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ANTONIO MORASSI: Chiese gotiche in Val d'Isonzo, con 12 illustrazioni |
Il paesaggio isonziaco, che dal mare a Gorizia è tutto aperto e solatio e ridente, cambia aspetto di botto appena entra nella gola fra il Monte Santo e il Sabotino, presso Salcano: diventa montuoso, oscuro e grave fra le alte montagne che gli stanno a ridosso.
Larte sembra assecondare il mutato aspetto della natura. E laddove nella pianura friulana le case sono distese largamente nei campi con i loro fienili, le rimesse, le stalle; qui si restringono, si alzano con i tetti erti, si addossano luna allaltra, quasi a cercar rifugio dai tempi crudi che vi accaniscono. Lo stesso carattere degli abitanti corrisponde alla natura dei luoghi. Il friulano della pianura è gaio e bonario e aperto; lo sloveno della montagna, rigido, cocciuto, faticone: nordico. Sinonimo di nordico, in arte, è gotico. Gotico, che non designa soltanto un dato periodo stilistico, ma una data tendenza e sensibilità stilistica, oltre i limiti di tempo e di spazio. Come nellarte coltivata dei paesi settentrionali si ritrovano residui gotici per tutto il Rinascimento, e il barocco sembra una continuazione del gotico, così nella produzione distaccata dai centri delle rigogliose correnti, questo stile si è vieppiù radicato in tradizioni architettoniche locali. La Val dIsonzo montuosa ha serbata la tradizione per tutto il cinque e seicento; e in certi esempi, sin oggi, perchè non è raro il caso di ritrovare nei fabbricati costruiti da poco porte e finestre con sagome di reminiscenza gotica. Lespressione più significativa è nelle chiese. Sorte in gran parte nel quattro e cinquecento, esse rivelano tutte una affinità di tecnica e di stile che non si possono misconoscere, e fanno ritenere che le maestranze dei muratori e scalpellini ebbero una scuota comune, Sono architetture di origine nordica, ma interpretate e svolte in modo proprio eliminano elementi peculiari dei paesi alemanni e si arricchiscono di forme piè miti e gentili. La loro caratteristica prevalente è labside pentagona, formata dai cinque lati dun ottagono regolare, con la vôlta nervata a costoloni; la navata unica colla travatura e il soffitto a vista; il portichetto daccesso; il campanile a vela sopra la facciata. Su questi temi architettonici fondamentali sono intessute le variazioni. Variazioni gotiche, delle quali si può segnare quasi esattamente la linea di demarcazione verso il sud: essa corrisponde pressapoco alle ultime propaggini del Collio, al limite estremo del Carso verso la pianura e si estende per tutto linterno dellIstria sino allantico confine con lo Stato Veneto. La Repubblica si trovava di fronte al feudalismo tedesco. E feudali erano i Conti di Gorizia che dominavano il paese sino il 1500; feudali i capitani austriaci che vollero erigere tra Italia e Italia quella muraglia chinese che appena Vittorio Veneto distrusse per sempre. A Gorizia, antica sede dei Conti e dei Capitani, son rimasti due unici esempii di questarte gotica di cui imprendiamo a esaminare alcuni tipi. Labside e la sacrestia del Duomo, costruite negli ultimi decenni del trecento. Labside, rimaneggiata in epoche posteriori, conserva ancora la sua struttura esterna con i contrafforti angolari e le finestre archiacute, linterno riccamente nervato a costoloni; mentre ha perduta tutta la sua decorazione originaria. La pittura gotica invece è rimasta quasi intatta nella sacrestia, che era originariamente labside di una cappella attigua. La sua ornamentazione decorativa, eseguita nella seconda metà del quattrocento, si adatta allorganismo architettonico con ornamentazioni a tinte piatte e basse su fondo nero. La seconda costruzione gotica è la chiesa di Santo Spirito al Castello, orientata originariamente (prima del cattivo restauro di mezzo secolo fa) in altro senso, e con una formazione absidale originalissima. Sono gli unici esempi, a Gorizia. Verso meriggio scompaiono del tutto; si moltiplicano invece sino a diventare il tipo dominante, proseguendo verso settentrione. A Prilesie presso Plava vè una graziosa cappelletta dedicata a S. Acazio, costruita su una altura presso lIsonzo, in sul finire del quattrocento. Semplicissima, ad abside pentagona, con il soffitto della nave a vista, con tavelle a rombi biancorossi, il portichetto e il piccolo campanile a vela. Le facciate di queste chiesuole erano di solito ornate con dipinti, e il S. Cristoforo era di prammatica. Anche qui si intravvedono su le pareti del portico traccie di decorazioni antiche, ormai quasi del tutto scomparse. Internamente invece, sono venute a giorno le decorazioni dellabside, fresche e vive di colori e dimpressioni. Queste decorazioni pittoriche seguono comunemente un dato schema figurativo. Nel centro del soffitto sono rappresentati i simboli dei quattro evangelisti; negli scomparti tra i costoloni, figure di angeli suonatori, o con cartigli scritti; nelle lunette archiacute scene religiose che si riferiscono ai Santi titolari; nella zona basamentale, i dodici apostoli. Agli incroci dei costoloni sono applicati gli stemmi di famiglia dei donatori, o sculture di Santi. A Prilesie stessa non vè nel centro che lo stemma della famiglia Volchero, essendo ridotta a piccole proporzioni lorditura dellabside. Un tipo più evoluto di tale costruzione lo troviamo subito a Canale, nella Chiesa di Santa Maria Assunta, a contrafforti esterni e le finestre archiacute, internamente traforate con rose a differenti disegni. La chiesa è datata, e porta inciso su un contrafforte lanno 1431. Il santuario di Santa Maria della Neve in Auzza è una tra le costruzioni più suggestive del genere descritto. Sorge su unaltura, col campanile a torre romanica isolato di fronte allingresso. E tutta costruita in pietra, a blocchi regolari nettamente squadrati. La bellezza di queste costruzioni consiste nella assoluta semplicità francescana dellorganismo architettonico, dove ogni pietra è tagliata e connessa allaltra con cura, se non nelle faccie almeno negli angoli, ciò che toglie alla muratura esterna ogni monotonia, Nella parete liscia sintagliano poi le porte e finestre, con sagome diverse e diversi disegni, e basta una piccola decorazione per renderla preziosa. Il piccolo rosone della facciata di Auzza conferisce ad essa una leggiadria particolare. Linterno di Santa Maria della Neve è stato purtroppo rimaneggiato in epoca posteriore, e non vi è più traccia della decorazione pittorica che certamente avrà ornata labside. La Chiesa vicariale di S. Martino invece, al basso del paese, ha mantenuto i suoi affreschi anche attraverso le distruzioni di guerra. Non è qui il luogo di esaminare dettagliatamente lo stile e lorigine delle pitture, che sono quanto mai interessanti e significative; ma soltanto e bene considerarle in nesso alla architettura che le accoglie, in senso decorativo. Le singole figure che campeggiano negli scomparti formati dai costoloni, eseguite nei primi decenni del cinquecento, appartengono ancora agli ultimi flussi della grande corrente dellarte gotica. Di questa vi è rimasta una certa grandiosità di stile che si esprime in composizioni figurali di un ritmo marcato e avvincente. Il panneggio delle vesti svolazzanti e frastagliate nervosamente in pieghe profonde conserva tutta la gioia e la freschezza del fare gotico. È stile fatto di armonie lineari accentuate che avvalora il disegno dellarchitettura, per rendere più vivo e movimentato il suo organismo non con una nuova finzione architettonica, come nel Rinascimento ma puramente col ritmo delle linee e il gioco dei colori. Pitture, cioè, che hanno meno la preoccupazione naturalistica, quanto quella di assecondare ed approfondire in uno stile decorativo il significato dellarchitettura. Non molto distante da Auzza, proseguendo su la via di Volzana, si trova il paesetto di Selo, in cima a una collina. La guerra lo ha completamente distrutto, e ha danneggiata gravemente la sua chiesuola. Vi sono rimasti soltanto i muri perimetrali della navata; il portichetto è scomparso del tutto. Ma labside, scossa e fenduta, non è crollata; sono crollati gli intonaci, e vi sono apparse anche qui le pitture absidali, martoriate e rovinate. La decorazione della volta è imaginata a testine e busti di Santi, di frati, di angeli, inscritti in tondi esattissimi negli spazi tra i costoloni, ed eseguiti con una bravura ed una freschezza che appalesano la lunga pratica dellartista. I suoi colori sono vivi, brillanti; il suo disegno è netto e sicuro; la modellazione non troppo accentuata, parca, piena di equilibrio. Anche le pareti dellabsidiola erano dipinte con uguale freschezza e vivacità; ma non ci rimangono che poche traccie, bastanti però a far rivivere nella nostra intuizione la gioia raccolta e devota che illuminava in altri tempi la cappelletta sperduta nella montagna. Il pittore che la decorò è certamente listesso che dipinse linterno della chiesetta di S. Ulrico, al cimitero di Tolmino. Non son rimasti che pochi lacerti, della sua pittura. Si è conservata la struttura dellabside, invece, oltre i bombardamenti di guerra, che hanno ripetutamente colpita la chiesa. E interessante esaminare la tecnica di costruzione di queste vôlte nervate. La muratura esterna è in pietra squadrata; linterna ad opera incerta, salvo i contorni di porte e finestre o le nicchie; i fasci dei costoloni si slanciano da mensolette o da pilastrini negli angoli, e sono eseguiti in singoli blocchi di tufo leggero e spumoso, facilmente scalpellabile; i blocchi stessi sono incarcerati nella muratura della vôlta solidissima come calcestruzzo. I medaglioni e le sculture agli incroci nervati sono eseguiti pure in tufo, piuttosto grossolanamente. avendo funzione decorativa. Sono dipinti per lo più ad un colore solo. Nella bella Chiesa di S. Daniele di Volzana i costoloni sono color giallo chiaro a striscie terra rossa, e della stessa tinta rossastra sono dipinte le sculture. Leffetto de corativo dellinsieme riesce quanto mai organico e suggestivo. La scultura non è curata nei dettagli, e i due esempi qui riprodotti, visti a parte, potrebbero sembrare molto più antichi di quello che in realtà lo sono, cioè del sec. XV. Ma Io stile si conserva sino ad epoca ben più tarda: la fontana di Volzana, col suo tabernacolo a cuspide, dove sono scolpite scene religiose, e datato nel 1533. Sul tipo descritto ve nè una infinità di chiesuole, ognuna variata nellelaborazione dei dettagli. Non ci dilungheremo a descriverle ad una ad una, ma cercheremo semplicemente di dare un saggio delle più significative. Perciò presentiamo ancora la chiesetta di Santa Maria in Campo, nella conca di Plezzo, purtroppo quasi completamente distrutta dalla guerra. Nondimeno, quanto è rimasto della costruzione muraria è sufficiente a permettere la rifabbrica, nelle stesse forme di anteguerra, con o stesso materiale, esattamente; perchè, oltre a precisi rilievi e fotografie che di esse ne abbiamo, tuttora esiste il materiale costruttivo crollato: vi è gran parte della nervatura absidale; le rosette, le chiavi delle vôlte erano cadute nel camminamento che correva proprio sotto la chiesa, e da questo furono ritolte per essere rimesse in opera. La guerra ha danneggiato e distrutto un gran numero di chiese in Val dIsonzo, e sono perdite irreparabili; ma in un altro senso, la guerra è stata pure di una certa utilità epuratrice. La maggior parte di queste chiese infatti, avevano subito collandare dei tempi trasformazioni, adattamenti, aggiunte che turbavano ed offuscavano del tutto il loro aspetto originario. Le decorazioni pittoriche erano scomparse sotto nuovi intonaci e volgari ornamenti. Più di tutte avevano sofferto quelle costruzioni che erano state a bella posta restaurate in istile nella seconda metà del secolo scorso, e impaludate di false grazie. Lepurazione di guerra, per quanto in molti casi troppo radicale, ha fatto piazza pulita di tutte le superfetazioni ingombranti, ed ha portato a luce elementi architettonici e pitture dianzi ignote. Così, tra tante altre, sarà possibile ripristinare anche la Chiesa di Plezzo, secondo i progetti elaborati dallUfficio Belle Arti e Monumenti per la Venezia Giulia. La pianta delledificio è la stessa del tipo già descritto, con abside pentagona, navata unica, e portichetto. Uguale è pure la disposizione delle finestre absidali, una per ogni lato di fondo. Diverso, invece, è lalzato delledificio, di linee ascendenti più marcate, dal tetto alto spiovente, dalla facciata a contrafforti, coronata da un bel campaniletto a vela più tardo, del 600, quale si trova di frequente nelle chiese del Carso. Tutto questo sarà facile a ricostruire. Non così si potranno riavere le pitture, di cui non rimangono che pochi lacerti. Linterno dellabside era tutto decorato con affreschi di carattere paesano, della prima metà del 500, e raffiguravano alle pareti scene della vita di Cristo; nella zona basamentale, i dodici apostoli, dipinti a colori vivi, a tinte piatte, schematizzati in una monumentalità grossolana e imponente. Ai lati dellArco Santo sono rimaste ancora due scene mutile, a sinistra, S. Floriano che spenge il fuoco di una città in fiamme; a destra la SS. Trinità. Quantunque lo stile dei dipinti tradisca elementi ritardatari, si nota una calda vibrante tonalità di colore, una robustezza di linee maschie che impongono le rappresentazioni sacre alla fissità dei devoti. Qualcuna di queste chiesuole era già danneggiata e abbandonata prima della guerra: S. Leonardo di Rauna (principio sec. XV), poco distante da Plezzo, è da molti anni una rovina; ma una rovina suggestiva e quanto mai pittorica. Interessante anche dal lato architettonico, sia per il campaniletto a vela con la scaletta a chiocciola, sia per la proporzione tra navata ed abside, sia per la forma elegante dei suoi contrafforti. E perciò sarà consolidata e protetta dalla distruzione totale, cui altrimenti andrebbe incontro di certo. Più lontano, sulla via delle sorgenti dellIsonzo, la guerra ha lasciato intatte altre caratteristiche costruzioni, col tetto a squame di legno, piccole, linde ed aguzze. Questa, di Eretto di Sopra, su Passo del Predil, costruita già intorno al 1600, ne è un esempio grazioso, che vale ancora una volta a dimostrare la sopravivenza di elementi gotici in epoca tarda. Lorigine prima di queste costruzioni e, come detto, nordica. (A priori va esclusa ogni compartecipazione fattiva di elementi slavi o sloveni, i quali non hanno allora ne unarte, nè una lingua, nè una coscienza culturale propria). Proviene dai paesi della Carinzia, che con il Tirolo e la Stiria formavano allepoca dei Conti di Gorizia una unità politica col territorio dIsonzo, il Carso, lIstria. Ma come tra queste stesse singole regioni vi è differenza di architettura, tanto maggiore ve nè tra i paesi della Carinzia, abitati esclusivamente da tedeschi, e questi dellIsonzo, fortemente infiltrati da italiani. E così larchitettura ha assorbito peculiarità costruttive e ornamentali, che a quelle mancano: una sola, per citarla ad esempio: il tetto con la travatura a vista e le tavelline ornate geometricamente non si riscontra nei paesi tedeschi, ed è particolarità esclusivamente italiana. Certo, larchitettura italiana non poteva prendere allora il sopravvento; troppo sfavorevoli ne erano le condizioni politiche del paese, che i Conti feudali rinserravano con una muraglia a barriera dItalia. Le chiese, che ora abbiamo sommariamente descritte, non hanno importanza nella storia dellevoluzione darte quali elementi propulsori inquantochè non anticipano nuove correnti stilistiche; anzi le ritardano assorbendole in una materia diversa. Sono chiese di montagna, di paesi poveri. Non per questo peraltro riescono meno interessanti ed istruttive delle costruzioni colte. Nella semplicità delle loro forme vi è una riduzione di stile che non significa diminuzione, ma che invece possiede uno spirito più mite e quieto e candido di quanto non realizzi la grande arte. Dove questa ha sempre una certa riserbatezza di accento e un certo studio artificioso di forma, larte paesana parla con franca e non preoccupata semplicità. Perciò non è un caso che oggi si ricerchi in lei una nuova fonte di espressione, che potrà essere dimpulso ad unarte colta avvenire. Ma dove più di tutto oggi è necessario il suo insegnamento, è per la stessa arte paesana moderna. Perchè è falso ed errato trapiantare nella campagna larte di città, senza adattarsi allambiente. E duopo invece rielaborare la materia per renderla accessibile alla mente ed al cuore del contadino, Il quale è rimasto lo stesso, anche attraverso i secoli; e se stupirà e magari ne sarà orgoglioso a veder sorgere nel suo paese le pretenziose costruzioni cittadine, è certo che non potrà mai nè comprenderle nè affezionarvisi. E la nostra stonata di tali ridicole innovazioni rimarrà unoffesa alla severità del paesaggio incorrotto, Ora che nella campagna e sui monti si sta procedendo alla ricostruzione dei paesi danneggiati e distrutti dalla guerra, linsegnamento che lantica architettura rustica offre agli edificatori, non potrà essere che di grande vantaggio, quando sarà intesa nel giusto senso. Non si tratta di ricopiare le forme antiche in nuovi edifici e sarebbe ricadere unaltra volta nella abbietta falsità dei cosidetti stili storici ma più che altro di sentire lo spirito che anima dalle sue origini le architetture paesane, e di renderlo nella sensibilità architettonica e figurativa moderna. Questo, in fondo, per larte nuova, è linsegnamento di ogni arte antica: che più di rifare e ricalcare le forme passate bisogna rivivere lo spirito che seppe foggiarle e animarle in quel dato tempo e in quel dato paese. ANTONIO MORASSI. |
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