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ADAMO BOARI: Recenti scoperte archeologiche in Messico |
LArcheologia è ritornata in grande ono-re. Forse la bufera umana che ancora im-perversa fa volgere il pensiero indietro ai srreni dì: e quanto più la vita è travagliosa, più risorgono i ricordi dei tempi che fu-rono. Una spiegazione deve pure avere questo fenomeno nuovo di rifiorente atti-vità archeologica in tutto il mondo.
Più forse che la vecchia Europa questa passione e questo interessamento entusia-stico per le ricerche archeologiche invade lAmerica e si manifesta in importanti e costose iniziative. Così ad esempio una commissione sus-sidiata dal Museo di Filadelfia e dal Museo Britannico è partita per lantichissima Città caldea di Ur, che pare fosse la residenza di Abramo. Unaltra commissione sta scru-tando le rovine di Sardi, alla ricerca dei famosi tesori di Creso Re di Lidia, dove erano le sorgenti aurlfere di Patt6lo. Ed altre spedizioni si preparano per lAsia e per rAfrka tenebrosa. Contemporaneamente il Congresso Pan-americano radunato nella capitale del Chili, ha proposto che siano fondati due grandi istituti archeologici, uno nella regione del Messico e Centro America e laltro nel Perù e nellEquatore, E Io stesso Congresso, che non è riuscito ad accordarsi sugli arma-menti e sulla Dottrina di Monroe, in se-dista plenaria, formulò il voto che tutte le nazioni assegnlno in bilancio annualmente una somma congrua per le ricerche archeo-logiche e per la conservazione dei monti-menti antichi. La parte dellAmerica più esplorata è il vecchio Messico, considerato lEgitto del Nuovo Mondo. E qui convergono, in caccia di ruine, numerose frotte di scienziati ame-ricani dellistituto Carnegle di Washington e deI Museo Indian-American di New-York e del Museo di Cambridge. Fino dal tempo della conquista spa-gnola, Fernando Cortez aveva notato le-sistenza di antiche città monumentali, e fino dallora cominciò la rovina delle ro-vine per opera dei ricercatori dl idoli: idoli che sono emigrati a popolare tutti I musei di Europa. Il primo vero archeologo, il fondatore del primo museo in Messico fu un italiano, Lorenzo Boturini. Recentemente è stata posta una targa commemoratlva nella casa dove egli aveva radunati i documenti più importanti dellantica storia messicana. Ora il Museo della capitale è insufficiente a con-tenere Io straordinario materiale accumu-lato: e si pensa di costruire un grande e fastoso ediflzio che avrà limportanza deI Museo del Cairo. Sono molte ed alcune ragguardevolis-sime le pubblicazioni archeologiche, sopra-tutto quelle che trattano delle rovine del Yucatan e della regione dei Maya (). Ed ormai tutti conoscono i meravigliosi ruderi di Mitla (2), di SayI, di Uxmal, di Chichen-Itza e di Alte. Ciò che manca nella co-piosa letteratura di Archeologia Messicana, è Io studio architettonico dei monumenti dissepolti (3), Larcheologo non è quasi mai architetto e I architetto non e ar-cheologo. Locchio di un archeologo ras-somiglia a quello del clinico: mentre invece larchitetto vede con la pupilla del-Iosteologo e del chirurgo. Perciò le com-missioni esploratrici dovrebbero essere in-tegrate in parti uguali da archeologi e da architetti: e le opere di ricostruzione do-vrebbero essere affidate esclusivamente agli architetti. Nel campo della medicina, il clinico si rivolge sempre al chirurgo per gli atti operativi; ma ciò non avviene quasi mai per i ristauri archeologici. Per questa ragione i monumenti scoperti fu-rono scarsamente studiati nelle loro qua-lità specifiche architettoniche, per quanto primordiali: e non furono analizzati i pro-fili e le sagome che ne identificano il carattere. Insomma larcheologo ha disotter-rato la cosa morta; ma è mancato larchi-tetto che ne abbia studiato la psicologia, che ne abbia indovinata lanima, quando il monumento era vivo. Lattenzione ora è tutta rivolta alle re-centi scoperte di Teotihuacan: scoperte ve-ramente straordinarie che hanno forse mu-tato i valori della antropologia e della storia messicana. Teotihuacan è un villaggio 40 km. di-stante dall a Capitale, situato in una ridente vallata: e dicesi fosse la città degli Dei. Nel centro sorgono due piramidi chiamate ordinariamente del Sole e della Luna: e tutto intorno altri tumuli e ruderi ed abitazioni sotterranee. In prossimità, sopra una grande piattaforma a ripiani scalonati sor-gono altri monticoli ed altre rovine. Nellesplorare una di queste misteriose colline, ricoperte da un rosso strato di pietrame a guisa di calcestruzzo, vennero scoperte delle muraglie a forma piramidale con incrostazioni a colori rossastri e con segni di antichi geroglifici. Scavando ancora sotto a questa piramide apparve unaltra piramide, scolpita da teste mostruose di serpenti e dl draghi, la quale con tutta evidenza era stata di proposito occultata e sotterrata. E qui sta lenigma degli enigmi. Da quale stirpe e in che millennio fu co struito questo monumento? e quando fu nascosto e dissimulato da un grosso strato di pietrame e di calce? Quale altro popolo invasore e quando, ha costruito sopra questo strato altri templi ed altri altari che hanno strane rassomi-glianze cinesi e mongoliche? Da quali altri invasori e quando, sopra questi secondi ripiani e piattaforme distrutte, furono costruite altre simboliche costruzio-ni come le due piramidi dette del Sole e della Luna? A tutte queste domande non è possibile dare risposte concrete; ma molti Archeo-logi non si sgomentano di trovarle in lunghe disquisizioni, e taluni di essi sono portati da questa complessa vicenda stra-tigrafica ad alterare tuffi i valori storici, a modificare la datazione di numerosi monumenti finora ben collocati nelle ca-selle dell Archeologia, riportando indietro di lunghissimi periodi, addirittura di mil-lenni, la costruzione delle antiche città messicane. E tra essi il nordamericano prof. Niven, Senza seguirli e senza addentrarci in tali laberinti, vediamo ciò che questi resti ap-paiono agli occhi dun architetto. Limitando per ora il nostro esame (quasi contributo di sguardi esercitati allo studio delle forme) ad istituire alcuni primi raf-fronti stilistici, questi sembrerebbero invero riportare la importante opera ai monumenti che nelle classificazioni attuali vengono at-tribuiti alla fine del periodo folteco, o al-linizio di quello atzeco. Lo dimostrerebbe il generale schema architettonico a piramide ottenuto per successive rientranze, non dissimile da quella del Sajin a Papantla, o la disposizione a grandi fascie sporgenti, o infine lo stile scultorioarchitettonico, di così possente originalità, dei grandi draghi, che ritrova si con una Impressionante somi-glianza nel magnifico giaguaro in pietra levigata, con tracce di colore, che conser-vasi nel Museo nazionale deI Messico, nella colonna a serpente posta avanti la cella del Tempio delle tigri e degli jaguari in Chichen itza (Yucatan), ecc. E se così fosse, se cioè il periodo di costruzione si ripor-tasse ad unepoca relativamente recente, contrariamente a quanto vorrebbe il Niven, occorrerebbe stringere straordinariamente i tempi per supporre la sovrapposizione di tante posteriori vicende, difficilmente spie-gabili da per loro. Ma, lo ripeto, non è mia intenzione nè analizzare lopera nuovamente messa in luce, nè affacciare ipotesi premature che potranno forse domani essere battute in breccia dalla realtà. Solo ho voluto pro-spettare gli interessanti quesitt intorno a cui lervono attualmente tante discussioni e far conoscere i dati concreti che potrebbero es-sere Il substrato di uneventuale revisione archeologica; e, più ancora, ho voluto por-tare a cognizione degli studiosi e degli ar-tisti italiani7 quasi schede artistiche, questi apporti recentissimi dl unarchitettura, di una decorazione, di una scolttira, piene dl vita e dl forza e (strana espressione quando si parla di millenni passati) dl novità. Ed invero nella fase delle indagini e delle ipo-tesi storiche, gli architetti, nel loro severo positivismo, debbono sapere attendere; ma intanto non debbono rinunziare alla cono-scenza, piena dinteresse e feconda dispi-razione, del materiale darte. ADAMO BOARI. (I) Dal LRHMn4N, Lt4rte Messicana, trad. italiana EAI1OUI di valori plastici, Roma, tav. 41. (2) DallAmerica, Architect, dIcembre 1909. (3) Diamo qui una breve nota relativa allArcheologia messicana: IL BSUCHAT, Manuel darch~ologie Ameui-~~arne, Park, 1912; FRANZ BoAS, Atchaeological in~e5ti- ì,ations In the talley of Messico by the intern. ScAcci (1911-1912). Intera. Congr. ci. Mn., London, 1912, parte I, (Lon,9 3). Escctela Intentacional de Arqcseologia y Etnologia Ame,.icanas. Ano Escola~ de>1911-a t9l2rMexko, -1912;!. W. ftwKss, Certain antiquiltes of Eastern Mexlco, Bur. of. Ethn., XXV (Washlngt, 1907): Id., Aittiquities of the Citelf toast.of Mextco, Smiths&. mise, coli., voL 70, 2 (Vasta., 1918); TH0MAS IOYCLMf,xican archaeology, Londont 1914: C. LUMHOLTZ, Unhnown Messico, LooAon, 1903; Id., Ne", flails in Metto (1909-1910), London, Leip-zig. 1912; BkANTZ MAYER, Mexico as it was and .is il ls, Ptuiadelphia, 1841; Bat li. M0RPJS, The .4ztec Rai, (9uebM, Anthr. Pap. Ari. Miss. Mai RiSE, voi. XXVI, parte I, Mw-York, 1919; PENAnEL, Monumentos del arte antiguo me.tlcano, Berlin, 1190: LRsuE SPmR, An outline for.a chtonology of 2o1 ruins, Anthr. Papera Am. Miss. Nat. Hlat., voi. XVE j~arÌe III, New-York, - l~17; Li. J. SPINDEN, A Study of Mfaya o4rt, lts st,biect matte, and (tiSI. de.oelopmen4 Meni. Peabody Mw. Arch. and Ethì~., Harvard Univ., Cambridge, 1913: Id., Ancient CThilisÀtlon of Manco and ee,tt,amettta, New-York, An,. Nt 1lit. Handbook Senesi i,. ~3. |
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