FASCICOLO IV DICEMBRE 1924
NOTIZIARIO
CONCORSI

IL CONCORSO
PER LA SISTEMAZIONE DELLO SBOCCO
DEL PONTE V. EMANUELE

Uno dei ponti moderni tracciati a casaccio sul tratto urbano del Tevere è il ponte V. Emanuele che congiunge il borgo al corso dello stesso nome. Non è indegno come l’altro che infila il primo piano del Carcere di Regina-Coeli, ma è qualcosa di simile poichè sbatte contro l’obliqua facciata di un antico fabbricato ospitaliero e contro una chiesolina barocca tutta movimento di masse e di dettagli, piccolo capolavoro d’architettura minore romana del tardo ‘600. Chi percorre il ponte vede i fabbricati suddetti tagliati quasi a un terzo della loro altezza e di più li vede un po’ di sbieco. La pretenziosa monumentalità del ponte coi suoi massicci pilastri d’ingresso e i suoi blocchi di marmo di Carrara (che dovrebbero essere gruppi) nello spazio intermedio, stona maledettamente con la purezza, la semplicità, il colore degli antichi edifici che sono nello sfondo.
Il vecchio Piano Regolatore aveva previsto in continuazione del ponte stesso una larga strada, cioè una larga ferita obliqua attraversante i borghi, partito semplicistico quanto volgare sia dal punto di vista dell'utilità edilizia come dell'estetica. Perciò la nuova Commissione del P. R. pose ogni studio a rimediare e nello stesso tempo a risolvere il problema della viabilità. Si tenne conto dell’odierno Borgo di S. Spirito che mediante opportuni raccordi al piano più elevato del ponte, potrebbe inalveare il traffico dei veicoli, e si ideò una piccola strada per pedoni ottenuta con un piccolo taglio dell’edificio ospitaliero. Lo smusso di questo verrebbe a costituire un fondale all'asse del ponte. Nello stesso tempo si conserverebbe la simpatica chiesolina barocca. Per la sistemazione di questo sfondo fu indetto dal Comune di Roma e con l’assistenza dell’Associazione Cultori di Architettura, il concorso di cui ragioniamo.
Possiamo dire che, se le condizioni della visuale non sono state in tutto realizzate poichè la diversa altimetria (per quando si voglia pensare ad espedienti) troncherà sempre la veduta degli edifici di fondo, pur tuttavia si è ottenuto un gruppo di progetti che per il loro valore, superarono qualunque aspettativa.
Essendo il premio unico, si dovette dividere fra i due progetti che risultavano maggiormente organici, e cioè fra quelli dell’ing. Aschieri e dell’ing. Morpurgo, ma degnissimi sono pure quelli del Nori e del Fasolo pei quali la Commissione propose un secondo premio.
In prevalenza gli artisti si sono ispirati all’arte dell’ultimo rinascimento e barocca, e così noi vediamo che l’Aschieri segue in talune parti forme sangallesche, il Morpurgo continua i motivi del vecchio fabbricato ospitaliero e li collega ad altri che potrebbero ricercarsi in alcune sontuose ville patrizie dell’ultimo Rinascimento, il Nori prende lo spunto dalla Porta del Popolo e il Fasolo, più personale, ma anche più frammentario ricerca la fusione di reliquie classiche con sagome cinquecentesche. Poichè in un ambiente come questo, la rielaborazione dell’antico era, si può dire, imposta, non è il caso di andare alla ricerca di caratteri schiettamente moderni, ma dobbiamo esser contenti che l'antico abbia servito a creazioni così squisite.


CONCORSO PER LA DECORAZIONE
DI UNA NUOVA CHIESA COPTA
AL CAIRO

Nella città di Cairo ove i ricordi della più fiorente dominazione mussulmana non hanno potuto occultare quelli dell’ultimo residuo della razza egizia, la copta, guadagnata al cristianesimo sin dalle origini e creatrice di forme d’arte originalissime, un artista eletto della nostra Italia, l’architetto goriziano Lasciac fu chiamato ad erigere una chiesa votiva che la pietà dei parenti di Boutros Pascià Ghali volle dedicata a coltivare ed espiare la memoria dell’illustre estinto, il quale, com’è noto, essendo Presidente del Consiglio dei Ministri egiziano, soggiacque a un vile attentato.
Ultimata la chiesa che ha le forme semplici ed efficaci delle antiche basiliche, il Lasciac desiderò che fosse decorata da un artista italiano. E' grandissimo merito della famiglia dell’estinto e specialmente di Wacif Ghali pascià, Ministro degli Esteri egiziano, poeta e scrittore di merito, di Youssuf bey, di Simeika pascià direttore del Museo d’Arte Copta e amministratore della chiesa, l’aver accolto con sincero e grande entusiasmo tale proposta e l’aver stabilito che l’allogazione dell’opera fosse fatta per concorso. Perciò il Lasciac volle interessarne l'Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura, la quale subito bandì la gara.
Vincitore di essa fu proclamato il pittore romano professore Primo Panciroli. Un secondo premio fu dato al professore Nonni di Trieste. Il Panciroli ha immaginato che sulle pareti della navata grande, al disopra della colonnata divisionale, si svolgano le scene della Vita di Cristo che, nella parete in fondo vi sia un duplice corteggio di Vergini verso la gloria del Cristo mentre in basso appaiono gli Apostoli. Sulle finestre della navata grande è una gloria di Arcangeli. In una volta si ripete il motivo degli angeli atlanti che appare nella Cappella di S. Zenone in S. Prassede, solo che qui al posto del clipeo centrale, vi è la grande croce copta. E bisogna dire che l’artista è riuscito, anche nella sommarietà del bozzetto, a dare una impressione di vita agli aggruppamenti a ai singoli personaggi oltre ad eccellere nel colore e nella correttezza del disegno. Si è di fronte ad un artista sincero quanto modesto, che interpreta con passione e con vigoria i soggetti dell’arte cristiana e che perciò vogliamo credere, sarà d’ora in avanti apprezzato come merita. La Commissione era composta degli architetti G. Giovannoni e G. Venturi, e dei pittori V. Grassi e B. Biagetti.


IL CONCORSO PER CINQUE FONTANE
INDETTO DAL COMUNE DI ROMA

Demmo già notizia del bando di questo interessante concorso ed ora ne offriamo il risultato. Si trattava, com’è noto, di progettare cinque fontane per cinque piazze di Roma e cioè per piazza Galeno (un centro di palazzine e villini), per piazza Mastrogiorgio nel quartiere popolare che avvicina e che prende nome dal caratteristico monticello d’anfore vinarie, il Testaccio, per la severa piazza Indipendenza, ancora ispirata alle forme della metà dell’800, per la monotona piazza dei Quiriti e per piazza della Regina.
Il collegio giudicante ha prescelto per piazza Indipendenza il progetto Dazzi-Rapisardi assegnandogli il primo premio, e analogamente ha prescelto il progetto Lombardi per il Testaccio, quello Selva per piazza dei Quiriti (se non andiamo errati), quello Ceas-Sandri per piazza della Regina, quello Morbiducci per piazza Galeno. Ha poi ritenuto meritevole di premio un altro progetto dello scultore Morbiducci, il progetto dell’arch. Iacobucci, quello dello scultore Marini, il progetto Lombardi per piazza Indipendenza e il progetto Dazzi per piazza Mastrogiorgio.
Come osservazione generale notiamo che, sebbene in tutti gli artisti vi sia stata l’intenzione di adattare la propria opere all’ambiente, tuttavia ben pochi vi sono riusciti.
Si fa eccezione per il Lombardi che, ricordando la storia del Monte Testaccio e tenendo conto della popolare località ha creato un tipico accavallarsi d’anfore antiche dalle cui crepe esce lo zampillo che precipita nel fontanile sottostante utilizzabile per abbeveramento e per lavaggi. Nel progetto per piazza Indipendenza è senza dubbio originalissimo il sovrapporsi di scaturigini fluviali le quali vogliono ricordare i principali fiumi che si gettano nei mari italiani. Gli stemmi incastrati nei massi segnano le date principali delle grandi battaglie ricordate nelle vie attorno a piazza Indipendenza.
Ma un valore estetico superiore ha il progetto per questa piazza ideato dal Dazzi e dal Rapisardi. Architetto e scultore si sono compresi e mentre l’uno ha creato la fontana come centro di tutta una più vasta ed organica sistemazione della piazza, l’altro ha voluto abbellirla di rilievi e di bassorilievi in cui sono particolari di grande valore come quello dei putti giocanti col corno dell’abbondanza. Forse vi è una duplicità di stile tra la figuretta nuda dell’alto, tutta stilizzata, e i putti, ma ciò non toglie che l’opera dell’artista sia veramente notevole. Per piazza Mastrogiorgio il Dazzi ha ideato da solo un progetto in cui domina la parte scultoria. Anche qui vi è un particolare di grande bellezza, come il vitellino di cui diamo a parte la riproduzione.
Il Selva persegue figure idealizzate che si sposano a fiorami acquatici ideali. La purità delle linee non evita però a tutto l’insieme un carattere di tenuità eccessiva. Originali sono il Marini con la sua fontana innalzata da figure satiresche erette, e lo Iacobccci cui piacque il gracidio delle rane attorno agli specchi d’acqua. Corretto, ispirato a forme quattrocentesche toscane è il Morbiducci in entrambi i suoi progetti, di cui il più notevole è senza dubbio quello in cui trionfa la grande vasca rettangolare che ricorda le belle vestigia dell’antichità riutilizzate in tante fontane di Roma.


CONCORSI

ROMA. — Segnaliamo l’importante concorso indetto dall’istituto autonomo per le Case dei dipendenti Comunali per un gruppo di case economiche o per una casa da erigersi in Roma nell’area della ex Piazza d’Armi. Il concorso scade il 10 marzo 1925 alle ore 8. Chiedere programmi e schiarimenti a detto Istituto (Roma, via IV Novembre n. 95) o anche all’Associazione Cultori di Architettura (Via Astalli, 1 - Palazzo Venezia - Roma).
VENEZIA. — Segnaliamo il nuovo bando di concorso per tipi modesti di mobili usuali indetto dall’ Istituto per il Lavoro “per le piccole industrie”. Chiedere schiarimenti a detto Istituto diretto dall’ing. Beppe Ravà (Riva del Carbon, Palazzo Bembo, 4792). Il Concorso scade il 1 aprile 1925.


COMMENTI E POLEMICHE


PER LE NUOVE COSTRUZIONI DI MESSINA

A Messina, con nobilissimo provvedimento, il Governo ha concesso circa 400 milioni per la costruzione di case economiche, destinate a togliere lo sconcio delle baracche di legno ove ancora vive, pur dopo che sedici anni son passati dal terremoto distruttore, una gran parte della popolazione. Ma come avverrà questa nuova fabbricazione intensa?
Purtroppo ciò che si prepara non è confortante per le esigenze della logica, della edilizia, della igiene, della estetica architettonica. Nessun piano, nessun concetto organico presiede alla iniziativa. I vari uffici del Genio Civile in pochi giorni, racimolando tutti i disegni che hanno trovato sotto mano, hanno presentato progetti quasi tutti orrendi per distribuzione interna e per forma esterna, privi di qualunque unità, di qualunque criterio di aggruppamento meno che banale, quando ormai verso l’architettura di masse edilizie si orienta tutta la composizione architettonica nei temi semplici.
Occorre scongiurare questo nuovo pericolo per la bellezza ed il carattere dl Messina. La povera città dopo che dal terremoto è stata martirizzata dai costruttori, sìcchè il suo nuovo sviluppo segna il maggior fallimento, non tanto della moderna architettura italiana, che ben poco ci ha a che vedere, quanto della nostra organizzazione in fatto di edilizia e di costruzioni, priva di ogni comprensione del pensiero architettonico, sia nella espressione delle attuali esigenze della vita, sia in quella di una forma rispondente ad un carattere di armonia e di decoro.
Questo danno non può e non deve proseguire ora che s’intende portare alla questione edilizia di Messina un valido aiuto. E non si accampino le solite scuse magre dell’economia e del tempo, chè nell’architettura pratica il far bene è sinonimo di rispondere organicamente allo scopo, cioè di far presto e di spendere il meno possibile. Dei principali gruppi d’abitazione si bandiscano, con ben studiati programmi, regolari concorsi; dove questo non sia possibile, si chiamino a contributo le competenze di quegli uffici speciali che nel tema della casa d’abitazione hanno dato prova di preparazione vera ed alta, quale, ad esempio, l’Istituto per le case popolari di Roma. Ma si tolga la vergogna che un grandioso compito così essenziale e così significativo, qual’è quello per cui la Nazione intera si adopera a risorgere una sua città infelice, cada nella volgarità del lavoro fatto “in serie” senza un sentimento d’affetto, senza una vibrazione d’arte.
G. G.



ERRATA CORRIGE

Fascicolo II, Ottobre 1924, pag. 60. (Articolo C. GALASSI-PALUZZI sulla Cappella di S. Maria della Strada al Gesù in Roma).

ERRATA
Figg. 10, 11, P. Giuseppe Valeriano dell’Aquila: Decorazione del soffitto della cappella di S. Maria della Strada.
CORRIGE
Fig. 10: Chiesa del Gesù: G. B. Pozzo: Soffitto della cappella di S. Maria della Strada: Angeli Musicanti: Fig. 11: Giuseppe Valeriano e Gaspare Celio: Soffitto della seconda cappella a destra: Angeli Musicanti.

torna all'indice generale
torna all'indice della rivista
torna al notiziario