FASCICOLO VII MARZO 1923
GUSTAVO GIOVANNONI: Ville italiane nei rilievi dell'Accademia americana in Roma, con 23 illustrazioni
Il convergere di artisti stranieri di ogni nazione in Italia, e specialmente in Roma, per studiarne e rilevarne i monumenti rappresenta ormai da oltre quattro secoli una tradizione ininterrotta, di una importanza vastissima, di un alto significato per l’Arte italiana. Sia che tale grandioso fenomeno siasi manifestato mediante la libera immigrazione di artisti come l’Heemskerk, il Coner, il Du Cerceau, il Du Perac, il Delorme, il Wreen, il Cruyl, il van Valckenborch, il Desgodetz e tanti altri che quasi potrebbero dirsi clerici vaganti . dell’Architettura e dell’Archeologia o che sia stato raccolto regolarmente in speciali istituzioni, tra cui prima l’Accademia di Francia fondata dal Re Sole, devesi certo ad esso se l’Architettura di tutte le nazioni civili ha mantenuto, pur nella sua logica evoluzione, il suo costante sentimento classico, se l’Arte elaboratasi in Italia sul tronco romano dal XV al XVIII secolo si è per ogni dove diffusa con un carattere universale, e se infine anche ora, pur attraverso tentativi, ricerche, applicazioni ibride, possa dirsi che ovunque nei temi monumentali le espressioni architettoniche più o meno direttamente risalgono alla grande madre, Roma.
Questa tradizione che gli Italiani non possono che salutare con cordiale simpatia, si rinnovella ora e si intensifica nelle scuole e nelle Accademie d’Arte che quasi tutte le nazioni estere hanno in Roma, siano esse ufficialmente dipendenti dai singoli Stati, ovvero liberamente costituite da speciali istituzioni artistiche private. E’ tra esse ultima in tempo, ma forse prima per importanza di pratica organizzazione e per fervore di studi e di lavoro l’Accademia americana di Belle Arti e di studi classici, che ha ora per sede un magnifico edificio appositamente costruito sul Gianicolo.
Non sarà privo d’interesse il conoscere come funzioni questa Accademia, ora diretta dall’arch. prof. Gorham Stevens con alta competenza, con vivace affetto, con una profonda conoscenza dell’arte italiana a cui egli inizia i giovani suoi allievi. Essa è una istituzione statale, però non avendo il Governo degli Stati Uniti uno speciale dipartimento delle Belle Arti, il finanziamento venne dal Governo Americano affidato a privati, sempre sotto il controllo governativo. Si compone di due distinte scuole, ognuna col suo stato maggiore di professori: una Scuola di Belle Arti frequentata da architetti e da Landscape Architects (paesisti), da pittori, scultori, compositori di musica, ed una scuola di studi classici pei giovani che vogliono perfezionarsi nell’Archeologia, nella storia e nella letteratura di antichi periodi. Questi studiosi e questi artisti sono scelti per mezzo di una serie di concorsi, che hanno appunto per meta il Prize of Rome. Nei tre anni in cui dura il loro pensionato essi ricevono uno stipendio di 1000 dollari per anno ed hanno gratuitamente comoda dimora nella sede dell’Accademia, ove trovano tutta una completa organizzazione per completare i loro studi: una magnifica biblioteca, una serie di insegnamenti che si svolgono specialmente nella forma amichevole di suggerimenti e di collaborazione, e conferenze, escursioni, visite ai monumenti. Il loro curriculum consiste in un certo numero di lavori e di saggi che, ciascuno nel proprio campo, debbono presentare alla fine di ogni anno,
Ed accanto ai pensionati trovano luogo nell’Accademia i cosidetti Visiting students, che provengono dalle Università o dalle istituzioni artistiche, e sono in Italia di passaggio; i quali, sia che abbiano nell’Accademia la loro residenza o no, partecipano alla sua vita, alle escursioni, ai lavori ed agli studi di carattere collettivo.
Una delle più importanti manifestazioni di questi studi dell’Accademia Americana di Roma, è data appunto dai rilievi importantissimi che sistematicamente si compiono in ogni parte d’Italia dai pensionati: rilievi caratteristici per la precisione e la onestà del disegno e per la sobrietà nelle ricerche ricostruttive, contenute quasi sempre entro i limiti di quello che è possibile restituire con induzioni positive e non coi voli della fantasia. Hanno detti rilievi ordinariamente per oggetto fabbriche romane ed edifici del Rinascimento, ma non mancano anche di esservi rappresentati monumenti medievali o seicenteschi, si che per varie vie si ricostituisca l’unità della tradizione architettonica italiana.
Una serie ampia e veramente interessante di questi rilievi, della quale vogliamo dare qui qualche breve cenno e talune interessanti riproduzioni, si riferisce alle ville italiane dal XVI al XVIII. Ed è questo un campo di studi e di rilevamento che finora è stato grandemente trascurato. Fino a pochi anni fa si conosceva su di essa poco più di quanto avevano nel Settecento e sui primi dell’Ottocento pubblicato il Falda (1) ed i Percier e Fontaine(2) sulle ville di Roma; e nei trattati generali si faceva cominciare l’architettura delle ville e dei giardini dal Le Notre trascurando l’acuta osservazione dello Stendhal: “C’est en Italie que les Architectes de Louis XIV prirent le goùt des jardins comme Versailles et les Tuileries, ou l’architecture est melée aux arbres”.
Da qualche anno invero, col progredire degli studi e con l’importanza sempre maggiore che l’architettura dei giardini e delle ville assume nella composizione architettonica moderna (tanto che ormai si è affermata la figura dello specialista di studi di ville, sia esso l’architecte paysagiste o il Landscape Architect) la lacuna anzidetta ha cominciato ad essere colmata (3). Ma pur sempre mancano collezioni di rilievi completi paragonabili a quelle per l’architettura civile espressa nelle case, nei palazzi, nei monumenti onorari.
Non è certo qui il luogo di trattare ampiamente dei caratteri permanenti di quest’architettura italiana dei giardini, in cui gli edifici, la sistemazione del terreno, gli alberi, il paesaggio circostante, armonicamente si uniscono, ne di richiamare l’attenzione sugli adattamenti alla configurazione altimetrica del terreno, sui rapporti di visuale, di aspetto, di pratica economia tra la parte nobile della villa e la parte rustica, nè infine di ricercare quanta influenza abbia avuto nella formazione del tipo affermatosi nel Cinquecento la tradizione dell’antica villa romana, come ce la descrivono Plinio, Vitruvio, CoIumella, e come ci risulta dai tanti resti magnifici. Meglio che una trattazione teorica per la quale rinviamo a talune delle opere testè citate, valgono nella loro serie continua le riproduzioni dei più tipici fra i vari rilievi dell’ampia raccolta che l’Accademia va d’anno in anno completando; dei quali rilievi si darà qui un brevissimo cenno.
Le fig. 1 e 3 illustrano Villa Mozzoni—Cicogna a Bisuschio, presso Viggiù, piccola villa costruita intorno al 1500 per il milanese Ascanio Mozzoni: interessante per la disposizione del viale di accesso che fa capo ad una piazza raccolta, per l’adattamento mediante terrazze alle condizioni altimetriche del terreno, per il tipo dei giardini a disegni regolari in immediata prossimità del palazzetto, a cui più in alto, dopo una grande siepe di mortella, segue la parte della villa a disposizione naturale, percorsa da un viale di cipressi e da una cascatella d’acqua.
La fig. 5 ci dà una restituzione prospettica d’insieme della villa Madama in Roma, la celebre villa di Clemente VII a cui hanno posto mano Raffaello e Giulio Romano ed Antonio da Sangallo e Giovanni da Udine. Gli studi del Geymuller e dell’Hofmann hanno invero portato numerosi dati alle nostre cognizioni sul tipo architettonico e decorativo del mirabile edificio, che mai è stato finito, e sui progetti vari per il suo completamento; ma lo schema dei giardini, il complesso della villa considerata come armonica concezione di elementi verdi e di parti costruttive è chiaramente ed utilmente messo in luce da questo disegno del Kennedy.
La fig. 11 fornisce anche lo schema prospettico, espresso in un modello plastico, di una parte essenziale di un’altra villa, la Farnese di Caprarola. Il casino della villa, col suo piazzale anteriore, il suo giardino, la fontana con la sua cascatella e la rampa d’accesso legata all’insieme dei ninfei, tutti gli elementi di questa elegantissima composizione, nella quale ancora non sappiamo quanta parte abbia avuto l’idea originale del Vignola e quanta quella dei suoi continuatori, cioè il figliuolo Giacinto, ed il Fornovo, appaiono con fa massima evidenza nel bel plastico in cui molto opportunamente si è voluto non dimenticare anche le file di alberi che circondano lo spazio ed incorniciano e quasi isolano, secondo una disposizione comune nelle ville italiane, tutto il quadro ideato come cosa a se. La fig. 4 ci offre il prospetto del palazzetto di un’altra villa ben nota, la villa Lante sul Gianicolo, che fu in origine del datario Baldassare Turini da Pescia, e che ci richiama lo spirito bizzarro di Giulio Romano che l’ideò e solo in parte la condusse a termine.
Ed eccoci con le fig. 8, 9, 10 a quella bella villa Gamberaia di Settignano, costruita intorno al 1610 che giustamente la Pasolini definisce come la tipica piccola villa italiana, per la ingegnosità con cui si è utilizzata la limitatissima area, per l’adattamento alle condizioni scoscese del terreno e per la varietà di effetti che l’architetto ne ha saputo trarre, per il collegamento perfetto tra arte e natura, fra casa ed ambiente. Tutto il fascino delle villette toscane racchiuse dai cipressi, dei semplici edifici nobili pur nel loro carattere rustico, pieni di euritmia e di stile pur nella loro libera irregolarità, tutto l’ambiente dei bei colli che inghirlandano Firenze è in questo piccolo capolavoro dell’architettura italiana dei giardini e delle ville.
Ben più grandiosa e sontuosa l’Isola Bella sul Lago Maggiore (fig. 12, 13, 14) la celebrata villa dei Borromeo, sul cui schema grandioso è già passato il soffio del Seicento nella vastità scenografica del palazzo, della chiesa, delle terrazze e dei giardini sovrapposti. L’architettura che alla Gamberaia quasi si nasconde e si fa piccina, qui domina e si espande. Ma nessuno potrebbe, dice il Burckhardt, nel notare la ripetizione forse esagerata di uno stesso motivo, “chicaner” l’autore, qui sotto l’irresistibile impressione di bellezza del luogo; e questo carattere naturale che a sua volta racchiude quello artificiale è nei bei disegni del Williams ammirabilmente reso.
La fig. 6 ci dà il bozzetto di una interessante villetta modesta, la Balbianella, felicemente adattata su uno dei promontori che sporgono nel lago di Como. Le fig. 2, 7, 15, 16, 17, 18 ci riportano invece a Roma o nei suoi dintorni. Le 1516 ci mostrano nella pianta e nel prospetto la cascata, a scale curve ed a bacini successivi ed il ninfeo ed il terrazzo ed il parco della villa Torlonia in Frascati, che già fu dei Ludovisi e poi dei Conti: disposizionetipo, di cui altri esempi di grande importanza si hanno nella villa Lante, già dei Gambara, a Bagnaia, nella villa d’Este a Tivoli e nella villa Aldobrandini anche in Frascati. La fig. 17 ci dà la disposizione planimetrica del cosidetto Bosco Parrasio, posto alle pendici del Gianicolo in Roma, sotto alla villa Corsini; e nelle sue scalee ricurve poste a vincere il fortissimo dislivello ci presenta una mossa linea settecentesca, che in qualche cosa ricorda la grande scalinata della Trinità dei Monti, mentre che il piccolo ellittico anfiteatro superiore, che vide le prime riunioni dell’Arcadia., già appare ispirato ad un concetto neoclassico. La villa Pallavicini, posta sulla via Tuscolana sotto Frascati appare nella pianta della fig. 18, con la sua forma rigidamente regolare e simmetrica che sembra ricordare la villa Pliniana. Ed ecco infine alcuni elementi architettonici: nella fig. 2 il prospetto della villa Spada in Roma sul Gianicolo, dalle larghe linee semplici e dal motivo a riquadri così caratteristico del barocco romano; nella figura 7 il cancello minore di villa Borghese, coi piloni sormontati dall’aquila napoleonica, i piloni massicci e severi con cui l’architettura neoclassica ritorna, forse inconsciamente, al tipo di quelli che fiancheggiavano l’ingresso dell’antica villa Adriana.
Nell’Accademia americana di Roma queste ricerche e queste misurazioni non sono rimaste nella fase di studio teorico, ma hanno avuto, con quel pratico criterio caratteristico degli americani, applicazioni concrete in temi moderni. Alcuni di questi sono stati trattati come ampi progetti collettivi, secondo un giusto metodo ordinariamente seguito nell’Accademia nei saggi annuali, di associare in un unica composizione diversi artisti, ad es. un architetto, un pittore, uno scultore, si da fondere armonicamente le varie manifestazioni ed ottenere che architettura e decorazione tornino ad essere un tutto organico.
Così ad es. un interessante progetto per la sede dell’Ambasciata Americana in Roma (fig. 1922) ci mostra appunto motivi di architettura italiana del Seicento, in pietra od in vegetazione, interpretati con felicissimo sentimento stilistico nella composizione di una villa romana ampia e sontuosa. Ne sono autori l’architetto Philp T. Shutze, Edward G. Lawson, architetto paesista (Landscape Architect), e lo scultore H. I. Jones.
Ma se questa ora indicata è una esercitazione non uscita dallo stato di progetto, la sede stessa dell’Accademia rappresenta una effettiva traduzione in realtà di quei concetti studiati nelle ville italiane e fatti propri con un mirabile sentimento di assimilazione. Nel piazzale d’ingresso con le sue aiuole regolari limitate da mortelle, dal quale proseguono le visuali nel loggiato aperto e nell’interno, nel cortile quadrato semplice, tranquillo, raccolto, in mezzo a cui un’elegante fontana eleva il suo zampillo, che solo rompe l’alto silenzio della vita di studio, nel bel giardino verde retrostante, dalle belle linee regolari, vive tutto un sentimento di ambiente e, pur tra studiosi ed artisti stranieri, trova degna sede l’Architettura italiana.

G. GIOVANNONI.


(I) FALDA. Li giardini di Roma.

(2) PERCIER ET FONTAINE. Maison de plaisance de Rome et ses environs. Paris, 1809.

(3) M. PASOLINI. I1 giardino italiano. Roma (Associazione dei Cultori d’Architettura), 1915; DAMI. 11 giardino italiano nel Quattrocento, in Dedalo, I, 6,; LAMBERT UND STAHL. Gaerten Architektur in Handbuch, der Architektur. IV. Th. X Bd. H. 3°; H. INIGO TRIGGS. Garden Craft in Europe, London. Batsford; M. L. GOTHEIN. Geschichte der Gartenkunst. Jena, 1914; EDITH WHARTON. Italian Villas and their gardens; New York, 1904; D. GN0LI. Have Roma, Roma, 1909, cap. 5°.
(4) Cf. M. PASOLINI op. cit.

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