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NOTIZIARIO |
IL RESTAURO DEL CASTELLO DI GORIZIA
Credo che pochi casi, nella storia di restauri architet-tonici, abbiano offerta tanta messe dl ritrovamenti losperatl, quanti se ne va raccogliendo da tre anni a questa parte al Castello dl Gorizia. Non si tratta, intendiamoci subito, dl importanti opere darte figurativa, ma quasi esclusivamente dl elementi architettonici, I quali permettono di seguire la genesi completa del monumento. La sede dei potentlsslml Conti dl Gorizia, che da questa rocca dominarono dal Sec. XI al 1500, sembrava fosse an-data distrutta negli adattamenti auccéaslvi subiti dal Ca-stello, e che i pochi avanzi rimasti fossero stati annientati nellultimo rifacimento di circa mezzo secolo addietro, quan-do ledificio fu adibito a caserma austriaca. Era un errore. Ecco che il bombardamento di guerra, aprendo squarci rio. lenti nel corpo del Castello, scopre ignorati pilastri, mura nascoste, lacertl di decorazioni, e lascia lntravvedere la seo greta esistenza delle costruzioni più antiche. Dopo la guerra, il Castello è una rovina e sembra li-rimedlabilmente perduto: il tetto scomparso, le mura crollanti, i mucchi di rovine cosnpongono un quadro desolato della devastazione compiuta dalle artiglierit Ebbene: nè la caserma, nè le bombe austriache hanno potuto distruggere il grande complesso. La pietra è più resistente dellaccaoi-mento nemico, dl pace e di guerra. Primo compito dellufficio Belle Arti per la Venezia Giulia, chiamato a soccorso dei monumenti danneggiati dalla guerra nella regione dIsonzo, fu di puntellare e di coprire il fabbricato. Lopera dl consolidamento, prima impellente necessità, fu lunga e costosa perchè rlchiese lo sgombero dl macerie, il raddrizzamento dl muri, fa demolizione di parti per lcol antl. Collaiuto del icomandi militari che fornirono materiale e mano dopera in quel primo tempo, si compiè tutto senta perdere di vista il futuro restauro. In un secondo tempo si iniziò il lavoro di ricerca e dl assaggio. Furono abbattuti gli intonaci delle mura allesterno e allinterno, e qui apparvero gli elementi antichi più Im-portanti. Si scopersero nella facciata verso 0v. (cioè verso il centro della città e fa Piazza della Vittoria) cinque blfore romaniche con srchettl a tutto sesto in tufo, divise da co-lonnlne di marmo; corrispondenti a queste, se ne trovarono altre tre su la fronte del cortile: tutte Insieme davano luce ad unampia sala che occupava larea del fabbricato (A). Furono delimlnate nettamente le mura dì questa costruzione, e tutto si potè mettere a giorno: le flnestrelle rettangolari del pianterreno, le porte, la scaletta Interna, la merlatura guelfa; e fu facile cosa ricostruire nellimmagi-nazione laspetto originario della costruzione dugenteaca che chiamammo la palazzina dei Conti. A questa si congiunge verso 5. una cinta difensiva, di epoca circa contemporanea alla palazaina, pure menata e con piccole ferltole che accentuano il suo carattere puramen-te di difesa. In alto sotto la merlatura correva il canunino di ronda. Lo spessore grossissimo delle pareti, la muratura In blocchi regolari darenaria, conferiscono alla cinta un aspetto grave e tetro (C). Dal lato opposto alla palazzina, e in continuazione della cinta or detta, si elevava un altro fabbricato, col pianter-reno a portico formato da grossi pilastri e fe volte in tufo (B). Anche qui nulla si sospettava di pilastri e di portici. Erano immuratl nelle cellette delle prigioni, le quali risali,arso al sec. XVII- e per questo documento storico din-teresse. Ora non si poteva mettere in luce Il bel porticato medioevale senza distruggere le prigioni. Si ricorse ad una via di mezzo, lasciando intatte le facciate delle cellette in-sieme alle groaulssìme porte, e demolendone I muri interni di alcune per lasclar libero lo sviluppo architettonico del porticato. Nelle continue sovrapposizioni fatte anche a que-sto edificio, poco più è rimasto dellalzato oltre il pianter-reno: alcuni frammenti dl decorazione pittorica a vltlccl e racemi di epoca tardo gotica (verso il 1500) e dl fattura tedesca indicano lesistenza degli ambienti antichi, riforma-ti e distrutti. Una costruzione semicircolare (A), alquanto più tarda delle precedenti, ricongiunge il iabbrlcato anzldetto alla pa-lamina del Conti e rinserra cosi le diverse mura in un unico grande blocco, che oggi si eleva a mo dì un enorme maschio sopra i torrioni e la cinta Veneziana. Ma non è questo complesso, lantico maschio. Scavando nei pavimento del cortile son venute in luce le fondazioni di una torre romboidsle, che in altri tempi sovrastava tuffi gli edifici circostanti: era questo il maschio della roccafor-te (I). Lo spessore grossissimo delle sue mura (quasi tre metri) ne prova che esso doveva elevarsi a considerevole siesta. E la parte più antica del Castello, e, per quanto oggi non ai possa stabilire con precisione la sua epoca, deve ritenersi, sia per la tecnica costruttiva, sia per la sua br-ma, del sec. XI-Xll. Si scaverà nellinterno, dove già si e trovata una cella con scalette, e forse si potranno rica-vare degli elementi più precisi per stablllrne lorigine. Di simile struttura, e certo della stessa epoca alla torre descritta, si sono scavate proprio negli ultimi mesi le fon-dazioni di unaltra torre (Il), di pianta esagonale: la torre dingresso. Qui si è ritrovato lantico portone del Castello e il pavimento del sottoportlco; documento intereassntisslmo, che vale a comprovare le antiche notizie, secondo le quali i Conti di Gorizia accedeirano al Castello dal lato della montagna. Altra scoperta, inline, è la antichissima cisterna circolare, dove l'acqua piovana filtrava oltre uno strato di sabbia per raccogliersi nel pozzo dargilla battuta. Non elen-cheremo le scoperte minori, come flnestrelle, scalette, fram-menu dl pitture e altre decorazioni. Uniltlamoci alfa constatazione del fatto più importante, che del Caatello di Go-rizia, di cui proprio nulla della sua forma antica si poteva dianti arguire oltre le trasformazioni remote e recenti, ora è apparsa In modo lndubltabile la genesi architettonica dal sec. Xl in poi. Poco ancora ci sarà da scoprire, chè il grosso è già in luce, Forse si ritroveranno le fondazioni della terza torre come appare dal Castello riprodotto nel sigillo gorlziano del trecento ; forse da ulteriori scavi si atsbilìranno me-glio le origini, forse ancora, e speriamo che non sia una vana attesa, si scopriranno tracce di costruzioni o fram-menti romani, siccome si suppone che il colle del~ Castello servlase allora a torre di vedetta e fosse un ro-mano. Ma per quante sorprese ci si possano ancora atten dere, nulla potrà più mutare la fisionomia del Castello, quale si è venuta formando dalle scoperte già fatte. Sin doggi perciò ci si può porre la domanda: Come sarà ricostrutto il Castello? Glacche è assiomatico che debba essere ricostruito. Il problema, come quello del restauri sa genere, offre due possibilità di soluzione. La prima è dl puramente conservare e rimettere in evidenza i ritrovamenti antichi: la seconda, di ricostruire lantico complesso su la scorta positiva degli elementi architettonici. Diciamo subito che per quanto al possa essere convinti fautori del primo principio, qui, a contatto colla realtà, bisogna arrendersi alla tesi della ricostruzione, Intendendo per ricostruzione soltanto il parziale complemento delle fabbriche mancantl, non il tentativo dl ripristinare il coi,.plesso secondo laspetto ipotetico & un dato periodo, ed eliminando costruzioni più tarde e ricostruendo addirittura dl sana pianta nuovi fabbricati; come a voler innalzare, nel caso nostro, le torri del m,sclcuio e dellingresso sino alle supposte altezze originarie. Questo nostro principio è paragonabile al restauro pit. torlco che invece di riempire di tinta neutra le patti man-canti dun ornamento (quale Il rigoroso principio di con-servazione lo richiederebbe) eccede completandolo con un ornamento imitato reso sempre evidente quale imitazione; e non eccede al punto di falslflcsre parti essenziali o ad-dirittura di completare flgùre mancanti, che sono incognite assolute.... Quantunque Il restauro di un complesso architet-tonico sia qualcosa dl più vado e delicato dun semplice restauro pittorico. E lsddove la pittura richiede la più chiara visione del suo stato prlatino e lallontanamento di tutte le sovrapposizioni posteriori derivate dai ritocchi, larchi-tettura domanda il rispetto delle sovrapposizioni antiche conglobate in fusioni architettoniche in cui ogni epoca è ra-gione di storia: Percbè unarchitettura può accrescersi e modificarsl come una cosa vitale che possiede sempre rin-novata ragione di esistensa. Su la base ditali princlpll, lUfficio delle Belle Arti, sotto la guida dellaech. Citllli, sta elaborando il progetto di restauro per il Castello dl Gorizia, tenendo presente che al lato pratico esso servlrà ad accogliere le raccolte dl storia ed arte le quali oggi male si trovano sI Museo Provinciale del Palazzo Attems. Senonche.... serpeggia cori insistenza la voce, che sopra il Castello di Gorizia si Intenderebbe erigere fallito il progetto del San Michele il monumento al Fante, demo-lendo il gruppo centrale degli edifici dentro la cinta dei bastioni veneziani. Non crediamo a tanta fantasia; e da quanto qui, anche per provare linattusllti dl cotale piano, siamo venuti succintamente nponendo, riteniamo per paci-fico che lidea del monumento distruttore ritorni al cervello dondè troppo fuggevolmente partita. ANTONIO MORASSI NOTIZIE VARIE UNA SCULTURA DECORATIVA AMERICANA. Lo scultore americano PanI Manship, uno dei maggiori viventi, ha esposto nella recente mostra dellAccademIa Americana In Roma la statua di Diana cacciatrice che pre-sentiamo cosne saggio cospicuo di scultura decorativa. Vi e nellarte dl questo singolare e personalissimo scultore, quello che Antonio Msraini osservava sulle nostre colonne a proposito di Giovanni Prini: il senso delladattamento pieno delle forme plastiche a ritmi decorativi. Tutto è assogget-tato a leggi prevalentemente architettoniche e si potrebbe dire che anche il movimento veloce è conchluso in una massa ldealmente statica. Il che trascina lartista ad arcsissni e a convenzioni, fenomeno naturale quando si pensi daltra parte allestremo valore decorativo delle arti primitive. Que-sto ritorno ci conquista. Ed In fondo io credo che le ragio-ni del diffuso favore attuale per larcaico, per il primitivo, per Il rustico, siano da cercarsi nella tendenza consapevole o no, dellanima nostra, sazia di esperienze, verso i prototipi, verso le forme prime, in cui misticamente si occultano le leggi immutabili che disciplinano ogni manifestazione darte. C. CRCCHELLt LA LEGGE SUL TITOLO E SULLA PROFESSIONE DI INGEGNERE E DI ARCHITETTO. Finalmente la famosa legge è stata approvata pure dal Senatu, senza variazioni e senza ordini del giorno, tendenti ad esnendarla in sede di Regolamento. Noi non discutlamo in merito a questo assetto definitivo del fe due classi contentlamo soltanto di constatare come da oggi soltanto possiamo parlare dl una vera e propria classe di Architetti. Ad eccezione di pochissimi in tutta Italia, tutti gli altri ArchitettI non avevano diritto di portare tale nome, e di tale fatto la classe risentiva grande avvllhnento oggi la figura morale dellArchitetto è creata. Al Senato sono stati pronunciati discorsi importantissimi sullargomento: tra gli altri quello del Senatore Mengarlnl che ha molto parlato anche In favore del Periti e degli Studenti delle Belle Arti, e quef lo del Senatore Nava, ten-dente a modificare la legge e poco benevolo verso gli Architetti usciti dal Corsi degli Istituti di Belle Arti. Assai notevole li discorso del Senatore Rava, che ha trattato largomento sotto laspetto giuridico e amministra-tivo. Ha rilevato il movimento puramente ideale e non inte-ressato della classe degli architetti, ribellandosi contro lor-dine del giorno Tommasl che voleva affibbiare agli Ar-chitetti usciti dalle Accademie dl Belle Arti laggettivo di abilitato, e citando tutta la gloriosa schiera di architetti allievi delle Accademie stesse, Ha concluso col caldeggiare lapprovazione integrale della legge. Ha quindi parlato il Senatore Corrado Ricci, pronun-zlando il suo primo discorso nellalto Consesso, discorso che riportiamo qui interamente: Onorevoli colleghi, era mio fermo proposito quello di lasciar passare molto tempo prima di parlate davanti al Senato, psiche io sono convinto che non vi è nessuna mi-glioee dimostrazione di rispetto de parte di chi entra nuovo In una Assemblea come questa, che quella dl tacere, ascoltare e imparare. Ma è venuto il caso chio vedo presen-tata una legge, la quale è stata lungamente la preoccu-pazlone della mia attività di direttore generale delle an-tichità e belle arti. Infatti io mi sono trovato fin dalle origini a far parte delle Commissioni che hanno trattata questa scabrcsisalma questione. Dico scabroslsslma, perchè, alla prima adunanea che era presieduta da un illustre e con,-pianto nostro collega, Giuseppe Colombo, si disperò sino di arrivare a una qualsiasi conclusione, tanto il campo degli architetti e quello degli Ingegneri erano divisi, e gli uni si erano armati contro gli altri. Non si dava tregua da nessuna parte e non si voleva assolutamente aderire a nessun concetto che paresse menomare I rispettivi In-teressl. Le adunanze che seguirono non procurarono mi-nore avvilimento, Si arrlvb quasi a pensare che questa legge non si potesse fare. Arrivato In Senato da pochi giorni, ho avuto la gran-dissima consolazione, di vedere che tra i meandri degli uffici e dei Ministeri, la legge era pure giunta al Parla-mento e, ora, al nostro Consesso. Se io, che, Insieme allonor. Nsva, ho studiato sino dalle origini largomento, dovessi dire che è perfetta, direi cosa non vera. Mentre convengo che non esiste legge perfetta, noto che questa potrà considerarsi come sperimentale . Del resto le leggi che Mosè faceva sul monte Sinai, fra i lampi e i tuoni, non si ripetono, e quelle che facciamo noi mor-tali si poesono dlafare o, meglio ancora perfezionare. Ora Io direi che non solo il Governo è arrivato a por-tare questa legge nellarsenale, prossima al varo, ma direi che ha saputo cogliere il momento opportuno, in quanto ingegneri ed architetti conscl del denno che ssrehbe ve-nuto loro se finalmente non ai arrivava a qualche cosa che dlscipllnasse il loro esercizio, si sono calmati, e. mss vi è stato un tempo nellultimo ventennio, nel quale le condizioni siano apparse altrettanto favorevoli. La nave scende in mare mentre che il vento come fa si $sce Altro non avrei da dire che augurarmi che Il consenso del Senato sia unanime ± senonchè voglio fare alcune rac-comandazlonl ai due ministri che sono presenti. Vedrà il ministro dellistruzione se sia il caso dl tenere in quel-che considerazione la condizione fatta a quegli studenti i quali si sono Iscritti nelle odierne scuole darchitettura avendo davanti una prospettiva, e poi si sono trovati in un luogo chiuso ± vedrà se non sia .11 caso di agevolare la loro iscrizione al quarto anno. (Per assoluta mancanza di spazio siamo costretti a rimandare al prossimo numero il seguito del magnifico discorso del sen. Ricci e quello del sen. Boni). |
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