FASCICOLO X - GIUGNO 1923
GUIDO ZUCCHINI: Le case Figallo Reggiani e Pisani in Piazza della Mercanzia a Bologna
Le case Figallo, Reggiani, Pasi e Rodondi (N. 1, 2, e 3 di Piazza della Mercanzia N. 4 di Via Santo Stefano), formano una delle più caratteristiche pagine dell’antica edilizia bolognese. Sorte alla confluenza delle due grandi strade, la Via Emilia, che portava a Roma, la Nazionale che conduceva a Firenze, umili testimoni nel primo e torbido medio evo dell’ingrandirsi della città al di fuori dell’Aposa, non ebbero degna veste che in sul finire del sec. XIII. Nessun documento accerta sicuramente questa data: le carte d’archivio finora non ne hanno rivelato le prime vicende e i primi costruttori: d’altronde è noto come troppe notizie, che la moderna critica storico-artistica va ricercando con eccessivo ardore, fossero un giorno dimenticate e trascurate da storici e cronisti.
Ma non tutto è morto che riguardi le nostre case; le loro mura interrogate colla martellina rispondono a sufficienza: le loro forme, integrate di sugli avanzi, confermano le ipotesi stilistiche.
Esse seguirono le vicende della piazza di Porta Ravegnana e di quella che fu poi detta della Mercanzia. Quando nel secolo XIII all’afforzarsi del Comune, uscito gloriosamente dalla lotta coll’Impero, seguì un rapido sviluppo commerciale là dove un giorno era la porta che offriva baluardo contro la torbida Ravenna e quando sorsero decine di torri e case di artieri e residenze di società delle arti, quell’antico borgo si trovò ben presto impacciato per troppe casupole, per troppi fondachi, per troppe piccole e strette vie. Si che parve, e fu, buon partito quello votato nel 1286 dal Comune, ed eseguito nel 1288, di allargare la piazzetta di porta Ravegnana, demolendo le numerose casupole che si annidavano all’ombra delle torri Asinelli e Garisenda.
La riva destra dell’Aposa popolata anch’essa di case e torri fu raccordata colla nuova piazzetta, distruggendosi antichi di slivelli, di cui sono apparse le tracce nelle demolizioni dell’ultimo tratto di via Rizzoli: il piano, ove sorse più tardi la Mercanzia, ebbe la sistemazione, che ancora conserva, declinando in leggera discesa verso il nuovo centro.
Lo sperone, che divideva e divide la via Emilia dalla via di Santo Stefano, vide nuovi ornamenti di cotto e pitture ornare le facciate delle sue case in quello stile gotico, che nel 1288 poteva ancora chiamarsi nuovo, mentre da tempo la grande e solida torre degli Alberici (Rodondi N. 4 di via S. Stefano) incombeva sull’antichissima casa, che le sorgeva a settentrione, di cui ora non rimangono che il tratto inferiore della facciata e gli avanzi di una grande porta a sesto rotondo, ornata di ghiera di sapore romanico.
Quasi contemporaneamente sorsero la casa ora Pasi e quella ora Reggiani (n. 3 e 2 di Piazza della Mercanzia).
Ambedue gli edifici, cosa del tutto insolita in quegli anni, ebbero due piani oltre il pianterreno; strette e numerose finestre a sesto acuto illuminarono grandi ambienti con soffitti a lacunari. Anzi la casa Reggiani, pure tra i rifacimenti dei secoli successivi, sembra accusare una disposizione planimetrica assai significativa rispetto alla destinazione, che crediamo abbia avuto nei secoli XIV e XV (fig. 1).
Costruita con muri sottili rafforzati da intelaiature di legno uguali per forma, se non per dimensione, a quelle del portico a pian terreno (travi verticali a T, con rinforzi obliqui, su cui poggiavano travi orizzontali, per lo più di quercia) essa aveva due grandi ambienti per piano, ancora evidenti in quello superiore adibito ora a granaio.
La stessa frequenza di finestre mostra la necessità di arrecare ai vasti ambienti la maggior luce possibile senza menomare con troppo grandi aperture la coesione e la stabilità del fragile edificio.
Sì che non è azzardato il supporre che questo sorgesse per uso pubblico o a tale uso fosse riformato e abbellito in quegli ultimi anni del duecento, in cui il Comune pose nel Carrobbio di Porta Ravegnana nuovi uffici per la dogana della città.
Di più nel 1434 la casa Pasi, secondo un documento citato dal Guidicini, sembra possa identificarsi con quella posta nella parrocchia di Santa Maria di Porta Ravegnana, in confine coi Cari e con i Mattugliani e colla via pubblica, venduta dal Comune di Bologna a diversi cittadini. Nulla di più probabile che questa casa fosse adibita ai servizi della vicina Mercanzia.
Gli assaggi hanno rivelato che la casa Reggiani fu costruita alcun tempo prima di quella Pasi ed ebbe, al pari di questa, il portico od epistilio con colonne di legno come le case Grassi, Isolani, Rodondi, Rubini, ecc. Poi al vecchio e forse sconnesso sistema fu sostituito l’attuale portico ad archi tondi con colonne ottagonali e capitelli di macigno a gemma: ghiere di mattoni tagliati a mano, che figurano cordoncini, seghettature, foglie e fiori, seguirono la curva degli archi. Nessun dubbio che il nuovo portico sia da ascriversi alla metà del secolo XIV; gli avanzi di bordi policromi e la forma dei capitelli servono di data. Maggior luce darebbero gli scudetti scolpiti nei capitelli se veramente il leone rampante e la sigla C. R. fossero da riferirsi ad un membro della famiglia Cari, che avrebbe comprata la casa verso il 1364. Ma questo dei Cari si chiamava Nicolò, nè sappiamo con sicurezza se portasse il leone nello stemma.
Grandi mensole di macigno sorressero l’orditura di legno, che formava il palco del portico, dipinta a vivaci colori. La facciata sporge alquanto sul sottostante portico. Delle finestre del primo piano tutto è rimasto, per quanto mutilato e guasto: la cornice che serviva da davanzale, la piccola modanatura, che collegava i capitelli degli archi, l’ossatura muraria di questi e delle loro ghiere.
Poco più in su l’antico paramento murario cessa dacchè nel 1784 un Reggiani rimodernò la facciata guastando gli ornamenti delle finestre (fig. 2).
Sì che per un momento sembrò assai difficile, se non impossibile, stabilire la forma di un secondo piano o di qualsiasi coronamento. Ma il granaio della casa attigua (pure Reggiani) riserbava qualche sorpresa. Giacchè vi si vede buona parte del fianco settentrionale dell’edificio risparmiato nei lavori del 1784. Bellissimo il paramento murario e bellissima una cornice di cotto, analoga a quella che corre sotto le finestre delle case Grassi in via Marsala, Rubini in via S. Nicolò, e Castellani in via Venezia). Nel lato orientale un frammento di arco a sesto acuto integra le indicazioni onde ricostruire l’ordine delle finestre del secondo piano. Tracce di pitture ricordano il primo splendore della casa quando s’affacciò coi suoi piani sporgenti sullo irrequieto Carrobbio, umile preludio delle armonie create più tardi per adornare la sede dei Mercanti.
Anche il portico della casa Pasi fu da un restauro di circa 70 anni or sono privato della sua alta colonna centrale di quercia e delle due laterali: la facciata fu coperta di intonaco, che nascose i due ordini di finestre ornate con ghiere schiette e vivaci. L’alto edificio ha conservato ogni sua parte: anche le finestrelle che prendevano luce dal vasto epistilio; anche le porte gemelle a sesto acuto, che davano ingresso alle sale del pianterreno.
Meno fortunata fu quella parte della casa Reggiani, che procede curvandosi verso settentrione. Il portico è di poco posteriore a quello della casa Reggiani centrale: ma la facciata fu demolita non sappiamo in quale epoca e ricostruita con minore sporgenza della primitiva. Fortunatamente nascosti fra palchi e soprapalchi vivono ancora gli avanzi di una bella sala col soffitto a mensole gotiche, con fregi geometrici dipinti nel muro, con una preziosa figurazione affrescata su una parete.
La Madonna in trono fiancheggiata da santi e da angioli sul fare di quella che è nella cappella di Santa Brigida in San Petronio presiedeva forse a qualche riunione di artieri? quali ministrali rivolsero a lei invocazione prima di giurare statuti o intraprendere riforme?
Nella punta dello sperone, là dove una mano di metallo indicava (e indica ancora) il principio della via Emilia, sorse la casa che sembra fosse dei Sabattini e poi dei Galluzzi.
Il vasto portico ha i caratteri dei primi del cinquecento: e le facciate non hanno perduto del tutto il ricordo di ricche cornici di cotto e di finestre a sesto circolare (fig. 3).
Il disegno di restauro (fig. 7), affidato dal Comitato per Bologna storico-artistica ad Achille Casanova e allo scrivente non tende appieno il fascino della scena data dal dolce incurvarsi delle case verso Piazza Ravegnana.
Per la casa Pasi e per la maggiore delle Reggiani il restauro, come lo si è disegnato, poggia su basi sicure e dati archeologici ben chiari.
Per la minore delle Reggiani si è creduto opportuno riportare la facciata alla primitiva sporgenza, uniformandola nelle forme delle finestre alla maggiore, cosi come i primi costruttori l’uniformarono nel portico. Che se ad alcuni potrà sembrare eccessivo il ripetersi di un’unica piccola finestra, si che possa temersi un senso di monotonia, osserviamo che l’incurvarsi delle facciate le stacca l’una dall’altra, rendendole quasi indipendenti.
Infine la casa Figallo ha riavuto, in disegno, tutti i suoi probabili ornamenti di cotto, non dissimili al certo da quelli reintegrati sugli avanzi, o rifatti su modelli dell’epoca, che il Comitato per Bologna storico-artistica ha ridonato a molti edifici bolognesi.
Sono passati cinque anni da quando fu compiuto questo progetto di restauro e purtroppo il bel gruppo di edifici aspetta ancora pazienti cure, che gli ridonino migliore aspetto. E purtroppo ancora vi è, e non tra i minori cittadini, chi ne desidera la demolizione, invocando maggior spazio tra quelli e l’ attiguo nuovo palazzo da costruirsi in via Rizzoli, speculando sulla visione di una ipotetica grande piazza che dovrebbe unire in linea retta la Mercanzia col portico di San Bartolomeo, giurando che la Mercanzia, quel piccolo meraviglioso gioiello nato per essere incastonato in una stretta e racchiusa cornice di edifici, deve essere veduta da tutte le parti e da lontano, sbattuta da tutti i venti, accecata da tutte le luci.
Sono passati cinque anni e ancora il terzo lotto di via Rizzoli vive tra incertezze e titubanze, che sembrarono dovessero essere superate per sempre quando per la indifferenza delle autorità, per la contrarietà degli enti tecnici, per il malgoverno della amministrazione pubblica, furono demolite le torri Riccadonna ed Artemisi, dando al mondo civile triste esempio di come ben pochi si curano delle nostre glorie artistiche e al mondo sapiente di quante enorme ingiurie sono ancora causa i vecchi e rancidi piani regolatori, tenuti in vita con ingiustificata tenacia dagli uffici tecnici municipali.
La meravigliosa scena unica al mondo delle quattro torri, circondate dal palazzo degli Strazzaroli, da San Bartolomeo, dalle case Reggiani e dalla Mercanzia non potrà rivivere mai più ma occorre ancora vigilare affinchè i demolitori non prevalgano contro le case della piazza della Mercanzia e perchè gli edili moderni non costruiscano nel terzo lotto di via Rizzoli un enorme e sgraziato parallelepipedo, che distrugga gli ultimi lampi di bellezza di questo tormentato centro bolognese.
Si può ancora sperare che, secondo la proposta dell’Associazione artistica fra i cultori di architettura di Roma, sostenuta poi dalla Sezione di Bologna, si addivenga ad un pubblico concorso per il disegno del palazzo da costruirsi in via Rizzoli?

GUIDO ZUCCHINI.

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