FASCICOLO VII MARZO 1923
Notiziario
NOTIZIE VARIE.

LA NUOVA AULA UNIVERSITARIA DELLO STUDIO DI PISA.
Si è in augurata in questi giorni. L’architettura, della nobilissima aula è del Pilotti che ha trovato magnifici collaboratori nelle maestranze toscane, del marmo e del legno. Citiamo la cattedra e le porte scolpite dal Giannini di Pistoia.
Ma la più bella decorazione è offerta dagli affreschi di Adolfo de Carolis, che culminano nel trittico della parete di fondo ove si scorge al centro il genio della rivelazione galileiana, il Nuncius Sidereus che, illuminato da una luce divina, accenna verso il cielo.


UN RICORDO AI CADUTI FRANCESI.


In tutte le nazioni imperversa tale una volgarità d’arte nei monumenti ai caduti, che non possiamo rattenerci, di segnalare con lode quei pochi casi io cui l’artista ha saputo creare Alcunchè di veramente degno per coloro che si vogliono onorare. L’architetto Michele Roux Spitz pensionato dell’Accademia francese di B. A. a Villa Medici, ha testè ultimato l’unito ricordo marmoreo ai caduti già appartenenti al Seminario francese di via Santa Chiara in Roma. Le due armoniche figure di angeli adoranti sono state modellate dallo scultore Delamarre. Bello il motivo paleocristiano dei due pavoni in alto, simbolo d’immortalità, trattato con modernità d’intenti, il che dimostra di quante belle rielaborazioni sia suscettibile la primitiva arte cristiana.


BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

ARTE DEL RINASCIMENTO

R. SOPRAINTENDENZA AI MONUMENTI DELLA LOMBARDIA, 11 convento delle dame vergini della Vettabia in Milano; Milano, Bestetti e Tumminelli, 1922.

Le moderne vicende edilizie milanesi hanno fatto, fin dal 1911, scomparire un interessante e caratteristico insieme monumentale, non lontano da S. Eustorgio, che aggruppavasi intorno ad un amplissimo chiostro quattrocentesco, fatiscente ormai, alterato, obliterato, ma pur sempre elegante e fine nelle sue proporzioni e nei resti dei suoi ornati in terracotta. Era quello l’antico cenobio delle monache della Vettabia, fondato, a quanto sembra, nel XIII sec. e pervenuto a noi dopo una serie di ricostruzioni e di ampliamenti, specialmente del XV e del XVI secolo.
Era davvero tale distruzione necessaria? erano davvero le ragioni della vita moderna e del moderno sviluppo incompatibili col mantenimento del bel chiostro e di tutto il complesso monumentale circostante? È per verità molto da dubitarne, quando si osservi che tra gli argomenti che indussero la Commissione provinciale conservatrice dei monumenti a dar parere favorevole all’abbattimento ci sono le ragioni topografiche ed igieniche, cioè le ragioni che si portano sempre in campo da chi vuol sostituire la frase di facile effetto allo studio faticoso e profondo compiuto con vivacità di mezzi ed altezza di criteri. Non poteva il rigido taglio secondo la inesorabile linea geometrica di Via Cosimo del Fante essere ravvivata dall’ampliamento nel chiostro divenuto pubblica piazza e pubblico giardino? Non poteva questo ampio polmone dell’edilizia cittadina, o portato appunto a far parte della rete stradale, o conservato nell’interno di un nuovo edificio, restaurato e risanato dalle povere condizioni e rilevato dalla destinazione umile, costituire un vero beneficio per la pubblica igiene a parallelo a quello per l’Arte e pei ricordi cittadini?
Tarda ed oziosa è ormai la questione; e v’è da rallegrarsi che almeno una qualche parte dell’edificio siasi potuta salvare con la ricostruzione accurata fatta da un benemerito cittadino, il Dott. Pellegrini, in un giardino di sua proprietà in Via S. Martino, di tre campate del chiostro e di una elegante cappella esistente nell’otto del monastero; e v’è altresì da rallegrarsi per la bella pubblicazione odierna che, fatta a cura della Sovraintendenza ai Monumenti della Lombardia ed in parte a spese dello stesso Dott. Pellegrini, conserva il ricordo degli elementi scomparsi e dell’aspetto d’insieme del vasto edificio. La pubblicazione si inizia con una chiara relazione del Sopraintendente Arch. Brusconi, e prosegue con un interessante riassunto delle storiche vicende dell’istituzione e dell’edificio dovuto all’ispettore Dott. Nebbia, e con un bel capitolo di "Note descrittive ed appunti d’Arte" redatto dall’Arch. Ambrogio Annoni, che in modo particolare ha curato lo studio del rilevamento e l’opera della parziale ricostruzione. Nelle illustrazioni di cui il capitolo è adorno si susseguono le fotografie del chiostro ora demolito, dei suoi elementi decorativi, e dei suoi affreschi (in parte anch’essi salvati e riportati nelle nuove costruzioni del giardino Pellegrini) i disegni dell’accurato rilievo architettonico, le riproduzioni relative alla ricomposizione delle tre arcate e della cappelletta.
Con questa pubblicazione prosegue dunque la R. Sovraintendenza dei Monumenti della Lombardia le utili sue iniziative di documentazione sicura di opere eseguite e di elementi scomparsi, cominciate con la memoria sul cenacolo Vinciano e continuata con una serie di altre monografie, fino a quella della cappella di S. Giovanni in S. Pietro in Gessate. Importante è il contributo alla cognizione dell’Arte lombarda; pieno di significato è il monito che indirettamente ne emana: perchè nell’animo di quanti esaminano la pubblicazione attuale e rievocano per essa il monumento scomparso si fa strada la convinzione della inutilità della devastazione compiuta, della necessità che le autorità comunali intendano il valore delle opere architettoniche cittadine e non le sacrifichino ai banali tracciati di moderni edili improvvisati, od agli interessi di proprietari che considerano il giardino di un antico chiostro soltanto come area fabbricabile da sfruttare.

G. G.

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