NOTIZIE VARIE.
LA NUOVA AULA UNIVERSITARIA DELLO STUDIO DI PISA.
Si è in augurata in questi giorni. L’architettura, della
nobilissima aula è del Pilotti che ha trovato magnifici collaboratori
nelle maestranze toscane, del marmo e del legno. Citiamo la cattedra
e le porte scolpite dal Giannini di Pistoia.
Ma la più bella decorazione è offerta dagli affreschi
di Adolfo de Carolis, che culminano nel trittico della parete di fondo
ove si scorge al centro il genio della rivelazione galileiana, il Nuncius
Sidereus che, illuminato da una luce divina, accenna verso il cielo.
UN RICORDO AI CADUTI FRANCESI.
In tutte le nazioni imperversa tale una volgarità d’arte
nei monumenti ai caduti, che non possiamo rattenerci, di segnalare
con lode quei pochi casi io cui l’artista ha saputo creare Alcunchè
di veramente degno per coloro che si vogliono onorare. L’architetto
Michele Roux Spitz pensionato dell’Accademia francese di B. A.
a Villa Medici, ha testè ultimato l’unito ricordo marmoreo
ai caduti già appartenenti al Seminario francese di via Santa
Chiara in Roma. Le due armoniche figure di angeli adoranti sono state
modellate dallo scultore Delamarre. Bello il motivo paleocristiano
dei due pavoni in alto, simbolo d’immortalità, trattato
con modernità d’intenti, il che dimostra di quante belle
rielaborazioni sia suscettibile la primitiva arte cristiana.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
ARTE DEL RINASCIMENTO
R. SOPRAINTENDENZA AI MONUMENTI DELLA LOMBARDIA, 11 convento delle
dame vergini della Vettabia in Milano; Milano, Bestetti e Tumminelli,
1922.
Le moderne vicende edilizie milanesi hanno fatto, fin dal 1911, scomparire
un interessante e caratteristico insieme monumentale, non lontano da
S. Eustorgio, che aggruppavasi intorno ad un amplissimo chiostro quattrocentesco,
fatiscente ormai, alterato, obliterato, ma pur sempre elegante e fine
nelle sue proporzioni e nei resti dei suoi ornati in terracotta. Era
quello l’antico cenobio delle monache della Vettabia, fondato,
a quanto sembra, nel XIII sec. e pervenuto a noi dopo una serie di ricostruzioni
e di ampliamenti, specialmente del XV e del XVI secolo.
Era davvero tale distruzione necessaria? erano davvero le ragioni della
vita moderna e del moderno sviluppo incompatibili col mantenimento del
bel chiostro e di tutto il complesso monumentale circostante? È
per verità molto da dubitarne, quando si osservi che tra gli
argomenti che indussero la Commissione provinciale conservatrice dei
monumenti a dar parere favorevole all’abbattimento ci sono le
ragioni topografiche ed igieniche, cioè le ragioni che si portano
sempre in campo da chi vuol sostituire la frase di facile effetto allo
studio faticoso e profondo compiuto con vivacità di mezzi ed
altezza di criteri. Non poteva il rigido taglio secondo la inesorabile
linea geometrica di Via Cosimo del Fante essere ravvivata dall’ampliamento
nel chiostro divenuto pubblica piazza e pubblico giardino? Non poteva
questo ampio polmone dell’edilizia cittadina, o portato appunto
a far parte della rete stradale, o conservato nell’interno di
un nuovo edificio, restaurato e risanato dalle povere condizioni e rilevato
dalla destinazione umile, costituire un vero beneficio per la pubblica
igiene a parallelo a quello per l’Arte e pei ricordi cittadini?
Tarda ed oziosa è ormai la questione; e v’è da rallegrarsi
che almeno una qualche parte dell’edificio siasi potuta salvare
con la ricostruzione accurata fatta da un benemerito cittadino, il Dott.
Pellegrini, in un giardino di sua proprietà in Via S. Martino,
di tre campate del chiostro e di una elegante cappella esistente nell’otto
del monastero; e v’è altresì da rallegrarsi per
la bella pubblicazione odierna che, fatta a cura della Sovraintendenza
ai Monumenti della Lombardia ed in parte a spese dello stesso Dott.
Pellegrini, conserva il ricordo degli elementi scomparsi e dell’aspetto
d’insieme del vasto edificio. La pubblicazione si inizia con una
chiara relazione del Sopraintendente Arch. Brusconi, e prosegue con
un interessante riassunto delle storiche vicende dell’istituzione
e dell’edificio dovuto all’ispettore Dott. Nebbia, e con
un bel capitolo di "Note descrittive ed appunti d’Arte"
redatto dall’Arch. Ambrogio Annoni, che in modo particolare ha
curato lo studio del rilevamento e l’opera della parziale ricostruzione.
Nelle illustrazioni di cui il capitolo è adorno si susseguono
le fotografie del chiostro ora demolito, dei suoi elementi decorativi,
e dei suoi affreschi (in parte anch’essi salvati e riportati nelle
nuove costruzioni del giardino Pellegrini) i disegni dell’accurato
rilievo architettonico, le riproduzioni relative alla ricomposizione
delle tre arcate e della cappelletta.
Con questa pubblicazione prosegue dunque la R. Sovraintendenza dei Monumenti
della Lombardia le utili sue iniziative di documentazione sicura di
opere eseguite e di elementi scomparsi, cominciate con la memoria sul
cenacolo Vinciano e continuata con una serie di altre monografie, fino
a quella della cappella di S. Giovanni in S. Pietro in Gessate. Importante
è il contributo alla cognizione dell’Arte lombarda; pieno
di significato è il monito che indirettamente ne emana: perchè
nell’animo di quanti esaminano la pubblicazione attuale e rievocano
per essa il monumento scomparso si fa strada la convinzione della inutilità
della devastazione compiuta, della necessità che le autorità
comunali intendano il valore delle opere architettoniche cittadine e
non le sacrifichino ai banali tracciati di moderni edili improvvisati,
od agli interessi di proprietari che considerano il giardino di un antico
chiostro soltanto come area fabbricabile da sfruttare.
G. G.