FASCICOLO IV DICEMBRE 1924
G.STEPANOW: Arredamenti interni e mobili di due architetti italiani, con 7 illustrazioni
Fra i molti tratti caratteristici, che distinguono la pittura italiana all’epoca del Rinascimento e del Barocco dalla contemporanea pittura nordica e particolarmente da quella fiamminga, olandese e tedesca, uno dei più notevoli è senza dubbio il modo, in cui vengono trattati gli “interni” dai pittori italiani in confronto dei famosi “interni” della pittura nordica.
Anzitutto già numericamente gli “interni” sono in Italia assai più rari che non le scene all’aperto, sia nella grande pittura murale, sia nei quadri isolati. Con una vera predilezione i pittori italiani scelgono delle composizioni sullo sfondo di paesaggi che si perdono nell’infinito, e che danno ai quadri e specialmente agli affreschi italiani quel carattere architettonico, grandioso e monumentale non mai raggiunto da pittori di nessun altro paese del mondo.
Ma ancora più interessante è il procedimento dei pittori italiani nei casi, in cui il soggetto stesso impone a loro di trattare un “interno” in tutta la sua intimità. Innumerevoli sono le “Annunciazioni”, le “Nascita della Vergine”, le “Presentazioni nel Tempio”, perfino i “San Girolamo” nella loro cella, tutti soggetti, che come parrebbe, richiederebbero per la loro natura stessa degli “interni” della massima intimità. Eppure i pittori italiani scelgono un procedimento ben diverso: invece di chiudere la scena dipinta fra le quattro mura di una camera, essi ne abbattono le mura, e trasformano la cella in una specie di locale aperto, che nulla separa più dal mondo esterno. L’intimità dell’avvenimento scompare, mentre esso acquista invece quella monumentalità e quella grandiosità che ritroviamo in tutti i soggetti italiani all’aria aperta. L’angusto e il chiaroscuro dell’ “interno” sembra ripugnare completamente all’ideale artistico del pittore italiano, che ama la luce, le grandi linee, lo spazio infinito, il raggruppamento architettonico e scultorio dei singoli personaggi. Forse soltanto Carpaccio, nella sua celebre “Visione di S. Orsola”, ha fatto un vero “interno” intimo, di carattere semi-nordico. Ma non dobbiamo dimenticare, che la scuola veneta ha in se già diversi elementi nordici, e che per di più Carpaccio pare che sia stato di origine slava nord-orientale.
Una impressione totalmente diversa fanno su di noi invece gli “interni” e gli “esterni” dei pittori nordici. Qui avviene proprio il contrario: gli stessi soggetti che richiederebbero un trattamento all’aria aperta, vengono da loro trasportati in locali chiusi. I loro paesaggi, le loro piazze e strade della città, a non parlare dei loro sfondi di giardini e di boschi, fanno l’impressione di locali interni, un poco ingranditi forse, ma altrettanto ermeticamente chiusi da tutto il resto del mondo. E quando i pittori nordici per forza devono rappresentare un paesaggio aperto, essi portano frettolosamente la linea dell’ orizzonte il più vicino possibile allo spettatore, quasi come se fossero affetti da una specie di agorafobia pittorica. I loro esterni sono perciò sempre timidi, ristretti, chiusi, intimi, cioè, in fondo non sono che degli interni adattati ad uso esterno.
I loro interni sono invece incomparabili. Chi potrebbe resistere al fascino intimo di un “interno” di qualche grande pittore olandese, che si perde amorosamente nel dipingere ogni dettaglio della camera, osservando i minimi effetti di luce che provengono dalla finestra semichiusa, oppure dalla porta semiaperta. Non ci mancherà mai nel quadro nè la lampada accesa, ne il gatto domestico, nè perfino il prosciutto o un bicchiere di birra sulla tavola. Sono forse delle cose e dei dettagli meschini, ma trattati con tanto amore e con tanta perfezione tecnica, che essi raggiungono le vette di veri capolavori artistici, e vengono a completare in tal modo la lacuna, lasciata dai pittori italiani, nel loro interessamento esclusivo per i grandi esterni.
Naturalmente anche in questo caso la pittura non fa che sintetizzare e completare l’atteggiamento generale che vi aveva nel Nord e nel Sud nella vita realmente vissuta di fronte agli “interni” ed agli “esterni” reali. Come le Vergini mille volte dipinte nei quadri italiani sono delle gentildonne o delle popolane toscane o venete, e nei quadri olandesi, delle brave donne borghesi dei paesi bassi, così anche gli ambienti costituenti i fondi dei quadri ed affreschi ci danno una idea di quello che - nell’ideale dei pittori e dei loro protettori e finanziatori - avrebbe dovuto essere un ambiente ideale. E così vediamo che mentre l’ideale italiano è tutto rivolto a rendere l’ambiente il più possibile aperto, spazioso ed arioso, l’ideale nordico consiste nell’abbellire e nel rendere il più possibile intimo e chiuso il domicilio quotidiano.

E non è che una conseguenza naturale di tale atteggiamento generale, se la casa nell’interno è sempre stata nel Nord assai più che nel Sud oggetto di un trattamento amoroso ed estetico. Il bel sole meridionale riduce nel Sud l’abitazione quasi ad una specie di triste necessità, che si cerca di abbandonare non appena lo permetta il caldo naturale dell’aria, tutta imbevuta di raggi del sole. Mentre nel Nord si è costretti di passare quasi tutto l’anno nelle camere chiuse, e non ci rimane altro che di fare della necessità una virtù. Perciò mentre fin dai tempi più remoti nel Nord si è sviluppato quel che si potrebbe chiamare l’estetica della casa abitata, nel Sud fino a poco tempo fa sono stati soltanto i più sontuosi palazzi di gente ricchissima che avevano un certo stile proprio anche all’interno. Uno stile curioso ed affascinante, che cercava di riprodurre nel piccolo all’interno lo stesso carattere architettonico e monumentale che fa dei palazzi italiani i più begli edifici del mondo.

Ma uno stile di tal genere non era adatto che a dei palazzi grandiosi, e ad una esuberanza di mezzi. Solo pochi potevano permettersi il lusso di addobbare un appartamento signorile “à la Renaissance”, ed anche fra quei pochi favoriti dalla fortuna mancava spesso il senso per questo stile semplice e monumentale, mentre essi preferivano di imitare gli interni dei palazzi dei “grands seigneurs” nordici e specialmente francesi, ricorrendo troppo spesso ai vari ambienti “Louis XIV”, “Louis XV” e “Louis XVI”. Quanto poi alle semplici case borghesi, esse rimanevano completamente trascurate. Anche oggidì una famiglia borghese italiana spende normalmente assai di più per il vestiario che non per l’ornamento dell’abitazione. Lo sguardo è sempre ancora rivolto all’aria aperta, alla propria apparizione in istrada, anzichè all’interno della casa, che per lo più presenta un aspetto assai triste.
Se non che proprio negli ultimi anni comincia a manifestarsi una corrente nuova che si prefigge di arrivare man mano ad un vero e proprio abbellimento della casa italiana anche all’interno. Non c’è da meravigliarsi che tale corrente abbia avuto le sue prime manifestazioni nell’Italia Settentrionale e soltanto man mano comincia ora ad estendersi anche nell’Italia Centrate. E che - per di più - i primi tentativi dell’abbellimento della casa all’interno si facevano sulla falsa riga dei modelli nordici, arrivando qualche volta perfino all’idea assurda di volere introdurre in Italia il cosiddetto “stile nuovo” di Monaco di Baviera...

Questi tentativi sono oramai, fortunatamente, definitivamente e miseramente falliti. Ma il desiderio di abbellire la propria casa anche all’interno, una volta svegliato, non si assopisce più. Esso cerca però delle vie più affini e più organicamente legate alle gloriose tradizioni della grande arte italiana. Nulla di più interessante ed affascinante perciò che di seguire le varie imprese di arti decorative, sorte in Italia negli ultimi anni, nella loro ricerca affannosa di uno stile di abitazioni all’interno, che sia prettamente nazionale, conforme all’architettura italiana, e nello stesso tempo rispondente alle esigenze della vita moderna ed alla ristrettezza dei mezzi della maggior parte dei proprietari delle abitazioni! Gli ostacoli da superare sono molti e varii. A non parlare di quelli d’indole essenzialmente materiale, i pionieri dell’arte decorativa moderna italiana sono costretti di navigare continuamente fra la Scilla delle imitazioni sterili degli stili nordici e la Cariddi del ritorno alle proporzioni gigantesche degli interni dei grandiosi palazzi del Medio Evo e del Rinascimento...
Pochissime imprese artistico-industriali riescono finora a sfuggire a questo doppio pericolo. Forse qualche tentativo più fortunato in questo senso ci appare quello di due architetti l’uno di Roma, l’altro di Trieste: Giov. Batt. Ceas e Gustavo Pulitzer. Anche questa impresa che malamente potrebbe ritenersi a carattere tipicamente industriale badando al comune denominativo adottato dai due, mentre è prettamente artistico, giacchè si tratta di uno “studio” e non di una fabbrica, è soltanto all’inizio del suo lavoro.
Certe sue manifestazioni artistiche rivelano chiaramente non soltanto serietà d’intendimento e ottimo gusto, ma anche la tendenza netta di sbarazzarsi dal giogo delle finezze nordiche e la ricerca pertinace e cosciente di “interni” artistici, moderni e nettamente italiani.
Naturalmente non si tratta anche in questo caso che dei primi passi verso la mèta altissima, che è la creazione di uno stile organico di arte decorativa italiana. Forse passeranno ancora dei decenni di lotta prima che venga raggiunto il completo equilibrio fra il ritmo febbrile della vita moderna ed il tradizionale ideale artistico italiano, nel campo dell’abbellimento dell’abitazione domestica. Ma il momento attuale, ed i suoi protagonisti, avranno sempre il merito di aver posto decisamente sul tappeto uno dei più importanti ed interessanti problemi della vita e dell’arte moderna.
G. STEPANOW.

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