmente il Seicento, hanno aggiunto e sovrapposto una serie di elementi invadenti, talvolta con carattere d'arte, come per le porte in pietra colorata, poste sotto al portico o per il soffitto della zona anteriore nell'interno, più spesso con valore negativo, in quanto che hanno alterato gli elementi originari, quasi collocati ormai dalla massa del monastero che vi si è sviluppata sopra ed accanto. I primi di questi elementi hanno pertanto acquistato diritto di conservazione anche se lo contrasto con lo stile dominante, contrasto che, del resto, il tipo pittoresco e vario dell'insieme non fa in alcun modo avvertire. I secondi non avrebbero affatto tale diritto, e solo le ragioni pratiche che vietano larghe demolizioni impediscono di liberare da esse efficacemente il bel gioiello di arte popolare che è la parte anteriore della facciata.
I lavori iniziati qualche anno fa e condotti lentamente avanti hanno avuto dapprima per oggetto il consolidamento del portico e sopratutto dei campanile, tanto fatiscente da non poter più contenere te campane. Proseguono ora nel distacco, per quanto è possibile, dalla fabbrica massiccia del monastero addossato, di cui le principali superfetazioni ingombranti, ad esempio quelle di stanze costruite sul tetto anteriore, sono state tolte o distaccate mediante arconi. L'ultima fase sarà data dalla costruzione della parte superiore della facciata, ove una composizione nuova, ispirata silo stile ed alle linee del portico inferiore, rendesi necessaria in quanto un vero prospetto ivi non ha mai esistito, e si ha un'agglomerazione informe di muri e di tetti che, pur nel carattere semplice, e vario e pittoresco di tolto l'edificio, non può affatto esserne adatto coronamento.
La stessa fase ora iniziata di lavori contempla anche un qualche maggior ornato del campanile, che rimarrà intatto nella linea architettonica, ma sarà ravvivato da una decorazione di rivestimento che si vale degli effetti cromatici. La guglia sarà coperta da tegole. di maiolica a forma di squame a vivaci colori verdi azzurrognoli e gialli, secondo il tipo così consono ambiente naturale dei luoghi ed alla tradizione artistica meridionale. Nelle pareti della torre quadrata e del torrino ottagono un rivestimento, quasi un'intarsio, di piastrelle di marmo bianco e di lava bruna verrà a costituire intorno atte finestre e sotto le cornici, una specie di ricco arazzo a scomparti geometrici, non diversamente da quanto appare nel tiburio della chiesa di Caserta vecchia, nel campanile di Melfi, nel chiostro di Monreale: sistema di decorazione parietale che s'innesta all'architettura del prospetto, nobilitandola ma non alterandone le forme e l'armonia.
E l'elemento colore riapparirà altresì nella gronda in legno, ove le mensoline ad intagli e profili vani e strani ne serbano tuttora tracci,, che verranno accuratamente riprese: ed esso aggiungerà vita a questo modesto ma interessante monumento che ora risorge: uno dei tanti monumenti ancor sconosciuti dette campagne italiane ben degni di cure e di studio.
G. GIOVANNONI.
ROMA: Casa del Burcardo e Palazzo dei Filippini alla Chiesa Nuova. - Alle prime notizie sulla Casa del Burcardo che furono da noi offerte in un passato numero, ne facciamo seguire delle altre molto confortanti. Il palazzetto del celebre diarista e cerimoniere di Alessandro VI va man mano scoprendo i suoi tesori artistici. La grazia inimitabile, la fantasia sbrigliata dei decoratori del tempo, è rivelata dalle prime scrostature d'intonachi. Nel grosso delle mura si rivedono, ancora a loro posto, le cornici, finemente sagomate, di porte e di finestre gotico-tedesche. Una simpatica caratteristica è nei loggiati. Presentiamo la fotografia di quello che dà sul cortile. Gli archi impostano su capitelli che ricordano il cubo smussato barbarico mentre i fusti sono manifestamente di scavo. Appena l'Azienda Elettrica Municipale avrà smontato l'orrendo tubo che si appoggia a questa fronte, ci sembrerà di respirare a pieni polmoni.
Un problema è tuttora la facciata sulla via del Sudano, ma una recente scoperta dovuta al prof. arch. Antonelli (che con tanto acume dirige i lavori delta casa) lo risolve in gran parte. Nell'ultimo piano è apparso il consueto loggiato che si vede in altre case del Quartiere del Rinascimento".
Al primo piano vi sono due sale intercomunicanti che hanno ancora a posto i soffitti a cassettoni di noce dipinta, le porte con le loro cornici intagliate, le finestre con la traccia dei tipici banchi laterali e gran parte della decorazione ad affresco. In una di queste stanze (come notò lo Gnoli in base a notizie del tempo) mori il proprietario della bellissima casa, il cerimoniere Burcardo. E, per lo stato di conservazione, sembra davvero di rivivere il momento in cui tutta una folla di cardinali e di nobili romani al riverso nella casa del neo-vescovo che chiudeva in pace la sua esistenza operosa.
Dobbiamo esser grati al Comune dl Roma e specialmente al R. Commissario Sen. Cremonesi, al Segretario Generale Comm. Mancini (che è anche un fine intenditore e al ch.mo Comm. Bencivenga, capo dell'ufficio X. per aver salvato questo autentico gioiello e per averne deciso il ripristino. E stata nominata per ciò una commissione presieduta dall'ill.mo Sen. Corrado Ricci. A titolo di vera lode dobbiamo anche nominare oltre al prof. Arch. Antonelli, di cui abbiamo fatto parola, anche il prof. Arch. Pernier poiché si deve al loro entusiasmo e alla loro perspicacia se i monumento singolarissimo è già sulla via della redenzione.
Un altro grandissimo titolo d'onore dell'Antonelli è il restauro del palazzo dei Filippini. Quello dell'oratorio è già compiuto e ne parleremo ampiamente altra volta. Ora si sta liberando il cortile dalle sovrastrutture che tappavano il portico, occupavano parte della corte, ostruivano i bei nicchioni d'angolo. L'architettura borrominiana va riprendendo tutto il suo movimento e un luogo che intristiva e diveniva sempre più lurido in un inqualificabile abbandono, riacquista l'aspetto della primiera nobiltà. Anche di questo restauro siamo grati al comune di Roma, che, a quanto ci vien riferito, ha intenzione di fare tutto quello che è possibile per la redenzione dei meravigliosi edifici della vecchia Roma.
(C. CECCHELLI).
CONCORSI.
IL CONCORSO PER IL PIANO REGOLATORE DELLA SPIANATA DEL BISAGNO
A Genova, il problema della sistemazione della "Spianata del Bisagno" rappresenta una delle questioni edilizie più appassionatamente e da più tempo dibattute. Da quando quel terreno (antica Piazza d'Armi) trapassò in proprietà del Comune, le varie Amministrazioni Civiche succedentesi vi consacrarono tutte studii, discussero ed approvarono progetti, ne fecero persino il fulcro di campagne elettorali. L'Amministrazione attuale, ripreso in esame il problema, stabilì alcune direttive in modo inderogabile; e principalmente questa: che la zona a tramontana di Via XX Settembre (Piazza Verdi) debba essere intensamente fabbricata; e quella a mezzogiorno (Piazza di Francia) debba essere almeno in grandissima parte destinata a giardino.
E per lo sviluppo di questi concetti bandì un concorso. Il quale fece allineare nel Ridotto del Teatro Carlo Felice una trentina di progetti, non tutti ossequenti alle norme prestabilite.
La Commissione giudicatrice fu composta degli Assessori Ing. Scribanti, Ing. Preve, Arch. Labò, del Sen. Ing, Reggio, dell' Arch. Terenzio, dell'Ing. Portunato, dell'Ing. Parodi, dell'Arch. Baghino.
Riportiamo la parte sostanziale della relazione, estesa dall'Arch. Labò.
"Ristrettasi all'esame del progetti che ritenne i migliori, la Commissione si trovò di fronte, nelle risoluzioni di Piazza Verdi, a concetti planimetrici che si possono essenzialmente ridurre a due. Il concetto diremmo radiale, il quale fa partire dalla Stazione Brignole due strade diagonali, dirette al Ponte Pila ed allo sbocco di Via XX Settembre, nell'angolo delle quali traccia o no una strada diretta presso due perpendicolarmente sul prolungamento di Via XX Settembre. Ed il concetto che diremmo per analogia ortogonale, che ha per elemento fondamentale questa strada di retta presso che perpendicolarmente su Via XX Settembre e ai lati di essa svolge costruzioni e strade ad angolo retto, con al più qualche troncamento di angoli."
La Commissione espressamente dichiara di non ritenersi chiamata in merito di questi due principi, e perciò si è limitata ad esaminare, fra i fautori di un principio e dell'altro, quali fossero i risultati migliori che dalle rispettive premesse fossero stati ottenuti.
"Il progetto contrassegnato col motto Bartolomeo Bianco (beninteso quello che segue le norme del concorso, e non le due varianti libere) adotta rigidamente, senza deviazioni, il concetto radiale, considerevolmente sfruttando la Piazza Verdi dal punto di vista della fabbricazione. Gli elevati architettonici si inspirano all'arte genovese con molta intelligenza, e pur raggiungendo nobiltà monumentale evitano facciate troppo costose e adattabili soltanto a particolarissime destinazioni di edifici. Anche il lato architettonicamente più ardua della soluzione planimetrica in questo progetto adottata e cioè le facciate strettissime ed un vertice dei risultati triangolari, studiato a fondo, e risolto in modo apprezzabile."
"Il progetto contrassegnato dal motto Italica Gloria adotta invece il tipo ortogonale; e sfrutta notevolmente Piazza Verdi, però con eccessiva spezzatura di aree, e con ingiustificate, per quanto leggere, irregolarità nei tracciati. Al parco di Piazza di Francia dà per centro dominatore il monumento al caduti,. creandogli attorno una zona di rispetto, interamente sgombra, e fecendolo visibile da lontano; da molti punti, mediante due viali obliqui che convergono ad esso partendo dal Ponte Bezzecca e da Via Anton Maria Maragliano."
"Il progetto contrassegnato S. Giorgio (cui fu aggiunto il numero urlo per distinguerlo da altri omonimi), in Piazza Verdi si differenzia poco dal precedente, però evitando la irregolarità lamentata, ed aprendo davanti alla Stazione un viale grandioso, che mentre offre un magnifico campo visivo al monumento ai caduti può sopperire in certo qual modo al vantaggi dette due diagonali. Piazza Verdi, per quanto armonicamente, non è sfruttata molto intensamente. Molto buono appare per contro il tracciato del parco, vero parco urbano, piacevole da percorrere e soggiornarvi."
"Questi tre progetti la Commissione si onora di proporre per i premi. Al primo, e specialmente per il fatto che esso affrontò la materia architettonicamente più difficile, e seppe padroneggiarla, propone sia conferito il premio di L. 10.000. Agli altri due, uno. dei premi di L. 5.000 per ciascuno, ex-aequo".
Il progetto Bartolomeo Bianco appartiene all'Arch. Marcello Piacentini; il quale, oltre al progetto premiato, presentò fuori concorso due notevoli varianti. Quello Italica Gloria è dell'Arch. Frezzotti di Roma; quello San Giorgio dell'Arch. Annibale Rigotti di Torino.
In seguito al Concorso l'Amministrazione Comunale di Genova invitò l'Arch, Marcello Piacentini a presentare un piano definitivo, apportando alcune lievi modificazioni al progetto di Concorso suggerite dai tecnici dell'Amministrazione stessa.
Tale piano venne approvato dalla Giunta e successivamente dal Consiglio Comunale, ed ora quindi si entrerà nella fase esecutiva del progetto.
IL CONCORSO NAZIONALE PER LA SISTEMAZIONE DELL'AULA CONSILIARE
IN CAMPIDOGLIO
Dalla necessità, che il Comune di Roma ha sentito di dare una sistemazione pratica e definitiva alla sala della rappresentanza cittadina è scaturita l'idea di un concorso; idea che invero meritava una forte adesione da parte di artisti italiani per la bellezza, l'importanza e la suggestività dell'ambiente che si doveva sistemare e decorare.
Comunque l'esito del concorso è confortante inquantochè la Commissione chiamata a giudicarlo, ha ravvisato nei tre progetti premiati elevate qualità decorative e stilistiche; compiacendosi altresì con il vincitore Arch. G. Venturi il quale pur avendo risposto magnificamente al bando, ha presentato inoltre un progetto variante inteso alta conservazione. integrale della massima aula capitolina ed alla sua naturale restaurazione.
Intatti il bando del concorso peccava invero di. un difetto pregiudiziale, in caso era stabilita la riduzione in altezza ed in lunghezza della grande aula senatoria e richiedeva la decorazione di questo ambiente cosi, inopportunamente ed irrazionalmente rimpicciolito.
Tutti i concorrenti hanno dovuto, naturalmente, attenersi alle norme del bando così come era fissato, senonchè il progettista che nella prova rispondente alle norme del bando è stato giudicato il migliore, ha presentato anche un secondo progetto nel quale ha svolto il suo concetto mirante alla conservazione dell'aula senatoria, proponendo la costruzione ex novo della sala consiliare.
I progetti premiati sono in ordine dl merito dell'Arch. Ghino Venturi di Roma, Brenno Del Giudice e Guido Cadono di Venezia e dell'Arch. Gualtiero Pontoni di Bologna.
Ritengo che le idee semplici e chiare, eminentemente aderenti all'ambiente romano, che hanno ispirato il progetto dell'Arch. Venturi gli abbiano molto giovato nel giudizio della Commissione.
Le sue qualità pittoriche ci mostrano chiaramente la bellezza delle proporzioni e la necessità di lasciare al Campidoglio un salone così superbo.
Non solo la pittoricità devesi ricordare nel Venturi, ma anche un senso di solidità costruttiva, qualcosa insomma che non tralascia le ragioni positive per seguire una concezione fantasmagorica. In questo validissimo giovane che fino ad ora ha lavorato con grande, forse con eccessiva modestia, mentre ha tali qualità da rimanere in prima linea, noi salutiamo, attraverso questa bella vittoria, una intelligenza che potentemente si afferma.
Il Del Giudice e Cadorin ci danno un nuovo saggio del loro indiscutibile valore; la loro composizione stretta ed opulenta è perfettamente equilibrata. Forse un maggior tempo di romanità li avrebbe avvantaggiati di gran lunga nella nobile competizione.
Anche l'Arch. Pontoni dimostra le sue salde qualità di decoratore e di architetto, intelligentemente fuse in un progetto logico e ricco, nel quale ha saputo conservare la linea della grande volta insertandola sapientemente ad una ricca e fine decorazione pittorica.
In complesso il concorso ha sortito un esito felice, soprattutto in quanto ha evitato la riduzione della vecchia aula senatoria ed ha mostrato come lo studio e dei monumenti inspiri felicemente i nostri artisti senza che la promessa di un premio più o meno vistoso possa distrarli dalla retta linea che ha per loro l'interesse intangibile dell'arte e della storia.
La Commissione ha dato prova di saper vagliare l'importanza dei lavori presentati e sappiamo che, nella sua relazione si è dimostrata contraria alle modificazioni dell'aula segnate nel bando di concorso. Sappiamo che a tale saggio parere si è attenuto il Municipio che, è doveroso dirlo, si applica in questi tempi con amore a problemi artistici della capitale. In ogni modo l'attuale concorso è stata una bella palestra per gli eletti ingegni che si sono rivelati.
CARLO CECCHELLI
BIBLIOGRAFIA
T.RIVOIRA Architettura Romana. Costruzione e statica nell'età imperiale, con appendice sullo svolgimento delle Cupole fino al secolo XVII. Un volume in 4° di pp. XII, 370, con 333 incisioni. Milano, Hoepli, 1921.
Nella storia delle civiltà occidentali la Grecia, e Atene a capo di essa, rappresenta senza dubbio
la parte più antica e più luminosa. Roma viene dopo in ordine di tempo e rimane seconda in parecchi rami delle arti e delle lettere, ma primeggia in modo incontrastato anche sulla Grecia e su tutte le nazioni civili, antiche e moderne per il suo genio legislativo e per i grandi monumenti che ha lasciato nel campo dell'architettura. Sono due arti, quella del governare e quella dell'edificare, molto diverse per la materia che trattano e per l'ufficio a cui sono destinate, ma che nel loro svolgimento e nelle loro applicazioni si avvicinano e camminano parallelamente di pari passo; perchè come uno stato bene ordinato può paragonarsi ad un grande edificio ben disegnato e costrutto, così il legislatore capo di uno stato può giustamente confrontarsi con un saggio architetto. E la prova migliore è fornita dal fatto, che, mentre le altre architetture, per esempio l'egiziana e in parte anche la greca, sono rimaste manifestazioni grandiose e caratteristiche di una civiltà, ma senza seguito, l'architettura romana ha avuto uno svolgimento continuato fino ai giorni nostri, come un tronco sempre vivo e vitale, sul quale gl'innesti sopraggiunti non fanno che aumentare la capacità produttiva dell'albero ed assicurarne la durata; cosicchè dalle tombe etrusche a volta artificiale si arriva grado a grado alle volte reali, quindi alle architetture tipiche del Pantheon, di S. Vitale di Ravenna, di S. Maria del Fiore e della Basilica Vaticana.
Di questa verità fu interamente persuaso e, mi si permetta il bisticcio, pervaso il Rivoira, ed egli l'ha valorosamente propugnata in tutti i suoi scritti, in modo speciale nell'ultimo volume (1), che lasciò inedito quando immaturatamente morì il 3 marzo 1919 e che, per le cure assidue dell'eletta compagna de' suoi giorni, potè un anno fa comparire in pubblico. L'opera sua, diciamolo subito, non è una storia dell'architettura romana, ma, com'egli stesso dichiara nella prefazione, è in certa qual guisa la continuazione dell'opera vitruviana De Architectura, di cui colma qualche omissione e rischiara alcuni punti. In essa sono tracciati il concatenamento storico ed il cammino percorso dai processi costruttivi e statici collegati ai sistemi a volta di Roma imperiale: sistemi in cui eccelsero i costruttori romani, e che furono la più alta espressione della loro arte di fabbricare". Di fatto egli comincia coll'esame dei materiali costruttivi da Silla ad Augusto e discute a lungo la questione dei lateres cocti e degli embrici, nella loro formazione e nelle diverse dimensioni loro in Etruria, in Roma e nella Grecia, e passa poi a dimostrarono l'uso nell'opus incertum e nei principali monumenti del tempo; ma fin dal principio egli non limita il
suo studio alla tecnica costruttiva, ma allarga io sguardo agl'interi organismi architettonici, per i quali chiama. a confronto monumenti più antichi dell'Etruria, della Sardegna e dell'Oriente, ed altri quasi contemporanei della Campania e della regione padana.
Come è condotto il primo capitolo (pp. 1-48), così sono gli altri. E, per ricordate soltanto le cose principali, vediamo studiati sotto Tiberio la domus Tiberiana e il castro pretorio, a cui si rannodano per la struttura a lorica testacea le fabbriche romane subalpine di Alba Pompeia, di Torino, di Asti, ecc., e in relazione con queste le porte aperte nelle cinte murate e fiancheggiate da torri: sotto Claudio gli acquedotti omonimi: sotto Nerone gli archi Celimontani, la domus aurea, le terme neroniane e il problematico macellum Augusti: sotto i Flavi l'anfiteatro, le terme di Tito, il palazzo di Domiziano, la domus Augustana e il tempio del divo Augusto: sotto Traiano il foro e le terme omonime: sotto Adriano, imperatore e insieme architetto insigne, il Pantheon, il tempio di Venere e Roma e le multiformi costruzioni della villa Tiburtina: sotto Settimo Severo e Caracalla il palazzo e il Settizonio al Palatino, e le terme Antoniane: sotto i Licinii li così detto tempio della Minerva Medica, il mausoleo di Gallieno e il tempio di Portunno a Porto: sotto Diocleziano e Massimiano il Secretarium senatus, il rifacimento della Basilica Giulia, le terme di Diocleziano: sotto Massenzio la Basilica Nova, il tempio del divo Romolo, il mausoleo di Romolo e il circo: sotto Costantino le prime basiliche cristiane al Laterano e al Vaticano, il mausoleo di S. Elena e quello di S. Costanza: e, dopo Costantino, dal IV al VI secolo, le trasformazioni avvenute, col trasferimento della capitale da Roma a Bisanzio, nelle fabbriche della Campania e di Ravenna che dischiudono nuovi orizzonti: segue in fine una succosa appendice sullo svolgimento delle cupole fino al sec. XVII.
Trama e orditura, come si vede, sono date essenzialmente dalla serie cronologica dei più insigni monumenti dell'impero; ma nell'orditura a intrecciano quasi sempre altri fili secondarii ricavati per lo più dall'Etruria e dall'Oriente, e questi per confermare la tesi fondamentale che l'architettura romana non è alunna od ancella di architetture straniere, ma si è svolta liberamente sul suolo italico ed il prodotto originale di una tendenza spiccatissima della nostra stirpe. Siffatta tesi uno può essere abbattuta dalla considerazione che qualche elemento costruttivo di somma importanza, come l'arco e la volta, aia comparso molti secoli prima in altri popoli dell'Oriente.
Nemmeno il Rivoira pretende negare il fatto; nè, ammesso il fatto, ne deriva che si debba escludere il carattere originario ed indipendente dell'architettura romana. Anzitutto può bene un elemento costruttivo importantissimo come l'arco essersi affacciato separatamente alta mente e quindi passato nella pratica in popolazioni lontane fra loro e in tempi diversi. In secondo luogo, come non e l'affermazione solitaria di un principio che vale a stabilire la priorità di tutto un sistema filosofico, così non può essere l'applicazione parziale dell'arco e della vôlta in costruzioni secondarie dell'Egitto o della Mesopotamia prova sufficiente, che in quelle regioni hanno avuto origine le architetture a vôlta di Roma e dell'Italia. Chè anzi la logica dei fatti ci obbliga a confessare che l'aver avuto cognizione esatta dell'arco e della vôlta prima degli altri popoli ben poco ha giovato agli Egiziani e agli Assiri, che non seppero farne applicazione ai loro monumenti maggiori, per cui, quando molti secoli più tardi le costruzioni a vôlta e cupola hanno tra loro una larga rifinitura, cm avviene chiaramente non per l'applicazione di quei più antichi elementi, ma per il tramite degli edifici romani, che avevano compiuta la loro strada da sè, e, seguendo le aquile imperiali, si erano trapiantate anche nell'Oriente.
È questa appunto la tesi che il Rivoira sostiene a più riprese non solo qui, ma anche nelle opere precedenti sulle "Origini dell'Architettura Lombarda" e soli' "Architettura Musulmana" - e bisogna riconoscere che pochi studiosi uscirono in campo con una preparazione pari alla sua.
La scuola gli aveva dato le cognizioni tecniche necessarie per valutare i poderosi problemi costruttivi e statici aventi relazione colla struttura delle vôlte e delle cupole; la storia ricercata nelle fonti genuine gli insegnava a rintracciare le date e gli autori veri dei monumenti; il senso pratico dell'arte e della scienza unite gli dicevano che l'esame diretto dei monumenti vale assai più di qualsiasi studio condotto da lontano su minute descrizioni, fotografie e disegni. Quindi accingendosi a suoi lavori, egli si propose come norma fondamentale di far precedere all'esame di un dato monumento lo studio delle fonti letterarie che lo riguardano e di non proporre giudizii definitivi su di esso, se prima non lo avesse veduto sul luogo ed esaminato in tutte le sue parti.
Archivi storici, biblioteche e viaggi furono gli strumenti principali di col si valse, e venticinque anni circa durò il periodo di elaborazione della sua prima opera. "Le Origini dell'Architettura Lombarda e delle sue prime derivazioni nei paesi d'Oltr'Alpe", comparsa nel 1902 e che ebbe tosto tre edizioni, due italiane ed una inglese: è di dieci anni più tarda l' "Architettura Musulmana" tradotta pure in inglese; ma entrambe queste opere presupponevano quella dell' "Architettura Romana" che esisteva in germe nelle precedenti e ne forma ora il più prezioso corollario.
Se diamo infatti uno sguardo atta prima - " Origini dell'Industria Lombarda" vediamo tosto che Il titolo non dice tutta la vasta complessità della materia trattata, perché
l'autore non si limita alla ricerca delle derivazioni prossime di questa architettura, ma abbraccia sinteticamente la storia dell'architettura italiana dall'età di Costantino il Grande fino al secolo XI, e quella delle grandi architetture dell'Europa centrale e, dell'Inghilterra fino al dodicesimo:
di poi, tornando alcuni passi indietro, espone concetti nuovi ed originali sulle ultime fasi delle costruzioni monumentali romane. Era sentenza comune che con la fondazione di Costantinopoli fossero esulati dall'Italia tutti gli architetti di merito, e che le fabbriche sorte poi nel V e nel VI secolo fossero dovute ad artisti bizantini emigrati dall'Oriente. Ora nessuno può negare che la fondazione della metropoli orientale abbia sottratto a Roma la maggior parte degli architetti; ma è certamente esagerato il supporre che questo avvenimento abbia soppresso in Italia ogni arte edilizia e quindi la professione stessa dell'architettura.
Basta rifletterà alle molte basiliche cristiane soste nel IV secolo e nel primi anni del V a Roma, a Milano e nella Campania prima ancora che a Ravenna. E il S. Vitale di Ravenna "il più agile, pensato edificio a vôlta interamente arcuato che l'antichità abbia prodotto". Compare nei primi decenni del VI secolo prima di S. Sofia, ed è opera di un Italiano, Giuliano Argentario. Come si potrebbe quindi sostenere che col passaggio della capitale a Costantinopoli la catena delle costruzioni romane si spezzasse e che gli edifici sorti fra noi dopo il IV secolo siano opera soltanto di decadenza, oppure creazioni nuove dl architetti bizantini?
"Trasferita a Bisanzio la sede del Governo (così egli scrive in "Architettura Romana", p. 302 e seg.), e recatosi colà la più parte - e sicuramente tutti i migliori - degli architetti e costruttori di Roma, questa vide, pressochè d'un tratto, non solamente il sostare delle sempre più avanzate, costruzioni a vôlta, ma addirittura la quasi cessazione del sorgere di fabbriche voltate di una qualche importanza, sia civili che religiose. Tanto che bisogna scendere al secolo V, per trovarvi le Rotonde del "Maosoleum Augustorum" al Vaticano, foggiate su antichi modelli di epoca Imperiale. Vi era nato però, col trionfo della Chiesa, il tipo latino della chiesa basilicale, fosse questa di pianta semplice, oppure crociforme. Diverse furono le conseguenze nelle altre patti della Penisola. Gli architetti - pur fondandosi sulle opere romane, dove erano il non trovarsi i germi di tutte le evoluzioni dell'arte si liberarono dalle pastoie rigorose della tradizione costruttiva statale romana, avviandosi all'elaborazione di opere recanti nu6ve impronte del genio di nostra gente e segnanti il trapasso dalle romane alle medioevali: trapasso avvenuto per impulso italiano, non già bizantino, come erroneamente credersi. Opere, in cui, pur sfruttando i principii e la tecnica della scuola romana, apportarono perfezionamenti e modificazioni notevoli. Opere, dove l'artifizio statico mirante alla leggerezza della costruzione e di conseguenza all'economia fu basato sul funzionamento individuale e continuativo delle resistenze di posizione, cioè del punti nodali e delle controspinte che in passato avevano per lo più esercitato fusi in parte colle masse strutturali la loro massima ed utile funzione durante la costruzione e l'assettamento. Opere, nelle quali le vôlte sono secondo Hubsch, tanto ardite e perfette, da non essere sorpassate da quelle del periodo romanico ed archiacuto".
Si vede anche da queste citazioni il nesso intimo che lega la prima coll'ultima delle opere del Rivoira, Altrettanto si potrebbe pur riscontrare nell'"Architettura Musulmana"; ma ciò che deve risultare in modo più evi4nte dall'analisi delle tre opere è questo, che il Rivoira non si lasciava facilmente trascinare ad un'affermazione, se prima non ne avesse ben saggiato i fondamenti, e che, egli sapeva trasfondere la vivacità dell'ingegno suo nella materia che aveva preso a trattare. Tutti i problemi storici che anche da lontano potevano riferissi al suo tema egli aveva lungamente meditato: tuttavia, fedele ad un certo stile secco e nervoso che egli si era formato, abborriva da ogni espediente retorico e dalle lunghe e numerose citazioni; abbozzava, ma, non coloriva I suoi ragionamenti, e lasciava che accanto ad essi parlassero i disegni e le numerose e scelte riproduzioni fotografiche; dava gli elementi opportuni perchè altri potesse seguirlo, ma solo quelli che ripulava indispensabili. Pure per questo riguardo l' "Architettura Romana" è la continuatrice fedele dei lavori precedenti. Un lettore affrettato e surperficiale potrebbe talvolta accusare il Rivoira di leggerezza o di audacia, ma quando si mettesse seriamente a rifare la sua strada e a discutere i suoi argomenti, dovrebbe presto ricredersi e, confessare che, non natante i difetti inevitabili e dall'autore medesimo ammessi, l'opera ha un valore indiscutibile e servirà per molli anni di norma e guida per chiunque voglia ritentare il poderoso tema.
Così si compiranno i voti più ardenti del suo cuore; pagate il proprio tributo alla patria e alla scienza e farsi eccitatore di nuove energie per le generazioni future. Ed è giusto perciò, che, quanti amano le più belle glorie artistiche dell'Italia, anche da.. queste pagine abbiano notizia dell'opera che egli le ha consacrato, perchè siano indotti a ricercarla e a meditarla. Si affacceranno loro problemi nuovi, orizzonti nuovi e più larghi, ed impareranno ancora una volta ad ammirare la vitalità e la continuità del genio di nostra stirpe dai più antichi e più rozzi monumenti etruschi alle moli sovrane e più recenti di S. Maria del Fiore e di S. Pietro in Vaticano.
B. NOGARA.
EVA TEA: I monumenti di Ravenna Collezione, Città e luoghi d'Italia N. 8 Firenze, Fratelli Alinari s.a. (19221923).
Tracciate in poche pagine la storia dei monumenti di Ravenna era cosa non facile. Purtuttavia l'Autrice ha saputo sintetizzare quanto basti conoscere (per un. rapida visita) delle vicende storiche e della evoluzione artistica ravennate dalle origini romane al periodo neo-classico. Anzi l'accenno a quest'ultima fase riesce nuovo e gradito poichè tutti noi siamo abituati a considerare fa Ravenna bizantina e, al più, la Ravenna dantesca. L'Arch. A. Annoni, il restauratore dei monumenti Ravennati in occasione dell'ultimo centenario della morte di Dante, ha aggiunto una sua prefazioncella in cui ribadisce la sua fede nella romanità dell'arte ravennate. Il volumetto è corredato da buone tavole.
W.VON ALTEN: Geschichte des Altchristfichen Kapitell Delphin Verlag München s. a. (ma 1923).
Di una storia del capitello paleocristiano si sentiva il bisogno, e ad esso risponde questo breve, ma succosissimo studio (intercalato da buone tavole) che contempla la evoluzione di questo elemento architettonico in Oriente, come in Occidente. Il periodo contemplato va dalle origini cristiane al V-VI secolo.
La suddivisione è fatta per tipi: il capitello a foglie d'acanto. - Il capitello pulvino. - Il capitello pulvino jonico.
- Il capitello canestro. Segue una nota sulla decorazione ornamentale del capitello paleocristiano. Poichè ci riserviamo di tornare fra non molto sull'argomento in apposito articolo sulle pagine della Rivista (posto altresì che proprio ora il signor Ierphanion va studiando sul Bessarione, il tipo di capitello Teodosiano, e che perciò bisogna anche tener conto di questo studio importantissimo) ci limitiamo a dare il semplice annuncio del dotto studio dell'Autore su di un argomento che coinvolge i dibattuti problemi dell'Oriente o Roma e dell'Oriente o Bisanzio per la revisione dei quali stiamo raccogliendo da tempo importanti elementi.
CARLO CECCHELLI
COMMENTI E POLEMICHE
IL CONGRESSO DI AMSTERDAM
(2-9 luglio 1924)
In luglio si riunirà ad Amsterdam una conferenza internazionale De l'Aménagement des Villesa sotto il patronato del Governo Olandese.
La conferenza è organizzata della Fédération Internationale des Citès-Jardins il de l'Aménagement e fa seguito ad altra tenutasi l'anno passato a Gothembourg. Leggiamo nel programma provvisorio che saranno discussi i seguenti tenti: La città moderna (I. Grandpré Molière) - La necessità d'un piano regolatore regionale (R.. Umwin) Lo studio preliminare d'una regione (Patrick Abercrombrie) Il piano regionale; a) Suoi aspetti generali (L. Jaussely) - b) Quartieri. commerciali - c) "La fognatura" (F. Senténac) - d) Spazi liberi (F. Schumacher) - e) Trasporti (R. Verwilghen) - Il piano regionale e lo sviluppo delle città satelliti (Van Poelje) - Rapporti speciali relativi a piani regolatori speciali: New York (F. Shurtleff) - Il Distretto della Ruhr (Schmid) - Piani regolatori regionali d'Olanda (P. Bakker Schut) - Sui parchi e sistemi di parchi e luoghi di ricreazione disseriranno H.V. Hubbard, I. Gréber, H. Cleyndert Azn. Vi saranno poi varie visite ad Amsterdam, La Hayl, Rotterdam, Relft.
Basta leggere il programma della riunione, e i nomi dei relatori (ormai noti in gran parte ai lettori di questo periodico) per rendersi conto della grande importanza che essa ha per la risoluzione di un gran numero di problemi tecnici ed economici che assillano la vita civile del mondo.
Ma l'importanza di questa e di tutte le riunioni del genere, non dipende soltanto dagli argomenti che vi si trattano e dall'alta competenza di chi li svolge ma anche dalle immediate e lontane conseguenze che derivano da tali riunioni.
In esse si allacciano relazioni fra coloro che esercitano la stessa arte nei vari paesi, si cancellano pregiudizi deplorevoli sul grado di sviluppo relativo dell'arte nelle varie Nazioni, si modificano e si moderano le presunzioni eccessive che del proprio valore hanno i professionisti di quelle nazionalità che pretendono all'egemonia intellettuale ed economica del mondo civile e si determinano le condizioni del lavoro intellettuale nel vari stati e la possibilità per i professionisti di lavorare anche fuori del proprio Stato.
In questi convegni si stabiliscono pure le massime generali in base alle quali si bandiscono i concorsi internazionali, se ne nominano i giudici e se ne determina la sede. Spesso si danno suggerimenti per concorsi da bandirsi.
IlComitato organizzatore e i comitati permanenti che vengono costituiti in seguito a questi convegni, che hanno il mandato di curare che i voti emessi nei congressi abbiano pratica attuazione, diventano i consiglieri di molti Stati, specialmente di quelli, non ancora completamente organizzati, in tutte le questioni che riguardano l'arte - alla quale il congresso si riferisce; nel nostro caso suggeriranno spesso - nomi di professionisti per l'esecuzione di piani regolatori o di altri simili lavori importanti.
Non occorre più oltre dilungarsi per capire quanta influenza possano esercitare a favore degli architetti, ed artisti e professionisti in genere del proprio paese i rappresentanti di quelle Nazioni che regolarmente intervengono a tali riunioni e partecipano alla loro organizzazione.
Come è costituito il Comitato di questa Fédération Internationale des Citès Jardins et de l'Amènagement, des Villes? Il Consiglio è composto di rappresentanti di tutte le parti del mondo ma non si sa chi vi rappresenta l'Italia. Il presidente è Norvegese, di vice-presidenti ve ne sono di tutti gli Stati dell'Europa, dell'America e dell'Australia con la unica eccezione dell'Italia. Da che dipende ciò? Al precedente Congresso di Gothembourg non credo siano intervenuti gli italiani, certo nessuno che si sia fatto intendere ed abbia fatto valere il diritto degli italiani ad un trattamento uguale a quello delle grandi Nazioni.
È noto che fra tutte le classi di professionisti ed artisti italiani quella che brilla per il suo continuo assenteismo all'estero è la classe degli architetti. Essi non sono riuniti in un'unica solida associazione che li raccolga tutti dall'Alpe al Lilibeo; in ogni regione i professionisti locali non hanno rapporti con i colleghi delle regioni vicine; i pochi architetti statali fanno casta a loro e rifuggono in genere dai contatti con i liberi professionisti; i vecchi si disinteressano dei giovani e i giovani non rispettano abbastanza i vecchi. Ed in genere l'architetto italiano poco viaggia, sia che questo dipenda dall'aver troppo lavoro o dall'averne troppo poco.
Gli architetti italiani non andando ai congressi, non prendendo parte alle federazioni internazionali che interessano la loro arte, non tenendosi al corrente di tutto questo movimento che giova ai furbi degli altri paesi per accaparrare lavoro per se stessi e per i propri allievi a scapito dei professionisti dei paesi che se ne disinteressano, fanno il danno di tutta la loro classe.
L'emigrazione italiana è composta essenzialmente di lavoratori manuali e non sempre organizzati. I lavoratori dell'intelletto poco vi partecipano mentre invece è precisamente questa piccola borghesia composta di persone che hanno studiato - seriamente e che hanno bisogno li vivere - e non possono trovare impiego in Italia dove è in eccesso, che dovrebbe emigrare in gran numero. Una volta in tutto il mondo gli architetti italiani correvano a progettate e dirigere costruzioni e della loro opera gloriosa, non c'è paese che non conservi notevoli esempi; ora questo esodo di intelligenti propagatori del buon nome e dell'arte italiana è limitatissimo.
Gli architetti italiani devono decidersi, se non vogliono essere messi interamente da; arte, a fare uno sforzo per trovarsi sempre e dovunque presenti in numero sufficiente e capitanati da colleghi esperimentati e conosciuti anche all'Estero. Ma per ciò essi devono approntare i mezzi atti a far bene, continuamente e sistematicamente senza troppo attendere dall'intervento e dai sussidi del Governo.
Converrebbe che le varie associazioni di architetti ed ingegneri architetti, le Accademie, le scuole superiori, con l'aiuto è l'accordo col Governo, col commissariato dell'Emigrazione con l'Enit, ecc, ecc, provvedano alla formazione di un Segretariato centrate per raccogliere tutte le notizie che riguardano i congressi architettonici all'estero, fare ogni opportuna propaganda in Paese, sollecitarla nomina dei delegati occasionali o permanenti, sorvegliare la loro opera nelle varie federazioni internazionali e provvedere i mezzi necessari.
Si dovrebbe cominciare col rimettere in vita la Sezione Italiana del Comitato Centrale permanente nei congressi di Architettura che ha sede in Parigi ed è il più antico organismo del genere. Detta sezione Italiana ha al suo attivo la notevole partecipazione al congressi di Londra, di Vienna e Madrid ed organizzò felicemente il congresso di Roma, dopo di chè è caduta in letargo essendo ridotta da otto a pochi membri nessuno dei quali, chi per una ragione chi per un'altra interviene alle riunioni periodiche del comitato internazionale.
Bisogna provvedere pure, ed urgentemente, ad un utile intervento italiano nel congresso per l'educazione architettonica che si terrà a Londra alla fine di luglio la cui organizzazione è stata ritardata poichè soltanto ora l'azione del Ministero degli Esteri o dei principali istituti architettonici ha ottenuto che l'Italia abbia un trattamento uguale a quello che vi avranno la Francia, l'Inghilterra, il Nord America.
Importa provvedere poi a una notevole partecipazione per numero e qualità a questo convegno per l'Aménagement des Villes ad Amsterdam che dovrebbe avere speciale interesse per gli italiani. Il semplice intervento di architetti italiani obbligherà la Fédération Internationale des l'Amènagement des Villes di accogliere nel proprio seno un sufficiente numero di rappresentanti italiani è dare il dovuto posto ad essi nella presidenza e nel comitato esecutivo. E l'architettura italiana riprenderà alfine il suo cammino.
M. E. CANNIZZARO
1) Cf. SALAZARO, Studi sui monumenti dell'Italia meridionale, I, p. 81, tav. XI; BERTAUX, L'Art dans l'Italie merid., I. p. 268.
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