FASCICOLO II OTTOBRE 1924
CARLO GALASSIPALUZZI: Architetti e Decoratori nella Chiesa del Gesu', con 12 illustrazioni
LA CAPPELLA DI SANTA MARIA DELLA STRADA AL GESÙ E IL SUO ARCHITETTO.

Nell’articolo precedente abbiamo parlato dell’altare di S. Ignazio,
Nella stessa chiesa del Gesù, di Roma, esiste una ricca cappelletta assai nota alla pietà dei fedeli, e dedicata alla Madonna della strada (fig. 1).
La cappelletta fu edificata sul finire del ‘500 in memoria della piccola chiesa di Santa Maria della Strada ove per alcun tempo officiarono Sant’Ignazio e i suoi compagni, e che venne poi abbattuta per dar luogo alla nuova grandiosa costruzione farnesiana.
Il P. TacchiVenturi S. J. in un suo dottissimo studio Note storiche e topografiche a Roma nel sec. XVI (in Studi e Documenti di Storia e Diritto. Anno XX, 1889. pp. 287356) ha fatto un’acuta analisi critica delle varie opinioni corse su questa chiesetta che talvolta dal nome degli Altieri che la fondarono fu chiamata Santa Maria Alteriorum.
L’Armellini credette che la chiesa di Santa Maria della Strada si dovesse identificare con la Santa Maria Hastariorum del liber censunm; con Santa Maria de Astaris, che poi il Fabre trovò menzionata nel ms. 526 della Bibl dell’Arsenale (Mélanges d’archéologie et d’histoire, 1887) e con la Santa Maria de Astara di cui è fatto cenno nel noto cod. di Torino del sec. XIV.
Non è questa la sede per una discussione a tal proposito. Basterà rammentare come il TacchiVenturi in base a dati storici rigetti queste conclusioni, e argomenti giustamente a parer mio che la chiesa fu costruita alla fine del sec. XIV, o ai principii del XV.
Ma di tutto ciò dirò un poco più ampiamente in una monografia sulla chiesa del Gesù di prossima pubblicazione.
In questo breve articolo mi occuperà soltanto della attuale cappella di Santa Maria della Strada e del suo vero architetto rimasto finora ignorato.

Cominciamo, anche per questa cappella, col fare un poco di storia. Nell’Archivio della Chiesa (busta I, dal n. 1 al n. 210) esiste una miscellanea (n. 66) con il titolo: Entrata et uscita della Capella alla Madonna... ecc. Da questo libro sappiamo che ai 26 di aprile del 1584 “il Mag.co Giovan Battista Altoviti deve dare scudi mille di moneta che tanto si è obbligato di pagare all’ Ill.ma signora Donna Giovanna Gaetana Orsina et per ordine suo al P. Lorenzo Maggio... da servire per la Capella che fanno alla Madonna... ”. Del pari “Il Mag.co Tiberio del quondam Gironimo Ceuli deve dare a dì 26 di aprile scudi mille di moneta che tanto tiene ordine per un mandato della signora Portia Ceri da Cesis di pagare al P. Lorenzo Maggio... danari (che) servono… per la cappella della Madonna in chiesa N.ra ”. E sempre lo stesso Tiberio Ceuli, a dì 26 di aprile “deve dari 1000 scudi di m.ta... per un mandato dalla signora Beatrice Caetana Cesis” che serveno per fabrica la cappella della S.ma Vergine…”.
Al 1° di decembre 1584 fu stipulato il contratto con “M.o Bartolomeo Bassi scarpellino ch’ ha pigliato l’assunto di far la cappella per sc. 2000… quanto a tutta la pietraria”.

Comunemente si asserisce essere stato Giacomo della Porta l’architetto delle due cappellette laterali all’altar maggiore. L’idea di costruire queste due cappelle laterali deve essere stata sua. Ma per quanto riguarda la pianta, la decorazione marmorea, l’elevazione della cupola di questa cappella di Santa Maria della Strada, esistono nell’arch. della chiesa (misc. cit,, n. 67, 69) dei documenti che ora pubblico succintamente, e che dimostrano come l’erezione della cappella stessa si debba al P. Giuseppe Valeriano, del quale, per essere egli stato durante vario tempo soprastante ai lavori nel Gesù, parlerò più volte nella suddetta monografia.
Premetto che due autori soltanto hanno attribuita l’architettura dalla cappelletta al Valeriano. Uno è stato l’anonimo autore di un ms. contenente la Descrittione delle pitture più insigne che si trovano nelle chiese di Roma, ecc. (Bibl. Vat. ottob lat. 2975), il quale anonimo dice essere “l’architettura d’essa cappella del molto rev. E. Gioseppe Valeriano dell’Aquila”; l’altro è stato il prof. Acciaresi nella II ediz. della sua Guida di Roma, ecc. L’Acciaresi ha avuto la notizia dal P. A. Basile S. J. già archivista della chiesa del Gesù, al quale tengo ad esprimere nuovamente tutta la mia riconoscenza per il grande aiuto che mi ha dato nelle varie ricerche d’archivio.
Torniamo al nostro soggetto.
Il succitato “Bartolomeo Bassi scarpellino” dichiara: “ … prometto osservare el presente disegno di pianta et alzata fatta dal sopradetto E. Josefo Valeriano della Compagnia del Gesù”. E “a di 29 luglio 1587 (misc. cit., n. 89) leggiamo: “Io Bartolomeo Bassi scarpellino prometto ornare e alzar la cuppola della Madonna del Gesù nella seguente maniera: 1° prometto dar forma a detta cuppola conforme il disegno over modello, et secondo l’ordine datomi dal E. Gioseppe Valeriano... e prometto alzarla oltre l’altezza che oggi è palmi sei...”. Parlando poi della vôlta dichiara di operare “conforme la molinatura datami dal E. Gioseppe Valeriano sopradetto” (fig. 3).
È più che evidente quindi che l’attuale architettura di questa cappella è dovuta al Valeriano che ne ha curati anche i particolari ornamentali e quindi anche (come dallo strumento notarile in data 6 ottobre 1584) la scelta “dei marmi et mischi ”.
Allo stesso Valeriano sono dovute le figurazioni della vita di Maria che sono dipinte ad olio su tavola ed adornano le pareti della cappella.
Il P. TacchiVenturi S. J. — che vivamente ringrazio ha voluto con molta cortesia fornirmi varie e importanti notizie inedite, che ora pubblico, su questo quasi ignoto artista gesuita.
Giuseppe Valeriano di Aquila (del quale, come è noto, ha scritto assai brevemente il Baglione, tacendo quanto segue) nacque tra il 154345, perchè lo Schinosi nella sua Storia della Compagnia di Gesù appartenente al regno di Napoli (vol. II. p. 297) scrive che si rese della Compagnia “quando contava trent’anni d’età ”. E da una lettera ms. del P. Alessandro Vallareggio, scritta da Lisbona il 22 luglio 1575, sappiamo che il Valeriano trovavasi nella Casa di Probazione di Medina del campo in Ispagna.
Il Valeriano si era recato in Ispagna “con altri architetti italiani volutivi come scrive lo Schinosi da Filippo II all’edificio dell’Escuriale”. In Ispagna, vinto dalla vocazione per la Compagnia, entrò nel più fiorente dei noviziati che avesse allora l’Ordine in quel regno, e cioè, come si è detto, in quello di Medina del Campo, nella Provincia di Castilla.
Finito il tirocinio rimase in Ispagna. Nel 1579 fu mandato a Lisbona “per fare alcuna pittura al Re et veder il dessegno del Collegio nuovo di Sant’Antonio di quella città”, come P. Sebastiano Sabina scriveva da Lisbona il 31 maggio 1579,
Non confacendoglisi l’aria della Spagna il Generale Acquaviva lo chiamò a Roma nello stesso, o nell’anno seguente. A Roma fu occupato nella decorazione del Gesù, poi nella fabbrica del Collegio Romano, e in fine fu mandato a Napoli.
L’Araldo nella sua Cronica della Compagnia di Gesù di Napoli (ms. inedito conservato presso il P. Prov. di Napoli) parla spesso del Valeriano (p. 203212, 266, 306, 312) dicendo espressamente ch’egli fu l’architetto del Gesù nuovo, fabbricato con i suoi disegni. Notizia, questa, di grandissima importanza.
A Napoli il Valeriano morì il 14 luglio 1595. Nell’architettare il Gesù nuovo di Napoli, il Valeriano che per alcun tempo era stato soprintendente ai lavori nel Gesù di Roma, s'ispira evidentissimamente al modello della chiesa romana, e giunge, si può dire, alla copia pedissequa. A parte la facciata ove il bugnato comune nelle costruzione dell’Italia meridionale, e il portale spagnoleggiante stanno a testimonianza della tradizione locale tutto il resto, come può facilmente constatarsi dalle varie fotografie che pubblichiamo, sa di copia conforme del romano Gesù (fig. 4, 5, 6, 7, 8, 9). È da rammentare che anche il Gesù nuovo di Napoli aveva una “maestosa cupola” la quale “essendosi scoperta una grandissima lesione in due dei quattro grandi pilastroni che la reggevano, dopo fatti vari tentativi per ovviare ai disordini che avrebbero potuto accadere, e consultati infiniti Architetti così della nostra città che forestieri, prevalse finalmente il parere del Cav. D. Ferdinando Fuga e fu risoluto di buttar giù la cupola....”
Quindi come rammenta Giuseppe Sigismondo nella sua descrizione della Città di Napoli, ecc., pubblicata nel 1788, “in luogo dell’abbattuta cupola si sta facendo una Scodella col disegno ed assistenza dell’architetto Ignazio di Nando...” (vol. I. p. 25354).
È da notare che il Celano nelle sue accurate ed autorevoli Notizie del Bello, dell’antico e del Curioso della città di Napoli (Napoli, 1725 — giornata terza, p. 36) riferisce dettagliamente che “a 15 d’Agosto del 1584 col disegno e modello del Padre Pietro Provedo gesuita, espertissimo nell’architettura, vi fu posta (alla chiesa del Gesù nuovo) la prima pietra, e principiato un così famoso tempio, che si può stimare de’ più belli e maestosi dell’Europa...” L’erudito abate continua fornendo fra l’altro le misure particolareggiate della cupola, poi abbattuta: da quanto riferiscono il Celano e l’Araldo nella sua citata Cronica, si può forse concludere che, come nel raccogliere la successione del Della Porta per la cappella di S. Maria della Strada, il Valeriano nel raccogliere la successione del Padre Provedo, per l’erezione del Gesù Nuovo ha recato, e forse in modo preponderante, il contributo della sua personalità.

Dopo aver parlato del suo architetto torniamo alla nostra cappelletta ove Luigi Veuillot trovava che “la preghiera nasce e sgorga spontanea dal cuore”.
Le mura sono incrostate di antichi marmi: giallo antico, corallina, pietra santa, ecc. In quattro nicchie generalmente però chiuse e celate dalle pitture ad olio che vengono tolte nelle solennità sono custodite, in pregevoli reliquiarii, delle insigni reliquie.
Nel 1708 la cappella subì un restauro fatto con copiose limosine dal Re di Portogallo e da altri devoti. Nel 1839, all’epoca dei restauri generali nelle cappelle, la nostra ebbe un importante lavoro di adattamento. (Arch. della Chiesa, Effemeridi, vol. cart. rileg. perg.: Memorie registrate nel 2° Diario… dall’ anno 1834 all’anno 18…., pagina 64).

Secondo il Baglione (Vite, Napoli 1733, p. 79), in questa cappelletta di Santa Maria della Strada, il Valeriano, che aveva “l'umore alla maniera grande...e voleva che le sue pitture dessero nel grande con figure assai maggiori del naturale, con far loro gran teste, mani ampie e smisurati piedi…” fattosi religioso “assai la sua maniera rimodernò, e più al vero aggiustossi, siccome vedesi nella cappelletta della Madonna ove sono diversi quadri su tavola ad oglio figurati con le storie di N. Donna ed in faccia ha un’Annunziata, che dicono esser la miglior cosa ch’egli dipingesse... E mentre il P. Valeriano andava formando quest’opera aveva amicizia con Scipione Gaetano, il quale gli fece in que’ quadri alcuni drappi dipinti tanto simili al vero che non si possono desiderare fatti con più arte; e il Padre il rimanente di sua mano con gran diligenza finì”.
Fin qui il Baglione. Circa la data in cui si die’ mano a dipingere le immagini, ho trovato un doc. nella misc. succit., e cioè un conto di “Uscita del P. Joseffe Valeriano il quale terrà conto minuto delli danari seguenti per conto delle pitture... Item alli 6 di maggio 1586 per pagare sette tavoloni per le immagini da basso (cioè della “cornice in su” come si diceva) sc. 32…”.
Nella figurazione de La Vergine presentata al Tempio (v. fig. 2) è facile scorgere nei paludamenti del santo Simeone la mano virtuosa del Pulzone, famoso dipintore di vesti e drappeggi. Del pari è palese la collaborazione del Gaetano nella Visitazione a Santa Elisabetta. Nella Nascita della Vergine, nell’Annunciazione, nello Sposalizio e nell’Assunzione, dipinte su tavola, forse i restauri hanno alterato i dipinti, ma in taluni si direbbe che il Valeriano, non più aiutato dal Pulzone, si sia sforzato di imitare il virtuosismo di questi.
In generale queste pitture, nelle proporzioni allungate dei personaggi, che sembrano spesso fatti di carne molli senza sostegno scheletrico, risentono di certe figurazioni spagnoleggianti (di cui abbiamo esempi in Sicilia e in Sardegna) frutto del soggiorno in Ispagna del Valeriano. I restauri hanno accentuato alcuni difetti, e ne hanno creati degli altri,.
Nell’Annunciazione (fig. 12) tanto decantata dal Baglione, le masse appaiono invece mal distribuite. La figura dell’angelo, però, non è priva di originalità nel suo movimento decorativo. Assai migliori appaiono le figurazioni della seconda cappella a destra che furono dipinte da Gaspare Celio su cartoni forniti dal Valeriano. Anzi nella volta di questa cappella è affrescata una esaltazione della Croce composta con una armonia di linee più settecentesca che cinquecentesca (fig. 11).

Alcuni autori, hanno parlato si potrebbe dire ex professo della chiesa e quindi dell’immagine di Santa Maria della Strada (fig. 1). Una critica serrata ha fatto il P. TacchiVenturi S. J. (art. cit. p. 305) circa le opinioni espresse dal P. Carocci nel suo Pellegrino, ecc. attinte da i Sentimenti di Cristiana Pietà (Roma, De Rossi 1708) del Bonucci, e poi più o meno ammannite dal P. A. Bresciani S. J. in quelle sue non certo eccessivamente critiche Memorie intorno alla Madonna della Strada, ecc.
Circa la pretesa traslazione dell’immagine nella chiesa di S. Marco rimando alla nota chiarificatrice che il P. A. Basile S. J. pubblicò nella rivista Roma (Anno I, fascicolo 910).
Nelle Schede Inventariali da me compilate nel 1922 per la Direz. Gen, delle Antichità e B. A., ho attribuito la pittura, più volte restaurata, alla scuola romana della fine del sec. XIV e i principii del XV.

Sul finire del Cinquecento, in pieno manierismo, Roma, come sempre, e anzi più che mai, fu inondata da pittori di ogni parte d’Italia: astri di prima e di seconda grandezza intorno ai quali, come intorno a capiscuola e potremmo spesso dire ad imprenditori si aggiravano satelliti, e satelliti di satelliti.
Raffaellino Motta, detto da Reggio (15501578) dotato d’ingegno e di vivo talento pittorico, benchè morto in così giovine età, può considerarsi come uno di questi capiscuola, poichè vari dei giovani frescanti dell’accademia romana presero ad imitare la sua maniera. Oltre Paris Nogari, due giovani che bene promettevano per l’arte seguirono Raffaellino, morendo poi giovanissimi come il maestro, e cioè G. B. della Marca e Giambattista Pozzo, autore, quest’ultimo, degli Angeli musicanti dipinti nella nostra cappelletta (fig. 10).
Il Pozzo fu “milanese” come lo dice il suo biografo Baglione, o in ogni modo lombardo. Lo stesso Baglione lo dice morto di anni 28, e da i documenti pubblicati dal Bertolotti (Artisti Lombardi, II, 2978), sappiamo, che dopo aver firmato a dì 2 maggio 1588 un contratto, risulta, poi, già morto ai 24 di luglio dello stesso anno. Forse, congetturando sull’esattezza di una data, si potrebbe credere che il Pozzo fosse di Valsoldo (cfr. Bertolotti, op. cit., I, 127).
Il Baglione e il Lanzi dicono mirabilia di questi affreschi nel Gesù, il Baglione trova che sono “con tanta dolcezza condotti che innamorano a vederli” (p. 38). Il Lanzi dice che “Giambattista Pozzo è nella ideale bellezza il Guido di quei tempi. Basta vederne al Gesù quel coro di angeli che dipinse in una cappella” E conclude: “s’egli fosse vivuto infine a’ tempi carracceschi, qual pittore poteva riuscire” (II, 135).
Effettivamente, in queste figure del Pozzo vi è l’espressione di una forma di bellezza originalmente immaginata ed affrancata per buona parte da quei modelli stereotipati del manierismo romano.

Queste brevi notizie nella cappelletta di Santa Maria della Strada, e specialmente quelle al tutto inedite circa il E. Valeriano che ne fu l’architetto, spero che possano invogliare qualche volonteroso a meglio studiare e lumeggiare l’attività di questo artista che dopo aver contribuito alla costruzione di edifici come l’Escuriale, il Gesù di Roma, e il Collegio Romano, fu uno degli architetti per la chiesa del Gesù nuovo di Napoli, e che meriterebbe dunque d’esser tratto dall’oblio assai più che non abbia fatto questa mia breve nota.

CARLO GALASSI PALUZZI.

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